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L'inquietante gemello Lineamenti di storia del doppiaggio in Italia

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fotogrammi. Tuttavia il grosso pubblico mal sopportava questo sistema poiché la<br />

visione <strong>di</strong> un film era generalmente uno svago, una <strong>di</strong>strazione e i sottotitoli<br />

costr<strong>in</strong>gevano lo spettatore, non <strong>di</strong> rado analfabeta o semianalfabeta, a sforzarsi<br />

nella lettura e ad affaticare lo sguardo spostandolo cont<strong>in</strong>uamente dal centro <strong>del</strong>lo<br />

schermo verso il basso. Per questa ragione le Major <strong>di</strong> Hollywood scelsero <strong>di</strong><br />

girare i loro film <strong>in</strong> presa <strong>di</strong>retta <strong>in</strong> plurime versioni. La MGM, la Fox, la<br />

Paramount, la First National e la Universal com<strong>in</strong>ciarono a produrre <strong>di</strong>verse<br />

versioni <strong>di</strong> uno stesso film, aventi la medesima sceneggiatura e la stessa<br />

ambientazione ma recitati da attori <strong>di</strong>versi o ad<strong>di</strong>rittura dagli stessi attori cui<br />

venivano <strong>in</strong>segnate le battute <strong>in</strong> altre l<strong>in</strong>gue. A parte rari casi, come The big trail<br />

nella versione italiana Il grande sentiero, l’operazione si rivelò un fiasco: gli attori<br />

che recitavano <strong>in</strong> queste e<strong>di</strong>zioni multiple erano spesso oriun<strong>di</strong> italiani, o tedeschi,<br />

francesi, spagnoli (a seconda <strong>del</strong>la l<strong>in</strong>gua <strong>del</strong>la versione) che mal ricordavano la<br />

l<strong>in</strong>gua madre e si esprimevano con la pronuncia imparaticcia degli stranieri.<br />

Questo tipo <strong>di</strong> l<strong>in</strong>gua ibrida irritava particolarmente le orecchie f<strong>in</strong>i e non <strong>del</strong><br />

pubblico e <strong>del</strong>la critica salvo <strong>in</strong> un caso, quello <strong>del</strong> duo Laurel – Hardy il cui<br />

italiano storpiato e anglicizzato è alla ra<strong>di</strong>ce <strong>del</strong> loro grande successo nel nostro<br />

paese. I loro film, che tutti ricorderanno, offrono un esempio lampante <strong>del</strong>la prima,<br />

ru<strong>di</strong>mentale tecnica <strong>del</strong>la traduzione per il c<strong>in</strong>ema: all’<strong>in</strong>izio <strong>del</strong>la loro carriera i<br />

famosi Stanlio e Ollio si doppiavano da soli <strong>in</strong> queste e<strong>di</strong>zioni multiple<br />

pronunciando le battute italiane trascritte <strong>in</strong> fonetica su una lavagna. I doppiatori<br />

seguenti <strong>del</strong>la coppia (prima Carlo Cassola e Paolo Canali, poi Alberto Sor<strong>di</strong> e<br />

Mario Zambuto) ripresero l’italiano storpiato <strong>del</strong>la coppia considerandolo<br />

elemento chiave <strong>del</strong>la vis comica dei film da doppiare. Accanto a queste soluzioni,<br />

presto abbandonate, ve ne furono altre, assai stravaganti, come quella adottata<br />

nella versione italiana <strong>di</strong> Morocco (girato nel 1930, per la regia <strong>di</strong> Josef Von<br />

Sternberg) <strong>in</strong> cui un anonimo regista nostrano <strong>in</strong>serisce nel film scene ad<strong>di</strong>zionali<br />

<strong>in</strong> cui due legionari italiani (Alberto Capozzi e Oreste Bilancia), accomodati sotto<br />

una tenda si confidano quello che si sono appena detti Gary Cooper, Marlene<br />

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