Canoni ritmici a mosaico
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Università degli Studi di Pisa<br />
FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI<br />
Corso di Laurea in Matematica<br />
Candidata<br />
Giulia Fidanza<br />
<strong>Canoni</strong> <strong>ritmici</strong> a <strong>mosaico</strong><br />
Anno Accademico 2006 - 2007<br />
Relatori<br />
Prof.ssa Francesca Acquistapace<br />
Dott. Moreno Andreatta
Indice<br />
Introduzione 1<br />
1 I modelli algebrici 5<br />
1.1 Definizione musicale e definizione algebrica . . . . . . . . . . . . 5<br />
1.2 <strong>Canoni</strong> <strong>ritmici</strong> e tassellazioni degli interi . . . . . . . . . . . . . . 10<br />
1.3 Rappresentazioni matematiche e grafiche . . . . . . . . . . . . . 17<br />
2 Condizioni di esistenza 21<br />
2.1 Il teorema di Coven-Meyerowitz . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21<br />
2.2 Esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30<br />
3 <strong>Canoni</strong> di Vuza 35<br />
3.1 Fattorizzazioni aperiodiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35<br />
3.2 La congettura di Minkowski e il teorema di Hajós . . . . . . . . . 42<br />
3.2.1 La genesi della congettura . . . . . . . . . . . . . . . . . 42<br />
3.2.2 La traduzione algebrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51<br />
4 Congettura spettrale 55<br />
4.1 Una congettura aperta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55<br />
4.2 La congettura spettrale ed i canoni <strong>ritmici</strong> a <strong>mosaico</strong> . . . . . . . 58<br />
5 Trasformazione e generazione di canoni a <strong>mosaico</strong> 67<br />
5.1 Operazioni sui canoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67<br />
5.2 Un algoritmo generativo per i canoni di Vuza . . . . . . . . . . . 73<br />
5.3 Invarianza per affinità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76<br />
A Polinomi ciclotomici 81<br />
B Algebra combinatoria e teoria musicale 87<br />
B.1 La teoria di Pólya . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87<br />
B.2 Trasposizione, inversione, aumentazione . . . . . . . . . . . . . . 94<br />
C Nuovi canoni 99<br />
iii
Introduzione<br />
Matematica e musica hanno da sempre manifestato delle affinità elettive: la storia<br />
mostra infatti come ad ogni epoca, ad eccezione forse dell’epoca romantica, la<br />
musica e la matematica hanno trovato forme di dialogo che hanno contribuito in<br />
maniera determinante allo sviluppo delle due discipline, ed in generale del pensiero<br />
filosofico occidentale.<br />
Dal monocordo di Pitagora all’idea di un’armonia universale basata sul calcolo<br />
combinatorio in Mersenne, dallo speculum musicum di Eulero al concetto di distanza<br />
armonica in Yves Hellegouarch [34], per citare quattro esempi che abbracciano<br />
più di 25 secoli di storia, si vede come le applicazioni della matematica alla musica<br />
non solo hanno radici antiche, ma interessano diversi campi di entrambe.<br />
In effetti molti musicisti e teorici della musica hanno utilizzato metodi matematici<br />
come strumento privilegiato per strutturare l’opera musicale, o per riconoscerne<br />
le proprietà strutturali.<br />
Questo processo ha subito indubbiamente un’accelerazione nel XX secolo, con<br />
lo scardinamento del principio di consonanza e dissonanza degli accordi musicali.<br />
Ne è un esempio la tecnica compositiva dodecafonica, che consiste nell’utilizzo<br />
di tutte e dodici le note della scala cromatica (nel sistema temperato); tale tecnica<br />
fa uso esplicito di particolari strutture algebriche (come i gruppi ciclici e di<br />
permutazioni), che diventano parte integrante dell’atto compositivo.<br />
In questo processo di formalizzazione della teoria musicale, la teoria dei gruppi<br />
ha giocato e gioca tuttora un ruolo centrale, al punto da risvegliare l’interesse da<br />
parte della comunità matematica verso alcuni problemi teorici di natura musicale 1 .<br />
In questa tesi ci occupiano dell’aspetto matematico di un problema musicale<br />
che ha suscitato e suscita tuttora l’interesse di matematici, informatici, teorici della<br />
musica e compositori.<br />
Si tratta della costruzione di canoni <strong>ritmici</strong>: canoni musicali dei quali interes-<br />
1 La lista delle pubblicazioni, convegni internazionali e seminari di studio dedicati ai rapporti fra<br />
matematica e musica ha conosciuto un vero e proprio boom nell’ultimo decennio, e non è certo possibile<br />
darne una descrizione esaustiva in questa lavoro. Accenniamo unicamente alla pubblicazione<br />
della prima rivista di matematica dedicata ai rapporti fra matematica e musica (Journal of Mathematics<br />
and Music, Taylor & Francis), organo ufficiale della Society of Mathematics and Computation<br />
in Music, un’associazione internazionale che rappresenta il primo passo verso l’istituzionalizzazione<br />
della disciplina matematica/musica.<br />
1
Introduzione<br />
sano unicamente le proprietà ritmiche, prescindendo dalle altezze, e attraverso i<br />
quali il compositore cerca di riempire completamente lo spazio ritmico.<br />
Un profilo ritmico funge da tassello che il compositore cerca di traslare temporalmente<br />
in modo tale da costruire macro-strutture aventi la proprietà di riempire<br />
interamente lo spazio delle pulsazioni, senza quindi alcun silenzio fra l’istante nel<br />
quale una pulsazione ritmica è presente e l’istante successivo, e senza superposizione<br />
fra le diverse voci, che sono quindi fra loro complementari. Un canone<br />
ritmico di questo tipo è anche detto “a <strong>mosaico</strong>” in quanto realizza una tassellazione<br />
regolare (cioè per traslazione) dello spazio ritmico.<br />
La costruzione di canoni musicali ha da sempre incuriosito i musicisti: si pensi<br />
alle complesse polifonie fiamminghe di compositori come Josquin Desprez o alle<br />
tecniche contrappuntistiche delle quali fa sfoggio Johann Sebastian Bach nelle Variazioni<br />
Goldberg, le cui proprietà formali sono state tradotte in termini algebrici<br />
nel lavoro di Scimemi [68].<br />
Olivier Messiaen è forse il primo teorico e compositore ad aver introdotto e<br />
studiato il concetto di canone ritmico indipendentemente dalle altezze, ovvero dalle<br />
note musicali [51]. In alcune composizioni come Visions de l’Amen (1943) per due<br />
pianoforti, o Harawi (1945) per piano e voce, l’utilizzo dei canoni <strong>ritmici</strong> anticipa<br />
alcune caratteristiche formali dei canoni a <strong>mosaico</strong>, benché il compositore non<br />
abbia dato una formalizzazione rigorosa di questo processo compositivo.<br />
Da un punto di vista matematico, la costruzione di canoni <strong>ritmici</strong> a <strong>mosaico</strong> è<br />
formalizzabile in termini di fattorizzazioni di gruppi come somma di sottoinsiemi,<br />
un concetto che probabilmente Messiaen, come molti altri compositori del XX<br />
secolo, non conosceva. Un’eccezione è sicuramente Iannis Xenakis, ingegnere,<br />
per un periodo assistente di Le Corbusier, e compositore greco: forse nessuno<br />
come lui ha utilizzato in modo approfondito strumenti matematici per lo sviluppo<br />
e l’organizzazione formale del materiale compositivo 2 .<br />
Ben diversa è la situazione oggi, grazie soprattutto all’utilizzazione dell’informatica<br />
nella composizione musicale (composizione assistita su calcolatore).<br />
Infatti il processo di costruzione di canoni a <strong>mosaico</strong>, cioè di fattorizzazioni di<br />
un gruppo ciclico finito con sottoinsiemi, può essere implementato (anche se molti<br />
problemi restano aperti, come vedremo nel seguito): il compositore ha così accesso<br />
a delle macro-strutture estremamente complesse che può prendere come architetture<br />
formali alla base di composizioni musicali originali.<br />
Il problema della fattorizzazione di gruppi come somma di due o più sottoinsiemi<br />
costituisce un campo di ricerca estremamente attivo nella matematica<br />
contemporanea.<br />
In questa tesi trattiamo il caso dei gruppi ciclici finiti, ossia dei canoni a <strong>mosaico</strong>,<br />
che tocca non solo l’algebra ma anche la geometria delle tassellazioni (con la<br />
2 Si veda, ad esempio, il brano Nomos Alpha (1966) per violoncello solo, basato sul gruppo di<br />
rotazioni del cubo nello spazio e su una doppia serie di Fibonacci a valori nel gruppo.<br />
2
Introduzione<br />
congettura di Minkowski e la sua soluzione algebrica da parte di Hajós) e la teoria<br />
dei domini spettrali (con la congettura di Fuglede, tuttora aperta).<br />
Molti aspetti di questo problema sono stati affrontati da vari autori (sia matematici<br />
che teorici della musica) con tecniche e soprattutto linguaggi diversi. Uno<br />
degli scopi di questa tesi è dare una visione strutturata e coerente della materia.<br />
Nel primo capitolo si formalizzano i canoni <strong>ritmici</strong> a <strong>mosaico</strong>, se ne evidenzia<br />
il legame con particolari tassellazioni degli interi, e se ne danno diverse rappresentazioni.<br />
In particolare si arriva alla rappresentazione in termini di polinomi a coefficienti<br />
0 e 1, le cui proprietà sono studiate nel secondo capitolo; è in termini di tali polinomi<br />
infatti che si esprimono le condizioni (T1) e (T2) di Coven-Meyerowitz, che<br />
sono sufficienti per l’esistenza di canoni <strong>ritmici</strong>, e delle quali la (T1) è necessaria,<br />
mentre la necessità di (T2) rimane un problema aperto.<br />
Nel terzo capitolo abbiamo trattato una classe particolare di canoni <strong>ritmici</strong> a<br />
<strong>mosaico</strong>: i canoni di Vuza. Si tratta di canoni i cui ritmi sono aperiodici (cioè<br />
sottoinsiemi aventi periodicità pari all’ordine del gruppo). Si mostra il legame di<br />
questi canoni con la soluzione algebrica del matematico ungherese G. Hajós della<br />
congettura di Minkowski sulle tassellazione dello spazio euclideo n-dimensionale<br />
attraverso cubi unitari (che nasce in realtà da un problema di teoria dei numeri).<br />
L’esistenza di canoni di Vuza dipende dall’ordine del gruppo ciclico Z/nZ<br />
fattorizzato: si arriva alla divisione della classe dei gruppi ciclici finiti in due<br />
sottoclassi disgiunte, definite in modo esplicito:<br />
• i gruppi di Hajós, per i quali non esistono canoni di Vuza, e i cui ordini sono<br />
nell’insieme<br />
{p α , p α q, p 2 q 2 , pqr, p 2 qr, pqrs : α ∈ N, p, q, r, s primi distinti},<br />
• i gruppi non-Hajós, per i quali esistono canoni di Vuza, e i cui ordini sono<br />
del tipo N = nmk con<br />
– (n, m) = 1<br />
– n = n1n2, m = m1m2<br />
– n1, n2, m1, m2, k ≥ 2<br />
Nel quarto capitolo si introduce la congettura di Fuglede sui domini spettrali e<br />
si tratta la sua traduzione in termini di canoni a <strong>mosaico</strong> da parte di Izabella Łaba,<br />
arrivando a collegare la necessità della condizione (T2) con la congettura di Fuglede<br />
per i canoni a <strong>mosaico</strong>, entrambi problemi ancora aperti, e si evidenzia il ruolo<br />
giocato dai gruppi non Hajós nella loro soluzione. La teoria dei canoni <strong>ritmici</strong> a<br />
<strong>mosaico</strong> diventa quindi un possibile approccio per risolvere la congettura 3 .<br />
3 Rinviamo alla pagina web del seminario MaMuX (Matematica/Musica e relazione con altre<br />
discipline) dell’IRCAM (Institut de Recherche et Coordination Acoustique/Musique) di Parigi, nella<br />
quale sono raccolti i contributi principali sulla teoria dei canoni <strong>ritmici</strong> a <strong>mosaico</strong>:<br />
http://recherche.ircam.fr/equipes/repmus/mamux/IrcamTilingResearch.html .<br />
3
Introduzione<br />
Benché la classificazione dei gruppi di Hajós sia ben conosciuta sin dagli anni<br />
sessanta, il problema di costruire tutte le fattorizzazioni in somma di sottoinsiemi<br />
aperiodici per un gruppo ciclico che non sia un gruppo di Hajós resta un problema<br />
aperto. Ci occupiamo delle tecniche generative nel quinto ed ultimo capitolo,<br />
generalizzando la costruzione di Vuza ed ottenendo nuovi canoni aperiodici.<br />
Seguono tre appendici, la prima sui polinomi ciclotomici, la seconda sulle tecniche<br />
enumerative di Polya e sulla loro applicazione alla teoria musicale, e la terza<br />
con l’elenco dei nuovi canoni di Vuza che abbiamo ottenuto.<br />
4
Capitolo 1<br />
I modelli algebrici<br />
1.1 Definizione musicale e definizione algebrica<br />
Il canone è una forma musicale polifonica, nata nel XIV secolo, tipica della musica<br />
classica. Si tratta di una composizione contrappuntistica formata, cioè, dalla sovrapposizione<br />
progressiva di più voci, ciascuna delle quali esegue uno stesso tema<br />
melodico, o variazioni di esso secondo precise regole tonali.<br />
La cultura popolare ne è ricca; consideriamo ad esempio “Fra’ Martino” cantato da<br />
quattro voci:<br />
Che, a regime, diventa:<br />
Voce 1 Voce 2 Voce 3 Voce 4<br />
Fra’ Martino - - -<br />
campanaro - - -<br />
dormi tu? Fra’ Martino - -<br />
dormi tu? campanaro - -<br />
suona le campane dormi tu? Fra’ Martino -<br />
suona le campane dormi tu? campanaro -<br />
din don dan suona le campane dormi tu? Fra’ Martino<br />
din don dan suona le campane dormi tu? campanaro<br />
Voce 1 Voce 2 Voce 3 Voce 4<br />
Fra’ Martino din don dan suona le campane dormi tu?<br />
campanaro din don dan suona le campane dormi tu?<br />
dormi tu? Fra’ Martino din don dan suona le campane<br />
dormi tu? campanaro din don dan suona le campane<br />
suona le campane dormi tu? Fra’ Martino din don dan<br />
suona le campane dormi tu? campanaro din don dan<br />
din don dan suona le campane dormi tu? Fra’ Martino<br />
din don dan suona le campane dormi tu? campanaro<br />
Emergono chiaramente due caratteristiche fondamentali: ogni voce esegue periodicamente<br />
il medesimo motivo e tali esecuzioni sono temporalmente traslate.<br />
5
Capitolo 1. I modelli algebrici<br />
Nel seguito ci interesseremo al caso in cui il motivo, o pattern, sia puramente<br />
ritmico, possiamo quindi immaginarlo eseguito da uno strumento percussivo, disinteressandoci<br />
della durata e dell’altezza delle singole note.<br />
Musicalmente, un canone ritmico consiste nell’esecuzione di uno stesso motivo<br />
ritmico da parte di diverse voci, ciascuna con un diverso attacco. In questo lavoro<br />
ci interessiamo ad una particolare famiglia di canoni <strong>ritmici</strong>: supponiamo che le<br />
voci non si sovrappongano e che, eseguite contemporaneamente, diano luogo ad<br />
una pulsazione regolare, cioè in ogni battito del tempo metronomico sia presente<br />
una ed una sola voce. Tali canoni <strong>ritmici</strong> sono detti a <strong>mosaico</strong>.<br />
Consideriamo, ad esempio, il pattern ritmico 1<br />
ed il canone:<br />
ˇ “ ˇ “<br />
che a regime diventa 2 :<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
:<br />
<br />
<br />
ˇ “ ˇ “<br />
> > > ˇ “<br />
> > > ˇ “<br />
ˇ “ ˇ “<br />
> > > ˇ “<br />
ˇ “ ˇ “<br />
> > > ˇ “<br />
ˇ “ ˇ “<br />
> > > ˇ “<br />
> > ><br />
> > > ˇ “ ˇ “<br />
> > > ˇ “<br />
> > ˇ “<br />
> > > ˇ “ ˇ “<br />
><br />
Lo scopo di questo capitolo è trovare alcuni modelli matematici dei canoni<br />
<strong>ritmici</strong> a <strong>mosaico</strong>, al fine di studiarne le proprietà nei capitoli successivi.<br />
Il primo passo è quindi trovare un modello di un pattern ritmico.<br />
Consideriamo ad esempio il tipico ritmo della samba brasiliana 3 :<br />
4<br />
4 | ˇ “ ˇ “<br />
? ˇ “ ( ? ˇ “ ( | ? ˇ “ ( > ˇ “ ˇ “ |<br />
Poiché stiamo considerando il pattern da un punto di vista esclusivamente ritmico,<br />
ed ogni percussione avviene solo in presenza di una nota, le pause sono ridondanti<br />
nella scrittura precedente, consideriamo quindi una scrittura musicale priva<br />
di pause, ottenuta inglobando ogni pausa nella nota che la precede, come nella<br />
seguente 4 :<br />
1 i simboli “ ˇ “ ” e “ ><br />
8<br />
4 | ˇ “ ˇ “‰ ˇ “ ˇ “ ˇ “‰ ˇ “ ˇ “ |<br />
” indicano rispettivamente la nota e la pausa di durata un quarto (rispetto<br />
al tempo metronomico fissato)<br />
2 i simboli “ | : ” e “ : | ” indicano la ripetizione del segmento musicale racchiuso in essi<br />
3 il simbolo 4 indica che all’interno di una misura (lo spazio racchiuso da due barre verticali<br />
4<br />
consecutive) si trova un gruppo di note e pause sommando le cui durate si ottiene un intero (come<br />
ad esempio sommando le durate di quattro note da un quarto), i simboli “ ˇ “ ( ” e “ ?<br />
” indicano<br />
rispettivamente la nota e la pausa di durata un ottavo (rispetto al tempo metronomico fissato)<br />
4 il punto indica che la durata della nota deve essere incrementata di metà<br />
6<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
:
1.1 Definizione musicale e definizione algebrica<br />
Abbiamo visto che ad ogni nota è associata una durata, che è un numero razionale.<br />
Supponiamo che la prima percussione avvenga all’istante t0 = 0, allora ogni<br />
percussione successiva avviene all’istante t uguale alla somma delle durate delle<br />
note che precedono la nota della percussione considerata. Ad esempio, nel nostro<br />
caso, la quarta percussione avviene all’istante t = 1 3 1 7<br />
4 + 8 + 4 = 8 .<br />
Il pattern della samba può essere quindi rappresentato dall’insieme:<br />
<br />
S := 0, 1<br />
<br />
5 7 9 3 7<br />
, , , , , ⊂ Q.<br />
4 8 8 8 2 4<br />
Per Dan Tudor Vuza [78] un ritmo è proprio un sottoinsieme (localmente finito)<br />
dei numeri razionali. Noi adotteremo una definizione leggermente diversa, ma<br />
adottiamo da Vuza la seguente:<br />
1.1.1 Definizione. Sia R ⊂ Q finito. Si definisce divisione minimale di R, dm (R),<br />
il numero razionale dato da:<br />
dm (R) := max { d ∈ Q | d > 0, ∀r, s ∈ R, ∃ n ∈ Z : r − s = nd}.<br />
Possiamo allora associare ad R l’insieme di interi<br />
R<br />
dm (R) .<br />
Nell’esempio della samba brasiliana, dm (S ) = 1<br />
8 , quindi possiamo rappresentare<br />
il ritmo con l’insieme di interi:<br />
8 S = {0, 2, 5, 7, 9, 12, 14}.<br />
Osserviamo che, dato un insieme finito di razionali R, ed indicando con m il<br />
minimo comune multiplo dei denominatori dei suoi elementi (intesi come frazioni<br />
primitive), si ha 1<br />
m | dm (R) , ma, in generale, non vale il viceversa, ad esempio<br />
<br />
dm 0, 3<br />
<br />
9 3<br />
, , =<br />
8 8 2<br />
3<br />
8 .<br />
Per esprimere la periodicità dell’esecuzione consideriamo tali interi modulo il<br />
periodo del ritmo, nel caso della samba, il periodo è 8/4 (due misure da 4/4), quindi<br />
dobbiamo considerare l’insieme di interi ottenuto modulo 8/4 · 1/dm (S ) = 16:<br />
S := [8 S] 16 = {[0]16, [2]16, [5]16, [7]16, [9]16, [12]16, [14]16}.<br />
Ricapitolando, abbiamo trovato un modello matematico di un pattern ritmico<br />
attraverso i seguenti passi:<br />
1: Considerare la scrittura musicale del pattern priva di pause.<br />
2: Definire l’isieme R ⊂ Q i cui elementi sono le somme progressive delle<br />
durate delle note del pattern, partendo da 0.<br />
7
Capitolo 1. I modelli algebrici<br />
3: Considerare il periodo P del pattern, ossia la somma delle durate di tutte le<br />
sue note, ed il numero naturale<br />
n :=<br />
P<br />
dm (R) .<br />
4: Definire l’insieme R ⊂ Z/nZ, nel seguente modo:<br />
<br />
R<br />
R := .<br />
dm (R)<br />
Possiamo quindi definire:<br />
1.1.2 Definizione.<br />
Un ritmo è un sottoinsieme di un gruppo ciclico R ⊂ Z/nZ.<br />
L’ordine n del gruppo è il periodo del ritmo.<br />
Per completare un modello di un canone ritmico a <strong>mosaico</strong> rimane da esprimere<br />
matematicamente la complementarità delle voci, ossia la concomitanza dei<br />
seguenti fatti:<br />
I : le voci non si sovrappongono, e<br />
II : l’esecuzione del canone, a regime, da luogo ad una pulsazione regolare.<br />
Sia R il ritmo del canone, n il suo periodo. Poiché ogni voce del canone esegue<br />
R traslato nel tempo, l’i- esima voce eseguirà R + [bi]n. Supponendo per semplicità<br />
che la prima voce inizi la propria esecuzione al tempo b0 = 0, possiamo esprimere<br />
matematicamente le diverse voci con i seguenti insiemi di classi di resto modulo n:<br />
A0 = R, A1 = R + [b1]n, . . . , Ak = R + [bk]n ⊂ Z/nZ .<br />
Le due condizioni precedenti di complementarità si esprimono matematicamente<br />
nel seguente modo:<br />
I : Ai ∩ A j = ∅ per ogni i j, i, j = 0, . . . k e<br />
II : A0 ∪ A1 ∪ . . . ∪ Ak = Z/nZ.<br />
Osserviamo che non tutti i ritmi possono verificare tali condizioni: non è sempre<br />
possibile trovare un oppurtuno insieme di entrate B = {bi} k i=1 ⊂ Z/nZ.<br />
Un esempio in tal senso è il ritmo della samba S = {0, 2, 5, 7, 9, 12, 14} (mod 16),<br />
come si vede direttamente:<br />
sia A0 = S la prima voce, poiché la seconda voce, A1 = S + [b1]16, non deve intersecare<br />
A0, necessariamente si ha b1 = ±1. Date queste due voci da 7 elementi<br />
ciascuna, rimangono solo 2 elementi in Z/16Z, insufficienti per una terza voce.<br />
Nascono allora due domande fondamentali, alle quali gran parte della letteratura<br />
sull’argomento cerca ancora oggi di dare una risposta:<br />
8<br />
n
1.1 Definizione musicale e definizione algebrica<br />
1. Per quali ritmi è possibile costruire un canone a <strong>mosaico</strong>?<br />
2. Dato un ritmo che permette di generare un canone a <strong>mosaico</strong>, come trovare<br />
l’insieme (o gli insiemi) delle entrate corrispondenti?<br />
Siamo arrivati alle definizioni conclusive.<br />
1.1.3 Definizione. Sia (G, +) un gruppo abeliano, siano A, B ⊂ G. Definiamo<br />
l’applicazione<br />
σ : A × B −→ G<br />
(a, b) ↦−→ a + b<br />
Chiamiamo A + B := Im σ, se σ è iniettiva diciamo che A e B sono in somma diretta,<br />
o, equivalentemente, che Im σ ⊂ G è la somma diretta di A e B e chiamiamo<br />
A ⊕ B := Im(σ).<br />
Dato un elemento c ∈ A ⊕ B, gli unici a ∈ A e b ∈ B tali che c = a + b saranno le<br />
proiezioni di c su A e B rispettivamente, diremo inoltre che a + b (o c = a + b) è<br />
una scrittura di c o, equivalentemente, che c si scrive come a + b (o c = a + b) in<br />
A ⊕ B.<br />
Se B = {b}, A + b := A + {b} = A ⊕ {b} è un traslato di A.<br />
Se G = A ⊕ B, diciamo che G si fattorizza come somma diretta di A e B, e chiamiamo<br />
G = A ⊕ B una fattorizzazione di G.<br />
Chiaramente, se A e B sono in somma diretta, allora σ : A × B → A ⊕ B è<br />
bigettiva, quindi | A ⊕ B |=| A || B |.<br />
Indichiamo convenzionalmente gli elementi del gruppo ciclico Z/nZ con i numeri<br />
interi {0, 1, . . . , n − 1}, cioè con i minimi rappresentanti non negativi delle<br />
classi resto modulo n : {[0]n, [1]n, . . . , [n − 1]n}. Sarà chiaro dal contesto, oppure<br />
specificato, se un dato insieme di interi si intenda come tale o come insieme di<br />
classi modulo n.<br />
Osserviamo che la somma diretta di insiemi, a priori, non ha nessuna struttura<br />
algebrica, ad esempio<br />
A = {1, 3} e B = {2} ⊂ Z/5Z ⇒ A ⊕ B = {0, 3} ⊂ Z/5Z.<br />
Se i sottoinsiemi A e B sono anche sottogruppi di G, la somma diretta di A<br />
e B pensati come insiemi (def. 1.1.3) coincide con l’usuale somma diretta tra<br />
sottogruppi, possiamo quindi parlare di somma diretta senza rischio di ambiguità.<br />
1.1.4 Definizione. Un canone ritmico a <strong>mosaico</strong> di periodo n è una fattorizzazione<br />
del gruppo ciclico Z/nZ con due suoi sottoinsiemi:<br />
Z/nZ = A ⊕ B<br />
dove A è detto ritmo interno e B ritmo esterno del canone.<br />
9
Capitolo 1. I modelli algebrici<br />
Abbiamo quindi un modello algebrico dei canoni <strong>ritmici</strong> a <strong>mosaico</strong> musicali:<br />
gli interi rappresentano i battiti (beat) del tempo metronomico (un tempo quindi<br />
discretizzato), l’insieme A rappresenta il motivo, o pattern, ritmico che viene ripetuto<br />
ciclicamente, con periodo n, da un numero di voci (interpretate da musicisti<br />
diversi o da uno solo, ad esempio un batterista) pari alla cardinalità dell’insieme B,<br />
che rappresenta, appunto, l’insieme delle entrate delle varie voci. I canoni <strong>ritmici</strong><br />
a <strong>mosaico</strong> sono anche detti regolari, poiché il tempo è scandito da battiti regolari,<br />
e complementari, poiché in ogni battito è presente una ed una sola voce 5 .<br />
Poiché in questa tesi ci occuperemo solo di canoni <strong>ritmici</strong> a <strong>mosaico</strong>, ci riferiremo<br />
ad essi anche solo con “canoni <strong>ritmici</strong>”, “canoni a <strong>mosaico</strong>”, o semplicemente<br />
“canoni”.<br />
Possiamo ora già dare una condizione necessaria affinché un ritmo possa essere<br />
ritmo interno di un canone:<br />
Z/nZ = A ⊕ B ⇒| A || B |= n, in particolare | A | divide il periodo n del canone.<br />
Nel caso della samba brasiliana S = {0, 2, 5, 7, 9, 12, 14} (mod 16), abbiamo visto<br />
che non esiste un canone ritmico che abbia S come ritmo interno utilizzando<br />
proprio il fatto che 7 ∤ 16.<br />
Osserviamo che la commutatività dell’addizione nel gruppo ciclico Z/nZ rende<br />
la definizione di canone ritmico simmetrica nei ritmi interno ed esterno (ed infatti<br />
sono entrambi dei ritmi):<br />
se Z/nZ = A ⊕ B è un canone ritmico, anche Z/nZ = B ⊕ A lo è.<br />
Quale sia il ritmo interno e quale il ritmo esterno dipende unicamente dall’ordine<br />
di scrittura, ed in effetti si definisce:<br />
1.1.5 Definizione. Dato un canone a <strong>mosaico</strong> Z/nZ = A ⊕ B, il canone Z/nZ =<br />
B ⊕ A si dice canone duale, o ottenuto da esso per dualità.<br />
1.2 <strong>Canoni</strong> <strong>ritmici</strong> e tassellazioni degli interi<br />
La teoria dei canoni <strong>ritmici</strong> si intreccia con la teoria delle tassellazioni, per motivi<br />
storici, come vedremo nella sezione 3.2, e concettuali, come vedremo ora, e anche<br />
nella sezione 4.2.<br />
Cominciamo con qualche definizione.<br />
1.2.1 Definizione. Un insieme A ⊂ Z tassella se esiste un insieme B ⊂ Z tale che<br />
A ⊕ B = Z<br />
e tale fattorizzazione viene detta tassellazione.<br />
Se A tassella si dice, equivalentemente, che A è un tassello o che ha la proprietà di<br />
tassellazione.<br />
5 Benché l’espressione “canone regolare complementare” sia utilizzata in molti studi di teoria<br />
musicale, preferiamo “canone a <strong>mosaico</strong>” che descrive meglio - a nostro avviso - la natura algebricogeometrica<br />
di queste strutture musicali (si veda, in particolare, la sezione 1.2).<br />
10
1.2 <strong>Canoni</strong> <strong>ritmici</strong> e tassellazioni degli interi<br />
Se A ⊕ B ⊕ nZ = Z, diciamo che A tassella modulo n ed il minimo di tali n è il<br />
periodo della tassellazione, che viene chiamata periodica.<br />
I risultati che presentiamo in questa sezione ruotano attorno ad un famoso teorema<br />
che viene storicamente attribuito a Nicolaas Govert de Bruijn (vedere ad esempio<br />
[14] e [30]). Non siamo riusciti a risalire alla dimostrazione originale, ma<br />
in letteratura ne esistono diverse (più o meno dettagliate), ad esempio:<br />
Hajós, 1950 [30], Newman, 1977 [54] e Tijdemann, 1995 [76].<br />
Per enunciare il teorema di de Bruijn dobbiamo introdurre la definizione di insieme<br />
periodico. Tuttavia, la definizione data da de Bruijn in [14] appare diversa<br />
dalla definizione data da Hajós in [30] ed adottata in seguito dagli studiosi dell’argomento,<br />
compreso lo stesso de Bruijn negli articoli successivi a [14].<br />
Mostriamo di seguito che le due definizioni sono in realtà equivalenti.<br />
1.2.2 Definizione (de Bruijn, [14]).<br />
Sia (G, +) un gruppo abeliano, 0 ∈ G l’identità.<br />
Un insieme A ⊂ G è periodico se e solo se esiste un sottogruppo non vuoto H ⊳ G,<br />
H {0}, tale che A + H = A. In tal caso, A si dice anche periodico modulo H ⊳ G.<br />
1.2.3 Definizione (Hajós, [30]).<br />
Sia (G, +) un gruppo abeliano, 0 ∈ G l’identità.<br />
Un insieme A ⊂ G è periodico se e solo se esiste un elemento g ∈ G, g 0, tale che<br />
g + A = A. In tal caso, A si dice anche periodico modulo g ∈ G.<br />
Come abbiamo anticipato, la diversità è solo apparente:<br />
1.2.4 Proposizione. A ⊂ G è periodico modulo un elemento se e solo se è periodico<br />
modulo un sottogruppo, cioè:<br />
∃ g ∈ G, g 0, tale che g + A = A ⇔ ∃ H ⊳ G, H ∅, {0}, tale che H + A = A.<br />
Dimostrazione:<br />
[⇒] : Basta considerare H = 〈 g〉, il sottogruppo di G generato da g, infatti:<br />
sia A periodico modulo g, allora ng + A = A, ∀n ∈ Z, poiché:<br />
• se n = 0 non c’è nulla da dimostrare,<br />
• se n > 0, A + ng = A + g + (n − 1)g = A + (n − 1)g e la tesi segue per<br />
induzione su n,<br />
• se n = −m < 0, A − mg = (A + g) − mg = A − (m − 1)g e la tesi segue<br />
per induzione su m.<br />
Quindi<br />
<br />
〈 g〉 + A = {ng} + A = A.<br />
[⇐] : Un sottogruppo H ⊳ G, H ∅, {0} è sempre periodico modulo ogni suo<br />
elemento, infatti, ∀g ∈ H:<br />
n∈Z<br />
11
Capitolo 1. I modelli algebrici<br />
g + H ⊆ H, infatti ∀h ∈ H, g + h ∈ H, e<br />
H ⊆ g + H, infatti ∀h ∈ H, h − g ∈ H ⇒ h = g + (h − g) ∈ g + H.<br />
Basta quindi considerare un qualsiasi h ∈ H, h 0, per avere:<br />
h ∈ H ⇒ h + H = H ⇒ h + A = h + H + A = H + A = A.<br />
Nel presente lavoro adottiamo inoltre la seguente:<br />
1.2.5 Definizione. Se A ⊂ Z/nZ è periodico, il periodo di A è la classe del minimo<br />
intero positivo m tale che A è periodico modulo [m]n.<br />
Se B ⊂ Z è periodico, il periodo di B è il minimo intero positivo n tale che B è<br />
periodico modulo n.<br />
Un sottoinsieme di un gruppo abeliano A ⊂ G è aperiodico se e solo se non è<br />
periodico.<br />
Osserviamo che il sottogruppo triviale {0} ⊳ G non è periodico.<br />
1.2.6 Corollario (alla proposizione 1.2.4). Se A ⊂ G è periodico modulo H ⊳ G,<br />
allora A è unione di classi laterali modulo H, cioè esiste un insieme R ⊂ G di<br />
rappresentanti di classi modulo H ( in generale non completo ) tale che<br />
A = R ⊕ H.<br />
In particolare, per la proposizione 1.2.4, se A è periodico modulo g, esiste un<br />
insieme R ⊂ G di rappresentanti di classi modulo 〈 g〉 tale che<br />
A = R ⊕ 〈 g〉.<br />
Dimostrazione: A + H è un insieme di classi laterali modulo H, sia quindi R ⊂ A<br />
un insieme di rappresentanti di A + H, per il quale cioè valga A + H = R ⊕ H. Poiché<br />
A è periodico modulo H, A = A + 〈 g〉 = R ⊕ 〈 g〉.<br />
1.2.7 Osservazione. Nel caso particolare in cui B ⊂ Z, B è periodico se e solo se<br />
esistono un C ⊂ Z finito ed un intero positivo n tali che B = C ⊕ nZ, ed il minimo<br />
di tali n è il periodo di B.<br />
Notiamo inoltre che ogni sottoinsieme di un gruppo abeliano A ⊂ G si può scrivere<br />
come<br />
A = R ⊕ H<br />
con H ⊳ G ed R non periodico, basta considerare H = PA := {g ∈ G | A + g = A}.<br />
PA è un sottogruppo di G, infatti se g, h ∈ PA allora g − h + A = A, quindi per il<br />
Corollario 1.2.6<br />
A = R ⊕ PA,<br />
e tale R deve necessariamente essere aperiodico, infatti, se g + R = R, allora<br />
12<br />
qed<br />
qed
• g + A = A, quindi g ∈ PA, e<br />
• per ogni r ∈ R, esiste un r ′ ∈ R tale che r = r ′ + g,<br />
1.2 <strong>Canoni</strong> <strong>ritmici</strong> e tassellazioni degli interi<br />
quindi ogni r ∈ R ha una doppia scrittura nella somma diretta R ⊕ PA: r = r + 0 =<br />
r ′ + g, quindi g = 0.<br />
Possiamo ora enunciare il teorema di de Bruijn.<br />
1.2.8 Teorema (de Bruijn, [14]).<br />
Sia A ⊕ B = Z una tassellazione con A e B ⊂ Z.<br />
A è finito ⇔ B è periodico.<br />
In verità, in [14] de Bruijn afferma solo una delle due implicazioni, la seguente:<br />
ogni tassellazione degli interi con un tassello finito è periodica.<br />
Dimostrazione:<br />
Dimostriamo che se A è finito allora B è periodico.<br />
Sia A = {a1, a2, . . . , ak} con a1 < a2 < . . . < ak. Consideriamo la funzione indicatrice<br />
di B, χ B, che vale 1 su B e 0 su Z \ B.<br />
Poiché Z = A ⊕ B, allora per ogni n ∈ Z esiste uno ed un solo j ∈ {1, . . . , k} tale che<br />
n − a j ∈ B, cioè<br />
Sia τ := ak − a1. Consideriamo le τ-ple<br />
χ B (n − a1) + χ B (n − a2) + . . . + χ B (n − ak) = 1. (∗)<br />
cn := ( χ B (n + 1), χ B (n + 2), . . . , χ B (n + τ)) ∈ {0, 1} τ .<br />
Vogliamo dimostrare che una τ-pla cn, per un n fissato, determina univocamente<br />
l’intera sequenza { χ B (n)}n∈Z. Lo faremo in tre passi:<br />
1. cn determina univocamente χ B (n + τ + 1).<br />
Poniamo m := a1 + n + τ + 1, dobbiamo determinare χ B (m − a1).<br />
Poiché a1 < a2 < . . . < ak, si ha<br />
n + τ + 1 = m − a1 > m − a2 > . . . > m − ak = n + 1,<br />
quindi ogni χ B (m − a j) compare in cn per j = 2, . . . , k, allora, per (∗),<br />
χ B (m − a1) = 1 −<br />
k<br />
χ B (m − a j).<br />
2. cn determina univocamente χ B(n), la dimostrazione è del tutto simmetrica<br />
alla precedente.<br />
Poniamo m := ak + n, dobbiamo determinare χ B(m − ak).<br />
Poiché a1 < a2 < . . . < ak, si ha<br />
j=2<br />
n + τ = m − a1 > m − a2 > . . . > m − ak = n,<br />
13
Capitolo 1. I modelli algebrici<br />
quindi ogni χ B (m − a j) compare in cn per j = 1, . . . , k − 1, allora, per (∗),<br />
k−1<br />
χ B(m − ak) = 1 − χ B(m − a j).<br />
3. 1 e 2 provano che cn determina univocamente cn+1 e cn−1, quindi, induttivamente,<br />
determina cm per ogni m < n e per ogni m > n, cioè l’intera sequenza<br />
{ χ B (n)}n∈Z.<br />
Poiché cn ∈ {0, 1} τ per ogni n ∈ Z, e | {0, 1} τ |= 2τ , per il principio dei cassetti<br />
esistono n1 ed n2 ∈ Z tali che 0 < N := n2 − n1 ≤ 2τ e cn1 = cn2 .<br />
Allora per ogni k ∈ Z, χ B (n1 + k) = χ B (n2 + k) = χ B (n1 + N + k), cioè per ogni<br />
n ∈ Z, χ B (n) = χ B (n + N), la sequenza { χ B (n)}n∈Z è periodica.<br />
Quindi b ∈ B se e solo se b + N ∈ B, cioè B è periodico modulo N.<br />
L’altra implicazione si deduce facilmente dal seguente:<br />
1.2.9 Lemma. Siano A, B ⊂ Z, sia n un intero positivo.<br />
Le seguenti affermazioni sono equivalenti, ed implicano che A e B sono finiti:<br />
1. A ⊕ B ⊕ nZ = Z, e<br />
2. A ⊕ B = {r1, . . . , rn} ⊂ Z con ri r j ( mod n) per ogni i, j ∈ {1, . . . , n}, i j.<br />
Dimostrazione:<br />
[1⇒2]: Sia A ⊕ B = {ri | i ∈ I}. Per ogni z ∈ Z, la condizione 1 implica che<br />
z = a + b + nk, quindi z − nk ∈ A ⊕ B, cioè A ⊕ B contiene almeno un rappresentante<br />
per ogni classe resto modulo n, quindi dev’essere | I |≥ n.<br />
D’altra parte, se fosse | I |> n, esisterebbero i, j ∈ I, con i j, tali che ri ≡ r j ( mod n),<br />
cioè ri = r j + kn per un certo k ∈ Z. Poiché ri, r j ∈ A ⊕ B, ri = a1 + b1 ed r j = a2 + b2,<br />
quindi a1 + b1 = ri = r j + kn = a2 + b2 + kn, cioè ri ha due scritture in A ⊕ B ⊕ nZ,<br />
assurdo. Quindi | I |= n.<br />
[2⇒1]: Per ogni z ∈ Z esiste un unico r ∈ A ⊕ B tale che z ≡ r ( mod n), cioè<br />
z = r + kn dove k è univocamente determinato da z ed r, quindi esiste un unica<br />
terna (a, b, kn) tale che z = a + b + kn.<br />
Inoltre 2 implica che | A || B |= n, quindi A e B sono finiti.<br />
Se B è periodico, esistono un C ⊂ Z ed un intero positivo n tali che A ⊕C ⊕ nZ =<br />
Z, allora, per il lemma, A è finito.<br />
1.2.10 Osservazione. Data una tassellazione A ⊕ B = Z con A finito, la dimostrazione<br />
precedente fornisce un limite superiore per il periodo N di B :<br />
j=1<br />
N ≤ 2 max A−min A = 2 l(A)−1 ,<br />
dove l(A) è la lunghezza, o il diametro, dell’insieme A.<br />
14<br />
qed<br />
qed
1.2 <strong>Canoni</strong> <strong>ritmici</strong> e tassellazioni degli interi<br />
Nella sezione precedente abbiamo definito canoni <strong>ritmici</strong> le fattorizzazioni<br />
di gruppi ciclici finiti attraverso sottoinsiemi, mostriamone ora l’equivalenza con<br />
particolari fattorizzazioni con sottoinsiemi del gruppo ciclico infinito Z.<br />
1.2.11 Corollario. Sia A ⊂ Z finito. A è un tassello di Z se e solo se esiste un<br />
naturale n tale che [A]n è il ritmo interno di un canone ritmico di periodo n.<br />
Inoltre, dato un tassello A, esiste un canone ritmico di ritmo interno [A]n di periodo<br />
n ≤ 2 l(A)−1 .<br />
Dimostrazione: Segue immediatamente dal teorema di de Bruijn, dal lemma 1.2.9<br />
e dall’osservazione 1.2.10.<br />
1.2.12 Osservazione. La proprietà di tassellazione è invariante per traslazioni, infatti:<br />
supponiamo A ⊕ C = Z, per ogni n ∈ Z si ha che n − z ∈ Z, quindi esiste una ed una<br />
sola coppia (a, c) ∈ A × C tale che n − z = a + c, di conseguenza esiste una ed una<br />
sola coppia (a + z, c) ∈ (A + z) × C tale che n = (a + z) + c, cioè (A + z) ⊕ C = Z.<br />
Possiamo allora limitare l’investigazione ai tasselli di minimo elemento 0, o<br />
equivalentemente (cor 1.2.11) ai ritmi contenenti la classe identica.<br />
Vediamo ora alcuni esempi di canoni <strong>ritmici</strong>.<br />
1.2.13 Esempio. Sia N = nm, con n ed m interi non negativi, allora il canone<br />
triviale su Z/NZ associato alla fattorizzazione N = nm è<br />
{0, 1, . . . , m − 1} ⊕ {0, m, . . . , (n − 1)m} = Z/mnZ .<br />
1.2.14 Esempio. Se p è primo, gli unici canoni possibili su Z/pZ sono i canoni<br />
triviali:<br />
{0} ⊕ Z/pZ = Z/pZ<br />
ed il suo duale.<br />
Nella sezione 2.2 vedremo come trasformare il canone dell’esempio 1.2.13 nel<br />
seguente, per k ≥ 0:<br />
1.2.15 Esempio.<br />
{0, 1, . . . , m − k − 1, nm − k, nm − k + 1, . . . nm − 1} ⊕ {0, m, . . . , (n − 1)m} = Z/mnZ.<br />
Il precedente esempio mostra che<br />
1.2.16 Proposizione. Per ogni intero non negativo n, non primo, esiste un canone<br />
non banale, né duale di un canone banale, di periodo n, il cui ritmo interno ha<br />
lunghezza n (considerato come insieme di minimi rappresentanti non negativi).<br />
Affrontiamo ora un problema ancora aperto:<br />
15<br />
qed
Capitolo 1. I modelli algebrici<br />
1.2.17 Problema. Dato un tassello A ⊂ N, 0 ∈ A, qual è il minimo periodo nA<br />
possibile per un canone di ritmo interno [A]nA ?<br />
Osserviamo innanzitutto esplicitamente che il lemma 1.2.9 implica che se A è<br />
un tassello di periodo n, | A |=| [A]n |, cioè A è un insieme di rappresentanti distinti<br />
modulo n, quindi sicuramente | A | divide n, in particolare | A |≤ nA.<br />
Nel corollario 1.2.11 si osserva che il teorema di de Bruijn fornisce una limitazione<br />
superiore per tale periodo: nA ≤ 2 l(A)−1 = 2 max A .<br />
Quindi una prima stima è:<br />
| A |≤ nA ≤ 2 max A .<br />
Dividiamo ora il problema in due casi:<br />
1. Consideriamo solo canoni di periodo n ≥ l(A), cioè per i quali A sia esattamente<br />
l’insieme dei minimi rappresentanti non negativi delle classi di [A]n.<br />
Abbiamo due possibilità:<br />
• l(A) = 2 max A , che avviene se e solo se A = {0}, {0, 1}, per i quali, rispettivamente,<br />
nA = 1, 2 =| A |= l(A), cioè è verificato il limite inferiore.<br />
• l(A) < 2 max A .<br />
– Per la proposizione 1.2.16, esistono tasselli che verificano il limite<br />
inferiore nA = l(A) ≥| A |.<br />
– Esistono anche tasselli che verificano il limite superiore, ad esempio<br />
A = {0, 2} che ha nA = 4.<br />
2. Consideriamo anche canoni di periodo n < l(A).<br />
• Anche in questo caso esistono tasselli che verificano il limite inferiore<br />
nA =| A |: sono tutti e soli gli insiemi completi di rappresentanti modulo<br />
| A |.<br />
• Inoltre, poiché nA < l(A), il limite superiore diventa l(A) − 2 (perché<br />
con un periodo di l(A) − 1 = max A si avrebbe max A ≡ 0), verificato da<br />
A = {0, 3}, e coincidente con il limite inferiore. Il caso generale, cioè<br />
se esiste un tassello che verifica nA = l(A) − 2 | A |, rimane aperto.<br />
1.2.18 Esempio. In un canone ritmico, sia il ritmo esterno che il ritmo interno<br />
possono essere sottogruppi:<br />
oppure solo uno (cfr. teorema 3.2.14):<br />
oppure nessuno dei due:<br />
{0, 4, 8} ⊕ {0, 3, 6, 9} = Z/12Z,<br />
{0, 4, 8} ⊕ {0, 1, 2, 3} = Z/12Z,<br />
{0, 2, 4} ⊕ {0, 1, 6, 7} = Z/12Z,<br />
in questo terzo caso, per ora, osserviamo solo che B = {0, 1, 6, 7} è periodico di<br />
periodo 6.<br />
16
1.3 Rappresentazioni matematiche e grafiche<br />
Concludiamo osservando che se consideriamo tasselli infiniti abbiamo molta<br />
più libertà nella loro scelta, infatti vale il seguente risultato di Carl Swenson [72]:<br />
1.2.19 Teorema (Swenson). Per ogni coppia di insiemi finiti A, B ⊂ Z che sono in<br />
somma diretta, esiste una coppia di insiemi infiniti A ′ , B ′ ⊂ Z tali che A ′ ⊕ B ′ = Z .<br />
1.3 Rappresentazioni matematiche e grafiche<br />
Ci sono diversi modi per rappresentare un canone ritmico, in questa sezione ne<br />
elenchiamo i principali: le prime due rappresentazioni sono di carattere matematico,<br />
le restanti tre sono grafiche.<br />
Dopo averne data una descrizione generale, mostriamo ciascuna rappresentazione<br />
nel caso del canone Z/9Z = A ⊕ B, con A = {0, 1, 5} e B = {0, 3, 6}.<br />
Rappresentazione insiemistica. Abbiamo visto che un ritmo di un canone, in<br />
quanto insieme di classi resto, si rappresenta convenzionalmente con il tassello<br />
(cor. 1.2.11) dei suoi minimi rappresentanti non negativi. Inoltre, per l’osservazione<br />
1.2.12 abbiamo assunto che ogni tassello abbia come minimo elemento lo 0.<br />
Nel nostro esempio:<br />
{0, 1, 5} ⊕ {0, 3, 6} = Z/9Z.<br />
È la rappresentazione usata negli esempi della sezione precedente.<br />
Rappresentazione polinomiale. Dalla rappresentazione insiemistica si passa in<br />
maniera naturale alla rappresentazione polinomiale attraverso la seguente definizione:<br />
1.3.1 Definizione. Sia A ⊂ N finito, il polinomio associato ad A è definito come<br />
<br />
A(x) := x a .<br />
La definizione precedente fornisce una corrispondenza biunivoca tra i sottoinsiemi<br />
finiti dei numeri naturali e l’insieme dei polinomi a coefficienti 0 o 1:<br />
a∈A<br />
{A ⊂ N, | A |< ∞} −→ {0, 1}[x]<br />
A ↦−→ A(x)<br />
{ai | ai = 1} n i=0 ←− n i=0 aix i<br />
Allora i ritmi di un canone possono essere rappresentati dai rispettivi polinomi<br />
associati, nel nostro esempio: A(x) = 1 + x + x 5 e B(x) = 1 + x 3 + x 6 .<br />
Si vedrà nella prossima sezione (lemma 2.1.5) che<br />
Z/nZ = A ⊕ B se e solo se<br />
A(x)B(x) ≡ ∆n(x) := 1 + x + x 2 + . . . + x n−1 ( mod x n − 1) (∗)<br />
17
Capitolo 1. I modelli algebrici<br />
per noi (∗) è la rappresentazione polinomiale del canone Z/nZ = A ⊕ B.<br />
Nel nostro esempio:<br />
(1 + x + x 5 )(1 + x 3 + x 6 ) ≡ ∆9(x) ( mod x 9 − 1).<br />
Rappresentazione binaria. Si rappresenta il ritmo interno A con una sequenza<br />
indicizzata di 0 e 1, di lunghezza pari al diametro di A, con un 1 nelle posizioni di<br />
indice appartenente ad A e 0 altrimenti, ad esempio<br />
A = {0, 1, 5} = 110001.<br />
Si dispone tale sequenza orizzontalmente all’interno di una griglia bidimensionale<br />
finita in alto e a destra, partendo dalla b-esima casella dell’i-esima riga (numerando<br />
da sinistra a destra e dall’alto in basso con i numeri naturali), dove b è l’i-esimo<br />
elemento del ritmo esterno B, nel nostro esempio:<br />
1 1 0 0 0 1<br />
1 1 0 0 0 1<br />
1 1 0 0 0 1<br />
Talvolta si trovano rappresentazioni analoghe a questa con simboli diversi, ad<br />
esempio una x al posto dell’1 ed un punto al posto dello 0:<br />
x x . . . x<br />
x x . . . x<br />
x x . . . x<br />
Rappresentazione a griglia. Il principio è lo stesso del caso precedente, con la<br />
variante che la griglia è parzialmente visibile, al posto dell’1 c’è un riquadro nero<br />
e al posto dello 0 rimane il riquadro vuoto, nel nostro esempio:<br />
0<br />
1<br />
2<br />
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11<br />
la linea verticale più marcata indica il periodo del canone, in questo modo se ne<br />
evidenzia la struttura: uno stesso pattern ritmico che viene eseguito da varie voci,<br />
con differenti entrate. Ogni voce ripete ciclicamente lo stesso pattern:<br />
0<br />
1<br />
2<br />
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20<br />
18<br />
...
1.3 Rappresentazioni matematiche e grafiche<br />
Possiamo quindi rappresentare il canone con una griglia di lunghezza la lunghezza<br />
del canone:<br />
0<br />
1<br />
2<br />
0 1 2 3 4 5 6 7 8<br />
in questo secondo modo si evidenzia la complementarità delle voci.<br />
Nota storica: la rappresentazione a griglia è il Box Notation Method sviluppato da<br />
Philip Harland all’Università della California, a Los Angeles, nel 1962, ed è anche<br />
conosciuta come TUBS (Time Unit Box System).<br />
Rappresentazione circolare. Si considera una rappresentazione circolare di<br />
Z/nZ con n punti equidistanti lungo una circonferenza, partendo dal polo e procedendo<br />
in senso orario. Un pattern ritmico è rappresentato dal poligono in tale<br />
circonferenza i cui vertici sono gli elementi del pattern, nel nostro caso:<br />
A = {0, 1, 5}<br />
Le altre voci vengono aggiunte ruotando il pattern come indicato dagli elementi<br />
del ritmo esterno:<br />
19<br />
A = {0, 1, 5}<br />
B = {0, 3, 6}
Capitolo 1. I modelli algebrici<br />
Nota storica: le rappresentazioni circolari vengono anche chiamate diagrammi di<br />
Krenek, poiché furono utilizzate dal compositore e teorico austriaco Ernst Krenek<br />
negli anni trenta. Si veda in particolare il testo teorico Über neue Musik (1937),<br />
nel quale Krenek discute l’importanza di un approccio assiomatico nella teoria<br />
musicale. Stiamo assistendo di fatto alla nascita della teoria algebrico-musicale 6 .<br />
6 Rinviamo allo studio [10] per una discussione più approfondita sull’emergenza delle strutture<br />
algebriche in musica e musicologia del XX secolo.<br />
20
Capitolo 2<br />
Condizioni di esistenza<br />
2.1 Il teorema di Coven-Meyerowitz<br />
Ethan Coven ed Aaron Meyerowitz ([12], 1999) hanno trovato due condizioni sufficienti,<br />
ed in certi casi anche necessarie, affinché un pattern ritmico tasselli. Presentiamo<br />
in questa sezione i loro risultati in maniera dettagliata, avvalendoci della<br />
rappresentazione polinomiale dei canoni <strong>ritmici</strong>.<br />
Cominciamo con un’osservazione.<br />
2.1.1 Osservazione. Siano A, B ⊂ N insiemi finiti in somma diretta, e siano A(x) e<br />
B(x) i polinomi loro associati. Si ha:<br />
1. | A | = A(1) e<br />
2. (A ⊕ B)(x) = c∈A⊕B x c = a∈A, b∈B x a+b = a∈A x a b∈B x b = A(x)B(x) .<br />
2.1.2 Definizione.<br />
Siano A ⊂ N finito e Φd il d-esimo polinomio ciclotomico (def. A.1), definiamo:<br />
1. RA := { d ∈ Z : d > 0, Φd(x) | A(x)} ed<br />
2. S A := { d ∈ RA : d = p α , p primo, α intero positivo} .<br />
Possiamo ora enunciare il teorema di Coven-Meyerowitz.<br />
2.1.3 Teorema (Coven-Meyerowitz).<br />
Consideriamo le condizioni:<br />
( T1) : A(1) = p α ∈S A p<br />
( T2) : se p1 a1 ak , . . . , pk ∈ S A sono potenze di primi distinti, allora p a1<br />
1 . . . pak<br />
k ∈ RA.<br />
Allora<br />
(1) : Se A soddisfa (T1) e (T2) allora tassella;<br />
(2) : Se A tassella, allora soddisfa (T1);<br />
21
Capitolo 2. Condizioni di esistenza<br />
(3) : Se A tassella e | A | ha al più due fattori primi, allora A soddisfa (T2).<br />
2.1.4 Osservazione. Nell’articolo di Coven e Meyerowitz [12] la condizione (T1)<br />
è data nella seguente forma:<br />
<br />
A(1) = Φpα(1). p α ∈S A<br />
Per la proposizione A.4(5), se p è primo allora Φpα(1) = p per ogni α ≥ 1, dunque<br />
le due forme sono equivalenti.<br />
Introduciamo ora alcuni lemmi che useremo nella dimostrazione del teorema.<br />
2.1.5 Lemma. Siano A(x), B(x) ∈ N[x] ed n un intero positivo. Allora<br />
A(x)B(x) ≡ ∆n(x) := 1 + x + x 2 + . . . + x n−1 ( mod x n − 1) ( T0)<br />
se e solo se<br />
1. A(x), B(x) ∈ {0, 1}[x] , quindi sono polinomi associati ad insiemi, A e B, e<br />
2. A ⊕ B = {r1, . . . , rn} ⊂ Z con ri r j ( mod n) per ogni i, j ∈ {1, . . . , n}, i j.<br />
Dimostrazione:<br />
[⇒]: Siano A e B gli insiemi degli esponenti che compaiono, rispettivamente,<br />
in A(x) e B(x), allora<br />
<br />
a<br />
A(x)B(x) = nax nbx b <br />
= nkx k<br />
a∈A<br />
b∈B<br />
k∈A+B<br />
dove nk = a+b=k nanb .<br />
Per ogni k ∈ A + B consideriamo k ∈ {0, . . . , n − 1} tale che k ≡ k ( mod n), allora,<br />
riducendo A(x)B(x) modulo xn − 1, si ha:<br />
<br />
nkx k = 1 + x + x 2 + . . . + x n−1 ,<br />
quindi, necessariamente,<br />
k∈A+B<br />
(a) nk = 1 per ogni k ∈ A + B ,<br />
(b) n =| A + B |=| A + B | e<br />
Dunque<br />
1. per (a), A(x) e B(x) sono polinomi a coefficienti in {0, 1} e gli insiemi A e B<br />
sono in somma diretta, e<br />
2. per (b), A ⊕ B è un insieme completo di rappresentanti modulo n.<br />
22
[⇐]: Per l’osservazione 2.1.1 (2),<br />
2.1 Il teorema di Coven-Meyerowitz<br />
A(x)B(x) = (A ⊕ B)(x) = {r1, . . . , rn}(x) = x r1 + x r2 + . . . + x rn .<br />
Le classi [r1]n, . . . , [rn]n sono tutte distinte, dunque esistono k0, . . . kn−1 ∈ Z tali che:<br />
e quindi<br />
0 = ri0 − k0n<br />
1 = ri1 − k1n<br />
n − 1 = rin−1<br />
.<br />
− kn−1n<br />
A(x)B(x) = x k0n + x 1+k1n + . . . + x n−1+kn−1n ≡ ∆n(x) ( mod x n − 1).<br />
2.1.6 Lemma. Siano f (x) ∈ Z[x] ed n un intero positivo. I seguenti fatti sono<br />
equivalenti:<br />
1. f (x) ≡ ∆n(x) ( mod x n − 1)<br />
2. (a) f (1) = n e<br />
(b) per ogni d | n con d > 1, si ha Φd(x) | f (x)<br />
Dimostrazione:<br />
Ricordiamo innanzitutto che ∆n(x) = d|n, d>1 Φd(x).<br />
[1⇒2]: La condizione 1 implica che esiste un polinomio g(x) ∈ Z[x] tale che<br />
f (x) = ∆n(x) + g(x)(x n − 1), allora<br />
(a) f (1) = ∆n(1) = n e<br />
(b) poiché ∆n(x) | x n − 1 si ha ∆n(x) | f (x), quindi, per ogni d | n tale che d > 1,<br />
risulta Φd(x) | f (x).<br />
[2⇒1]: La condizione 2 implica che ∆n(x) | f (x), quindi f (x) = ∆n(x)g(x),<br />
inoltre f (1) = n, quindi g(1) = 1. Allora, ponendo g(x) = k i=0 αix i , modulo x n − 1<br />
si ha<br />
f (x) = ∆n(x)g(x) =<br />
k<br />
αix i ∆n(x) ≡<br />
i=0<br />
poiché x i ∆n(x) ≡ ∆n(x) ( mod x n − 1) .<br />
k<br />
αi∆n(x) = g(1)∆n(x) = ∆n(x)<br />
i=0<br />
23<br />
qed<br />
qed
Capitolo 2. Condizioni di esistenza<br />
2.1.7 Osservazione. Se A ⊕ B = Z/nZ, per il lemma 2.1.5<br />
A(x)B(x) ≡ ∆n(x) ( mod x n − 1)<br />
e per il lemma 2.1.6, applicato ad f (x) = A(x)B(x), unitamente al fatto che i polinomi<br />
ciclotomici sono irriducibili in Z[x], si ha:<br />
per ogni d | n, con d > 1, si ha Φd(x) | A(x) o Φd(x) | B(x).<br />
I lemmi 2.1.5 e 2.1.6 e l’osservazione 2.1.7 costituiscono il lemma 1.3 di [12].<br />
Siamo pronti per dimostrare la parte (1) del teorema 2.1.3.<br />
Dimostrazione (1):<br />
Siano m := mcm (S A) ed S := {pα : pα | m} \ S A.<br />
Ad ogni s ∈ S associamo l’intero t(s) := max { d : d | m e (d, s) = 1}, e definiamo il<br />
polinomio<br />
<br />
B(x) := Φs(x t(s) ) .<br />
Poiché s = p α , per la proposizione A.4 (ai punti (4) ed (1)), si ha che<br />
s∈S<br />
Φs(x t(s) ) = Φp(x t(s)pα−1<br />
) ∈ {0, 1}[x] ,<br />
dunque B(x) ∈ N[x].<br />
Sia n := A(1)B(1) e sia d > 1 un intero tale che d | n, consideriamone la fattorizzazione<br />
in fattori primi d = p α1<br />
1 . . . pαk<br />
k . Abbiamo 2 possibilità:<br />
1. p αi<br />
i ∈ S A per ogni i = 1, . . . , k, allora, per (T2), Φd(x) | A(x) ;<br />
2. esiste un indice i per il quale si = p αi<br />
i S A, quindi Φsi (xt(si) ) | B(x), e, per la<br />
proposizione A.4(6), Φsi (x) | Φsi (xt(si) ) .<br />
Allora, per il lemma 2.1.6, vale la condizione (T0) del lemma 2.1.5, ossia<br />
A(x)B(x) ≡ ∆n(x) ( mod x n − 1) ,<br />
dunque B(x) è il polinomio associato all’insieme B dei suoi esponenti, ed A ⊕ B<br />
è un insieme completo di rappresentanti modulo n, in particolare A ⊕ B ⊕ nZ = Z,<br />
cioè A tassella.<br />
Per dimostrare la parte (2) del teorema 2.1.3 cominciamo da un lemma.<br />
2.1.8 Lemma. Siano A(x), B(x) ∈ {0, 1}[x], n := A(1)B(1), S = {p α : p α | n}.<br />
Se per ogni intero d > 1 tale che d | n si ha che Φd(x) | A(x)B(x), allora<br />
1. A(1) = s∈S A Φs(1) e B(1) = t∈S B Φt(1)<br />
2. S = S A ∪ S B e S A ∩ S B = ∅<br />
24<br />
qed
2.1 Il teorema di Coven-Meyerowitz<br />
Dimostrazione:<br />
Poiché per ogni d | n, d > 1, si ha Φd(x) | A(x)B(x), allora S ⊂ S A ∪ S B.<br />
A(1) ≤ s∈S A Φs(1) e B(1) ≤ t∈S B Φt(1), quindi<br />
<br />
n = A(1)B(1) ≤ Φs(1) Φt(1) ≤ Φs(1) = n<br />
s∈S A<br />
t∈S B<br />
L’ultima uguaglianza segue dalla proposizione A.4, punto 5. Quindi<br />
1. A(1)B(1) = s∈S A Φs(1) t∈S B Φt(1), che implica A(1) = s∈S A Φs(1) e B(1) =<br />
t∈S B Φt(1).<br />
2. s∈S A Φs(1) t∈S B Φt(1) = s∈S Φs(1), quindi S A ∪ S B ⊂ S e S A ∩ S B = ∅.<br />
Possiamo ora completare la<br />
Dimostrazione (2): Poiché A tassella, per il teorema di de Bruijn (teorema 1.2.8)<br />
ed il lemma 2.1.5, esiste B ⊂ Z finito tale che A e B verificano la condizione (T0)<br />
del lemma 2.1.5, quindi, per l’osservazione 2.1.7, A(x) e B(x) verificano le ipotesi<br />
del lemma 2.1.8, in particolare A verifica la condizione (T1).<br />
Osserviamo che non vale il viceversa del teorema (2), cioè la condizione (T1)<br />
non è sufficiente affinché A tasselli. Consideriamo ad esempio l’insieme<br />
s∈S<br />
A = {0, 1, 2, 4, 5, 6} = 1 1 1 0 1 1 1,<br />
A chiaramente non tassella, il suo polinomio associato è<br />
A(x) = 1 + x + x 2 + x 4 + x 5 + x 6 = (1 + x + x 2 )(1 + x 4 ) = Φ3(x)Φ8(x),<br />
S A = {23 , 3}, quindi A verifica la condizione (T1):<br />
<br />
A(1) = 6 = 2 · 3 = p .<br />
p α ∈S A<br />
Prima di dimostrare anche il terzo punto del teorema di Coven-Meyerowitz,<br />
vediamo che la proprietà di tassellazione è invariante per trasformazioni affini.<br />
2.1.9 Teorema. Sia A ⊂ N finito. Per ogni t ∈ Z e k ∈ N si ha:<br />
A tassella ⇔ kA + t tassella<br />
Dimostrazione: Per l’invarianza per trazlazioni della proprietà di tassellazione<br />
(osservazione 1.2.12), basta dimostrare che<br />
A tassella ⇔ kA tassella<br />
25<br />
qed<br />
qed
Capitolo 2. Condizioni di esistenza<br />
[⇒]: Poiché A tassella, esiste C ⊂ Z tale che A ⊕ C = Z è una tassellazione.<br />
Si ha quindi kA ⊕ kC = kZ, e di conseguenza la tassellazione<br />
Z = {0, . . . , k − 1} ⊕ kZ = {0, . . . , k − 1} ⊕ kA ⊕ kC = kA ⊕ ({0, . . . , k − 1} ⊕ kC).<br />
[⇐]: Poiché kA tassella, esiste C ⊂ Z tale che kA ⊕ C = Z.<br />
Ponendo C0 := { c ∈ C | c ≡ 0 ( mod k)}, si ha che<br />
kA ⊕ C0 = kZ.<br />
[⊆]: È chiaro;<br />
[⊇]: Per ogni kz ∈ kZ ⊂ Z, kz = ka + c, di conseguenza c ∈ C0.<br />
Allora A ⊕ C0/k = Z è una tassellazione.<br />
I due prossimi lemmi stabiliscono l’invarianza per trasformazioni affini anche<br />
della proprietà di soddisfare le condizioni (T1) e (T2). Il secondo, in particolare, ci<br />
permetterà di considerare tasselli i cui elementi sono primi tra loro.<br />
2.1.10 Lemma. Siano A ⊂ N finito ed n ∈ N, poniamo A ′ := A + n. Si ha che:<br />
1. A(x) soddisfa (T1) se e solo se A ′ (x) soddisfa (T1)<br />
2. A(x) soddisfa (T2) se e solo se A ′ (x) soddisfa (T2)<br />
Dimostrazione: Basta osservare che | A |=| A ′ | e A ′ (x) = x n A(x), quindi per ogni<br />
polinomio ciclotomico Φd(x) si ha che Φd(x) | A(x) ⇔ Φd(x) | A ′ (x).<br />
2.1.11 Lemma. Siano A ⊂ N e k ∈ N. Poniamo  := kA, si ha:<br />
1. A soddisfa (T1) ⇔ Â soddisfa (T1)<br />
2. A soddisfa (T2) ⇔ Â soddisfa (T2)<br />
Dimostrazione: Cominciamo con una<br />
2.1.12 Osservazione. Sia k = p primo, allora<br />
S Â = {pα+1 : p α ∈ S A} ∪ {q β ∈ S A : q primo p}.<br />
Dimostrazione: Â(x) = A(x k ), quindi, per la proposizione A.4 (7):<br />
R Â = pRA ∪ {n ∈ RA : p ∤ n}.<br />
In particolare S Â = {qα ∈ RÂ | q primo } e<br />
1. q α ∈ pRA ⇔ q = p e q α−1 ∈ RA<br />
2. q α ∈ {n ∈ RA : p ∤ n} ⇔ q p e q α ∈ RA<br />
26<br />
qed<br />
qed
da cui la tesi.<br />
2.1 Il teorema di Coven-Meyerowitz<br />
Utilizzando la precedente osservazione dimostriamo separatamente i due punti<br />
della tesi:<br />
1. Dividiamo in casi:<br />
(a) Se k = p primo la tesi segue dall’osservazione.<br />
(b) Se k = p α , iterando l’osservazione si ha che<br />
S Â = {pα+β : p β ∈ S A} ∪ {q γ ∈ S A : q primo p},<br />
ne segue la tesi, come nel caso precedente.<br />
(c) Sia k = p α1<br />
1<br />
S Â =<br />
. . . pαn<br />
n dimostriamo che<br />
n<br />
i=1<br />
{p αi+β<br />
i<br />
In effetti basta considerare<br />
S A =<br />
: p β ∈ S A} ∪ {q γ ∈ S A : q primo pi ∀i}.<br />
n<br />
{p βi<br />
i ∈ S A} ∪ {q γ ∈ S A : q primo pi ∀i}<br />
i=1<br />
ed iterare l’osservazione precedente, poiché ad ogni passo la moltiplicazione<br />
per il primo pi modifica dell’insieme ottenuto al passo precedente<br />
solo l’esponente di pi, aumentandolo di 1.<br />
Anche in questo caso la tesi segue.<br />
2. Consideriamo il caso k = p primo e definiamo<br />
n ′ <br />
pn se p | n<br />
:=<br />
n se p ∤ n<br />
Per la proposizione A.4 (7) si ha:<br />
n ∈ RA ⇔ n ′ ∈ RpA.<br />
Siano p1 a1 a2 , p2 , . . . , pak<br />
k ∈ N, potenze di primi distinti.<br />
Per l’osservazione si ha:<br />
p ai<br />
i ∈ S A ⇔ (p ai<br />
i )′ ∈ S pA.<br />
Allora, poiché (p1 a1 a2 p2 . . . pak<br />
k )′ = (p1 a1 ) ′ a2 (p2 )′ . . . (p ak<br />
k )′ si ha la tesi.<br />
Il caso generale segue iterando il caso precedente per ogni primo p | k.<br />
27<br />
qed<br />
qed
Capitolo 2. Condizioni di esistenza<br />
Dimostriamo infine un lemma tecnico.<br />
2.1.13 Lemma. Siano A ⊂ N finito tale che A ⊕ C = Z, k è un intero positivo, e<br />
C ⊂ kZ. Poniamo:<br />
Allora<br />
• Ai := {a ∈ A | a ≡ i ( mod k)} per ogni i = 0, . . . , k − 1 ,<br />
• ai := min Ai e<br />
• Ai := {a − ai | a ∈ Ai}/k .<br />
1. A(x) = x a0 A0(x k ) + x a1 A1(x k ) + . . . + x ak−1 Ak−1(x k ) ;<br />
2. Ai ⊕ C/k = Z per ogni i = 0, . . . , k − 1 ;<br />
3. | Ai |=| A | /k per ogni i = 0, . . . , k − 1 ;<br />
4. S A0 = S A1 = . . . = S Ak−1 ;<br />
5. se k = p primo si ha:<br />
(a) S A = {p} ∪ S pA0 e<br />
(b) se Ai(x) soddisfa (T2) per ogni i = 0, . . . , k − 1, allora anche A(x) soddisfa<br />
(T2).<br />
Dimostrazione:<br />
1. Segue dal fatto che A è l’unione disgiunta di tutti gli Ai ed Ai = ai + kAi per<br />
ogni i = 0, . . . , k − 1.<br />
2. Proviamo innanzitutto che Ai ⊕ C = i + kZ.<br />
⊂: Ai ⊂ i + kZ e C ⊂ Z, quindi Ai ⊕ C ⊂ i + kZ,<br />
⊃: se i + kn = a + c allora a ≡ i ( mod k).<br />
Allora, poiché Ai ⊕ C = i + kZ = ai + kZ, si ha che kZ = Ai − ai ⊕ C, dunque<br />
Z = (Ai − ai)/k ⊕ C/k = Ai ⊕ C/k.<br />
3. Per il punto precedente e per il teorema di de Bruijn esiste un insieme B ⊂ Z<br />
finito tale che Ai ⊕ B ⊕ nZ = Z per ogni i, quindi | Ai |= n/ | B | per ogni i.<br />
4. Sempre per il punto 2 e per il teorema di de Bruijn esiste un insieme B ⊂ Z<br />
finito tale che Ai ⊕ B ⊕ nZ = Z per ogni i, quindi, per il lemma 2.1.8, si ha<br />
che S Ai = S \ S B per ogni i, dove S = {p α : p α | n}.<br />
5. Sia k = p primo. Per l’osservazione 2.1.12 si ha che, per ogni i,<br />
S pAi = {pα+1 : p α ∈ S Ai } ∪ {qβ ∈ S : q primo p} .<br />
Ai<br />
28
2.1 Il teorema di Coven-Meyerowitz<br />
(a) Poiché pAi(x) = Ai(x p ), per i punti 1 e 4 si ha che S pAi ⊂ S A. Inoltre,<br />
se ρ è una radice primitiva p-esima dell’unità, per la 1 e la 3 si ha:<br />
A(ρ) = ρ a0 A0(ρ p ) + ρ a1 A1(ρ p ) + . . . + ρ ap−1 Ap−1(ρ p ) =<br />
ρ a0 A0(1) + ρ a1 A1(1) + . . . + ρ ap−1 Ap−1(1) =| A | /p Φp(ρ) = 0<br />
allora Φp(x) | A(x), quindi S pAi ∪ {p} ⊆ S A.<br />
D’alta parte, poiché A ed Ai tassellano Z, per il teorema (1) di Coven-<br />
Meyerowitz, verificano la condizione (T1), quindi<br />
<br />
| A |= q ≥ q = p q = p | A | /p =| A | ,<br />
q α ∈S A<br />
q α ∈S pAi ∪{p}<br />
q α ∈S pAi<br />
dunque vale anche l’altra inclusione, in particolare per i = 0.<br />
(b) Assumiamo che ogni Ai verifichi la condizione (T2).<br />
Dato un s ∈ S Ai , poniamo<br />
s ′ <br />
s<br />
=<br />
ps<br />
se<br />
se<br />
p ∤ s<br />
p | s<br />
Allora, per (a), basta provare che, comunque dati s1, . . . , sm ∈ S Ai , po-<br />
(x) | A(x) e Φps1...sm (x) | A(x).<br />
tenze di primi distinti, si abbia Φs ′ 1 ...s′ m<br />
Per (T2), Φs1...sm | Ai(x) per ogni i, quindi, per l’osservazione 2.1.12 e<br />
la proposizione A.4(4), i polinomi ciclotomici Φs ′ 1 ...s′ (x) e Φps1...sm (x)<br />
m<br />
dividono Ai(x p ) per ogni i, quindi dividono A(x).<br />
Concludiamo con la dimostrazione del teorema (3).<br />
Dimostrazione (3):<br />
Per il teorema 2.1.9 ed i lemmi 2.1.10, 2.1.11, assumiamo 0 ∈ A e MCD(A) = 1.<br />
Per il corollario 5.3.4 al teorema di Tijdeman, esiste una tassellazione A ⊕ C = Z il<br />
cui periodo n è il prodotto di potenze dei primi che dividono | A |.<br />
Dimostriamo il teorema per induzione su n > 0 con al più due fattori primi.<br />
1. Se n = 1, si ha che A = {0}, quindi A(x) = 1 ed S A = RA = ∅. Dunque A<br />
soddisfa (T2) trivialmente.<br />
2. Se n > 1, per il teorema 5.3.5 di Sands, poiché MCD(A) = 1, esiste un primo<br />
p | n tale che C ⊂ pZ.<br />
Consideriamo le notazioni del lemma 2.1.13; per il punto (2) di tale lemma<br />
Ai ⊕ C/p è una tassellazione di periodo n/p.<br />
Per ipotesi induttiva, Ai(x) soddisfa (T2) per ogni i, quindi per il lemma<br />
2.1.13(5) anche A(x) soddisfa (T2).<br />
29<br />
qed<br />
qed
Capitolo 2. Condizioni di esistenza<br />
2.2 Esempi<br />
In questa sezione mostriamo tre esempi interessanti di canoni <strong>ritmici</strong>.<br />
Il primo esempio mostra come applicare il teorema di Coven-Meyerowitz per dimostrare<br />
che un ritmo non tassella.<br />
Il secondo ed il terzo esempio seguono una stessa filosofia, che andiamo ad illustrare.<br />
Un semplice algoritmo per costruire canoni <strong>ritmici</strong> di periodo n utilizza<br />
l’osservazione 2.1.7, e consiste nei seguenti passi:<br />
1. Considerare la fattorizzazione di ∆n in polinomi ciclotomici.<br />
2. Dividere tali fattori ciclotomici in due gruppi il cui prodotto faccia due polinomi<br />
a coefficienti 0 e 1.<br />
3. Considerare gli insiemi associati a tali prodotti (come da oss. 2.1.1).<br />
Sorgono quindi due questioni:<br />
• Tutti i polinomi ciclotomici che dividono A(x) dividono anche x n − 1?<br />
• Tutti i polinomi che dividono A(x) sono ciclotomici?<br />
Ad entrambe le domande rispondiamo negativamente attraverso degli esempi (la<br />
prima nel secondo e la seconda nel terzo).<br />
Dunque l’algoritmo illustrato non è esaustivo.<br />
2.2.1 Esempio.<br />
Consideriamo il ritmo tipico della salsa cubana, la Clave Son (Tres Dos):<br />
C = | ˇ “‰ ˇ “‰ ˇ “ | > ˇ “ ˇ “<br />
> | = {0, 3, 6, 10, 12} ⇒ C(x) = 1 + x 3 + x 6 + x 10 + x 12 .<br />
Dimostriamo che C non tassella.<br />
Supponiamo per assurdo che tasselli, allora, per la condizione (T1) di Coven-<br />
Meyerowitz, si ha: <br />
p = C(1) = 5 ,<br />
p α ∈S C<br />
quindi esiste un intero positivo α tale che S C = {5 α }.<br />
Poiché deg (Φ5 α) = 4 × 5α−1 e deg (C) = 12, l’unica possibilità è α = 1, dunque<br />
Φ5(x) = 1 + x + x 2 + x 3 + x 4 | C(x) .<br />
Esiste quindi un polinomio p(x) = 8 i=0 aix i tale che C(x) = p(x)Φ5(x).<br />
Otteniamo il sistema:<br />
grado 0: 1 = a0<br />
grado 1: 0 = a0 + a1 = 1 + a1 ⇒ a1 = −1<br />
grado 2: 0 = a0 + a1 + a2 = a2<br />
grado 3: 1 = a0 + a1 + a2 + a3 = a3<br />
grado 4: 0 = a0 + a1 + a2 + a3 + a4 = 1 + a4 ⇒ a4 = −1<br />
30
2.2 Esempi<br />
grado 5: 0 = a1 + a2 + a3 + a4 + a5 = −1 + a5 ⇒ a5 = 1<br />
grado 6: 1 = a2 + a3 + a4 + a5 + a6 = 1 + a6 ⇒ a6 = 0<br />
grado 7: 0 = a3 + a4 + a5 + a6 + a7 = 1 + a7 ⇒ a7 = −1<br />
grado 8: 0 = a4 + a5 + a6 + a7 + a8 = −1 + a8 ⇒ a8 = 1<br />
grado 9: 0 = a5 + a6 + a7 + a8 = 1 + 0 − 1 + 1 = 1<br />
Siamo arrivati all’assurdo 0 = 1, quindi Φ5(x) non divide C(x), pertanto C non<br />
tassella.<br />
2.2.2 Esempio.<br />
Cerchiamo un canone ritmico di ritmo interno A e periodo n tale che<br />
∃ d ∤ n tale che Φd(x) | A(x).<br />
Riprendiamo l’esempio 1.2.13 di pagina 15 con m = 4 ed n = 2:<br />
Z8 = {0, 1, 2, 3} ⊕ {0, 4} =<br />
Costruiamo un nuovo ritmo interno A a partire dal canone precedente, mescolandone<br />
le voci in modo tale che ogni elemento di {0, 1, 2, 3} venga sostituito da un<br />
elemento di Z8 che appartenga alla sua stessa classe modulo 4, ad esempio:<br />
0 → 0<br />
1 → 5<br />
2 → 2<br />
3 → 7<br />
=<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
✠ ❅<br />
❅<br />
❅■<br />
❅<br />
❅<br />
❅<br />
❅<br />
abbiamo quindi ottenuto il canone:<br />
Z8 = {0, 2, 5, 7} ⊕ {0, 4} =<br />
31<br />
=
Capitolo 2. Condizioni di esistenza<br />
Si ha:<br />
1. A = {0, 2, 5, 7} ⇒ A(x) = 1 + x 2 + x 5 + x 7 =<br />
= (1 + x)(1 + x 2 )(1 − x + x 2 − x 3 + x 4 ) = Φ2(x)Φ4(x)Φ10(x)<br />
2. B = {0, 4} ⇒ B(x) = 1 + x 4 = Φ8(x)<br />
A tassella modulo 8 e Φ10(x)|A(x) ma 10 ∤ 8.<br />
Osserviamo che A = {0, 2, 5, 7} ≡ 5{0, 1, 2, 3} (mod 8) e (5, 8) = 1, e infatti A tassella<br />
con lo stesso ritmo interno B = {0, 4} del canone triviale, come si vedrà nel<br />
teorema 5.3.2.<br />
In generale consideriamo il canone triviale<br />
A ⊕ B = {0, 1, . . . , m − 1} ⊕ { 0, m, 2m, . . . , (n − 1)m} = Z/nmZ.<br />
Sappiamo (teorema 2.1.9) che per ogni k ∈ N, kA tassella; e se inoltre (k, nm) =<br />
1, si ha che (k, m =| A |) = 1, quindi (teorema 5.3.2) kA ⊕ B = Z/nmZ e per la<br />
proposizione A.4,<br />
(kA)(x) = A(x k ) = ∆m(x k <br />
) = Φd(x k <br />
) = Φdh(x) ,<br />
d|m, d>1<br />
d|m,d>1 h|k<br />
dunque per ogni d, h > 1 tali che d | m e h | k si ha dh ∤ nm e Φdh(x) | (kA)(x).<br />
Notiamo che il ritmo interno B rimane lo stesso, con B(x) = ∆n(x m ).<br />
2.2.3 Esempio.<br />
Cerchiamo un canone ritmico di ritmo interno A e periodo n tale che<br />
∃ p(x) irriducibile e non ciclotomico, tale che p(x) | A(x).<br />
L’idea, come nel caso precedente è quella di partire dal canone<br />
{0, 1, . . . , m − 1} ⊕ { 0, m, 2m, . . . , (k − 1)m} = Z/kmZ.<br />
Questa volta, invece di mescolare le voci, leggeremo il ritmo interno a partire da<br />
t > 0, ad esempio:<br />
per m = 3, k = 2 e t = 1, il pattern {0, 1, 2} letto da 1 diventa il pattern {0, 1, 5}, ed il<br />
canone diventa Z/6Z = {0, 1, 5} ⊕ {0, 3}:<br />
0<br />
1<br />
0 1 2 3 4 5<br />
pattern<br />
letto da 1<br />
−→<br />
0<br />
1<br />
0 1 2 3 4 5<br />
Il pattern così ottenuto è una traslazione di −t ( mod km) del pattern precedente,<br />
quindi tassella (osservazione 1.2.12), e si ha:<br />
32
1. A = {0, 1, 5} ⇒ A(x) = 1 + x + x 5 = (1 + x + x 2 )(1 − x 2 + x 3 ) = Φ3(x)p(x) e<br />
2. B = {0, 3} ⇒ B(x) = 1 + x 3 = (1 + x)(1 − x + x 2 ) = Φ2(x)Φ6(x).<br />
p(x) = (1 − x 2 + x 3 ) non è divisibile per un polinomio ciclotomico, infatti:<br />
(a) p(x) è irriducibile in Z[x] (ha grado 3 e non ha radici)<br />
(b) vale l’osservazione A.2<br />
Analogamente per t = 2:<br />
e si ha<br />
0<br />
1<br />
0 1 2 3 4 5<br />
pattern<br />
letto da 2<br />
−→<br />
0<br />
1<br />
0 1 2 3 4 5<br />
1. A = {0, 4, 5} ⇒ A(x) = 1 + x 4 + x 5 = (1 + x + x 2 )(1 − x + x 3 ) = Φ3(x)p(x) e<br />
2. B è lo stesso di prima.<br />
2.2 Esempi<br />
E, sempre per l’osservazione A.2, il polinomio p(x) non è divisibile per un polinomio<br />
ciclotomico.<br />
In generale consideriamo il canone triviale<br />
{0, . . . , m − 1} ⊕ {0, m, . . . , (n − 1)m} = Z/nmZ<br />
letto a partire da k ≤ m, cioè con ritmo interno traslato di −k ( mod mn):<br />
1. A := {0, . . . , m − 1} − k = {−k, −k + 1, . . . , −1, 0, 1, . . . , m − k − 1} ≡<br />
≡ {0, 1, . . . , m − k − 1, nm − k, nm − k + 1, . . . nm − 1} (mod mn) ⇒<br />
⇒ A(x) = 1 + x + . . . + x m−k−1 + x nm−k + . . . + x nm−1 = 1<br />
= ∆m(x)(1 − x m−k + x m − x 2m−k + x 2m + . . . − x (n−1)m−k + x (n−1)m ) =<br />
= ∆m(x)(∆n(x m ) − x m−k ∆n−1(x m ))<br />
2. B(x) = n−1<br />
i=0 xmi = ∆n(x m ).<br />
Poiché ∆m(x) è prodotto di polinomi ciclotomici, ci interessa sapere per quali valori<br />
di n, m, k ∈ N, con nm ≥ 1 e k ≤ m, esista un polinomio non ciclotomico che divida<br />
il fattore R(x) := ∆n(x m ) − x m−k ∆n−1(x m ) di A(x).<br />
Cominciamo scartando i casi triviali:<br />
• Se k = 0 non c’è nessuna traslazione ed il canone rimane quello iniziale, cioè<br />
con A(x) = ∆m(x) (infatti R(x) = 1), quindi gli unici polinomi irriducibili che<br />
dividono A(x) sono ciclotomici.<br />
1 segue dal fatto che se α < β, allora ∆α(x) = ∆β(x) − x α ∆β−α(x), applicandola a β = m ed, in modo<br />
alternato, α = m − k e k<br />
33
Capitolo 2. Condizioni di esistenza<br />
• Se k = m la traslazione cambia solo l’ordine delle voci, senza alterarne il<br />
motivo, che rimane A, infatti, come prima, R(x) = 1 e quindi A(x) = ∆m(x):<br />
gli unici polinomi irriducibili che dividono A(x) sono ciclotomici.<br />
Sia ora 0 < k < m. Abbiamo due possibilità:<br />
1. m = 2k,<br />
2. m 2k,<br />
corrispondenti alle due proprietà:<br />
1. R(x) è reciproco (definizione A.5),<br />
2. R(x) non è reciproco.<br />
Basta infatti scrivere<br />
R(x) = 1 − x m−k + x m − x 2m−k + x 2m + . . . − x (n−1)m−k + x (n−1)m<br />
per osservare che R(x) è reciproco se e solo se<br />
cioè se e solo se m = 2k.<br />
(n − 1)m − (m − k) = (n − 1)m − k ,<br />
Nel primo caso, si vede facilmente che R(x) = ∆2n−1(−x k ), quindi ogni polinomio<br />
irriducibile che divide R(x) divide anche Φd(−x k ), dove d | 2n − 1 e d > 1.<br />
Poiché 2n − 1 è dispari, anche ogni suo divisore lo è, quindi (per la proposizione<br />
A.4(3)) Φd(−x k ) = Φ2d(x k ). Se ne deduce che i fattori irriducibili di R(x) sono polinomi<br />
ciclotomici, di conseguenza tali sono anche i fattori irriducibili di A(x).<br />
Nel secondo caso, R(x) non è reciproco.<br />
In entrambi i casi, R(x) ha un numero dispari di termini, quindi R(1) 0 (ed anche<br />
R(−1) in verità), e quindi (per la prop. A.6) tutti i polinomi ciclotomici che dividono<br />
R(x) sono reciproci.<br />
Il prodotto di polinomi reciproci è un polinomio reciproco, quindi se per assurdo<br />
tutti i fattori irriducibili di R(x) fossero polinomi ciclotomici, allora R(x) sarebbe<br />
reciproco.<br />
Abbiamo supposto il contrario: quindi deve esistere un polinomio, irriducibile, non<br />
ciclotomico, che divide R(x), e di conseguenza anche A(x).<br />
Ricapitolando, abbiamo dimostrato la seguente<br />
2.2.4 Proposizione. Siano m, n, k ∈ N tali che nm > 0 e k ≤ m.<br />
Sia A il ritmo interno del canone ottenuto traslando di −k il ritmo interno del<br />
canone triviale<br />
{0, . . . , m − 1} ⊕ {0, m, . . . , (n − 1)m} = Z/nmZ.<br />
I fattori irriducibili di A(x) sono tutti polinomi ciclotomici se e solo se m = hk con<br />
h ∈ {0, 1, 2}.<br />
34
Capitolo 3<br />
<strong>Canoni</strong> di Vuza<br />
3.1 Fattorizzazioni aperiodiche<br />
Abbiamo definito un canone ritmico a <strong>mosaico</strong> come una fattorizzazione di un<br />
gruppo ciclico finito con due suoi sottoinsiemi; in effetti lo studio di queste strutture<br />
musicali rientra nel problema più generale nello studio delle fattorizzazioni di un<br />
gruppo abeliano con n sottoinsiemi. Tale problema si impose all’attenzione della<br />
comunità matematica quando, nel 1941 [29], il giovane matematico ungherese G.<br />
Hajós risolse la congettura di Minkowski sui ricoprimenti reticolari a cubi, dopo<br />
averla tradotta in un problema di fattorizzazione di gruppi abeliani con sottoinsiemi<br />
(di questa traduzione ci occuperemo nel paragrafo 3.2.2).<br />
Fu infatti Hajós, in un articolo del 1950 [30], a porre la seguemte domanda:<br />
Data una fattorizzazione G = A ⊕ B di un gruppo abeliano con due suoi sottoinsiemi,<br />
si può dedurre che A o B deve essere necessariamente periodico<br />
(definizione 1.2.3)?<br />
Ed egli stesso, nel medesimo articolo, vi rispose negativamente enunciando un<br />
teorema, la generalizzazione del quale (teorema 3.1.4) avrebbe poi permesso di<br />
trovare tutti i gruppi abeliani per i quali la risposta è negativa.<br />
Sempre nel 1950, anche il matematico olandese Nicolaas Goovert de Bruijn,<br />
studiando le basi per l’insieme degli interi [14], e senza essere a conoscenza del<br />
lavoro di Hajós, si pose la stessa domanda e ne congetturò la risposta affermativa<br />
([14], pag. 242, congettura 3). Nonostante questo primo errore, de Bruijn è stato tra<br />
gli studiosi che hanno apportato un contributo determinante per la caratterizzazione<br />
dei gruppi per i quali la risposta alla domanda di Hajós è positiva.<br />
Tra il 1941 ed il 1957, in articoli di Hajós ([29], [30], [31]), Rédei ([57], [58]),<br />
de Bruijn ([15], [16]) e Sands ([61], [64]), vennero esibiti diversi esempi di gruppi<br />
per i quali la risposta è affermativa, e venne generalizzato il già menzionato<br />
risultato di Hajós sui gruppi per i quali è negativa, arrivando ad una completa<br />
caratterizzazione in entrambi i casi.<br />
Successivamente, tra il 1991 ed il 1993, furono pubblicati quattro articoli del<br />
matematico rumeno Dan Tudor Vuza [78] dedicati alla formalizzazione di una par-<br />
35
Capitolo 3. <strong>Canoni</strong> di Vuza<br />
ticolare classe di canoni <strong>ritmici</strong>: i canoni RCCM (Regular Complementary Canons<br />
of Maximal Category), oggetto del presente capitolo. L’eccezionalità del lavoro<br />
di Vuza (cfr ad esempio Moreno Andreatta [9]) sta nel fatto che, ignorando completamente<br />
i risultati di Hajós, Redei, de Bruijn e Sands, egli dimostri molti dei<br />
teoremi contenuti negli articoli citati, ed anticipa un importante risultato, attribuito<br />
in seguito a Robert Tijdeman (1995, [76], cfr. teorema 5.3.2).<br />
Cominciamo come di consueto con qualche definizione.<br />
3.1.1 Definizione. Sia G un gruppo abeliano.<br />
Una k-fattorizzazione di G è una sua fattorizzazione in somma diretta di k suoi<br />
sottoinsiemi.<br />
Una k-fattorizzazione G = A1 ⊕ A2 ⊕ . . . ⊕ Ak si dice periodica se esiste un indice<br />
i ∈ {1, 2, . . . , k} tale che Ai è periodico.<br />
Una k-fattorizzazione non periodica si dice aperiodica.<br />
3.1.2 Definizione. Sia G un gruppo abeliano.<br />
G è k-Hajós se ogni sua k-fattorizzazione è periodica.<br />
G è non k-Hajós se non è un gruppo k-Hajós, cioè se esiste una sua k-fattorizzazione<br />
aperiodica.<br />
Per k = 2, si dirà semplicemente di Hajós e non-Hajós.<br />
3.1.3 Definizione. Un canone di Vuza è una 2-fattorizzazione aperiodica di un<br />
gruppo ciclico. L’ordine del gruppo ciclico è il periodo del canone.<br />
Osserviamo che i canoni di Vuza esistono solo per gruppi ciclici non-Hajós.<br />
Notiamo inoltre che un canone di Vuza è un canone ritmico Z/nZ = A ⊕ B nel<br />
quale sia il ritmo interno A che il ritmo esterno B sono aperiodici.<br />
In [15] de Bruijn generalizza il già citato risultato di Hajós in [30], ottenedo il<br />
seguente fondamentale risultato:<br />
3.1.4 Teorema (Hajós - de Bruijn).<br />
Sia G un gruppo abeliano finito, sia H ⊳ G un sottogruppo proprio tale che:<br />
1. H = H1 ⊕ H2 con H1 ed H2 sottogruppi non banali,<br />
2. o(Hi) non è primo, per i = 1, 2, e<br />
3. Hi non è isomorfo a Z/2Z ⊕ Z/2Z, per i = 1, 2.<br />
Allora G è non-Hajós. <br />
Daremo la dimostrazione di questo teorema solo nel caso (dimostrato anche<br />
da Vuza) in cui G sia un gruppo ciclico, utilizzando l’elegante fattorizzazione<br />
suggerita da Franck Jedrzejewski [37] e la seguente proposizione:<br />
3.1.5 Proposizione. Un insieme A ⊂ Z/nZ è periodico modulo k | n, se e solo se<br />
xn − 1<br />
xk <br />
<br />
<br />
<br />
− 1 A(x) .<br />
36
3.1 Fattorizzazioni aperiodiche<br />
Dimostrazione:<br />
Per definizione, A ⊂ Z/nZ è periodico modulo k se e solo se k + A = A, e si ha la<br />
seguente catena di doppie implicazioni:<br />
k + A = A ⇔ x k A(x) ≡ A(x) (mod x n − 1) ⇔ (x k − 1)A(x) ≡ 0 (mod x n − 1) ⇔<br />
⇔ x n − 1 | (x k − 1)A(x) ⇔ xn − 1<br />
xk <br />
<br />
<br />
<br />
− 1 A(x) .<br />
3.1.6 Osservazione.<br />
Se A Z/nZ è periodico allora il suo periodo divide n.<br />
Infatti, per il corollario 1.2.6, se A è periodico modulo m, allora<br />
A = S ⊕ 〈m〉 = S ⊕ 〈 n<br />
o(m) 〉<br />
poiché in un gruppo ciclico c’è uno ed un solo sottogruppo per ogni divisore dell’ordine<br />
del gruppo.<br />
Alla luce della precedente osservazione, se indichiamo con div(n) l’insieme<br />
{ d ∈ N : d | n}, la proposizione 3.1.5 si può rienunciare come:<br />
3.1.7 Proposizione. Un insieme A ⊂ Z/nZ è aperiodico se e solo se<br />
ossia, se e solo se<br />
per ogni k | n, k n si ha che xn − 1<br />
x k − 1<br />
∤ A(x),<br />
∀ k ∈ div(n) \ {n} ∃ d ∈ div(n) \ div(k) tale che Φd(x) ∤ A(x). <br />
Per i gruppi ciclici il teorema 3.1.4 diventa:<br />
3.1.8 Teorema (de Bruijn - Vuza). Sia N = nmk ∈ N tale che:<br />
1. (n, m) = 1,<br />
2. n = n1n2 , m = m1m2 , ed<br />
3. n1, n2, m1, m2, k > 1.<br />
Allora Z/NZ è non-Hajós<br />
Dimostrazione:<br />
Come prima cosa elenchiamo i risultati generali che applicheremo nella dimostrazione,<br />
indicando con Zn il gruppo ciclico Z/nZ e con Rk l’insieme {0, 1, . . . , k −<br />
1}:<br />
37<br />
qed
Capitolo 3. <strong>Canoni</strong> di Vuza<br />
(1) per ogni k | n, Rk è un insieme completo di rappresentanti di Zn/kZn, cioè<br />
Zn = Rk ⊕ kZn,<br />
che infatti abbiamo chiamato canone triviale (esempio 1.2.13),<br />
(2) per ogni k ∈ Z ∗ , se Zn = S ⊕ T, allora kZn = kS ⊕ kT;<br />
(3) se Zn = S ⊕ T allora Zn = kS ⊕ T per ogni k tale che (k, | S |) = 1.<br />
I primi due risultati sono triviali, il terzo è il teorema 5.3.2.<br />
Sia dunque N = nmk come nell’enunciato, cerchiamo una fattorizzazione ZN =<br />
A ⊕ B con A e B non periodici.<br />
Cominciamo con il canone triviale:<br />
ZN = Rk ⊕ kZN .<br />
Applicando (1) e (2) in modo alternato, abbiamo le seguenti fattorizzazioni di kZN<br />
:<br />
1. kZN = kRn1 ⊕ kn1ZN<br />
kRn1 ⊕ kn1Rn2 ⊕ kn1n2ZN<br />
kRn1 ⊕ kn1Rn2 ⊕ kn1n2Rm1 ⊕ kn1n2m1ZN , e<br />
2. kZN = kRm1 ⊕ km1ZN<br />
kRm1 ⊕ km1Rm2 ⊕ km1m2ZN<br />
kRm1 ⊕ km1Rm2 ⊕ km1m2Rn1 ⊕ km1m2n1ZN .<br />
Per la (1) e la (3), poiché n1 =| Rn1 | e (m, n1) = 1, risulta<br />
e per la (2) si ha<br />
ZN = mRn1 ⊕ n1ZN ,<br />
kZN = kmRn1 ⊕ kn1ZN ;<br />
analogamente, scambiando i ruoli di n ed m, si ha<br />
Poniamo:<br />
• A := kmRn1 ⊕ knRm1 ,<br />
• C1 := kn1Rn2 ⊕ kn1n2m1ZN ,<br />
• C2 := km1Rm2 ⊕ km1m2n1ZN .<br />
Le due fattorizzazioni allora diventano:<br />
1. kZN = A ⊕ C1 , e<br />
2. kZN = A ⊕ C2<br />
kZN = knRm1 ⊕ km1ZN .<br />
38
Ritornando alla fattorizzazione iniziale,<br />
ZN = Rk ⊕ kZN = kZN ⊔ {1, . . . , k − 1} ⊕ kZN ,<br />
3.1 Fattorizzazioni aperiodiche<br />
dove ⊔ indica l’unione disgiunta; utilizziamo per il primo kZN la prima fattorizzazione,<br />
e per il secondo la seconda, cioè:<br />
ZN = A ⊕ C1 ⊔ {1, . . . , k − 1} ⊕ A ⊕ C2 = A ⊕ (C1 ⊔ {1, . . . , k − 1} ⊕ C2) .<br />
Prendendo allora<br />
• B := C1 ⊔ {1, . . . , k − 1} ⊕ C2 ,<br />
abbiamo il canone ZN = A ⊕ B.<br />
Rimane da vedere che A e B non sono periodici, cominciamo da A:<br />
A(x) = ∆n1 (xkm )∆n2 (xkn ) = xkmn1 − 1<br />
x km − 1<br />
x knm1 − 1<br />
x kn − 1 .<br />
Utilizziamo la proposizione 3.1.7: fissiamo un qualsiasi h ∈ div(N) \ {N} e cerchiamo<br />
un d ∈ div(N) \ div(h) tale che Φd(x) ∤ A(x).<br />
Abbiamo i seguenti casi:<br />
1. km ∤ h, allora Φkm(x) è il polinomio cercato;<br />
2. kn ∤ h, allora Φkn(x) è il polinomio cercato;<br />
non esistono altre possibilità, infatti, se per assurdo avessimo km | h e kn | h, allora<br />
h = αkm = βkn, quindi αm = βn, e poiché (n, m) = 1 seguirebbe α = n e β = m<br />
quindi h = N, assurdo.<br />
Passiamo a B:<br />
B(x) = C1(x) + (x + x 2 + . . . + x k−1 )C2(x) =<br />
= ∆n2 (xkn1 )∆m2 (x N m 2 ) + x∆k−1(x)∆m2 (xkm1 )∆n2 (x N n 2 ) =<br />
= xkn − 1<br />
x kn1 − 1<br />
x N − 1<br />
x N m 2 − 1<br />
+ x∆k−1(x) xkm − 1<br />
xkm1 x<br />
− 1<br />
N − 1<br />
x N n2 − 1<br />
Come per A, dato un qualsiasi h ∈ div(N) \ {N} cerchiamo un d ∈ div(N) \ div(h)<br />
tale che Φd(x) ∤ B(x). Consideriamo i casi:<br />
1. kmn1 ∤ h, allora Φkmn1 (x) è il polinomio cercato, infatti Φkmn1 (x) | x N −1<br />
Φkmn1 (x) ∤ x∆k−1(x) xkm −1<br />
x km 1−1<br />
x N −1<br />
x N n 2 −1<br />
;<br />
x N m 2 −1<br />
2. knm1 ∤ h, allora Φknm1 (x) è il polinomio cercato (simmetricamente al caso<br />
precedente);<br />
39<br />
ma
Capitolo 3. <strong>Canoni</strong> di Vuza<br />
non esistono altre possibilità, infatti, se per assurdo avessimo kmn1 | h e knm1 | h,<br />
allora h = αkmn1 = βknm1, quindi αm2 = βn2, e poiché (n2, m2) = 1 seguirebbe<br />
α = n2 e β = m2 quindi h = N, assurdo.<br />
Sappiamo quindi ora che esistono canoni di Vuza di periodo N = nmk, come<br />
nelle ipotesi del teorema 3.1.8 di Vuza. Il risultato che segue stabilisce esplicitamente<br />
quali sono i periodi non contemplati nel precedente teorema.<br />
3.1.9 Teorema. Siano<br />
• V := {N ∈ N | N = nmk, con (n, m) = 1, n = n1n2, m = m1m2, ni, mi, k > 1}<br />
l’insieme dei naturali che soddisfano le ipotesi del teorema di Vuza, ed<br />
• H = {p α , p α q, p 2 q 2 , pqr, p 2 qr, pqrs : α ∈ N, p, q, r, s primi distinti};<br />
allora N ∗ := {n ∈ N | n > 0} è unione disgiunta di V ed H.<br />
Dimostrazione:<br />
Indichiamo con V c = N ∗ \ V e con H c = N ∗ \ H, basta allora dimostrare le due<br />
inclusioni H ⊂ V c e H c ⊂ V.<br />
H ⊂ V c : Per ogni x ∈ V esistono n1, n2, m1, m2 ∈ N ∗ con (n1n2, m1m2) = 1 ed<br />
n1n2m1m2 | x , proprietà non verificata dagli elementi di H di tipo p α e p α q, con<br />
p, q primi ed α ∈ N . Inoltre, per ogni x ∈ V esistono n1, n2, m1, m2, k ∈ N ∗ tali che<br />
n1n2m1m2k | x , proprietà non verificata dai restanti elementi di H, quelli di tipo<br />
p 2 q 2 , pqr, p 2 qr e pqrs , con p, q, r, s primi.<br />
H c ⊂ V : Sia x = p α1<br />
1 pα2<br />
2 . . . pαh<br />
h ∈ H c , con p1, p2, . . . , ph primi distinti. Dividiamo<br />
in casi, secondo il numero h ≥ 1 dei primi che dividono x .<br />
h = 1 : Non è possibile perché x H.<br />
h = 2 : Poiché x H, si ha che α1 ≥ 3 ed α2 ≥ 2 (o viceversa), quindi basta<br />
considerare (n, m, k) = (p2 1 , pα2 ).<br />
2<br />
, pα1−2<br />
1<br />
h = 3 : Poiché x H, si ha, a meno di permutare i fattori, che:<br />
– α1 = 2, α2 ≥ 2 ed α3 ≥ 1, oppure<br />
– α1 ≥ 3, α2 ≥ 1 e sempre α3 ≥ 1,<br />
in entrambi i casi basta considerare (m, n, k) = (p α1<br />
1<br />
, pα2<br />
2 , pα3<br />
3 ).<br />
h = 4 : Poiché x H, α1 + α2 + α3 + α4 ≥ 5, supponiamo α1 ≥ 2, quindi<br />
basta considerare (n, m, k) = (p α1<br />
1 pα2<br />
2 , pα3<br />
3 pα4<br />
4 , p1 )<br />
h > 4 : Basta considerare (n, m, k) = (p α1<br />
40<br />
1 pα2<br />
2 , pα3<br />
3 pα4<br />
4 , pα5<br />
5 ).<br />
qed<br />
qed
3.1 Fattorizzazioni aperiodiche<br />
In effetti i gruppi abeliani finiti non Hajós sono completamente caratterizzati<br />
dal teorema 3.1.4 di Hajós - de Bruijn.<br />
Per i gruppi ciclici, abbiamo visto esplicitamente, nel teorema precedente, quali<br />
periodi mancano all’appello. Per la dimostrazione del fatto che tali gruppi sono<br />
tutti di Hajós, rimandiamo agli articoli citati nella seguente tabella:<br />
Periodi Autore/i<br />
p α Hajós [30] e Rédei [58]<br />
p α q de Bruijn [16]<br />
p 2 q 2 Sands [61]<br />
pqr Rédei [58]<br />
p 2 qr Sands [61]<br />
pqrs Sands [61]<br />
dove p, q, r ed s sono primi distinti, ed α ∈ N.<br />
Nel caso non ciclico, i gruppi abeliani finiti di Hajós sono tutti e soli<br />
• i gruppi dei seguenti tipi [64]:<br />
• e tutti i loro sottogruppi,<br />
{p, p}, {2 2 , 2 2 }, {2 λ , 2}, {3 2 , 3}, {p 3 , 2, 2}, {p 2 , 2, 2, 2},<br />
{p, 2 2 , 2}, {p, 2, 2, 2, 2}, {p, q, 2, 2} e {p, 3, 3}<br />
dove p e q sono primi distinti, e ricordiamo che il tipo di un gruppo abeliano finito è<br />
l’insieme degli ordini dei gruppi ciclici di cui è somma diretta. Per le dimostrazioni<br />
si rimanda agli articoli di Rédei [58], de Bruijn [15] e Sands ([62] e [64]).<br />
Osserviamo che tutti gli esempi di canoni <strong>ritmici</strong> incontrati fino ad ora non sono<br />
canoni di Vuza, hanno infatti periodi troppo piccoli: il minimo periodo necessario<br />
per un canone di Vuza è 72, per il quale cioè (n1, n2, m1, m2, k) = (2, 2, 3, 3, 2).<br />
La dimostrazione del teorema 3.1.8 fornisce la seguente fattorizzazione di Z/72Z:<br />
A =<br />
=<br />
kmRn1 ⊕ knRm1<br />
18 {0, 1} ⊕ 8 {0, 1, 2}<br />
= {0, 8, 16, 18, 26, 34}<br />
B = C1 ⊔ {1, . . . , k − 1} ⊕ C2<br />
= kn1Rn2 ⊕ knm1ZN<br />
=<br />
⊔ {1, . . . , k − 1} ⊕ km1Rm2 ⊕ kmn1ZN<br />
4 {0, 1} ⊕ 〈 24〉 ⊔ {1} ⊕ 6 {0, 1, 2} ⊕ 〈36〉<br />
= {0, 4, 24, 28, 48, 52} ⊔ 1 + {0, 6, 12, 36, 42, 48}<br />
= {0, 1, 4, 7, 13, 24, 28, 37, 43, 48, 49, 52}<br />
41
Capitolo 3. <strong>Canoni</strong> di Vuza<br />
Osserviamo che la fattorizzazione aperiodica costruita nella dimostrazione è simmetrica<br />
rispetto ad m ed n, quindi come ritmo esterno possiamo considerare anche<br />
B ′ = C2 ⊔ {1, . . . , k − 1} ⊕ C1<br />
= km1Rm2 ⊕ kmn1ZN<br />
=<br />
⊔ {1, . . . , k − 1} ⊕ kn1Rn2 ⊕ knm1ZN<br />
6 {0, 1, 2} ⊕ 〈36〉 ⊔ {1} ⊕ 4 {0, 1} ⊕ 〈 24〉<br />
= {0, 6, 12, 36, 42, 48} ⊔ 1 + {0, 4, 24, 28, 48, 52}<br />
= {0, 1, 5, 6, 12, 25, 29, 36, 42, 48, 49, 53}<br />
Z72 = A ⊕ B ′ è in effetti la fattorizzazione mostrata da Laszlo Fuchs in Abelian<br />
Groups [26], e ripresa dal matematico parigino François Le Lionnais, che inserisce<br />
72 in Les Nombres Remarquables [47] proprio perché ≪le groupe cyclique à<br />
soixante-douze éléments se décompose sous la forme S + T non-périodiques≫.<br />
3.2 La congettura di Minkowski e il teorema di Hajós<br />
Il teorema di Hajós, che viene considerato uno dei risultati più rilevanti nella teoria<br />
della fattorizzazione di gruppi abeliani, nasce come traduzione algebrica della<br />
congettura di Minkowski sui ricoprimenti reticolari dello spazio euclideo.<br />
In questa sezione raccontiamo la genesi della congettura, partendo dalle considerazioni<br />
dello stesso Hermann Minkowski sul problema dell’approssimazione di reali<br />
con razionali, e ne illustriamo la traduzione algebrica di Hajós.<br />
Non riporteremo alcune dimostrazioni e di altre daremo un’idea solo intuitiva. Lo<br />
scopo della sezione è evidenziare come i concetti di fattorizzazione di un gruppo<br />
abeliano con sottoinsiemi e di tassellazione, che trovano ampio utilizzo nella teoria<br />
dei canoni <strong>ritmici</strong>, vengono da branche della matematica apparentemente distanti<br />
da questo contesto specifico, come la geometria delle tassellazioni o la teoria dei<br />
numeri.<br />
Per una visione completa si rimanda ai lavori degli stessi Minkowski ([52] e [53])<br />
ed Hajós ([29] e [30]), di Stein [70], Stein e Szabó [71] e Shor [69].<br />
3.2.1 La genesi della congettura<br />
Sia a un numero reale. Per ogni intero y ≥ 1 esiste un intero x tale che<br />
0 ≤ ay − x < 1 ,<br />
basta infatti considerare x = [ay] la parte intera di ay, come mostrato in Figura 3.1.<br />
Consideriamo ora una ratio intera t > 1 e dividiamo l’intervallo [0, 1[ in t<br />
sottointervalli di ampiezza 1/t:<br />
t−1<br />
<br />
k k + 1<br />
[0, 1[= , .<br />
t t<br />
k=0<br />
42
3.2 La congettura di Minkowski e il teorema di Hajós<br />
· · ·<br />
ay<br />
· · ·<br />
−1 0 1 2 · · · [ay] [ay] + 1<br />
Figura 3.1<br />
Al variare di y ∈ {0, . . . , t}, consideriamo un intero x tale che il numero reale<br />
ξ := ay − x<br />
sia in [ 0, 1 [ . Abbiamo così t + 1 numeri reali in t intervalli, quindi, per il principio<br />
dei cassetti, esistono due interi y1, y2 ∈ {0, . . . , t}, y1 y2, tali che i rispettivi<br />
ξ1 = ay1 − x1 e ξ2 = ay2 − x2<br />
sono nello stesso intervallo [ k/t, (k + 1)/t [, come mostrato in Figura 3.2.<br />
si ha<br />
0 1 2 · · · k<br />
t<br />
ξ1 ξ2 <br />
Figura 3.2<br />
Supponiamo sia y1 > y2, allora, ponendo<br />
Abbiamo dimostrato il<br />
y := y1 − y2 ed x := x1 − x2,<br />
0 < y ≤ t e | ay − x |< 1<br />
t .<br />
k+1<br />
t−1<br />
t · · · t<br />
3.2.1 Teorema. Per ogni numero reale a e per ogni ratio intera t > 1, esistono due<br />
interi x ed y tali che<br />
0 < y ≤ t e | ay − x |< 1<br />
t .<br />
Consideriamo ora due numeri reali a1 ed a2, ed una ratio intera t > 1.<br />
La suddivisione dell’intervallo [0, 1[ in t sottointervalli di ampiezza 1/t genera una<br />
suddivisione del quadrato unitario (non chiuso) [0, 1[ 2 in t 2 quadrati di lato 1/t:<br />
[0, 1[ 2 =<br />
t−1<br />
k,h=0<br />
<br />
k k + 1 h h + 1<br />
, × , .<br />
t t t t<br />
43<br />
1
Capitolo 3. <strong>Canoni</strong> di Vuza<br />
Al variare di z ∈ {0, . . . , t 2 }, consideriamo due interi x ed y tali che la coppia di<br />
numeri reali (ξ, η) definiti come<br />
ξ := az − x ed η := az − y,<br />
sia nel quadrato unitario [0, 1[ 2 . Abbiamo così t 2 + 1 coppie di numeri reali (ξ, η) in<br />
t 2 quadrati, quindi, per il principio dei cassetti, esistono due interi z1, z2 ∈ {0, . . . , t n },<br />
z1 z2, tali che le rispettive coppie (ξ1, η1) e (ξ2, η2), con<br />
ξ1 = az1 − x1, ξ2 = az2 − x2, η1 = az1 − y1 ed η2 = az2 − y2,<br />
siano nello stesso quadrato, diciamo [ k/t, (k + 1)/t [ × [ h/t, (h + 1)/t [, come mostrato<br />
in Figura 3.3.<br />
1<br />
h<br />
t<br />
.<br />
0 · · · k<br />
t<br />
× h<br />
t<br />
.<br />
h+1<br />
<br />
k k+1<br />
t , t<br />
t<br />
η <br />
<br />
(ξ, η)<br />
<br />
ξ<br />
<br />
h+1 , t<br />
Figura 3.3<br />
k+1<br />
t · · · 1<br />
Il precedente argomento si generalizza facilmente in dimensione n qualsiasi,<br />
dimostrando il<br />
3.2.2 Teorema. Per ogni n-upla di numeri reali a1, . . . , an e per ogni ratio intera<br />
t > 1, esistono n + 1 interi x1, . . . , xn, y tali che<br />
0 < y ≤ t n e | aiy − xi |< 1<br />
, per ogni i = 1, . . . , n.<br />
t<br />
Questi ragionamenti hanno indotto Minkowski a porre il seguente problema di<br />
approssimazione simultanea di n reali con n razionali e ratio non necessariamente<br />
intera:<br />
44
3.2 La congettura di Minkowski e il teorema di Hajós<br />
3.2.3 Problema. Dati n + 1 numeri reali a1, . . . , an, t ∈ R con t > 1, è sempre<br />
possibile trovare n + 1 numeri interi x1, . . . , xn, y ∈ Z tali che<br />
sia verificata?<br />
0 < y < t n e | ai − xi<br />
y<br />
1<br />
|< , per ogni i = 1, . . . , n<br />
ty<br />
Minkowski tenta di risolvere il precedente problema di teoria dei numeri traducendolo<br />
in un problema geometrico.<br />
Consideriamo la matrice reale n + 1 × n + 1<br />
⎛<br />
t 0 . . . 0 −a1t<br />
0 t . . . 0 −a2t<br />
A = .<br />
. .. .<br />
⎜⎝<br />
0 0 . . . t −ant<br />
0 0 . . . 0 1/tn ⎞<br />
⎟⎠<br />
con t > 1, sia C = [−1, 1] n+1 il cubo di vertici (±1, . . . , ±1) ed indichiamo con C ◦ la<br />
sua parte interna. Il problema 3.2.3 diventa:<br />
esiste un vettore a coordinate intere X = (x1, . . . , xn, y) ∈ Z n+1 tale che y > 0 e AX ∈<br />
C ◦ ?<br />
Osservando che det(A) = 1, Minkowski si pose un problema più generale:<br />
3.2.4 Problema. Sia B = (bi j) n i, j=1 una matrice n × n reale di determinante 1 e sia<br />
C = [−1, 1] n . Esiste un vettore non nullo a coordinate intere X = (x1, . . . , xn) ∈ Zn+1 tale che BX ∈ C ◦ ?<br />
Egli stesso si accorse che la risposta è in generale negativa, esibendo come<br />
controesempio la matrice<br />
⎛<br />
⎞<br />
⎜⎝<br />
1 b12 b13<br />
0 1 b23<br />
0 0 1<br />
Infatti, si vede che l’unica soluzione intera del sistema di disuguaglianze<br />
⎟⎠ .<br />
| x1 + b12x2 + b13x3 | < 1<br />
| x2 + b23x2 | < 1<br />
| x3 | < 1<br />
è il vettore nullo (x1, x2, x3) = (0, 0, 0).<br />
Torniamo al caso generale. Sia B la matrice del Problema 3.2.4, poiché B è<br />
invertibile, i vettori colonna v j = (b1 j, b2 j, . . . , bn j), per j = 1, . . . , n, formano una<br />
base di R n e consideiamo l’insieme<br />
L := {BX = x1v1 + . . . + xnvn | X = (x1 . . . , xn) ∈ Z n }.<br />
Introduciamo ora alcune definizioni.<br />
45
Capitolo 3. <strong>Canoni</strong> di Vuza<br />
3.2.5 Definizione. Sia B = {v1, . . . , vn} una base di Rn e B = (v1, . . . , vn) la matrice<br />
le cui colonne sono i vettori di B. L’insieme<br />
L = {BX | X ∈ Z n ⎧<br />
⎪⎨<br />
n<br />
⎫<br />
⎪⎬<br />
} = ⎪⎩<br />
xivi | xi ∈ Z, vi ∈ B⎪⎭<br />
i=1<br />
di tutte le combinazioni lineari a coefficienti interi dei vettori di B si dice reticolo.<br />
B è la base del reticolo, B la sua matrice, n la sua dimensione.<br />
Se P = BX = n i=1<br />
xivi è un punto del reticolo L, X = (x1, . . . , xn) è il vettore delle<br />
coordinate di P sul reticolo L<br />
Si chiama parallelepipedo fondamentale del reticolo l’insieme<br />
⎧<br />
⎪⎨<br />
n<br />
⎫<br />
⎪⎬<br />
P := ⎪⎩<br />
aivi | ai ∈ [0, 1] ⊂ R per ogni i = 1, . . . , n⎪⎭<br />
.<br />
i=1<br />
Il volume del parallelepipedo fondamentale si chiama determinante del reticolo e<br />
si indica con det(L).<br />
Osserviamo che il volume del parallelepipedo fondamentale di un reticolo è il<br />
determinante della sua matrice:<br />
det(L) = vol(P) =| v1, v2, . . . , vn |= det(B).<br />
3.2.6 Definizione. Un insieme C ⊂ R n si dice a simmetria centrale se e solo se<br />
esiste un punto S ∈ R n tale che C è invariante per la simmetria rispetto ad S .<br />
S è detto centro di simmetria di C.<br />
Siamo pronti per enunciare il risultato fondamentale di Minkowski che risolve<br />
completamente i Problemi 3.2.3 e 3.2.4: il Lattice Point Theorem (teorema del<br />
punto reticolare), brevemente LPT.<br />
3.2.7 Teorema (LPT).<br />
Sia C ⊂ R n compatto, convesso e centralmente simmetrico tale che<br />
1. vol(C) = 2 n d e<br />
2. l’origine è il suo centro di simmetria.<br />
Sia L ⊂ R n un reticolo n-dimensionale di determinante d.<br />
Allora C contiene un punto del reticolo diverso dall’origine.<br />
Per la dimostrazione del teorema 3.2.7 si veda ad esempio [71] o [32].<br />
Abbiamo così la soluzione del Problema 3.2.4:<br />
3.2.8 Teorema. Siano B una matrice reale n × n di determinante 1 e C = [−1, 1] n<br />
il cubo di vertici (±1, . . . , ±1).<br />
Allora esiste un vettore non nullo X ∈ Z n tale che BX ∈ C.<br />
46
3.2 La congettura di Minkowski e il teorema di Hajós<br />
Dimostrazione: Consideriamo il reticolo L = {BX | X ∈ Z n }. Poiché det(L) =<br />
det(B) = 1 e vol(C) = 2 n , possiamo applicare il Lattice Point Theorem, esiste<br />
quindi un punto P, diverso dall’origine, tale che P ∈ L ∩ C. Sia X ∈ Z n il vettore<br />
delle coordinate di P su L, allora X non è nullo e BX ∈ C.<br />
La risposta al Problema 3.2.4 è quindi positiva se ne indeboliamo la richiesta:<br />
il vettore X ∈ Z n potrebbe individuare un punto P = BX che non si trova nella<br />
parte interna del cubo C, ma sulla sua frontiera ∂C (come si vedrà anche in alcuni<br />
esempi).<br />
Possiamo ora enunciare la soluzione del Problema 3.2.3:<br />
3.2.9 Teorema (Minkowski). Per ogni insieme di n + 1 numeri reali a1, . . . , an, t ∈ R<br />
con t > 1, esistono n + 1 numeri interi x1, . . . , xn, y ∈ Z tali che<br />
0 < y ≤ t n e | ai − xi<br />
y<br />
Dimostrazione:<br />
Consideriamo la matrice reale n + 1 × n + 1<br />
⎛<br />
t 0 . . . 0 −a1t<br />
0 t . . . 0 −a2t<br />
A = .<br />
. .. .<br />
⎜⎝<br />
0 0 . . . t −ant<br />
0 0 . . . 0 1/tn ⎞<br />
⎟⎠<br />
qed<br />
1<br />
|≤ , per ogni i = 1, . . . , n. (∗)<br />
ty<br />
Per il teorema 3.2.8, esiste un vettore non nullo X = (x1, . . . , xn, y) a coordinate<br />
intere tale che AX ∈ C = [−1, 1] n+1 , cioè valgono le seguenti disuguaglianze:<br />
| x1 − ya1 | t ≤ 1<br />
| x2 − ya2 | t ≤ 1<br />
.<br />
| xn − yan | t ≤ 1<br />
| y/t n | ≤ 1<br />
Se fosse y = 0, poiché t > 1, le prime n disequazioni implicherebbero che xi = 0<br />
per ogni i = 1, . . . , n, cioè X sarebbe il vettore nullo, assurdo, quindi y 0. Inoltre,<br />
poiché anche il reticolo L = {AX | X ∈ Z n+1 } è centralmente simmetrico rispetto<br />
all’origine, se X ∈ L ∩ C anche −X ∈ L ∩ C, possiamo quindi assumere y > 0.<br />
Allora il precedente sistema di disuguaglianze, unito ad y > 0, diventa esattamente<br />
(∗), cioè la tesi.<br />
Nelle ipotesi del teorema 3.2.9 abbiamo quindi due possibilità:<br />
47<br />
qed
Capitolo 3. <strong>Canoni</strong> di Vuza<br />
(N1): esistono n + 1 interi per i quali tutte le disuguaglianze di (∗) sono strette,<br />
(N2): per ogni n + 1 - upla di interi per i quali valga (∗), una delle diseguaglianze è<br />
in realtà una uguaglianza.<br />
Conservando le notazioni fino ad ora utilizzate, indichiamo con A la matrice definita<br />
nella dimostrazione del teorema 3.2.9, con L il reticolo {AX | X ∈ Z n+1 }, associato<br />
ai reali a1, . . . , an, t, con C il cubo [−1, 1] n+1 e con X = (x1, . . . , xn, y) il vettore di<br />
coordinate sul reticolo L di un punto P, diverso dall’origine, contenuto nel cubo.<br />
Le precedenti alternative numeriche corrispondono quindi alle seguenti situazioni<br />
geometriche:<br />
(G1): esiste un punto P ∈ L ∩ C ◦ ,<br />
(G2): per ogni P ∈ L ∩ C, P ∈ ∂C.<br />
Indichiamo ora con CO il cubo unitario1 centrato nell’origine O, CO = [−1/2, 1/2 ] n+1 ,<br />
e con CP il cubo unitario centrato nel punto P, CP = [−1/2, 1/2 ] n+1 + P.<br />
Le precedenti situazioni corrispondono ai seguenti casi:<br />
( ˆG1):<br />
◦ ◦<br />
CO∩<br />
CP ∅,<br />
( ˆG2):<br />
◦ ◦<br />
CO ∩ CP = ∂CO ∩ ∂CP, cioè CO∩<br />
CP = ∅.<br />
Seguono due esempi, con n = 1, che illustrano, rispettivamente, le due possibilità<br />
(N1) ⇔ (G1) ⇔ ( ˆG1) ed (N2) ⇔ (G2) ⇔ ( ˆG2)<br />
(1): Sia a = 1/4 il numero reale da approssimare con ratio t = 2.<br />
Il reticolo L associato ad a e t ha base e matice rispettivamente<br />
<br />
<br />
B = v = (t, 0) = (2, 0), w = (−at, 1/t) = − 1<br />
<br />
1 t −1/2<br />
, e B =<br />
2 2 0 1/2<br />
Come si vede nella Figura 3.4, esiste un punto P del reticolo (P = w), diverso<br />
dall’origine O, che si trova nella parte interna del quadrato C, siamo cioè<br />
nella situazione (G1). X = (x, y) = (0, 1) è il vettore delle coordinate di P su<br />
L. Sostituendo X in (∗), si vede che valgono le disuguaglianze strette:<br />
0 < y = 1 < t = 2 e | a − x 1 1 1<br />
|=| |< =<br />
y 4 2 ty ,<br />
siamo infatti nella situazione (N1).<br />
Consideriamo ora i quadrati unitari sopra definiti CO e CP. Come mostra la<br />
Figura 3.5,<br />
siamo cioè nel caso ( ˆG1).<br />
1 di volume 1<br />
◦ ◦<br />
CP∩<br />
CO<br />
∅ ,<br />
48<br />
<br />
.
✻<br />
P<br />
❅■<br />
w❅O<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
Figura 3.4<br />
3.2 La congettura di Minkowski e il teorema di Hajós<br />
<br />
✲<br />
v<br />
<br />
✲<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
✻<br />
P<br />
w<br />
❅■<br />
❅O<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
Figura 3.5<br />
<br />
✲<br />
v<br />
(2): Sia a = 1/2 il numero reale da approssimare con ratio t = 2.<br />
Il reticolo L associato ad a e t ha base e matrice rispettivamente<br />
<br />
t −1<br />
B = { v = (t, 0) = (2, 0), w = (−at, 1/t) = (−1, 1) } e B =<br />
0 1<br />
Come si vede in Figura 3.6, ogni punto del reticolo, diverso dall’origine, interseca<br />
il quadrato C sulla frontiera, siamo cioè nella situazione (G2). Consideriamo<br />
ad esempio P = w. Il vettore delle coordinate di P sul reticolo L è<br />
X = x, y = (0, 1), e sostituendo X in (∗), si vede che una delle disuguaglianze<br />
è in realtà una uguaglianza:<br />
0 < y = 1 < t = 2 e | a − x 1 1<br />
|=| |=<br />
y 2 ty ,<br />
siamo infatti nella situazione (N2).<br />
Consideriamo ora i quadrati unitari sopra definiti CO e CP. Come mostra la<br />
Figura 3.7,<br />
siamo cioè nel caso ( ˆG2).<br />
◦ ◦<br />
CP∩<br />
CO=<br />
∅ ,<br />
Osserviamo che le situazioni geometriche descritte sono invarianti per traslazioni<br />
poiché i reticoli stessi lo sono:<br />
sia T := {τv : R n → R n | τv(x) = x + v, v ∈ R n } l’insieme delle traslazioni in R n e sia<br />
L ⊂ R n un reticolo di base B; T è un gruppo abeliano rispetto alla composizione di<br />
mappe, L è il gruppo libero generato dai vettori di B, L = 〈B〉Z, e la mappa<br />
L → {τ ∈ T | τ(L) = L}<br />
v ↦→ τv<br />
è un isomorfismo di gruppi.<br />
Quindi, dato un reticolo L di determinante 1 ed un punto Q ∈ L, esiste sempre un<br />
punto P, diverso dall’origine, tale che P ∈ L ∩ [−1, 1] 2 + Q. cioè, indicando con<br />
49<br />
<br />
✲<br />
<br />
.
Capitolo 3. <strong>Canoni</strong> di Vuza<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
✻<br />
❍❨<br />
❍<br />
❍<br />
P<br />
<br />
<br />
w O<br />
<br />
<br />
<br />
Figura 3.6<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
✲<br />
✲<br />
v<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
✻<br />
❍❨<br />
❍<br />
❍<br />
P<br />
<br />
<br />
w O<br />
<br />
<br />
<br />
Figura 3.7<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
✲<br />
✲<br />
v<br />
CP = [−1/2, 1/2 ] 2 + P e CQ = [−1/2, 1/2 ] 2 + Q i quadrati unitari centrati in P e Q<br />
rispettivamente, si ha che CP ∩ CQ ∅.<br />
Siamo vicinissimi all’enunciato della congettura, mancano solo delle definizioni.<br />
3.2.10 Definizione. Un insieme E ⊂ R n di misura di Lebesgue finita e positiva<br />
tassella R n per traslazioni se esiste un insieme discreto T ⊂ R n tale che:<br />
1. per ogni s, t ∈ T con s t si ha m((E + s) ∩ (E + t)) = 0 , e<br />
2. t∈T (E + t) = R n , cioè t∈T (E + t) è un ricoprimento di R n .<br />
T è l’insieme di traslazione di E.<br />
3.2.11 Definizione. Dato un insieme E ⊂ R n che tassella per traslazioni con insieme<br />
di traslazione T, il ricoprimento t∈T (E + t) di R n si dice ricoprimento reticolare<br />
se l’insieme di traslazione T è un reticolo.<br />
Un ricoprimento reticolare si dice a cubi (o Latice Cube Tiling) se il tassello del<br />
ricoprimento è il cubo n-dimensionale [0, 1] n ⊂ R n .<br />
Allora, dato un reticolo di determinante 1, il Lattice Point Theorem afferma<br />
che l’unione dei cubi unitari centrati nei punti del reticolo (e con gli spigoli paralleli<br />
agli assi) ricoprono tutto lo spazio, e le precedenti situazioni geometriche<br />
corrispondono alle seguenti alterntive:<br />
1. tale ricoprimento non è un ricoprimento reticolare a cubi,<br />
2. tale ricoprimento è un ricoprimento reticolare a cubi.<br />
Osserviamo che nel primo caso L possiede dei punti sulla frontiera di C, e per tali<br />
punti varrà almeno una uguaglianza in (∗), ma il fatto che ne esiste uno con le<br />
diseguaglianze strette implica che L non può essere l’insieme di traslazione di un<br />
ricoprimento reticolare a cubi.<br />
Le figure 3.8 e 3.9 mostrano due ricoprimenti reticolari, rispettivamente del<br />
piano e dello spazio tridimensionale.<br />
50
Figura 3.8<br />
3.2 La congettura di Minkowski e il teorema di Hajós<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
Figura 3.9<br />
Lo stesso Minkowski ha dimostrato che nei casi bi e tridimensionale tutti i ricoprimenti<br />
reticolari a cubi sono fatti come nelle Figure 3.8 ed 3.9: unione di striscie<br />
nel caso bidimensionale e di tubi a sezione quadrata (che a loro volta formano<br />
lastre), nel caso tridimensionale, ha cioè dimostrato per n = 2, 3 la seguente<br />
3.2.12 Congettura (Minkowski).<br />
Dato un ricoprimento reticolare a cubi dello spazio euclideo n-dimensionale, si<br />
può sempre trovare una coppia di cubi che hanno in comune una faccia di dimensione<br />
n − 1.<br />
Nel prossimo paragrafo vedremo come G. Hajós ha risolto questa congettura.<br />
O. Keller ha poi ipotizzato che si potesse eliminare l’ipotesi reticolare dalla<br />
congettura di Minkowski:<br />
3.2.13 Congettura (Keller). Dato un ricoprimento a cubi dello spazio euclideo n -<br />
dimensionale, si può sempre trovare una coppia di cubi che hanno in comune una<br />
faccia di dimensione n − 1.<br />
La congettura di Keller è stata dimostrata da Oskar Perron [55] per n ≤ 6 e<br />
confutata da John Mackey [48] per n ≥ 8, il caso n = 7 è ancora aperto.<br />
3.2.2 La traduzione algebrica<br />
Consideriamo un ricoprimento reticolare a cubi dello spazio euclideo n - dimensionale.<br />
Come insieme di traslazione del ricoprimento possiamo considerare il<br />
reticolo H formato dai vertici di minor coordinate dei cubi (invece che dai loro<br />
centri, come abbiamo visto nel paragrafo precedente).<br />
Hajós osserva innanzitutto che possiamo assumere senza perdita di generalità<br />
che le coordinate dei punti di H (o, equivalentemente, dei vettori della sua base)<br />
siano razionali. Precisamente, Hajós dimostra (in [29], Satz 8, pag 434) che una<br />
51
Capitolo 3. <strong>Canoni</strong> di Vuza<br />
piccola perturbazione dei vettori della base del reticolo di un ricoprimento reticolare<br />
a cubi non ne altera la proprietà di essere un controesempio per la congettura<br />
di Minkowski.<br />
Consideriamo gli iperpiani di giacenza delle facce dei cubi. Poiché le coordinate<br />
degli elementi del reticolo sono razionali, ogni cubo è diviso da tali iperpiani in<br />
un numero finito di parallelepipedi n-dimensionali, diciamo mi per l’i-esima coordinata,<br />
i = 1, . . . , n, come si vede in Figura 3.10 (n = 2, m1 = 1, m2 = 3) ed in Figura<br />
3.11 (n = 3, m1 = m2 = 3, m3 = 1).<br />
<br />
<br />
<br />
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<br />
<br />
Figura 3.10<br />
∈ H<br />
, ∈ G<br />
<br />
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<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
Figura 3.11<br />
Considerando i vertici di minor coordinate di tali parallalapipedi, otteniamo<br />
un reticolo G di cui H è sottogruppo. Nelle Figure 3.10 e 3.11 i dischi neri indicano<br />
i punti del reticolo G, mentre H è indicato solo dai dischi di maggior diametro.<br />
G è anche l’insieme di traslazione del ricoprimento reticolare formato dai<br />
parallelepipedi.<br />
Poiché H contiene l’origine e gli spigoli dei cubi sono paralleli agli assi, esiste<br />
una base {a1, . . . , an} del reticolo G formata da sottomultipli interi della base canonica<br />
{e1 = (1, 0, . . . , 0), . . . , en = (0, . . . , 0, 1)}, cioè tale che<br />
miai = ei per ogni i = 1, . . . , n,<br />
dove, ricordiamo, mi é il numero di (iper)fette in cui viene diviso ogni cubo lungo<br />
l’i-esima coordinata.<br />
Siamo pronti per tradurre algebricamente la congettura di Minkowski.<br />
1. Il fatto che i cubi ricoprono lo spazio implica in particolare che ogni parallelepipedo<br />
D sta in un cubo C, cioè, indicando con g ∈ G il vertice (di minime<br />
coordinate) di D e con h ∈ H il vertice (di minime coordinate) di C:<br />
n<br />
∀ g ∈ G ∃ h ∈ H, k1, . . . kn ∈ {0, . . . , mi − 1} tali che g = h + kiai (∗)<br />
52<br />
i=1
3.2 La congettura di Minkowski e il teorema di Hajós<br />
2. Il fatto che i cubi si intersecano al più nella frontiera significa che un parallelepipedo<br />
può appartenere ad un solo cubo, cioè, se h, h ′ ∈ H ed ki, k ′ i ∈<br />
{0, . . . , mi − 1}, i = 1, . . . , n, si ha:<br />
h +<br />
n<br />
kiai = h ′ +<br />
i=1<br />
n<br />
k ′ iai ⇒ h = h ′ e ki = k ′ i per ogni i = 1, . . . , n (∗∗)<br />
i=1<br />
3. Dire che due cubi condividono una faccia, significa che il reticolo è formato<br />
da tubi (a sezione ipercubica) lungo la direzione ortogonale a tale faccia,<br />
diciamo l’i-esima. In particolare quindi H contiene l’i-esimo vettore della<br />
base canonica, cioè:<br />
∃ i ∈ {1, . . . , n} tale che miai = ei ∈ H (∗ ∗ ∗)<br />
Consideriamo ora il gruppo quoziente G/H e definiamo, al variare di i = 1, . . . , n,<br />
gli insiemi<br />
Ai := {0, ai, . . . , (mi − 1)ai} ⊂ G/H.<br />
Le condizioni (∗) ed (∗∗) equivalgono a:<br />
e la (∗ ∗ ∗) equivale a:<br />
G/H = A1 ⊕ A2 ⊕ . . . ⊕ An<br />
∃ i tale che miai = 0 .<br />
La congettura di Minkowski in questo modo diventa il<br />
3.2.14 Teorema (Hajós).<br />
Sia G un gruppo abeliano finito e siano a1, . . . , an n elementi di G.<br />
Poniamo Ai := {0, ai, 2ai, . . . (mi − 1)ai}, con mi intero positivo per ogni i = 1, . . . , n.<br />
Se<br />
G = A1 ⊕ . . . ⊕ An<br />
allora uno dei fattori Ai è un gruppo, cioè esiste un i ∈ {1, . . . , n} tale che miai = 0,<br />
cioè Ai è periodico.<br />
Hajós ha dimostrato questo teorema in [29].<br />
Per lo studio dei canoni <strong>ritmici</strong> possiamo limitarci a darne una dimostrazione nel<br />
caso in cui G sia un gruppo ciclico.<br />
Dimostrazione (G = Z/mZ):<br />
Per ipotesi,<br />
Z/mZ = A1 ⊕ . . . ⊕ An<br />
con Ai := {0, ai, 2ai, . . . (mi − 1)ai} per ogni i = 1, . . . , n.<br />
Tradotto in termini di polinomi diventa:<br />
∆m(x) ≡<br />
n<br />
i=1<br />
∆mi (xai ) ( mod x m − 1),<br />
53
Capitolo 3. <strong>Canoni</strong> di Vuza<br />
quindi<br />
∆m(x)<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />
n<br />
i=1<br />
∆mi (xai ) ,<br />
e pioché ∆m(x) = d|m Φd(x), e i polinomi ciclotomici sono irriducibili in Z[x],<br />
esiste un indice i ∈ {1, . . . , n} tale che Φm(x) | ∆mi (xai ).<br />
In virtù della proposizione A.4, punto 6(b), si ha:<br />
∆mi (xai <br />
) = Φd(x ai<br />
<br />
) = Φde(x)<br />
d|mi<br />
d|mi e|ai, e≥b<br />
dove ai = bc con (c, d) = 1 e per ogni primo p | b, si ha che p | d.<br />
In particolare quindi, esistono un d | mi ed un e | ai, e ≥ b, tali che n = de | miai,<br />
cioè miai = 0.<br />
Concludiamo questo capitolo sottolineando come il lavoro di Hajós abbia indotto<br />
allo studio delle fattorizzazioni di un gruppo abeliano con sottoinsiemi matematici<br />
come de Bruijn, Rèdei, Sands, Fuchs, Tijdeman e molti altri, menzionati<br />
nella bibliografia del presente lavoro. Come abbiamo visto, tale problema è stato<br />
risolto (anche se non in maniera costruttivamente esaustiva) per i gruppi ciclici, che<br />
è il caso di nostro interesse, ma in generale rimane ancora un importante soggetto<br />
di ricerca matematica.<br />
54<br />
qed
Capitolo 4<br />
Congettura spettrale<br />
4.1 Una congettura aperta<br />
Nella sezione 3.2 abbiamo seguito Hermann Minkowki, che da un problema di<br />
teoria dei numeri è arrivato ad una congettura riguardante la geometria delle tassellazioni,<br />
ed alla fine ne abbiamo visto la soluzione algebrica di Hajós. In questo<br />
capitolo assistiamo ad un percorso analogo: la congettura di Fuglede nasce da un<br />
problema analitico, il cui sviluppo porta ancora ad una congettura sulla geometria<br />
delle tassellazioni. In dimensione 1, che è il caso che riguarda i canoni <strong>ritmici</strong>, ne<br />
scopriamo anche un risvolto algebrico.<br />
Ecco il problema posto da I. Segal a Bent Fuglede (1958):<br />
4.1.1 Problema. Per quali domini 1 Ω ⊂ R n esiste una famiglia {H j} n j=1 ⊂ L2 (Ω)<br />
commutativa, di operatori autoaggiunti, restrizione della famiglia {−i ∂<br />
∂x j }n j=1 ?<br />
Fuglede, restringendo il campo d’indagine ai domini Ω di misura di Lebesgue<br />
finita, dimostra che una tale famiglia esiste se e solo se esiste un insieme Λ ⊂ Rn tale che l’insieme {e2πiλx }λ∈Λ è una base ortogonale di L2 (Ω), ed in tal caso Λ risulta<br />
essere lo spettro della famiglia di operatori {H j} n j=1 [27].<br />
Cominciamo richiamando qualche concetto di analisi funzionale.<br />
Consideriamo lo spazio euclideo n- dimensionale Rn . Indichiamo nel seguito con<br />
〈 , 〉 l’usuale prodotto scalare in Rn , con m la misura di Lebesgue e con Ω ⊂ Rn un<br />
insieme misurabile di misura finita positiva.<br />
Sia inoltre<br />
L 2 <br />
<br />
(Ω) = f : Ω → C : | f |<br />
Ω<br />
2 <br />
dm < ∞ / <br />
dove f g ⇔ l’insieme {x ∈ Ω | f (x) g(x)} ha misura nulla.<br />
L2 (Ω) è uno spazio di Hilbert2 con il prodotto scalare<br />
<br />
〈 f, g〉Ω = f g dm ,<br />
1 un dominio è un insieme aperto e connesso<br />
2 spazio con prodotto scalare completo rispetto alla norma indotta<br />
Ω<br />
55
Capitolo 4. Congettura spettrale<br />
dove g(x) = g(x) indica la funzione complessa coniugata di g.<br />
Una base ortogonale di L 2 (Ω) è un suo sottoinsieme B = { fλ}λ∈Λ tale che<br />
1. 〈 fλ, fµ〉Ω 0 ⇔ λ = µ (ortogonalità) e<br />
2. per ogni g ∈ L 2 (Ω) si ha che g(x) = λ∈Λ〈g, fλ〉Ω fλ(x) (completezza).<br />
Un risultato classico di analisi funzionale è che qualsiasi base ortogonale di<br />
L 2 (Ω) ha al più una infinità numerabile di elementi (cfr [1]), è quindi ben posta la<br />
seguente:<br />
4.1.2 Definizione. Sia eλ(x) la funzione esponenziale complessa e 2πi〈λ,x〉 . Λ =<br />
{λk}k∈Z ⊂ R n è uno spettro per Ω ⊂ R n se l’insieme delle funzioni a valori complessi<br />
BΛ := {eλ(x)}λ∈Λ è una base ortogonale di L 2 (Ω).<br />
In tal caso Ω è un insieme spettrale e la coppia (Ω, Λ) si dice coppia spettrale.<br />
Osserviamo che la proprietà di essere uno spettro è invariante per traslazioni:<br />
se (Ω, Λ) è una coppia spettrale, e t ∈ R n , allora (Ω, t + Λ) è una coppia spettrale.<br />
Si verifica infatti che BΛ = {eλ+t}λ∈Λ è una base ortogonale di L 2 (Ω):<br />
1. ortogonalità:<br />
〈eλ+t, eµ+t〉Ω =<br />
<br />
e<br />
Ω<br />
2πi〈λ+t,x〉 e −2πi〈µ+t,x〉 dx =<br />
quindi 〈eλ+t, eµ+t〉Ω = 0 ⇔ λ = µ ⇔ λ + t = µ + t ;<br />
2. completezza:<br />
notiamo innanzitutto che<br />
e che<br />
<br />
Ω<br />
e 2πi〈λ+t−µ−t,x〉 dx = 〈eλ, eµ〉Ω ,<br />
eλ+t(x) = e 2πi〈λ+t,x〉 = e 2πi〈λ,x〉 e 2πi〈t,x〉 = eλ(x)et(x)<br />
<br />
〈 f, eλ+t〉Ω =<br />
Ω<br />
f (x) et(x) eλ(x) dx = 〈 f et, eλ〉Ω,<br />
quindi <br />
<br />
〈 f, eλ+t〉Ω eλ+t = 〈 f et, eλ〉Ω eλ(x)et(x) =<br />
λ∈Λ<br />
λ∈Λ<br />
<br />
et(x) 〈 f et, eλ〉Ω eλ(x) = et(x) f (x)et(x) = f (x).<br />
λ∈Λ<br />
Possiamo quindi assumere senza perdita di generalità che uno spettro contenga<br />
sempre l’origine 0 ∈ R n .<br />
Richiamiamo ora la definizione di tassellazione di uno spazio euclideo introdotta<br />
nella sezione 3.2.<br />
Definizione (3.2.10). Ω ⊂ R n tassella R n per traslazioni se esiste un insieme discreto<br />
T ⊂ R n tale che<br />
56
1. per ogni s, t ∈ T con s t si ha che m((Ω + s) ∩ (Ω + t)) = 0 , e<br />
2. t∈T (Ω + t) = R n .<br />
T è l’insieme di traslazione di Ω.<br />
4.1 Una congettura aperta<br />
Le tassellazioni dello spazio euclideo e le tassellazioni degli interi (di cui abbiamo<br />
parlato a partire dalla sezione 1.2) diventano casi particolari delle tassellazioni<br />
di gruppi abeliani, se consideriamo su essi la misura di Haar :<br />
4.1.3 Definizione. Sia (G, +) un gruppo abeliano localmente compatto (come gruppo<br />
topologico di Hausdorff).<br />
Una misura di Haar su G è una misura h di Borel tale che:<br />
1. h(U) > 0 per U ∅ aperto,<br />
2. h(K) < ∞ per K compatto e<br />
3. h(g + A) = h(A).<br />
Le tassellazioni di gruppi abeliani sono state definite ad esempio da Mihail<br />
Koluntzakis e Máté Matolcsi [40]:<br />
4.1.4 Definizione. Sia (G, +) un gruppo abeliano localmente compatto, un suo<br />
sottoinsieme A di misura h(A) di Haar positiva e finita tassella (per traslazioni)<br />
G se esiste un insieme T ⊂ G discreto tale che<br />
1. per ogni s, t ∈ T con s t si ha che h((A + s) ∩ (A + t)) = 0 , e<br />
2. t∈T (A + t) = G.<br />
Questa definizione coincide con la 3.2.10 per G = R n ed h = m, con la 1.2.1 per<br />
G = Z ed h uguale alla cardinalità, e con la definizione 1.1.4 di canone ritmico per<br />
G = Z/nZ ed h sempre uguale alla cardinalità.<br />
In virtù di tale coincidenza, non sorprende che le proprietà 1 e 2 della definizione<br />
3.2.10 si trovino talvolta (cfr. ad esempio lo stesso Fuglede, [27], o Izabella Łaba,<br />
[45]) sotto la forma<br />
R n = Ω ⊕ T a meno di insiemi di misura nulla,<br />
ed R n = Ω ⊕ T venga detta tassellazione di R n .<br />
4.1.5 Esempio. Sappiamo (sezione 3.2) che il cubo n- dimensionale C = [0, 1] n<br />
tassella R n se prendiamo come insieme di traslazione il reticolo L = Z n .<br />
Consideriamo l’insieme<br />
BZ n = {eλ}λ∈Z n ⊂ L2 (C) .<br />
Le funzioni di BZn sono ortogonali, infatti, siano λ, µ ∈ Zn , si ha:<br />
<br />
〈eλ, eµ〉C = e 2πi〈λ−µ,x〉 <br />
dx =<br />
C<br />
57<br />
e<br />
C<br />
n j=1 2πi(λ j−µ j)x jdx =
Capitolo 4. Congettura spettrale<br />
<br />
=<br />
C<br />
n<br />
e 2πi(λ j−µ j)x j (<br />
dx = 3)<br />
j=1<br />
n<br />
j=1<br />
n<br />
⎧<br />
⎪⎨ 1 se λ j = µ j<br />
⎪⎩<br />
se λ j µ j<br />
j=1<br />
e 2πi(λ j −µ j ) −1<br />
2πi(λ j−µ j)<br />
poiché e 2πi(λ j−µ j) = 1 per λ j − µ j ∈ Z.<br />
1<br />
0<br />
⎫<br />
⎪⎬<br />
⎪⎭ =<br />
e 2πi(λ j−µ j)x j dx j =<br />
1 se λ = µ<br />
0 se λ µ<br />
Come si vede, l’insieme BZn è non solo ortogonale ma anche ortonormale. Inoltre<br />
un risultato classico della teoria di Fourier stabilisce che BZn è completo in L2 (C),<br />
ne è quindi una base ortonormale.<br />
Quindi Zn è contemporaneamente uno spettro ed un insieme di traslazione per C.<br />
Siamo pronti per enunciare la<br />
4.1.6 Congettura (Fuglede).<br />
Ω ⊂ R n è spettrale se e solo se tassella R n per traslazioni.<br />
La congettura è stata dimostrata in alcuni casi particolari, se:<br />
1. lo spettro e l’insieme di traslazione di Ω sono reticoli (Fuglede, [27]).<br />
2. Ω ⊂ R 2 è un dominio convesso (Iosevich, Katz e Tao, [35]).<br />
3. Ω ⊂ [0, L] ⊂ R, m(Ω) = 1, L < 3/2 (Koluntzakis e Łaba, [39]).<br />
4. Ω = (a, b) ∪ (c, d) ⊂ R (Łaba, [44]).<br />
È stata inoltre confutata per n ≥ 3 (Tao, [75], Matolcsi, [49], e Koluntzakis e<br />
Matolcsi, [40]).<br />
Una implicazione è tuttavia ancora aperta in tutte le dimensioni: non ci sono<br />
fino ad ora esempi di tassellazioni con insiemi non spettrali (cfr [49]).<br />
4.2 La congettura spettrale ed i canoni <strong>ritmici</strong> a <strong>mosaico</strong><br />
Il legame della congettura spettrale con i canoni <strong>ritmici</strong> nasce dalla semplice osservazione<br />
che i canoni <strong>ritmici</strong> generano tassellazioni della retta reale, infatti:<br />
un insieme finito di naturali A ⊂ N, con 0 ∈ A, tassella Z, e quindi è il ritmo interno<br />
di un canone, se e solo se A + [0, 1] tassella R.<br />
Nasce quindi l’esigenza di capire cosa significa che l’insieme Ω = A + [0, 1], con<br />
0 ∈ A ⊂ N finito, sia spettrale. Si ha la seguente<br />
4.2.1 Proposizione. Sia Ω = A + [0, 1], con 0 ∈ A ⊂ N finito.<br />
Se Ω ha uno spettro Λ allora esiste un insieme Γ ⊂ [0, 1), 0 ∈ Γ, tale che<br />
1. Λ = Γ ⊕ Z,<br />
3 per il teorema di Fubini<br />
58
2. | Γ |=| A | e<br />
4.2 La congettura spettrale ed i canoni <strong>ritmici</strong> a <strong>mosaico</strong><br />
3. per ogni γ, µ ∈ Γ, con γ µ, il numero complesso e 2πi(γ−µ) è una radice del<br />
polinomio A(x) associato ad A (cfr 1.3.1).<br />
Dimostrazione:<br />
Per invarianza per traslazioni abbiamo assunto che 0 ∈ Λ.<br />
Consideriamo l’insieme Λ + Z di tutte le classi laterali modulo Z degli elementi di<br />
Λ. Per ogni classe esiste uno ed un solo rappresentante in [0, 1), sia Γ l’insieme di<br />
tali rappresentanti. Γ sarà l’insieme richiesto.<br />
Poiché 0 ∈ Λ, chiaramente 0 ∈ Γ, rimangono quindi da dimostrare i punti 1, 2 e 3.<br />
Cominciamo a dimostrare il primo.<br />
Per definizione di Γ, si ha che Λ ⊂ Γ ⊕ Z, dimostriamo ora il viceversa.<br />
Fissiamo un µ ∈ Λ e sia I = [0, 1], consideriamo l’insieme<br />
<br />
ΛI := {λ ∈ Λ − µ | eλdx = 0} ∪ {0} .<br />
Per il teorema 2.3.1 di [38] l’insieme {eλ}λ∈ΛI è completo in L2 (I).<br />
Inoltre, se λ 0, si ha<br />
<br />
I<br />
eλdx = e2πiλ − 1<br />
2πiλ<br />
I<br />
= 0 ⇔ λ ∈ Z − {0} ,<br />
quindi ΛI ⊂ Z.<br />
Poiché Z stesso è uno spettro per I, in particolare {ez}z∈Z è completo, quindi necessariamente<br />
ΛI = Z. Il punto 1 della tesi segue facilmente:<br />
∀µ ∈ Λ, µ + Z = µ + ΛI ⊂ Λ ⇒ Γ ⊕ Z = Λ + Z ⊂ Λ.<br />
Dimostriamo ora una formula che tornerà utile nel seguito.<br />
Siano λ, µ ∈ Rn , si ha:<br />
⎧<br />
⎪⎨ | A | se λ = µ<br />
〈eλ, eµ〉Ω = ⎪⎩ e2πi(λ−µ) 2πi(λ−µ) A(e2πi(λ−µ) ) se λ µ<br />
Basta svolgere il conto (analogo a quello fatto nell’esempio 4.1.5):<br />
⎧<br />
⎪⎨<br />
⎪⎩<br />
<br />
〈eλ, eµ〉Ω =<br />
⎧<br />
⎪⎨<br />
⎪⎩<br />
a∈A<br />
Ω<br />
e 2πi(λ−µ)x <br />
dx =<br />
a∈A<br />
a+1<br />
1 se λ = µ<br />
e 2πi(λ−µ) −1<br />
2πi(λ−µ) e2πi(λ−µ)a se λ µ<br />
a<br />
e 2πi(λ−µ)x dx =<br />
⎫<br />
⎪⎬<br />
⎪⎭ =<br />
| A | se λ = µ<br />
e 2πi(λ−µ)<br />
2πi(λ−µ)<br />
a∈A e 2πi(λ−µ)a = e2πi(λ−µ)<br />
2πi(λ−µ) A(e2πi(λ−µ) ) se λ µ<br />
59<br />
(∗)
Capitolo 4. Congettura spettrale<br />
Dimostriamo ora contemporaneamente i punti 2 e 3:<br />
Sia A = {a1, . . . , ak}, al variare di γ ∈ Γ consideriamo i vettori<br />
vγ = (e 2πiγa1 , . . . , e 2πiγak ) ∈ C k .<br />
Osserviamo che per ogni γ, µ ∈ Γ, con γ µ, si ha che γ − µ Z, quindi la (∗)<br />
implica che:<br />
〈eγ, eµ〉Ω = 0 ⇔ A(e 2πi(γ−µ) ) = 0,<br />
cioè il punto 3. Inoltre<br />
〈vγ, vµ〉C =<br />
k<br />
e 2πi(γ−µ)a j 2πi(γ−µ)<br />
= A(e ),<br />
j=1<br />
allora {vγ}γ∈Γ è un insieme di vettori ortogonali in C k , quindi può avere al massimo<br />
k elementi, cioè:<br />
| Γ |≤ k =| A | .<br />
Supponiamo per assurdo che | Γ |< k, esiste allora un vettore v = (v1, . . . , vk) ∈<br />
C k \ {0} tale che 〈v, vγ〉C = 0 per ogni γ ∈ Γ, cioè<br />
k<br />
v je −2πiγa j = 0 (∗∗)<br />
Consideriamo ora la funzione<br />
<br />
v j se x ∈ [a<br />
g(x) :=<br />
j, a j + 1)<br />
0 altrimenti<br />
j=1<br />
g ∈ L 2 (Ω) e, per ogni λ = γ + n ∈ Λ = Γ ⊕ Z, si ha:<br />
=<br />
k<br />
j=1<br />
<br />
〈g, eλ〉Ω =<br />
Ω<br />
g(x)e −2πiλx =<br />
k<br />
j=1<br />
a j+1<br />
e<br />
v j<br />
−2πi(γ+n) − 1<br />
−2πi(γ + n) e−2πi(γ+n)a 1 − e j = −2πi(γ+n)<br />
2πi(γ + n)<br />
= 1 − e−2πiγ<br />
2πi(γ + n)<br />
a j<br />
k<br />
v je −2πiγa j = 0<br />
j=1<br />
v je −2πi(γ+n)x =<br />
k<br />
v je −2πi(γ+n)a j =<br />
perché a j ∈ Z e per la (∗∗). Allora, per la completezza di {eλ}λ∈Λ, si ha:<br />
<br />
g(x) = 〈g, eλ〉Ωeλ(x) = 0<br />
cioè v = 0, assurdo.<br />
Quindi | Γ |=| A |.<br />
λ∈Λ<br />
60<br />
j=1
La proposizione 4.2.1 suggerisce la seguente<br />
4.2 La congettura spettrale ed i canoni <strong>ritmici</strong> a <strong>mosaico</strong><br />
4.2.2 Definizione. Sia A ⊂ N finito, con 0 ∈ A, e sia k = A(1) =| A |.<br />
Γ ⊂ [0, 1) è uno spettro per A(x) se e solo se<br />
1. 0 ∈ Γ,<br />
2. | Γ |= k e<br />
3. per ogni γ, µ ∈ Γ con γ µ, il numero complesso e 2πi(γ−µ) è una radice di<br />
A(x).<br />
In tal caso, si dice anche che Γ è uno spettro per A, o che A è spettrale.<br />
Con la proposizione 4.2.1 abbiamo trovato un modo algebrico per esprimere il<br />
fatto che un insieme del tipo A ⊕ [0, 1] è spettrale, possiamo quindi riformulare la<br />
congettura spettrale per tasselli di Z:<br />
4.2.3 Congettura (Fuglede).<br />
A ⊂ N finito, con 0 ∈ A, tassella Z ⇔ A è spettrale.<br />
4.2.4 Teorema (Łaba). Sia A ⊂ N finito con 0 ∈ A.<br />
Se A soddisfa le condizioni (T1) e (T2) di Coven-Meyerowitz, allora è spettrale.<br />
Nella dimostrazione del teorema 4.2.4 useremo il seguente<br />
4.2.5 Lemma. Siano k1, . . . , kn, s1, . . . , sn ∈ N ∗ tali che<br />
1. (ki, si) = 1 per ogni i = 1, . . . , n e<br />
2. (si, s j) = 1 per ogni i, j = 1, . . . , n con i j.<br />
Allora<br />
n<br />
i=1<br />
k1<br />
s1<br />
= k<br />
s ,<br />
dove s = s1 . . . sn e k = k1 s<br />
s + . . . + k1 , è una frazione primitiva, cioè (k, s) = 1.<br />
s1 s1<br />
Dimostrazione:<br />
Sia p un primo tale che p | s, allora esiste un i ∈ {1, . . . , n} tale che p | si, da cui:<br />
1. per l’ipotesi 1, p ∤ ki e<br />
2. per l’ipotesi 2, p ∤ s j per ogni i j e quindi<br />
(a) p ∤ s<br />
si e<br />
(b) p | s<br />
s per ogni i j .<br />
j<br />
61<br />
qed
Capitolo 4. Congettura spettrale<br />
Se, per assurdo p dividesse k, per il precedente punto 2(b), si avrebbe<br />
<br />
p | k −<br />
k j<br />
s<br />
ji<br />
j<br />
che è assurdo per i precedenti punti 1 e 2(a).<br />
s s <br />
= ki = ki s j ,<br />
Dimostrazione (del teorema 4.2.4): Siano, come nella definizione 2.1.2:<br />
si<br />
ji<br />
RA = { d ∈ N : d | n e Φd(x) | A(x)} , ed<br />
S A = { d ∈ RA : d = p α , p primo, α ∈ N ∗ } .<br />
Ricordiamo le condizioni di Coven-Meyerowitz definite nel teorema 2.1.3:<br />
( T1) : A(1) = pα∈S p, e A<br />
( T2) : p1 α1 α2 , p2 , . . . , pαk<br />
k ∈ S A ⇒ p α1<br />
1 pα2<br />
2 . . . pαk<br />
k ∈ RA.<br />
Consideriamo l’insieme<br />
⎧<br />
⎪⎨<br />
<br />
Γ :=<br />
⎪⎩<br />
s∈S A<br />
ks<br />
s<br />
| ks = 0, . . . , p − 1, ∀s = p α ⎫<br />
⎪⎬<br />
∈ S A<br />
⎪⎭ .<br />
Dimostriamo che Γ è uno spettro per A(x).<br />
Si vede subito che 0 ∈ Γ e, per la condizione (T1),<br />
<br />
| Γ | = p = A(1) = | A | .<br />
s=p α ∈S A<br />
Rimane quindi da verificare che se γ, µ ∈ Γ, con γ µ, allora A(e 2πi (γ−µ) ) = 0. Siano<br />
allora<br />
<br />
γ =<br />
s∈S A<br />
ks<br />
s<br />
<br />
γ − µ =<br />
<br />
e µ =<br />
s∈S A<br />
s∈S A<br />
ks − hs<br />
.<br />
s<br />
Siano s1, . . . , sn ∈ S A potenze di primi distiniti tali che<br />
- ksi − hsi 0, e<br />
hs<br />
s ,<br />
- per ogni s ∈ S A tale che ks − hs 0, esiste un i ∈ {1, . . . , n} tale che s | si ,<br />
62<br />
qed
allora esiste un intero k ∈ Z tale che<br />
4.2 La congettura spettrale ed i canoni <strong>ritmici</strong> a <strong>mosaico</strong><br />
k<br />
γ − µ = .<br />
s1 . . . sn<br />
Per il Lemma 4.2.5, (k, s1 . . . sn) = 1, quindi<br />
ρ = e 2πi k<br />
s 1 ...sn = ζ k s1...sn<br />
è una radice primitiva s1 . . . sn- esima dell’unità, cioè Φs1...sn (ρ) = 0.<br />
Poiché s1, . . . , sn ∈ S A sono potenze di primi distinti, per la condizione (T2), s1 . . . sn ∈<br />
(x) | A(x), quindi A(ρ) = 0.<br />
RA cioè Φs1...sn<br />
Possiamo ora dimostrare due risultati sulla congettura di Fuglede:<br />
4.2.6 Corollario.<br />
1. Se | A | è prodotto di al più due potenze di primi ed A tassella allora è<br />
spettrale.<br />
2. In ogni canone ritmico ottenuto dalla fattorizzazione di un gruppo ciclico di<br />
Hajós, i ritmi sono spettrali.<br />
Dimostrazione:<br />
1. Per il teorema (3) di Coven-Meyerowitz, se A tassella allora valgono le<br />
condizioni (T1) e (T2), quindi, per il teorema 4.2.4, A(x) ha uno spettro.<br />
2. Indichiamo Z/nZ con Zn.<br />
Consideriamo un canone A ⊕ B = Zn, fattorizzazione di un gruppo ciclico di<br />
Hajós.<br />
Sappiamo (paragrafo 3.1) che n appartiene al seguente insieme di naturali:<br />
H = {p α , p α q, p 2 q 2 , pqr, p 2 qr, pqrs | p, q, r, s primi distinti , α ∈ N} .<br />
Per il primo punto, se | A | e | B | sono prodotto di al più due potenze di primi,<br />
allora A e B sono spettrali; rimangono da verificare quindi, senza perdita di<br />
generalità, solo i seguenti casi:<br />
(a) | A |= pqr e | B |= p,<br />
(b) | A |= pqr e | B |= s,<br />
con p, q, r, s primi distinti.<br />
In entrambi i casi B è spettrale (sempre per il primo punto), rimane da verificare<br />
che lo è anche A.<br />
Dimostriamo che A verifica la condizione (T2) di Coven-Meyerowitz, e quindi,<br />
per il teorema di Łaba, è spettrale.<br />
Poiché A tassella, per il teorema di Coven-Meyerowitz, verifica la condizione<br />
(T1), quindi i due precedenti casi diventano, rispettivamente:<br />
63<br />
qed
Capitolo 4. Congettura spettrale<br />
(a) i. Φp(x), Φq(x) e Φr(x) sono i soli polinomi ciclotomici di indice la<br />
potenza di un primo che dividono A(x), bisogna quindi dimostrare<br />
che Φpq(x), Φpr(x) e Φqr(x) dividono A(x);<br />
ii. Φ p 2(x), Φq(x) e Φr(x) sono i soli polinomi ciclotomici di indice la<br />
potenza di un primo che dividono A(x), bisogna quindi dimostrare<br />
che Φ p 2 q(x), Φ p 2 r(x) e Φqr(x) dividono A(x);<br />
(b) Φp(x), Φq(x) e Φr(x) sono i soli polinomi ciclotomici di indice la potenza<br />
di un primo che dividono A(x), bisogna quindi dimostrare che<br />
Φpq(x), Φpr(x) e Φqr(x) dividono A(x).<br />
Poiché Zn è di Hajós, B è periodico, quindi (cor. 1.2.6) B è unione di classi<br />
laterali modulo un sottogruppo di Zn. In entrambi i casi | B |= t primo, segue<br />
allora che B = (n/t)Zn, quindi B(x) = Φt(x n t ).<br />
Si ha allora, per la proposizione A.4(6), che:<br />
(a) B(x) = Φp(x pqr ) = Φ p 2(x qr ) = d|qr Φ p 2 d(x) =<br />
= Φ p 2(x)Φ p 2 q(x)Φ p 2 r(x)Φn(x), quindi Φp(x) non divide B(x), allora necessariamente<br />
divide A(x), siamo nel caso (a); inoltre anche Φpq(x),<br />
Φpr(x) e Φqr(x) non dividono B(x), quindi dividono A(x).<br />
(b) B(x) = Φs(x pqr ) = d|pqr Φsd(x), in particolare Φpq(x), Φpr(x) e Φqr(x)<br />
non dividono B(x), quindi dividono A(x).<br />
Riassumiamo i risultati generali di Coven-Meyerowitz (cfr. sezione 2.1) e di<br />
Izabella Łaba:<br />
A tassella ⇒ A(x) verifica (T1)<br />
A(x) verifica (T1) e (T2) ⇒ A tassella<br />
A(x) verifica (T1) e (T2) ⇒ A è spettrale<br />
Rimangono indimostrate le implicazioni<br />
(1) A tassella ⇒ A(x) verifica (T2)<br />
(2) A è spettrale ⇒ A(x) verifica (T2)<br />
e non sono noti controesempi.<br />
Osserviamo che per trovare un controesempio ad (1) basterebbe trovare un tassello<br />
non spettrale, infatti, per il teorema di Łaba, se A tassella (e quindi verifica<br />
(T1) ma A(x) non ha uno spettro, certamente non verifica (T2).<br />
Inoltre, per il corollario 4.2.6, sappiamo che tasselli non spettrali possono esistere<br />
solo in fattorizzazioni di gruppi ciclici<br />
• il cui ordine abbia più di due fattori primi e<br />
64<br />
qed
• non Hajós.<br />
4.2 La congettura spettrale ed i canoni <strong>ritmici</strong> a <strong>mosaico</strong><br />
Quindi per i primi due ordini di gruppi non Hajós (72 = 2 3 3 2 e 108 = 2 2 3 3 ), i<br />
ritmi sono spettrali, ad esempio:<br />
4.2.7 Esempio.<br />
Consideriamo il già citato canone di Vuza di periodo n = 72 con i ritmi:<br />
A = {0, 8, 16, 18, 26, 34} , e<br />
B = {0, 1, 5, 6, 12, 25, 29, 36, 42, 48, 49, 53} .<br />
(cfr. fine paragrafo 3.1).<br />
72 = 2332 è prodotto di potenze di due primi, quindi A e B sono spettrali.<br />
Esibiamo ad esempio gli spettri costruiti nella dimostrazione del teorema di Łaba.<br />
Dobbiamo innanzitutto trovare S A ed S B.<br />
Per il lemma 2.1.8(2), sappiamo che S A ∪ S B = {2, 4, 8, 3, 9} e S A ∩ S B = ∅.<br />
Con un semplice calcolo si verifica che Φ4(x) e Φ3(x) dividono A(x), e per la condizione<br />
(T1) non ce ne sono altri, quindi S A = {4, 3} ed S B = {2, 8, 9}.<br />
Allora gli spettri sono:<br />
ΓA = 1<br />
{0, 3, 4, 7, 8, 11} e<br />
12<br />
ΓB = 1<br />
{0, 4, 8, 9, 13, 17, 18, 22, 26, 27, 31, 35}.<br />
36<br />
65
Capitolo 5<br />
Trasformazione e generazione di<br />
canoni a <strong>mosaico</strong><br />
In quest’ultimo capitolo descriviamo alcune tecniche per la costruzione di canoni<br />
a <strong>mosaico</strong> a partire da altri canoni o semplicemente dall’ordine del gruppo da<br />
fattorizzare.<br />
Iniziamo illustrando alcune operazioni che generano nuovi canoni da canoni<br />
esistenti. Dimostriamo che tali operazioni conservano la condizione (T2) ed<br />
evidenziamo il ruolo centrale dei canoni di Vuza in questo tipo di costruzione.<br />
Nella seconda sezione mostriamo un algoritmo utilizzato per la generazione<br />
dei canoni di Vuza di periodo dato. Tale algoritmo non è esaustivo, e ne diamo una<br />
versione migliorata, i cui risultati sono in appendice C.<br />
Infine proviamo l’invarianza per affinità della proprietà di tassellazione, utile<br />
per la generazione di nuovi canoni da canoni esistenti, e motivazione fondamentale<br />
dello studio delle azioni di gruppo introdotte nell’appendice B. Tali azioni legano<br />
la teoria musicale all’algebra combinatoria e forniscono uno strumento utile alla<br />
stesura delle liste di canoni a <strong>mosaico</strong>, come i nuovi canoni di Vuza che abbiamo<br />
elencato in appendice C.<br />
5.1 Operazioni sui canoni<br />
Dato un canone ritmico, ci sono molti modi per generare nuovi canoni, usati (e<br />
spesso ideati) dai compositori stessi. Vediamo l’importanza matematica di tali<br />
manipolazioni.<br />
5.1.1 Definizione. Siano Ai ⊕ B = Z/nZ, per i = 0, . . . , k − 1, k canoni di medesimo<br />
ritmo esterno. Il loro intreccio è il canone<br />
k−1<br />
(i + kAi) ⊕ kB = Z/(kn)Z.<br />
i=0<br />
67
Capitolo 5. Trasformazione e generazione di canoni a <strong>mosaico</strong><br />
Si vede facilmente che la precedente definizione è ben posta, infatti, dati k<br />
canoni Ai ⊕ B ⊕ nZ = Z, i = 0, . . . , k − 1, si ha:<br />
k−1<br />
k−1<br />
k−1<br />
Z = (i + kZ) = (i + kAi ⊕ kB ⊕ knZ) = (i + kAi) ⊕ kB ⊕ knZ .<br />
i=0<br />
i=0<br />
5.1.2 Esempio. Consideriamo i seguenti canoni di ordine 36:<br />
i=0<br />
{0, 3, 6, 18, 21, 24} ⊕ {0, 4, 8, 9, 13, 17} = Z/36Z<br />
la cui rappresentazione a griglia (vedi sezione 1.3) è in in figura 5.1(a), e<br />
{0, 2, 12, 14, 24, 26} ⊕ {0, 4, 8, 9, 13, 17} = Z/36Z<br />
la cui rappresentazione a griglia è in figura 5.1(b).<br />
L’intreccio dei precedenti canoni è il canone di Vuza di ordine 72<br />
{0, 1, 5, 6, 12, 25, 29, 36, 42, 48, 49, 53} ⊕ {0, 8, 16, 18, 26, 34} = Z/72Z<br />
duale (def. 1.1.5) del canone visto nell’esempio 4.2.7 e la cui rappresentazione a<br />
griglia è in figura 5.1(c).<br />
(a)<br />
(b)<br />
(c)<br />
Figura 5.1<br />
5.1.3 Osservazione. Per il lemma 2.1.13, ogni canone A ⊕ B = Z/nZ tale che k | n<br />
e B ⊂ kZn è l’intreccio dei k canoni Ai = A ∪ (i + kZn) per i = 0, . . . , k − 1.<br />
L’intreccio di k copie dello stesso canone è:<br />
5.1.4 Definizione. Il k-zoom di un canone ritmico A ⊕ B = Z/nZ è il canone ritmico<br />
ottenuto dall’intreccio di k copie di partenza:<br />
(kA ⊕ {0, 1, . . . , k − 1}) ⊕ kB = Z/(kn)Z.<br />
Si dice anche che (kA ⊕ {0, 1, . . . , k − 1}) ⊕ kB è ottenuto per dilatazione da A ⊕ B.<br />
68
5.1 Operazioni sui canoni<br />
5.1.5 Definizione. La k-concatenazione del canone ritmico A ⊕ B = Z/nZ è il<br />
canone ritmico:<br />
(A ⊕ {0, n, 2n, . . . , (k − 1)n}) ⊕ B = Z/(kn)Z.<br />
Si dice anche che (A ⊕ {0, n, 2n, . . . , (k − 1)n}) ⊕ B è ottenuto per concatenazione da<br />
A ⊕ B.<br />
Si vede facilmente che la precedente definizione è ben posta:<br />
per ogni z ∈ Z e per ogni r = s + tk, con 0 ≤ s < k, si ha<br />
z = a + b + rn ⇔ z = (a + sn) + b + t(kn) .<br />
5.1.6 Definizione. Diciamo che il canone A ⊕ B = Z/nZ verifica la condizione (T2)<br />
se almeno uno tra i ritmi A e B la verifica.<br />
Diciamo che il canone A ⊕ B = Z/nZ è spettrale se almeno uno tra i ritmi A e B lo<br />
è.<br />
Osserviamo trivialmente che i ritmi di un canone verificano sempre la condizione<br />
(T1) (per il teorema 2.1.3(1) di Coven-Meyerowitz), in particolare quindi la<br />
condizione (T1) è invariante per concatenazione.<br />
Cosa accade alla condizione (T2)?<br />
5.1.7 Proposizione. L’intreccio conserva la condizione (T2).<br />
Dimostrazione: Sia A = k−1<br />
i=0 (i + kAi) il ritmo interno dell’intreccio di k canoni di<br />
ritmo interno Ai e di medesimo ritmo esterno B. Se B verifica (T2), la verifica anche<br />
kB (lemma 2.1.11(2)), quindi non c’è nulla da dimostrare. Supponiamo che B non<br />
verifichi (T2), allora ogni Ai la verifica. Procediamo per induzione sul numero di<br />
primi (non necessariamente distinti) che dividono k.<br />
1. Se k = p primo, la tesi segue immediatamente dal lemma 2.1.13(5).<br />
2. Sia k = pk ′ , quindi I = {1, . . . , k} = {1, . . . , k ′ } ∪ {k ′ + 1, . . . , 2k ′ } ∪ . . . ∪ {(p −<br />
1)k ′ , . . . , pk ′ } = I1 ∪ . . . ∪ Ip. Consideriamo i canoni di ritmo interno A ′ j =<br />
<br />
i∈I j (i + k′ Ai) e medesimo ritmo esterno B ′ = k ′ B, allora A k−1 i=0 (i + kAi) =<br />
p i=0 (i + pA′ i ) e kB = pB′ , quindi, per ipotesi induttiva, se gli Ai verificano<br />
(T2), anche A la verifica.<br />
5.1.8 Proposizione. La concatenazione conserva la condizione (T2).<br />
Dimostrazione: Chiamiamo ∆k := {0, . . . , k − 1}. Osserviamo che<br />
{0, n, 2n, . . . , (k − 1)n}(x) = (n∆k)(x) = ∆k(x n ) = xkn − 1<br />
x n − 1 =<br />
69<br />
<br />
d|kn, d∤n<br />
Φd(x) ,<br />
qed
Capitolo 5. Trasformazione e generazione di canoni a <strong>mosaico</strong><br />
allora Rn∆k = {d | kn : d ∤ n} ed S n∆k = {pα | kn : pα ∤ n , p primo }.<br />
Per ogni p α1,<br />
. . . , pαm m ∈ S n∆k<br />
1<br />
potenze di primi distinti, pα1<br />
1<br />
. . . pαm<br />
m ∈ RA, cioè n∆k<br />
verifica la condizione (T2).<br />
Poiché (A ⊕ {0, n, 2n, . . . , (k − 1)n})(x) = A(x)∆k(x n ) ed i polinomi ciclotomici sono<br />
irriducibili, si ha che RA⊕n∆k = RA ∪ Rn∆k ed S A ∪ S n∆k .<br />
Vediamo che anche A ⊕ n∆k verifica la condizione (T2):<br />
, . . . , pαm m ∈ S A⊕n∆k sono potenze di primi distinti, ci sono tre possibilità:<br />
se p α1<br />
1<br />
1. p αi<br />
i ∈ S A ∀i = 1, . . . , m ⇒ m i=1 p αi<br />
i ∈ RA perché, per ipotesi, A verifica la<br />
condizione (T2), quindi m i=1 p αi<br />
i ∈ RA⊕n∆k .<br />
2. p αi<br />
i ∈ S n∆k ∀i = 1, . . . , m ⇒ m i=1 p αi<br />
i ∈ Rn∆k perché, come abbiamo visto, n∆k<br />
verifica la condizione (T2), quindi m i=1 p αi<br />
i ∈ RA⊕n∆k .<br />
3. p αi<br />
i ∈ S A ∀i = 1, . . . , h e p α j<br />
j ∈ S n∆k ∀ j = h + 1, . . . , m, allora ∀i, j si ha che<br />
p αi<br />
i | n, p α j<br />
j | kn e p α j<br />
j ∤ n, quindi, poiché si tratta di potenze di primi distinti,<br />
mi=1 p αi<br />
i | kn e ∤ n, cioè m i=1 p αi<br />
i ∈ Rn∆k ⊂ RA⊕n∆k .<br />
5.1.9 Definizione. Un canone ritmico è collassabile (o riducibile) ad un altro canone<br />
ritmico se può essere ottenuto da esso per concatenazione e/o dualità (def.<br />
1.1.5).<br />
Ad esempio in figura 5.2 si vede il collasso del canone<br />
{0, 2, 4, 12, 14, 16} ⊕ {0, 1, 6, 7} = Z/24Z<br />
al canone triviale {0} ⊕ {0} = {0}, attraverso le seguenti trasformazioni:<br />
(a) {0, 2, 4, 12, 14, 16} ⊕ {0, 1, 6, 7} = Z/24Z<br />
↑ 2-concatenazione<br />
(b) {0, 2, 4} ⊕ {0, 1, 6, 7} = Z/12Z<br />
↑ dualità<br />
(c) {0, 1, 6, 7} ⊕ {0, 2, 4} = Z/12Z<br />
↑ 2-concatenazione<br />
(d) {0, 1} ⊕ {0, 2, 4} = Z/6Z<br />
↑ dualità<br />
(e) {0, 2, 4} ⊕ {0, 1} = Z/6Z<br />
↑ 3-concatenazione<br />
(f) {0} ⊕ {0, 1} = Z/2Z<br />
↑ dualità<br />
(g) {0, 1} ⊕ {0} = Z/2Z<br />
↑ 2-concatenazione<br />
(h) {0} ⊕ {0} = {0}<br />
70<br />
qed
Figura 5.2: esempio di collasso<br />
71<br />
5.1 Operazioni sui canoni
Capitolo 5. Trasformazione e generazione di canoni a <strong>mosaico</strong><br />
La figura 5.2 mostra uno dei possibili utilizzi di OpenMusic, un linguaggio di<br />
programmazione grafica concepito e sviluppato dall’équipe rappresentazioni musicali<br />
dell’IRCAM (Institut de Recherche et Coordination Acoustique/Musique).<br />
OpenMusic è basato su CommonLisp e permette all’utilizzatore di avere a disposizione<br />
la ricchezza espressiva di un linguaggio di programmazione funzionale<br />
(lambda calcolo).<br />
Vediamo ora come i canoni di Vuza diventino fondamentali per lo studio dei<br />
canoni <strong>ritmici</strong>.<br />
5.1.10 Teorema (Amiot, [3], teorema 11). Ogni canone ritmico è riducibile al<br />
canone triviale {0} ⊕ {0} = {0} o ad un canone di Vuza.<br />
Dimostrazione: Consideriamo il canone A ⊕ B = Z/nZ.<br />
Dimostriamo la tesi per induzione su n ≥ 1.<br />
1. Per n = 1 abbiamo il canone triviale e non c’è nulla da dimostrare.<br />
2. Per n > 1, se il canone è di Vuza non c’è nulla da dimostrare, supponiamo<br />
quindi che uno dei due ritmi sia periodico. Se il ritmo interno A non fosse<br />
periodico lo sarebbe il ritmo esterno B, allora il canone si ridurrebbe (per<br />
dualità) ad un canone con ritmo interno periodico. Sia quindi A periodico,<br />
cioè (cor. 1.2.6) esiste un k | n tale che A = A ′ ⊕ 〈 k〉 = A ′ ⊕ k{0, . . . , (n/k) − 1},<br />
quindi<br />
A ⊕ B = A ′ ⊕ k{0, . . . , (n/k) − 1} ⊕ B = Z/nZ<br />
che si ottiene per (n/k)-concatenazione dal canone<br />
A ′ ⊕ B = Z/kZ<br />
che, per ipotesi induttiva, si riduce al canone triviale o ad un canone di Vuza.<br />
5.1.11 Corollario.<br />
1. Se un canone ritmico non soddisfa la condizione (T2) è possibile collassarlo<br />
ad un canone di Vuza che non soddisfa la condizione (T2).<br />
2. Se un canone non è spettrale, allora è possibile collassarlo ad un canone di<br />
Vuza che non soddisfa la condizione (T2).<br />
Dimostrazione:<br />
1. Il canone triviale verifica banalmente la condizione (T2) ed il collasso la<br />
conserva, quindi, per il teorema 5.1.10 di Amiot, si ha la tesi.<br />
2. Segue immediatamente dal punto precedente e dal teorema 4.2.4 di Łaba.<br />
72<br />
qed<br />
qed
5.2 Un algoritmo generativo per i canoni di Vuza<br />
Édouard Gilbert [28] dimostra che se un canone non è spettrale, allora è possibile<br />
collassarlo ad un canone di Vuza non spettrale, assumendo però una definizione<br />
di spettro apparentemente più restrittiva della definizione 4.2.2, precisamente:<br />
5.1.12 Definizione (Gilbert).<br />
Sia A ⊂ N finito, con 0 ∈ A, il ritmo interno di un canone di periodo n.<br />
Γ ⊂ [0, 1) è uno spettro per A(x) se e solo se<br />
1. Γ è uno spettro nel senso della definizione 4.2.2,<br />
2. ogni γ ∈ Γ si può scrivere nella forma q/n.<br />
Osserviamo che non ogni spettro ha questa forma; consideriamo ad esempio il<br />
seguente canone di periodo 16:<br />
{0, 5, 10, 15} ⊕ {0, 4, 8, 12} = Z/16Z<br />
si vede subito che A(x) = ∆4(x 5 ) = Φ2(x)Φ4(x)Φ10(x)Φ20(x) (proposizione A.4(6)),<br />
e che A(x) possiede uno spettro secondo la definizione 4.2.2 che non soddisfa la<br />
seconda condizione della definizione 5.1.12:<br />
Γ =<br />
<br />
0, 1<br />
<br />
1 3<br />
, ,<br />
20 10 20<br />
Sottolineamo però che tutti i ritmi che soddisfano la condizione (T2) hanno uno<br />
spettro della forma richiesta da Gilbert, basta considerare lo spettro trovato da Łaba<br />
nella dimostrazione del teorema 4.2.4.<br />
Torniamo quindi al problema aperto della necessità della condizione (T2): se fosse<br />
provata, allora le definizioni 4.2.2 e 5.1.12 sarebbero equivalenti.<br />
Abbiamo visto che il problema della necessità della condizione (T2) si riduce<br />
all’investigazione dei canoni di Vuza; molti matematici e teorici della musica hanno<br />
cercato di trovare un algoritmo costruttivo ed esaustivo per la generazione di<br />
tutti i canoni di Vuza di periodo dato.<br />
In OpenMusic è stato implementato un algoritmo che permette di generare un insieme<br />
di canoni di Vuza di un dato periodo; Harald Fripertinger [25] mostra che<br />
tale algoritmo è esaustivo per il primo periodo possibile, N = 72, ma non esaustivo<br />
già dal secondo, N = 108.<br />
Nella prossima sezione vedremo come sia possibile migliorare l’algoritmo implementato<br />
in OpenMusic.<br />
5.2 Un algoritmo generativo per i canoni di Vuza<br />
L’algoritmo di generazione di OpenMusic è l’implementazione della fattorizzazione<br />
che si trova nella dimostrazione del teorema di Vuza (teorema 3.1.8) ad opera<br />
di Vuza stesso (proposizione 2.2 di [78], part one).<br />
73
Capitolo 5. Trasformazione e generazione di canoni a <strong>mosaico</strong><br />
Tale fattorizzazione è un caso particolare di quella che si trova nella dimostrazione<br />
del teorema di Hajós-de Bruijn (teorema 3.1.4) ad opera di de Bruijn stesso (teorema<br />
1 di [15]), e che sviluppa un’idea di Hajós in [31] (in cui egli assume anche<br />
l’ipotesi non necessaria (k, nm) = 1).<br />
Concludiamo questo lavoro descrivendo il metodo di de Bruijn e mostrando<br />
che il metodo di Vuza ne è un caso particolare.<br />
Ricordiamo che, dato un gruppo abeliano G ed un suo sottogruppo H, un insieme<br />
completo di rappresentanti di G/H è un insieme R ⊂ G composto da uno ed<br />
un solo elemento per ogni classe laterale modulo H.<br />
Siano d, m, n ∈ N ∗ tali che d | m | n. Indichiamo con Rn(d | m) un insieme completo<br />
e aperiodico di rappresentanti di dZn/mZn, e se d = 1 scriviamo Rn(m), quindi si<br />
ha che:<br />
1. dZn = Rn(d | m) ⊕ mZn<br />
2. | Rn(d | m) | = | dZn/mZn | = | dZn | / | mZn | = (n/d)/(m/n) = m/d<br />
3. Rn(d | m) = dRn/d(m/d)<br />
Osserviamo che un tale insieme di rappresentanti esiste sempre, basta prendere ad<br />
esempio {0, d, . . . , ( m<br />
d − 1)d}.<br />
Sia ora N = nmk = n1n2m1m2k come nell’enunciato del teorema di Vuza, poniamo<br />
Ih = {0, 1, . . . , h − 1} ⊂ ZN, siano<br />
• A = RN(kn | knm1) ⊕ RN(km | kmn1) = k (nRm(m1) ⊕ mRn(n1)) e<br />
• B = C ∪ [(R \ kZN) ⊕ D] dove:<br />
- R è un insieme completo di rappresentanti di ZN/kZN ,<br />
- dato x ∈ knZN \ knm1ZN, si definisce:<br />
C = [{x} ∪ (kmn1ZN \ {0})] ⊕ knm1ZN<br />
- dato y ∈ kmZN \ kmn1ZN, si definisce:<br />
D = [{y} ∪ (knm1ZN \ {0})] ⊕ kmn1ZN<br />
dove, se β | α, abbiamo identificato βZα e Zα/β. Osserviamo inoltre che<br />
| A |= n1m1 e | B |= kn2m2<br />
Si dimostra [15] che A e B sono aperiodici e che ZN = A ⊕ B.<br />
La costruzione di Vuza è un caso particolare della precedente, infatti si ottiene<br />
prendendo n2 = p1 ed m2 = p2 primi.<br />
5.2.1 Definizione. Chiamiamo Vuza-costruibili i canoni ottenuti con la fattorizzazione<br />
precedente.<br />
74
5.2 Un algoritmo generativo per i canoni di Vuza<br />
I primi due ordini per i quali esistono canoni di Vuza ed esiste una fattorizzazione<br />
(come nell’enunciato del teorema di Vuza) con n2 ed m2 non necessariamente<br />
primi sono 144 e 216.<br />
Nell’appendice C si trovano, per tali ordini, i cataloghi dei canoni vuza-costruibili<br />
che si ottengono dalle fattorizzazioni con almeno uno tra n2 ed m2 non primo.<br />
Tali canoni non possono essere costruiti con altre fattorizzazioni, come si può vedere<br />
da una verifica diretta.<br />
Precisamente, a meno di traslazione,<br />
• per 144 = 2 · 4 · 3 · 3 · 2 e 144 = 3 · 3 · 2 · 4 · 2 si ottengono gli stessi 72 nuovi<br />
canoni (6 nuovi ritmi interni e 12 nuovi ritmi esterni),<br />
• per 216 si ottengono 3186 nuovi canoni:<br />
– per 216 = 2 · 4 · 3 · 3 · 3 si ottengono 1296 nuovi canoni (6 nuovi ritmi<br />
interni e 216 nuovi ritmi esterni)<br />
– per 216 = 3 · 3 · 2 · 4 · 3 si ottengono 1728 nuovi canoni (6 nuovi ritmi<br />
interni, gli stessi del punto precedente poiché la costruzione di A è<br />
simmetrica rispetto ad n ed m, e 288 nuovi ritmi esterni);<br />
– per 216 = 2 · 2 · 3 · 9 · 2 e 216 = 3 · 9 · 2 · 2 · 2 si ottengono gli stessi 162<br />
nuovi canoni (27 nuovi ritmi interni e 6 nuovi ritmi esterni).<br />
Sottolineamo che anche questa costruzione più generale rimane non esaustiva,<br />
infatti per n = 108 coincide con la costruzione di Vuza che non esaurisce tutti i<br />
possibili canoni aperiodici, come mostra Harald Fripertinger nel già citato [25].<br />
Mostriamo ora che un canone Vuza-costuibile di periodo N = knm si può vedere<br />
come intreccio di k canoni di periodo nm.<br />
Siano A e B i ritmi Vuza-costruiti, poniamo<br />
A ′ = A/k , B0 = C/k , e, per ogni i + αik ∈ R , 0 < i < k , Bi = (αik + D)/k .<br />
Allora si ha<br />
A = kA ′ k−1<br />
e B = (i + Bi) .<br />
cioè A ⊕ B = ZN è (il duale del) l’intreccio dei (duali dei) k canoni A ′ ⊕ Bi = Znm.<br />
5.2.2 Esempio. Consideriamo il canone Vuza-costruibile dell’esempio 4.2.7 e mostrato<br />
in figura 5.3(c):<br />
{0, 8, 16, 18, 26, 34} ⊕ {0, 1, 5, 6, 12, 25, 29, 36, 42, 48, 49, 53} = Z/72Z<br />
Come si è visto nell’esempio 5.1.2, il precedente canone è (il duale del) l’intreccio<br />
dei (duali dei) seguenti canoni:<br />
i=0<br />
75
Capitolo 5. Trasformazione e generazione di canoni a <strong>mosaico</strong><br />
(a)<br />
(b)<br />
(c)<br />
Figura 5.3<br />
(C1) {0, 4, 8, 9, 13, 17} ⊕ {0, 3, 6, 18, 21, 24} = Z/36Z in figura 5.3(a)<br />
(C2) {0, 4, 8, 9, 13, 17} ⊕ {0, 2, 12, 14, 24, 26} = Z/36Z in figura 5.3(b)<br />
Notiamo infine che i canoni di periodo nm di cui è intreccio il canone Vuzacostruibile<br />
di periodo knm non sono canoni di Vuza, poiché, per ogni i = 0, . . . , k −<br />
1, il canone A ′ ⊕ Bi ha ritmo esterno periodico:<br />
Bi = 1<br />
k (αik + D) = 1<br />
k [{y} ∪ (knm1ZN \ {0})] ⊕ mn1Zmn<br />
Nell’esempio 5.2.2 infatti si ha<br />
(C1) {0, 3, 6, 18, 21, 24} = {0, 3, 6} ⊕ 〈18〉36<br />
(C2) {0, 2, 12, 14, 24, 26} = {0, 2} ⊕ 〈12〉36<br />
5.3 Invarianza per affinità<br />
Trattiamo in questa sezione un importante risultato dovuto a Robert Tijdeman [76],<br />
riportandone la dimostrazione di Ethan Coven ed Aaron Meyerowitz [12], e, come<br />
conseguenza, dimostriamo il teorema di Sands [67].<br />
5.3.1 Definizione. Se A ⊂ Z, k ∈ Z definiamo<br />
• kA := {ka : a ∈ A} e<br />
• se k | a ∀a ∈ A, A/k := {a/k : a ∈ A}.<br />
76
5.3 Invarianza per affinità<br />
5.3.2 Teorema (Tijdeman). (Teorema 1 di [76], pag 267)<br />
Se A ⊕ B = Z/nZ è un canone ritmico, allora anche kA ⊕ B = Z/nZ per ogni intero<br />
positivo k tale che (k, | A |) = 1.<br />
Per la dimostrazione abbiamo bisogno del seguente<br />
5.3.3 Lemma. (Lemma 3.1 di [12], pag 8) A, B ⊂ N finiti, A(x), B(x) i polinomi<br />
associati, n := A(1)B(1), p primo tale che p ∤ A(1), allora:<br />
A(x)B(x) ≡ ∆n(x) (mod x n − 1) ⇒ A(x p )B(x) ≡ ∆n(x) (mod x n − 1).<br />
Dimostrazione: Consideriamo le congruenze:<br />
A(x p ) ≡ (A(x)) p (mod p) ∗ ,<br />
(A(x)) p B(x) = (A(x)) p−1 A(x)B(x) ≡ (A(x)) p−1 ∆n(x) (mod x n − 1),<br />
x i ∆n(x) ≡ ∆n(x) (mod x n − 1) ∗∗ ,<br />
quindi<br />
(A(x)) p−1 ∆n(x) ≡ (A(1)) p−1 ∆n(x) (mod x n − 1),<br />
(A(1)) p−1 ≡ 1 (mod p) ∗∗∗ ,<br />
in conclusione:<br />
A(x p )B(x) ≡ ∆n(x) (mod x n − 1, p)<br />
Dove gli asterischi indicano le motivazioni delle congruenze:<br />
∗: perché p è primo,<br />
∗∗: la moltiplicazione per xi permuta gli elementi di ∆n(x),<br />
∗ ∗ ∗: Piccolo Teorema di Fermat, qui si usa l’ipotesi p ∤ n.<br />
Sia ora r(x) = n−1 i=0 rixi il resto della divisione di A(xp )B(x) per xn − 1; per quanto<br />
detto r(x) ≡ ∆n(x) (mod p), cioè ri ≡ 1 (mod p), ed essendo r(1) = A(1)B(1) = n si<br />
ha ri = 1 per ogni i = 0, . . . , n − 1, cioè la tesi.<br />
Dimostrazione (del teorema di Tijdeman): A(x)B(x) ≡ ∆n(x) (mod xn − 1). Osserviamo<br />
innanzitutto che per ogni h ∈ N (hA)(x) = A(xh ), in particolare (hA)(1) =<br />
A(1). Consideriamo la fattorizzazione di k, k = p α1<br />
1 pα2<br />
2 . . . pαm m , (k, | A |) = 1 ma allora<br />
per ogni i = 1, . . . m, (pi, | A |) = 1, possiamo quindi iterare l’applicazione del<br />
lemma 5.3.3 ed ottenere<br />
cioè (kA) ⊕ B = Z/nZ, la tesi.<br />
(kA)(x)B(x) ≡ ∆n(x) (mod x n − 1),<br />
5.3.4 Corollario. Sia A ⊂ Z, | A |= p α1<br />
1 pα2<br />
2 . . . pαk<br />
k .<br />
Se A tassella allora tassella con periodo p β1<br />
1 pβ2<br />
2<br />
77<br />
. . . pβk<br />
k .<br />
qed<br />
qed
Capitolo 5. Trasformazione e generazione di canoni a <strong>mosaico</strong><br />
Dimostrazione: Sia A ⊕ C = Z una tassellazione con periodo n.<br />
Per ogni k > 1 tale che k | n e (k, | A |) = 1, per il teorema 5.3.2, kA ⊕ C = Z,<br />
quindi, posto C0 := {c ∈ C | c ≡ 0 ( mod k)}, kA ⊕ C0 = kZ, allora A ⊕ C0/k = Z è una<br />
tassellazione di periodo n/k.<br />
Dal teorema di Tijdeman segue anche il seguente teorema sulle tassellazioni<br />
degli interi:<br />
5.3.5 Teorema (Sands). Se A ⊕ C = Z è una tassellazione di periodo n tale che A<br />
è finito ed n ha al più due fattori primi, allora esiste un primo p che divide n tale<br />
che A ⊂ pZ oppure C ⊆ pZ.<br />
Per dimostrare il teorema di Sands utilizziamo il seguente<br />
5.3.6 Lemma. Siano A e B tali che A ⊕ B ⊕ nZ = Z, con A, B {0}; definiamo<br />
A − A = {a − a ′ | a, a ′ ∈ A} e analogamente B − B. Allora almeno una delle seguenti<br />
è vera:<br />
1. per ogni a ∈ A − A, (a, | B |) > 1<br />
2. per ogni b ∈ B − B, (b, | A |) > 1<br />
Dimostrazione: Supponiamo per assurdo che siano entrambe false. Allora esistono<br />
a = a1 − a2 ∈ A − A e b = b1 − b2 ∈ B − B tali che, per il teorema 5.3.2,<br />
bA ⊕ aB ⊕ nZ = Z. Allora esiste un elemento in bA ⊕ aB che si scrive in due modi<br />
differenti:<br />
assurdo.<br />
a1b1 − a2b2 = (b1 − b2)a1 + (a1 − a2)b2 = ba1 + ab2<br />
= (b1 − b2)a2 + (a1 − a2)b1 = ba2 + ab1<br />
Dimostrazione (del teorema di Sands): Per il teorema di de Bruijn, C = B ⊕ nZ.<br />
Siano p ed eventualmente q i primi che dividono n. Se valesse la prima affermazione<br />
del lemma, allora A ⊂ A − A ⊂ pZ ∪ qZ. Se, per assurdo, A non fosse contenuto<br />
né in pZ, né in qZ, esisterebbero due interi a1, a2 ∈ A tali che a1 ∈ pZ \ qZ e<br />
a2 ∈ qZ \ pZ. Allora a1 − a2 ∈ A − A è coprimo con | B |, assurdo, quindi A ⊂ pZ<br />
oppure A ⊂ qZ.<br />
Analogamente, se valesse la seconda affermazione si avrebbe B ⊂ pZ oppure B ⊂<br />
qZ, dunque C ⊆ pZ oppure C ⊆ qZ.<br />
Dato un canone ritmico A ⊕ B = Z/nZ, consideriamo l’insieme delle trasformazioni<br />
A-affini Aff A := { f : Zn → Zn | f (x) = kx + t, (| A |, k) = 1, t ∈ Zn}.<br />
Il teorema di Tijdeman, unitamente all’invarianza per traslazioni, stabilisce che:<br />
78<br />
qed<br />
qed<br />
qed
(I1) A ⊕ B = Z/nZ ⇒ f (A) ⊕ B = Z/nZ ∀ f ∈ Aff A .<br />
5.3 Invarianza per affinità<br />
Questa proprietà dipende chiaramente dal ritmo interno A del canone.<br />
Allora, per ogni canone ritmico si ha:<br />
(I2) A ⊕ B = Z/nZ ⇒ f (A) ⊕ B = Z/nZ ∀ f ∈ Aff n ,<br />
dove Aff n = { f : Zn → Zn | f (x) = kx + t, (n, k) = 1, t ∈ Zn} è il gruppo affine di<br />
grado n, come definito in B.12, ed Aff n ⊂ Aff A.<br />
In particolare quindi i canoni sono invarianti per trasposizione ed inversione,<br />
cioè per l’azione (def. B.1) dei gruppi di permutazioni Zn e Dn, come definiti<br />
nell’appendice B.<br />
5.3.7 Esempio. Consideriamo il seguente canone di periodo 12:<br />
{0, 1, 6, 7} ⊕ {0, 2, 4} = Z/12Z<br />
e consideriamo le trasformazioni f1 ∈ Aff 12 ed f2 ∈ Aff A date da:<br />
f1(x) = 5x ed f2(x) = 3x<br />
Il ritmo interno A = {0, 1, 6, 7} diventa, rispettivamente,<br />
come mostrato in figura 5.4.<br />
A1 = 5A = {0, 5, 6, 11} ed A2 = 3A = {0, 3, 6, 9}<br />
Confrontiamo ora il teorema di Tijdeman con il teorema<br />
Teorema (2.1.9). Sia A ⊂ N finito. Per ogni t ∈ Z e k ∈ N si ha:<br />
A tassella ⇔ kA + t tassella .<br />
Dato un tassello, A, quindi, anche kA è un tassello per ogni k ∈ N.<br />
Se (k, | A |) = 1 possiamo considerare per kA lo stesso ritmo esterno di A, se invece<br />
(k, | A |) > 1 può accadere che il ritmo esterno considerato per A non dia luogo ad<br />
un canone ritmico con ritmo interno kA, come si vede nel prossimo esempio.<br />
5.3.8 Esempio. Consideriamo il canone dell’esempio 5.3.7:<br />
{0, 1, 6, 7} ⊕ {0, 2, 4} = Z/12Z<br />
e la trasformazione f (x) = 4x. Il ritmo interno A = {0, 1, 6, 7} diventa A ′ = {0, 4}<br />
che non è in somma diretta con B = {0, 2, 4}.<br />
A ′ è comunque un tassello, basta infatti considerare B ′ = {0, 1, 2, 3} per generare un<br />
canone a <strong>mosaico</strong> di periodo 8, come mostrato in figura 5.5.<br />
79
Capitolo 5. Trasformazione e generazione di canoni a <strong>mosaico</strong><br />
A = {0, 1, 6, 7}<br />
B = {0, 2, 4}<br />
✑ ✑✑✸<br />
◗ ◗◗<br />
Figura 5.4<br />
Figura 5.5<br />
80<br />
A1 = {0, 5, 6, 11}<br />
B = {0, 2, 4}<br />
A2 = {0, 3, 6, 9}<br />
B = {0, 2, 4}
Appendice A<br />
Polinomi ciclotomici<br />
Riporto alcune definizioni e proprietà che riguardano i polinomi ciclotomici. Non<br />
riporto molte delle dimostrazioni che possono essere trovate in un buon testo di<br />
algebra, come ad esempio Algebra di Serge Lang [46].<br />
Consideriamo n ∈ N ed il polinomio x n − 1 ∈ Z[x].<br />
Alcune definizioni e fatti noti preliminari:<br />
1. Una radice ζ ∈ C di x n − 1 si dice radice n-sima dell’unità.<br />
2. L’insieme di tutte le radici n-sime dell’unità verrà indicato con µn.<br />
3. µn = {ζ ∈ C : ζn = 1} = {eiθ : θ = k 2π<br />
n , k = 0, . . . , n − 1}.<br />
4. Ponendo ζn := e i 2π n , µn è un gruppo ciclico di ordine n generato da ζ k n per<br />
ogni k tale che (k, n) = 1.<br />
5. Le ζ k n, (k, n) = 1, vengono dette radici primitive n-esime dell’unità, ed il loro<br />
numero è calcolato dalla funzione φ di Eulero:<br />
| {ζ k n : (k, n) = 1} | = | {k < n : (k, n) = 1} | = φ(d),<br />
6. Per ogni d|n, µd è un sottogruppo di µn (l’unico di ordine d).<br />
A.1 Definizione. Dati n ∈ N e ζn radice primitiva n-sima dell’unità, chiamiamo<br />
polinomio ciclotomico di ordine n (o n-simo polinomio ciclotomico) il polinomio:<br />
Φn(x) :=<br />
<br />
k< n, (k, n)=1<br />
(x − ζ k n)<br />
le cui radici sono le radici primitive n-sime dell’unità.<br />
Elenchiamo alcune ben note proprietà dei polinomi ciclotomici:<br />
1. Φd(x) ∈ Z[x]<br />
2. Φn(x) è irriducibile in Q[x] (e quindi in Z[x] per il lemma di Gauss).<br />
81
Appendice A. Polinomi ciclotomici<br />
3. Φn(x) è il polinomio minimo di ζn su Q (e quindi su Z, vedi punto 2).<br />
4. Φd(x) = o(ζ)=d(x − ζ)<br />
5. deg Φn = φ(n)<br />
6. x n − 1 = d|n Φd(x), e quindi ∆n(x) := 1 + x + . . . + x n−1 = d|n, d1 Φd(x)<br />
A.2 Osservazione. deg Φn(x) è pari se e solo se n > 2.<br />
Infatti, Φ1(x) = 1 − x, Φ2(x) = 1 + x, e se n = p α1<br />
1 pα2<br />
2<br />
che è pari.<br />
deg Φn(x) = φ(n) = p α1−1<br />
1<br />
. . . pαn<br />
n ≥ 3, si ha:<br />
(p1 − 1)p α2−1<br />
(p2 − 1) . . . p αn−1<br />
(pn − 1)<br />
A.3 Definizione. Dato un polinomio a coefficienti interi<br />
f (x) = a0 + a1x + . . . + anx n ∈ Z[x],<br />
chiamiamo contenuto del polinomio il massimo comun divisore dei suoi coefficienti:<br />
cont f (x) := MCD{ a0, a1, . . . , an}<br />
A.4 Proposizione.<br />
Siano p primo ed n ∈ N, allora:<br />
1. Φp(x) = 1 + x + x 2 + . . . + x p−1 .<br />
2. n = p α1<br />
1 pα2<br />
2 . . . pαn<br />
2<br />
n , pi primo ∀i = 1, . . . , n ⇒ Φn(x) = Φp1...pn (xpα 1−1 1<br />
3. n dispari > 1 ⇒ Φ2n(x) = Φn(−x).<br />
4. Φn(x p <br />
Φpn(x) ⇔ p | n<br />
) =<br />
Φn(x) Φpn(x) ⇔ p ∤ n<br />
5. Φn(1) =<br />
⎧<br />
⎪⎨<br />
⎪⎩<br />
0 ⇔ n = 1<br />
p ⇔ n = p α<br />
1 altrimenti<br />
n<br />
...p αn−1<br />
n ).<br />
6. Sia m un intero positivo e sia k := max { d | m : (d, n) = 1}, allora, ponendo<br />
m = hk, si ha:<br />
Φn(x m ) =<br />
<br />
Φdn(x).<br />
d|m, h|d<br />
In particolare, se (m, n) = 1 si ha: Φn(x m ) = d|m Φdn(x).<br />
7. Siano A(x) ∈ Z[x], Â(x) := A(xp ), RA ed RÂ come nella definizione 2.1.2,<br />
allora<br />
RÂ = pRA ∪ {n ∈ RA : p ∤ n}.<br />
82
Dimostrazione:<br />
1. (x − 1)(x p−1 + . . . + 1) = x p − 1 = d|p Φd(x) ⇒ Φp(x) = x p−1 + . . . + 1.<br />
2. Poiché<br />
si ha:<br />
ζ pα 1−1 1 ...p αn−1<br />
n<br />
n<br />
= e i 2π n pα 1−1 1 ...p αn−1<br />
n = e i2π pα1−1 1<br />
Φp1...pn (ζ pα 1−1 1 ...p αn−1<br />
n<br />
n<br />
Φn(x) è il polinomio minimo di ζn, quindi<br />
inoltre<br />
deg Φp1...pn (xpα 1−1 1 ...p αn−1<br />
e<br />
...p αn−1<br />
n<br />
p α1 1 pα2 2 ...pαn n = e i 2π n p1...pn = ζp1...pn<br />
) = 0.<br />
Φp1...pn (xpα 1−1 1 ...p αn−1<br />
n ) | Φn(x),<br />
n ) = p α1−1<br />
1<br />
(p1 − 1) . . . p αn−1<br />
n (pn − 1) = φ(n) = deg Φn(x)<br />
cont Φp1...pn (xpα 1−1 1 ...p αn−1<br />
n ) = cont Φn = 1,<br />
quindi Φp1...pn (xpα 1−1 1 ...p αn−1<br />
n ) = Φn(x).<br />
3. n dispari ⇒ deg Φ2n(x) = φ(2n) = φ(n) = deg Φn(−x), inoltre cont Φ2n(x) =<br />
cont Φn(−x) = 1, quindi, poiché Φ2n è il polinomio minimo di ζ2n, basta vedere<br />
che Φn(−ζ2n) = 0, cioè che −ζ2n è una radice primitiva n-sima dell’unità,<br />
e infatti:<br />
• ζ 2n<br />
2n = 1 ⇒ ζn 2n = −1 ⇒ (−ζ2n) n = 1 e<br />
• se m < n:<br />
– m pari ⇒ (−ζ2n) m = ζm 2n 1,<br />
– m dispari ⇒ (−ζ2n) m = −ζm 2n e se fosse = 1 si avrebbe ζm 2n = −1 ⇒<br />
= 1 con 2m < 2n, assurdo.<br />
ζ 2m<br />
2n<br />
4. • p | n, sia α ∈ N tale che pα | n ma pα+1 ∤ n, n = pα+1m. Poiché p ∤ m<br />
si ha: deg Φpn(x) = φ(pn) = φ(pα+1m) = pα (p − 1)φ(m) = ppα−1 (p −<br />
1)φ(m) = pφ(n) = deg Φn(x p ), e cont Φpn(x) = cont Φn(x p ) = 1. Φpn(x)<br />
è il polinomio minimo delle radici pn-sime dell’unità, quindi basta dimostrare<br />
che Φn(ζ p pn) = 1, ma questo è vero perché ζ p 2π i<br />
pn = e pn p = ei 2π n =<br />
ζn.<br />
• p ∤ n, quindi<br />
deg Φn(x p ) = pφ(n) = φ(n) + (p − 1)φ(n) =<br />
= deg Φn(x) + deg Φpn(x) = deg (Φn(x)Φpn(x)),<br />
83
Appendice A. Polinomi ciclotomici<br />
inoltre<br />
cont Φn(x p ) = 1 = cont Φn(x)cont Φpn(x) = cont (Φn(x)Φpn(x)),<br />
quindi basta vedere che Φn(x p ) si annulla sulle radici di Φn(x) e di<br />
Φpn(x), cioè sulle radici primitive n-sime e pn-esime dell’unità:<br />
(n) (p, n) = 1 ⇒ l’automorfismo di Frobenius ζ ↦→ ζ p di µn conserva<br />
i sottogruppi delle radici primitive: se ζ è una radice primitiva<br />
n-sima dell’unità anche ζ p lo è, quindi Φn(ζ p ) = 0.<br />
(pn) Una radice primitiva np-esima dell’unità ζ ha la forma ζk 2π ik<br />
pn = e pn ,<br />
(k, np) = 1, quindi (ζk pn) p 2π ik<br />
= e pn p = eik 2π n = ζn (poiché (k, n) = 1),<br />
segue immediatamente che Φn(ζ p ) = 0.<br />
5. • (n = 1): Φ1(x) = x − 1 ⇒ Φ1(1) = 0.<br />
• (n = pα pα−1<br />
): Φpα(x) = Φp(x ) per il punto 2, Φp(x) = 1 + x + . . . + xp−1 per il punto 1, quindi Φpα(1) = Φp(1) = p<br />
• (n 1, pα ): sia n = p α1<br />
e 4 si ha:<br />
1 pα2<br />
2<br />
Φn(1) = Φp1...pn<br />
6. Supponiamo (m, n) = 1. Sia m = p α1<br />
k ≥ 1:<br />
. . . pαn<br />
n , pi primo ∀i = 1, . . . , n, per i punti 2<br />
Φp1...pn−1 (1)<br />
(1) = = 1.<br />
Φp1...pn−1 (1)<br />
1 pα2<br />
2<br />
• (k = 1): Procedo per induzione su α ≥ 1:<br />
. . . pαk<br />
k , procedo per induzione su<br />
(α = 1): per il punto 4,<br />
Φn(x p <br />
) = Φn(x)Φpn(x) = Φdn(x)<br />
(α ⇒ α + 1): per il punto 4,<br />
Φn(x pα+1<br />
) = Φn(x pα<br />
)Φpn(x pα<br />
) = Φn(x pα<br />
)Φpα+1n(x) =<br />
per ipotesi induttiva<br />
⎛ ⎞<br />
<br />
= ⎜⎝<br />
Φdn(x) ⎟⎠ Φpα+1 ⎛<br />
⎞<br />
<br />
n(x) = ⎜⎝<br />
Φpβn(x) ⎟⎠ Φpα+1n(x) =<br />
d|p α<br />
<br />
0≤β≤α+1<br />
84<br />
Φ p β n(x) =<br />
0≤β≤α<br />
<br />
d|p α+1<br />
d|p<br />
Φdn(x),
• (k ⇒ k + 1): suppongo la tesi vera per m = p α1<br />
1 pα2<br />
2 . . . pαk<br />
k , la dimostro<br />
per mpα , con p ∤ m. Per il passo base dell’induzione,<br />
Φn(x mpα<br />
) = Φn((x m ) pα<br />
<br />
) = Φdn(x m ) =<br />
d|pα h|m<br />
d|p α<br />
per ipotesi induttiva<br />
<br />
= Φhdn(x) = Φdn(x).<br />
d|mp α<br />
Quindi la tesi è dimostrata nel caso (m, n) = 1.<br />
Consideriamo ora il caso generale. Sia k = max { d | m : (k, n) = 1} ed m = hk,<br />
allora per ogni primo p | h si ha che p | n, quindi<br />
- (h, k) = 1 e,<br />
- per il punto 4, ed il caso già dimostrato (m, n) = 1, si ha:<br />
Φn(x m ) = Φnh(x k <br />
) = Φnhd(x) =<br />
<br />
Φnd(x).<br />
7. Dimostro le due inclusioni:<br />
d|k<br />
d|m, h|d<br />
• pRA ∪ {n ∈ RA : p ∤ n} ⊆ R Â :<br />
∀n ∈ RA, Φn(x) | A(x) ⇒ Φn(x p ) | Â(x), per il punto 4:<br />
– p | n ⇒ Φpn(x) | Â(x) ⇒ pn ∈ R Â ,<br />
– p ∤ n ⇒ Φn(x)Φpn(x) | Â(x) ⇒ n, pn ∈ R Â .<br />
• R Â ⊆ pRA ∪ {n ∈ RA : p ∤ n}:<br />
∀n ∈ R Â , Φn(x) | Â(x) ⇒ Â(ζn) = A(ζ p n ) = 0 quindi:<br />
– p | n ⇒ n = pm e ζ p pm = ζm ⇒ Φm(x) | A(x) ⇒ m ∈ RA,<br />
– p ∤ n ⇒ ζ p n è ancora una radice primitiva n-sima dell’unità ⇒<br />
Φn(x) | A(x) ⇒ n ∈ RA.<br />
A.5 Definizione. Un polinomio p(x) = n i=0 a1x i ∈ Z[x] è reciproco se e solo se la<br />
sequenza dei suoi coefficienti è palindroma, cioè:<br />
ai = an−i per ogni i = 0, . . . , n.<br />
A.6 Proposizione. Φn(x) è reciproco se e solo se n > 1.<br />
Dimostrazione:<br />
osserviamo innanzitutto che Φ1(x) = x − 1 non è reciproco.<br />
Per n = 2 si ha che Φ2(x) = x + 1, che è reciproco.<br />
Rimane quindi da vedere che Φn(x) è reciproco per ogni n > 2, cioè che, indicando<br />
85<br />
qed
Appendice A. Polinomi ciclotomici<br />
con ch il coefficiente del termine di grado h, per ogni h = 0, . . . , k si abbia ch = ck−h.<br />
Poniamo k := deg Φn(x) = φ(n), sia ζh := ei 2π n h l’h-sima radice n-sima primitiva<br />
dell’unità ed indichiamo con Ph l’insieme {S ⊂ {1, . . . , n} : | S |= h}.<br />
Allora, se h > 0, per la definizione A.1, si ha:<br />
<br />
ch = − ζs .<br />
S ∈Ph s∈S<br />
Si vede subito che c0 = 1 = ck.<br />
Ricordiamo che, per n > 2, φ(n) = k è pari (oss. A.2), quindi è sufficiente dimostrare<br />
che ch = ck−h per ogni h = 1, . . . , k/2.<br />
Dato S ∈ Ph, sia S −1 := {r ∈ {1, . . . , k} : ζ−1 r ∈ S }.<br />
Consideriamo la mappa f : Ph → Pk−h tale che f (S ) = (S −1 ) c<br />
.<br />
f è surgettiva, infatti dato T ∈ Pk−h, basta prendere S = (T c ) −1 per avere f (S ) = T,<br />
inoltre | Ph |=| Pk−h |, quindi f è una bigezione.<br />
osserviamo inoltre che per ogni S ∈ Ph,<br />
<br />
ζs = ( ζr) −1<br />
<br />
e ζs = ( ζt) −1<br />
s∈S<br />
r∈S −1<br />
s∈S<br />
t∈S c<br />
quindi s∈S ζs = t∈ f (S ) ζt, allora, per ogni h = 1, . . . , k/2, si ha:<br />
<br />
ch = − ζs = −<br />
S ∈Ph s∈S<br />
<br />
S ∈Ph r∈ f (S )<br />
ζr = −<br />
<br />
T∈Pk−h t∈T<br />
<br />
ζt = ck−h .<br />
A.7 Definizione. Si chiama funzione di Möbius la mappa µ : N → {−1, 0, 1} definita<br />
da:<br />
⎧<br />
⎪⎨<br />
0<br />
µ(n) =<br />
⎪⎩<br />
⇔ ∃p primo : p2 (−1)<br />
|n<br />
m 1<br />
⇔ n = p1 . . . pm primi distinti<br />
⇔ n = 1<br />
Se µ è la funzione di Möbius si ha:<br />
<br />
Φn(x) = (x n/d − 1) µ(d) , e<br />
d|n<br />
<br />
µ(d) =<br />
d|n<br />
1 ⇔ n = 1<br />
0 ⇔ n > 1<br />
86<br />
qed
Appendice B<br />
Algebra combinatoria e teoria<br />
musicale<br />
In questa appendice vogliamo mostrare un utilizzo della teoria enumerativa di<br />
Pólya in ambito musicale per la classificazione degli accordi (che si vedrà nella<br />
sezione B.2) e dei ritmi (utilizzata nella stesura dei cataloghi nell’appendice C).<br />
Sottolineiamo il fatto che la struttura di gruppo ciclico è adatta alla rappresentazione<br />
e allo studio della parte ritmica delle composizioni tanto quanto alla parte tonale<br />
(e in realtà anche a quella espressiva, ma non ci addentreremo in quest’ultimo<br />
studio).<br />
B.1 La teoria di Pólya<br />
Indichiamo con G un gruppo, con X un insieme e con<br />
il gruppo delle permutazioni di X.<br />
SX = { f : X → X | f è bigettiva }<br />
B.1 Definizione. Un’azione di G su X è un omomorfismo di gruppi<br />
L’azione è fedele se ker(α) = {e}.<br />
α : G −→ SX .<br />
Nel seguito considereremo solo azioni fedeli, identifichiamo quindi G con la<br />
sua immagine α(G) < SX e scriviamo gx invece di g(x). In particolare, se X è finito,<br />
e G agisce su X, allora anche G è finito.<br />
B.2 Definizione. Data un’azione di G su X, chiamiamo<br />
Gx := {gx | g ∈ G} l’orbita di x ∈ X;<br />
Gx := {g ∈ G | gx = x} lo stabilizzatore di x ∈ X;<br />
87
Appendice B. Algebra combinatoria e teoria musicale<br />
Xg := {x ∈ X | gx = x} l’insieme dei punti fissi di g ∈ G.<br />
Indichiamo con ∼G la relazione di equivalenza su X indotta dall’azione di G:<br />
x ∼G y ⇔ ∃ g ∈ G : y = gx ,<br />
e con G \\X l’insieme quoziente X / ∼G = {Gx | x ∈ X }, che, come si vede, coincide<br />
con l’insieme delle orbite.<br />
Fissato un x ∈ X, si verifica facilmente che Gx < G e che la mappa<br />
G/Gx → X<br />
gGx ↦→ gx<br />
è iniettiva ed ha come immagine l’orbita Gx, quindi, se G è finito, si ha<br />
| Gx |=| G/Gx |=<br />
| G |<br />
| Gx | .<br />
Se X è finito e | X | = n, allora SX è isomorfo ad Sn, il gruppo simmetrico di<br />
grado n. Richiamiamo alcuni risultati su Sn:<br />
1. | Sn | = n!<br />
2. Un ciclo è una permutazione ρ ∈ Sn tale che l’azione di 〈 ρ〉 su {1, . . . , n}<br />
induce al più una sola orbita di cardinalità maggiore di 1.<br />
3. Ogni permutazione π ∈ Sn è prodotto di cicli disgiunti e la decomposizione<br />
standard in cicli di π è:<br />
dove:<br />
(a) c(π) è il numero dei cicli di π,<br />
π = ◦ c(π)<br />
i=1 (ai, π(ai), . . . , π ki−1 (ai))<br />
(b) ki è la lunghezza dell’i-esimo ciclo,<br />
(c) 1 = a1 < a2 < . . . < ac(π) ≤ n, ed ai è il più piccolo elemento dell’i-esimo<br />
ciclo.<br />
4. Il tipo della permutazione π ∈ Sn è l’n-upla λ(π) = (λ1(π), . . . , λn(π)) dove<br />
λi(π) è il numero dei cicli di lunghezza i nella decomposizione standard di π.<br />
B.3 Definizione. Dati un insieme X ed un anello R contenente Q, una funzione<br />
peso è una funzione w : X → R, l’immagine w(x) ∈ R è il peso di x, l’inventario di<br />
X è la somma<br />
<br />
IX := w(x) .<br />
88<br />
x∈X
B.1 La teoria di Pólya<br />
Se G < S(X) ed una funzione peso w : X → R è costante sulle orbite, possiamo<br />
definire il peso di un’orbita come il peso di un qualsiasi suo elemento: w(Ω) =<br />
w(x) con x ∈ Ω. In tal caso, il prossimo lemma fornisce un modo per calcolare<br />
l’inventario dell’insieme quoziente G \\X.<br />
B.4 Lemma.<br />
Sia X finito, G < SX, e w : X → R una funzione peso costante sulle orbite. Si ha:<br />
IG \\X =<br />
<br />
Ω∈G \\X<br />
Dimostrazione: Basta osservare che<br />
w(Ω) = 1 <br />
| G |<br />
<br />
w(x) .<br />
g∈G x∈Xg<br />
{(g, x) | g ∈ G, x ∈ Xg} = {(g, x) | g ∈ G, x ∈ X, gx = x} = {(g, x) | x ∈ X, g ∈ Gx} ,<br />
quindi si ha: <br />
w(x) = w(x) = | Gx | w(x) =<br />
x∈X<br />
g∈G x∈Xg<br />
| G |<br />
= w(x) = | G |<br />
| Gx |<br />
x∈X g∈Gx<br />
<br />
<br />
Ω∈G \\X x∈Ω<br />
x∈X<br />
w(Ω)<br />
| Ω |<br />
= | G |<br />
<br />
Ω∈G \\X<br />
w(Ω) .<br />
Il lemma B.4 è la versione “pesata” del lemma di Cauchy-Frobenius (o di<br />
Burnside):<br />
B.5 Lemma (Cauchy-Frobenius).<br />
Sia X finito e G < SX. Si ha:<br />
| G \\X |= 1 <br />
| Xg | .<br />
| G |<br />
g∈G<br />
Dimostrazione:<br />
Basta considerare come funzione peso la funzione costantemente 1 ed applicare il<br />
lemma B.4.<br />
B.6 Definizione. Data un’azione di G su X finito, si chiama ciclindice il polinomio<br />
PG (z) := 1<br />
| G |<br />
<br />
g∈G<br />
z λ(g) = 1<br />
| G |<br />
|X|<br />
g∈G i=1<br />
z λi(g)<br />
i<br />
dove λ(g) = (λ1(g), . . . , λ|X|(g)) è il tipo di g e z = (z1, . . . , z|X|).<br />
89<br />
qed<br />
qed
Appendice B. Algebra combinatoria e teoria musicale<br />
Dati X ed Y finiti, ed un’azione di G su X, consideriamo l’azione indotta di G<br />
su Y X data da (g f )(x) = f (g −1 x). Sia W : Y → R una funzione peso.<br />
Allora la funzione<br />
w : Y X → R<br />
f ↦→ x∈X W( f (x))<br />
è una funzione peso su Y X ed è costante sulle orbite rispetto all’azione di G indotta,<br />
infatti:<br />
<br />
w(g f ) = W( f (g −1 <br />
x)) = W( f (x)) = w( f ) ,<br />
x∈X<br />
poiché g è una permutazione di X.<br />
Possiamo ora enunciare il<br />
B.7 Teorema (Pólya). Dati X, Y, G, W e w come sopra, l’inventario di G \\Y X è:<br />
IG \\Y X =<br />
<br />
⎛<br />
<br />
w(Ω) = PG ⎜⎝<br />
W(y), W(y) 2 <br />
, . . . , W(y) |X|<br />
⎞<br />
⎟⎠<br />
Ω∈G \\Y X<br />
y∈Y<br />
x∈X<br />
Dimostrazione: Per il lemma B.4 basta dimostrare che<br />
⎛<br />
|X|<br />
<br />
w( f ) = ⎜⎝<br />
W(y) i<br />
⎞<br />
⎟⎠<br />
f ∈Y X g<br />
i=1<br />
Osserviamo che f ∈ Y X g se e solo se f è costante sui cicli di g, cioè sulle orbite<br />
dell’azione di 〈g〉 su X, quindi possiamo identificare Y X g e Y 〈g〉 \\X e si ha:<br />
<br />
<br />
w( f ) = W( f (x)) =<br />
W( f (Ω)) |Ω| = (∗)<br />
dove:<br />
f ∈Y X g<br />
=<br />
f ∈Y X g<br />
<br />
x∈X<br />
<br />
Ω∈〈g〉\\X y∈Y<br />
(∗): Partiamo dal secondo membro: <br />
y∈Y<br />
y∈Y<br />
W(y) |Ω| = (∗∗)<br />
|X|<br />
Ω∈〈g〉\\X y∈Y<br />
λi(g)<br />
f ∈Y 〈g〉 \\X Ω∈〈g〉\\X<br />
i=1<br />
⎛<br />
<br />
⎜⎝<br />
y∈Y<br />
<br />
W(y) |Ω| =<br />
W(y) i<br />
⎞<br />
⎟⎠<br />
y∈Y<br />
λi(g)<br />
= (W(y1) |Ω1| + . . . + W(ym) |Ω1| ) . . . (W(y1) |Ωk| + . . . + W(ym) |Ωk| ) =<br />
=<br />
poiché la mappa<br />
<br />
k<br />
(i1,...,ik)∈{1,...,m} k j=1<br />
W(yi j )|Ω j| =<br />
<br />
<br />
f ∈Y 〈g〉 \\X Ω∈〈g〉\\X<br />
{1, . . . , m} k → Y 〈g〉 \\X<br />
(i1, . . . , ik) ↦→ f<br />
tale che f (Ω j) = yi j è una corrispondenza biunivoca.<br />
90<br />
W( f (Ω)) |Ω| ,
B.1 La teoria di Pólya<br />
(∗∗): Le orbite dell’azione di 〈g〉 sono esattamente gli insiemi permutati ciclicamente<br />
da g, quindi ci sono esattamente λi(g) orbite di cardinalità i per ogni<br />
i = 1, . . . , | X |.<br />
Sia ora X = Z/nZ che indichiamo convenzionalmente con Zn o {0, 1, . . . , n}.<br />
Consideriamo tre diverse azioni di gruppo su Zn.<br />
B.8 Esempio. Consideriamo la permutazione τ = (1, 2, . . . , n) ∈ Sn, e l’omomorfismo<br />
di gruppi<br />
α : Zn → Sn<br />
k → τ k<br />
Si ha α(Zn) = 〈τ〉 < Sn, consideriamo quindi l’azione di Zn su sé stesso e calcoliamone<br />
il ciclindice:<br />
1 n−1<br />
PZn (z) := z<br />
n<br />
λ(τk )<br />
Abbiamo bisogno di calcolare il tipo della rotazione τk .<br />
Per ogni a ∈ Zn, a sta in un ciclo di τk di lunghezza l se e solo se (τk ) l (i) = a e<br />
(τk ) h (i) a per ogni h < l, cioè se e solo se l è la minima soluzione positiva della<br />
congruenza a + kx = a (mod n), ossia kx = 0 (mod n), quindi l = n/(k, n).<br />
Poiché l non dipende da a se ne deduce che τk si decompone esattamente in (k, n)<br />
cicli di lunghezza n/(k, n), cioè<br />
λi(τ k <br />
(k, n) se i = n/(k, n)<br />
) =<br />
0 se i n/(k, n)<br />
Quindi<br />
k=0<br />
PZn (z1, . . . , zn) := 1 n−1<br />
n<br />
k=0<br />
z (k,n)<br />
n/(k,n)<br />
Inoltre per ogni k ∈ {0, . . . , n − 1}, si ha (k, n) | n, e per ogni d | n si ha | {k ∈ {0, . . . , n −<br />
1} : (k, n) = d} |= φ(n/d), quindi<br />
PZn (z1, . . . , zn) := 1<br />
n<br />
<br />
φ(n/d)z d n/d .<br />
B.9 Esempio. Consideriamo la permutazione σ ∈ Sn così definita:<br />
n−1 n+3 n+1<br />
(1, n)(2, n − 1) . . . (<br />
σ =<br />
2 , 2 )( 2 ) se n è dispari<br />
(1, n)(2, n − 1) . . . ( n n<br />
2 , 2 + 1) se n è pari<br />
Il gruppo diedrale è il sottogruppo generato da τ e σ, Dn = 〈τ, σ〉 < Sn.<br />
Poiché τ n = σ 2 = id e τσ = στ −1 , si ha<br />
d|n<br />
Dn = {τ i σ j | i = 0, . . . , n − 1 e j = 0, 1} .<br />
91<br />
qed
Appendice B. Algebra combinatoria e teoria musicale<br />
Calcoliamo il ciclindice dell’azione di Dn su Zn:<br />
1 1 n−1<br />
PDn (z) :=<br />
2n<br />
j=0 i=0<br />
<br />
z λ(τiσ j n−1<br />
) 1<br />
= PZn (z) +<br />
2<br />
i=0<br />
z λ(τi σ)<br />
Dobbiamo quindi calcolare il tipo della permutazione τ i σ.<br />
Poiché (τ i σ) 2 = id, nella decomposizione di τ i σ ci saranno solo cicli di lunghezza<br />
1 o 2, basta quindi calcolare il numero dei cicli di lunghezza 1, cioè il numero dei<br />
punti fissi della permutazione.<br />
(τ i σ)(x) = x ⇔ n + 1 − x + i ≡ x (mod n) ⇔ 2x ≡ i + 1 (mod n), che ha soluzione se e<br />
solo se (2, n) | i + 1 ed in tal caso esistono esattamente (2, n) soluzioni.<br />
Se ne deduce quindi che<br />
1. se n è dispari, esiste un solo punto fisso ed n−1<br />
2 trasposizioni,<br />
2. se n è pari ci sono 2 possibilità:<br />
Quindi:<br />
(a) se i + 1 è pari, esistono 2 punti fissi ed n−2<br />
2 trasposizioni,<br />
(b) se i + 1 è dispari, non esistono punti fissi, e ci sono n/2 trasposizioni.<br />
PDn<br />
(z) = 1<br />
2<br />
⎧<br />
⎪⎨<br />
PZn (z) + ⎪⎩<br />
1 (n−1)/2<br />
2z1z 2<br />
1<br />
4 (z2 1z(n−2)/2 2<br />
se n è dispari<br />
+ z n/2<br />
2 ) se n è pari<br />
Per l’ultimo esempio abbiamo bisogno di introdurre la seguente<br />
B.10 Definizione. Dati A ⊂ N n e B ⊂ N m finiti, consideriamo i polinomi<br />
P(z1, . . . , zn) =<br />
Q(z1, . . . , zm) =<br />
e definiamo il prodotto<br />
con:<br />
<br />
n<br />
αa<br />
a=(a1,...,an)∈A i=1<br />
<br />
m<br />
βb<br />
b=(b1,...,bn)∈B j=1<br />
z ai<br />
i<br />
z b j<br />
j<br />
∈ Q[z1, . . . , zn] e<br />
∈ Q[z1, . . . , zm]<br />
⊙ : Q[z1, . . . , zn] × Q[z1, . . . , zm] → Q[z1, . . . , znm]<br />
<br />
P(z1, . . . , zn) ⊙ Q(z1, . . . , zm) :=<br />
dove ⎛⎜⎝<br />
e<br />
n<br />
i=1<br />
z ai<br />
i<br />
⎞<br />
⎟⎠ ⊙<br />
⎛<br />
m<br />
⎜⎝<br />
j=1<br />
z b j<br />
j<br />
⎞<br />
a∈A b∈B<br />
⎟⎠ :=<br />
n<br />
i=1<br />
αaβb<br />
m<br />
j=1<br />
z ai<br />
i ⊙ zb j<br />
j := z aib jMCD(i, j)<br />
mcm (i, j)<br />
92<br />
⎛ n<br />
⎜⎝<br />
i=1<br />
z ai<br />
i<br />
<br />
z ai<br />
i ⊙ zb <br />
j<br />
j<br />
⎞<br />
⎟⎠ ⊙<br />
⎛<br />
m<br />
⎜⎝<br />
j=1<br />
z b j<br />
j<br />
⎞<br />
⎟⎠
B.1 La teoria di Pólya<br />
B.11 Lemma. Siano X ed Y insiemi finiti con | X |= n e | Y |= m.<br />
Date due azioni G < S(X) e H < S(Y) , consideriamo l’azione G × H < S(X × Y)<br />
data da (g, h)(x, y) = (gx, hy), naturamente indotta da G e H.<br />
Il ciclindice di tale azione è<br />
Dimostrazione: Si ha<br />
PG×H(z1, . . . , znm) =<br />
PG×H(z1, . . . , znm) = PG(z1, . . . , zn) ⊙ PH(z1, . . . , zm)<br />
1<br />
| G × H |<br />
<br />
nm<br />
(g,h)∈G×H k=1<br />
PG(z1, . . . , zn) ⊙ PH(z1, . . . , zm) = 1 <br />
| G |<br />
g∈G<br />
1 1 <br />
| G | | H |<br />
Bisogna quindi dimostrare che<br />
nm<br />
k=1<br />
n<br />
z λk(g,h)<br />
k = 1<br />
| G |<br />
m<br />
g∈G h∈H i=1 j=1<br />
z λk(g,h)<br />
k<br />
=<br />
n<br />
i=1<br />
m<br />
j=1<br />
n<br />
i=1<br />
1 <br />
| H |<br />
z λi(g)<br />
i ⊙ 1 <br />
| H |<br />
h∈H<br />
z λi(g)λ j(h)MCD(i, j)<br />
mcm (i, j)<br />
z λi(g)λ j(h)MCD(i, j)<br />
mcm (i, j)<br />
Questa relazione si deduce direttamente dalle seguenti osservazioni:<br />
nm<br />
g∈G h∈H k=1<br />
m<br />
j=1<br />
z λ j(h)<br />
j<br />
z λk(g,h)<br />
k<br />
1. x appartiene ad un ciclo di g di lunghezza i ed y appartiene ad un ciclo di h<br />
di lunghezza j se e solo se (x, y) appartiene ad un ciclo di (g, h) di lunghezza<br />
mcm (i, j), quindi<br />
λk(g, h) 0 ⇔ ∃i, j : mcm (i, j) = k, λi(g) 0 e λ j(h) 0<br />
2. date un’orbita 〈g〉x di cardinalità i, ed un’orbita 〈h〉y di cardinalità j, l’insieme<br />
〈(g, h)〉 \\〈g〉x × 〈h〉y ha cardinalità i j/mcm (i, j) = MCD(i, j), quindi, fissati<br />
i e j tali che mcm (i, j) = k, esistono esattamente λi(g)λ j(h)MCD(i, j) cicli di<br />
lunghezza mcm (i, j).<br />
B.12 Esempio. Il gruppo affine di grado n è definito da<br />
Aff n := { f : x ↦→ ax + b | a ∈ Z ∗ n, b ∈ Zn} < Sn<br />
dove Z∗ n = {m ∈ Zn | (m, n) = 1} è l’insieme degli elementi invertibili in Zn.<br />
Si ha chiaramente | Aff n |= nφ(n).<br />
Sia n = p α1<br />
1 . . . pαk<br />
k , consideriamo l’isomorfismo<br />
ψ : Zn Z p α 1<br />
1<br />
× . . . × Z p α k<br />
k<br />
93<br />
=<br />
qed
Appendice B. Algebra combinatoria e teoria musicale<br />
dato da<br />
ψ(m) = (m mod p α1<br />
1 , . . . , m mod pαk<br />
k ) = (ψ1(m), . . . , ψk(m)).<br />
Esso induce l’isomorfismo<br />
dato,per f (x) = ax + b, da:<br />
Ψ : Aff n Aff p α 1<br />
1<br />
× . . . × Aff p α k<br />
k<br />
Ψ( f )(x) = ψ(a)x + ψ(b) = (a mod p αi<br />
i )x + (b mod pαi<br />
i ) k<br />
i=1<br />
Il ciclindice dell’azione di Aff n su Zn è quindi il ciclindice dell’azione di k i=1 Aff α<br />
p i<br />
i<br />
su k i=1 Z α<br />
p i , cioè:<br />
i<br />
dove PAff p α i<br />
i<br />
PAff n (z1 . . . , zn) =<br />
k<br />
i=1<br />
PAff p α i<br />
i<br />
(z1 . . . , z α<br />
p i )<br />
i<br />
(z1 . . . , z α<br />
p i ) è il ciclindice dell’azione di Aff α<br />
i<br />
p i<br />
i<br />
su Z α<br />
p i .<br />
i<br />
B.13 Esempio. Osserviamo che dato un insieme X, esiste una funzione biunivoca<br />
P(X) ↔ {0, 1} X<br />
A ↦→ χ A<br />
f −1 (1) ← f<br />
dove χA è la funzione caratteristica di A ( χA(x) = 1 ⇔ x ∈ A).<br />
Una azione G < SX su X induce quindi l’azione G < SP(X), tale che gA = {ga |<br />
a ∈ A}. Consideriamo ora la funzione peso W : Y = {0, 1} → Q[z] tale che W : 0 ↦→ 1<br />
ed 1 ↦→ z, allora risulta definita la funzione peso su P(X) w(A) = z |A| costante sulle<br />
orbite (g è biunivoca!) ed il teorema di Pólya diventa,<br />
<br />
IG \\P(X) = z |A| = PG(zi = 1 + z i ) .<br />
Ω∈G \\P(X)<br />
B.2 Trasposizione, inversione, aumentazione<br />
In questa sezione ci occupiamo dell’azione su P(Z/nZ) (cfr esempio B.13) dei<br />
seguenti gruppi di permutazioni:<br />
1. il gruppo delle rotazioni, o trasposizioni, Zn 〈τ〉, dove τ = (1, 2, . . . , n) ∈ Sn<br />
(cfr esempio B.8);<br />
2. il gruppo diedrale Dn = 〈τ, σ〉, dove σ ∈ Sn è l’inversione definita da<br />
n−1 n+3 n+1<br />
(1, n)(2, n − 1) . . . (<br />
σ =<br />
2 , 2 )( 2 ) se n è dispari<br />
(1, n)(2, n − 1) . . . ( n n<br />
2 , 2 + 1) se n è pari<br />
(cfr esempio B.9);<br />
94
B.2 Trasposizione, inversione, aumentazione<br />
3. il gruppo affine Aff n = { f : x ↦→ ax + b | a ∈ Z ∗ n, b ∈ Zn} < Sn, dove Z ∗ n è<br />
l’insieme delle unità di Zn (cfr esempio B.12).<br />
Come si evince dalla terminologia musicale utilizzata nei primi due casi, tali<br />
gruppi di permutazioni sono spesso utilizzati in un contesto tonale, piuttosto che<br />
ritmico, a patto di considerare un temperamento equabile, nel quale cioè la proporzione<br />
tra le frequenze di due note successive della scala cromatica è costante.<br />
Nella musica occidentale, ad esempio, la scala cromatica è composta da 12 note<br />
(fig. B.1) e la proporzione tra le frequenze di due note successive è 12√ 2 : scompare<br />
la differenza tra semitono diatonico e semitono cromatico del temperamento<br />
naturale.<br />
Figura B.1: scala cromatica occidentale<br />
In quest’ottica Z/nZ è il modello utilizzato per esprimere la ciclicità tonale<br />
della scala cromatica, ed i sottoinsiemi di Z/nZ, a meno di traslazione, vengono<br />
chiamati accordi (talvolta anche modi); ad esempio l’accordo semidiminuito e la<br />
scala maggiore vengono rappresentati dai diagrammi di Krenek nelle figure B.2 e<br />
B.3, rispettivamente.<br />
Utilizzando la teoria enumerativa di Pólya (appendice B), ci proponiamo di<br />
contare il numero di accordi, o di ritmi, di periodo e cardinalità fissata.<br />
Iniziamo quindi considerando l’azione di Z/nZ su sé stesso e l’azione indotta<br />
su P(Z/nZ) come descritto negli esempi B.8 e B.13.<br />
Figura B.2: do-7(♭5) Figura B.3: scala maggiore di do<br />
95
Appendice B. Algebra combinatoria e teoria musicale<br />
Il numero di classi di traslazione di sottoinsiemi di Z/nZ di cardinalità k fissata<br />
è il coefficiente di z k nel polinomio:<br />
d|n<br />
i=0<br />
IZn \\P(Zn) = 1<br />
n<br />
= 1 n/d<br />
<br />
n/d<br />
n i<br />
<br />
φ(n/d)(1 + z (n/d) ) d =<br />
d|n<br />
<br />
φ(n/d)z id =<br />
⎡<br />
n 1 <br />
⎢⎣ n<br />
k=0<br />
j|(n,k)<br />
<br />
n/ j<br />
φ( j)<br />
k/ j<br />
⎤⎥⎦ zk<br />
Possiamo osservare subito che il numero degli accordi di cardinalità k è uguale<br />
al numero degli accordi di cardinalità n − k, quindi, per ogni n ∈ N, si ha<br />
Ad esempio, per n = 12 si ha:<br />
cardinalità 0 1 n-1 n<br />
numero accordi 1 1 1 1<br />
cardinalità 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12<br />
numero accordi 1 1 6 19 43 66 80 66 43 19 6 1 1<br />
Consideriamo ora l’azione di Dn su Z/nZ, e l’azione indotta su P(Z/nZ) come<br />
descritto negli esempi B.9 e B.13.<br />
Il numero di classi di accordi di cardinalità k fissata, a meno di inversione, è il<br />
coefficiente di z k nel polinomio:<br />
=<br />
= 1<br />
2 IZn \\P(Zn) +<br />
n<br />
k=0<br />
z k<br />
⎛<br />
1 <br />
2n<br />
⎜⎝<br />
j|(n,k)<br />
IDn \\P(Zn)(z) =<br />
1<br />
2 (1 + z)(1 + z2 ) (n−1)/2 se n è dispari<br />
1<br />
4 ((1 + z)2 (1 + z 2 ) (n−2)/2 + (1 + z 2 ) n/2 ) se n è pari<br />
<br />
n/ j<br />
φ( j)<br />
k/ j<br />
⎧<br />
<br />
⎪⎨<br />
+<br />
Ad esempio, per n = 12 si ha:<br />
⎪⎩<br />
1<br />
2<br />
1<br />
2<br />
1<br />
2<br />
<br />
(n − 1)/2<br />
<br />
⌊k/2⌋<br />
<br />
n/2<br />
k/2<br />
n/2 − 1<br />
⌊k/2⌋<br />
<br />
se n è dispari<br />
se n e k sono pari<br />
se n è pari e k è dispari<br />
<br />
=<br />
cardinalità 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12<br />
numero accordi 1 1 6 12 29 38 50 38 29 12 6 1 1<br />
Consideriamo infine l’azione di Aff n su Z/nZ, e l’azione indotta su P(Z/nZ)<br />
come descritto negli esempi B.12 e B.13.<br />
96<br />
⎫⎞<br />
⎪⎬<br />
⎪⎭<br />
⎟⎠
B.2 Trasposizione, inversione, aumentazione<br />
Sia n = p α1<br />
1 . . . pα1<br />
1 , allora il numero di classi di accordi di cardinalità k fissata,<br />
a meno di inversione, è il coefficiente di zk nel polinomio (lemma B.11):<br />
dove PAff p α i<br />
i<br />
IAff n \\P(Zn)(z) =<br />
k<br />
i=1<br />
PAff α (zi = 1 + z<br />
p i<br />
i<br />
i , i = 1, . . . , p αi<br />
i )<br />
(z1 . . . , z α<br />
p i ) è il ciclindice (def. B.6) dell’azione di Aff α<br />
i<br />
p i<br />
i<br />
è definito in B.10.<br />
Ad esempio, per n = 12 si ha:<br />
su Z p α i<br />
i<br />
IAff 12 \\P(Z12)(z1, . . . , z12) = PAff 4 (zi = 1 + z i , i = 1, . . . , 4) ⊙ PAff 3 (zi = 1 + z i , i = 1, 2, 3)<br />
Calcoliamo i fattori del prodotto ⊙:<br />
1. PAff 4 (z1, . . . , z4) = 1<br />
4φ(4)<br />
f ∈Aff 4<br />
4i=1 z λi( f )<br />
i<br />
= 1<br />
8 (z4 1 + 3z2 2 + 2z4 + 2z 2 1 z2), e<br />
2. PAff (z1, z2, z3) = 3 1 3i=1 3φ(3) f ∈Aff z 3<br />
λi( f )<br />
i = 1<br />
6 (z3 1 + 2z3 + 3z1z2).<br />
Allora<br />
PAff (z1, . . . , z12) = 12 1 <br />
4<br />
(z1 + 3z<br />
48<br />
2 2 + 2z4 + 2z 2 1z2) ⊙ (z 3 1 + 2z3 + 3z1z2) =<br />
1 <br />
12<br />
z1 48<br />
+ 12z6 2 + 2z4 3 + 8z3 4 + 6z2 6 + 4z12 + 2z 6 1z3 2 + 3z4 1z4 2 + 6z2 1z5 2 + 4z2 3z6 <br />
e sostituendo zi con 1 + zi si ha:<br />
<br />
12 2 6 3 4<br />
(1 + z) + 12(1 + z ) + 2(1 + z ) +<br />
IAff 12 \\P(Z12)(zi = 1 + z i ) = 1<br />
48<br />
+8(1 + z 4 ) 3 + 6(1 + z 6 ) 2 + 4(1 + z 12 ) + 2(1 + z) 6 (1 + z 2 ) 3 +<br />
+3(1 + z) 4 (1 + z 2 ) 4 + 6(1 + z) 2 (1 + z 2 ) 5 + 4(1 + z 3 ) 2 (1 + z 6 ) =<br />
= 1 + z + 5z 2 + 9z 3 + 21z 4 + 25z 5 + 34z 6 + 25z 7 + 21z 8 + 9z 9 + 5z 10 + z 11 + z 12<br />
Si ottiene quindi il seguente catalogo delle orbite affini nel caso della divisione<br />
dell’ottava in 12 parti uguali:<br />
cardinalità 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12<br />
numero accordi 1 1 5 9 21 25 34 25 21 9 5 1 1<br />
La figura B.4 mostra l’architettura “paradigmatica” nella quale i tre gruppi<br />
evocati precedentemente (ciclico, diedrale e affine) permettono di analizzare gli<br />
accordi di un brano musicale riconducendoli ad uno dei tre cataloghi di base.<br />
L’approccio paradigmatico può essere generalizzato con l’aggiunta di altri gruppi,<br />
come per esempio il gruppo simmetrico Sn in figura B.4, la cui azione sulle<br />
strutture intervallari permette di ridurre il catalogo degli accordi a 77 rappresentanti.<br />
Questo catalogo, introdotto dal compositore messicano Julio Estrada,<br />
equivalente all’insieme delle 77 partizioni di 12. L’algebra combinatorica diventa<br />
in questo modo uno strumento estremamente versatile per la teoria, l’analisi e la<br />
composizione assistita su calcolatore.<br />
97<br />
e ⊙
Appendice B. Algebra combinatoria e teoria musicale<br />
Figura B.4<br />
98
Appendice C<br />
Nuovi canoni<br />
Consideriamo i seguenti periodi, con le relative fattorizzazioni:<br />
N n1 n2 m1 m2 k fattorizzazione<br />
144 2 2 3 3 4 vecchia<br />
144 3 3 2 2 4 vecchia<br />
144 2 4 3 3 2 nuova<br />
144 3 3 2 4 2 nuova<br />
216 2 2 3 3 6 vecchia<br />
216 3 3 2 2 6 vecchia<br />
216 2 4 3 3 3 nuova<br />
216 3 3 2 4 3 nuova<br />
216 2 2 3 9 2 nuova<br />
216 3 9 2 2 2 nuova<br />
Dove “vecchia” indica che la fattorizzazione nelle colonne centrali rientra in<br />
quelle considerate da Vuza (nelle quali, ricordiamo, n2 ed m2 sono primi), e “nuova”<br />
indica che non vi rientra.<br />
Osserviamo che la costruzione del ritmo interno A è simmetrica in ni ed mi,<br />
i = 1, 2, e, se k = 2, anche la costruzione di B è simmetrica in ni ed mi, i = 1, 2, a<br />
meno di traslazione.<br />
È quindi sufficiente considerare solo le seguenti fattorizzazioni:<br />
Definiamo<br />
N n1 n2 m1 m2 k<br />
144 2 4 3 3 2<br />
216 2 4 3 3 3<br />
216 3 3 2 4 3<br />
216 2 2 3 9 2<br />
99
Appendice C. Nuovi canoni<br />
C.1 Definizione. Dato un ritmo A = {0 = a0 < a1 < . . . < ak−1} ⊂ Z/nZ, definiamo<br />
la sua struttura intervallare come la k-upla:<br />
SI(A) = (a1, a2 − a1, . . . , ak−1 − ak−2, n − ak−1)<br />
Abbiamo visto nell’appendice B che i gruppi ZN, DN ed Aff N agiscono su<br />
P(Z/NZ) (esempi B.8, B.9 e B.12), partizionando quindi l’insieme dei ritmi in<br />
orbite, rispettivamente, traslazionali, diedrali ed affini. Riportiamo di seguito, per<br />
ogni fattorizzazione considerata e per ognuna delle tre azioni, le liste delle strutture<br />
intervallari di un insieme completo di rappresentanti di tali orbite.<br />
N n1 n2 m1 m2 k<br />
144 2 4 3 3 2<br />
ORBITE TRASLAZIONALI<br />
ritmi interni ritmi esterni<br />
(10 22 32 26 32 22) (11 1 5 3 3 1 23 1 5 6 1 8 4 11 6 6 1 12 8 3 1 5 6 13)<br />
(16 10 54 10 16 38) (9 3 3 5 1 3 21 3 3 6 3 8 4 9 6 6 3 12 8 1 3 3 6 15)<br />
(16 58 16 16 22 16) (7 5 1 6 1 4 19 5 1 6 5 8 4 7 6 6 5 12 7 1 4 1 6 17)<br />
(14 18 14 18 62 18) (5 6 1 5 3 4 17 6 1 5 7 8 4 5 6 6 7 12 5 3 3 1 5 19)<br />
(16 46 18 46 16 2) (3 6 3 3 5 4 15 6 3 3 9 8 4 3 6 6 9 12 3 5 1 3 3 21)<br />
(16 94 16 2 14 2) (1 6 5 1 7 4 13 6 5 1 11 8 4 1 6 6 11 12 1 6 1 4 1 23)<br />
(4 7 1 5 6 1 23 1 4 1 6 1 12 11 6 6 1 4 8 11 1 5 6 13)<br />
(4 5 3 3 6 3 21 3 3 1 5 3 12 9 6 6 3 4 8 9 3 3 6 15)<br />
(4 3 5 1 6 5 19 5 1 3 3 5 12 7 6 6 5 4 8 7 5 1 6 17)<br />
(4 1 6 1 5 7 17 6 1 4 1 7 12 5 6 6 7 4 8 5 6 1 5 19)<br />
(3 1 5 3 3 9 15 6 3 3 1 8 12 3 6 6 9 4 8 3 6 3 3 21)<br />
(1 3 3 5 1 11 13 6 5 1 3 8 12 1 6 6 11 4 8 1 6 5 1 23)<br />
ORBITE DIEDRALI<br />
ritmi interni ritmi esterni<br />
(10 22 32 26 32 22) (11 1 5 3 3 1 23 1 5 6 1 8 4 11 6 6 1 12 8 3 1 5 6 13)<br />
(16 10 54 10 16 38) (9 3 3 5 1 3 21 3 3 6 3 8 4 9 6 6 3 12 8 1 3 3 6 15)<br />
(16 58 16 16 22 16) (7 5 1 6 1 4 19 5 1 6 5 8 4 7 6 6 5 12 7 1 4 1 6 17)<br />
(14 18 14 18 62 18) (5 6 1 5 3 4 17 6 1 5 7 8 4 5 6 6 7 12 5 3 3 1 5 19)<br />
(16 46 18 46 16 2) (3 6 3 3 5 4 15 6 3 3 9 8 4 3 6 6 9 12 3 5 1 3 3 21)<br />
(16 94 16 2 14 2) (1 6 5 1 7 4 13 6 5 1 11 8 4 1 6 6 11 12 1 6 1 4 1 23)<br />
ORBITE AFFINI<br />
ritmi interni ritmi esterni<br />
(10 22 32 26 32 22) (11 1 5 3 3 1 23 1 5 6 1 8 4 11 6 6 1 12 8 3 1 5 6 13)<br />
(9 3 3 5 1 3 21 3 3 6 3 8 4 9 6 6 3 12 8 1 3 3 6 15)<br />
(7 5 1 6 1 4 19 5 1 6 5 8 4 7 6 6 5 12 7 1 4 1 6 17)<br />
(5 6 1 5 3 4 17 6 1 5 7 8 4 5 6 6 7 12 5 3 3 1 5 19)<br />
(3 6 3 3 5 4 15 6 3 3 9 8 4 3 6 6 9 12 3 5 1 3 3 21)<br />
(1 6 5 1 7 4 13 6 5 1 11 8 4 1 6 6 11 12 1 6 1 4 1 23)<br />
100
itmi interni<br />
N n1 n2 m1 m2 k<br />
216 2 2 3 9 2<br />
ORBITE TRASLAZIONALI<br />
(10 54 10 54 34 54) (34 40 14 40 34 54) (16 34 54 58 16 38)<br />
(40 10 54 58 40 14) (10 40 14 40 58 54) (34 16 38 16 58 54)<br />
(16 10 54 82 16 38) (26 14 40 82 40 14) (10 16 38 16 82 54)<br />
(2 14 40 106 16 38) (2 38 16 106 40 14) (2 54 26 54 26 54)<br />
(2 54 50 54 2 54) (16 16 130 16 16 22) (32 2 54 74 32 22)<br />
(32 26 54 50 32 22) (32 50 54 26 32 22) (32 74 54 2 32 22)<br />
(32 98 32 22 10 22) (8 32 122 8 32 14) (8 2 54 98 8 46)<br />
(8 26 54 74 8 46) (8 50 54 50 8 46) (8 74 54 26 8 46)<br />
(8 98 54 2 8 46) (8 122 32 8 14 32) (8 146 8 8 38 8)<br />
ritmi esterni<br />
(4 11 9 3 1 11 9 3 1 5 6 9 3 1 11 9 3 1 20 3 1 11 9 3 1 11 6 3 3 1 11 9 3 1 11 9)<br />
(4 9 11 1 3 9 11 1 3 3 6 11 1 3 9 11 1 3 20 1 3 9 11 1 3 9 6 5 1 3 9 11 1 3 9 11)<br />
(4 7 12 1 4 7 12 1 4 1 6 12 1 4 7 12 1 4 19 1 4 7 12 1 4 7 6 6 1 4 7 12 1 4 7 13)<br />
(4 5 12 3 4 5 12 3 3 1 5 12 3 4 5 12 3 4 17 3 4 5 12 3 4 5 6 6 3 4 5 12 3 4 5 15)<br />
(4 3 12 5 4 3 12 5 1 3 3 12 5 4 3 12 5 4 15 5 4 3 12 5 4 3 6 6 5 4 3 12 5 4 3 17)<br />
(4 1 12 7 4 1 12 6 1 4 1 12 7 4 1 12 7 4 13 7 4 1 12 7 4 1 6 6 7 4 1 12 7 4 1 19)<br />
ritmi interni<br />
ORBITE DIEDRALI<br />
(10 54 10 54 34 54) (34 40 14 40 34 54) (16 34 54 58 16 38)<br />
(40 10 54 58 40 14) (16 10 54 82 16 38) (26 14 40 82 40 14)<br />
(2 14 40 106 16 38) (2 54 26 54 26 54) (2 54 50 54 2 54)<br />
(16 16 130 16 16 22) (32 2 54 74 32 22) (32 26 54 50 32 22)<br />
(32 98 32 22 10 22) (8 32 122 8 32 14) (8 2 54 98 8 46)<br />
(8 26 54 74 8 46) (8 50 54 50 8 46) (8 146 8 8 38 8)<br />
ritmi esterni<br />
(4 11 9 3 1 11 9 3 1 5 6 9 3 1 11 9 3 1 20 3 1 11 9 3 1 11 6 3 3 1 11 9 3 1 11 9)<br />
(4 7 12 1 4 7 12 1 4 1 6 12 1 4 7 12 1 4 19 1 4 7 12 1 4 7 6 6 1 4 7 12 1 4 7 13)<br />
(4 5 12 3 4 5 12 3 3 1 5 12 3 4 5 12 3 4 17 3 4 5 12 3 4 5 6 6 3 4 5 12 3 4 5 15)<br />
ritmi interni<br />
ORBITE AFFINI<br />
(10 54 10 54 34 54) (16 34 54 58 16 38)<br />
ritmi esterni<br />
(4 11 9 3 1 11 9 3 1 5 6 9 3 1 11 9 3 1 20 3 1 11 9 3 1 11 6 3 3 1 11 9 3 1 11 9)<br />
(4 7 12 1 4 7 12 1 4 1 6 12 1 4 7 12 1 4 19 1 4 7 12 1 4 7 6 6 1 4 7 12 1 4 7 13)<br />
N n1 n2 m1 m2 k<br />
216 2 4 3 3 3<br />
101
Appendice C. Nuovi canoni<br />
In quest’ultimo caso, riportiamo solo la lista per le orbite affini poiché le orbite<br />
traslazionali e diedrali sono eccessivamente lunghe (216 e 108 elementi rispettivamente).<br />
ritmi interni<br />
(15 33 48 39 48 33 )<br />
ritmi esterni<br />
ORBITE AFFINI<br />
(9 8 1 13 4 5 7 2 4 1 9 9 13 4 5 9 4 1 9 2 6 1 13 9 9 4 1 9 8 1 11 2 4 5 9 5 )<br />
(9 5 4 10 4 5 7 2 4 4 9 9 10 4 5 9 4 4 8 1 5 4 10 9 9 4 4 9 5 4 8 2 4 5 9 8 )<br />
(9 2 7 7 4 5 7 2 4 7 9 9 7 4 5 9 4 7 5 4 2 7 7 9 9 4 7 9 2 7 5 2 4 5 9 11 )<br />
(8 1 9 4 4 5 7 2 4 10 9 9 4 4 5 9 4 10 2 6 1 9 4 9 9 4 10 8 1 9 2 2 4 5 9 14 )<br />
(5 4 9 1 4 5 7 2 4 13 9 9 1 4 5 9 4 12 1 5 4 9 1 9 9 4 13 5 4 8 1 1 4 5 9 17 )<br />
(2 7 7 2 2 5 7 2 4 16 9 7 2 2 5 9 4 12 4 2 7 7 2 7 9 4 16 2 7 5 2 2 2 5 9 20 )<br />
(9 8 1 16 1 8 4 5 1 1 9 9 16 1 8 9 1 1 9 2 6 1 16 9 9 1 1 9 8 1 11 5 1 8 9 2 )<br />
(9 5 4 13 1 8 4 5 1 4 9 9 13 1 8 9 1 4 8 1 5 4 13 9 9 1 4 9 5 4 8 5 1 8 9 5 )<br />
(9 2 7 10 1 8 4 5 1 7 9 9 10 1 8 9 1 7 5 4 2 7 10 9 9 1 7 9 2 7 5 5 1 8 9 8 )<br />
(8 1 9 7 1 8 4 5 1 10 9 9 7 1 8 9 1 10 2 6 1 9 7 9 9 1 10 8 1 9 2 5 1 8 9 11 )<br />
(5 4 9 4 1 8 4 5 1 13 9 9 4 1 8 9 1 12 1 5 4 9 4 9 9 1 13 5 4 8 1 4 1 8 9 14 )<br />
(2 7 9 1 1 8 4 5 1 16 9 9 1 1 8 9 1 12 4 2 7 9 1 9 9 1 16 2 7 5 4 1 1 8 9 17 )<br />
L’implementazione delle funzioni che hanno generato tali liste è stata fatta in<br />
Common Lisp. Il codice sorgente è disponibile su richiesta scrivendo a<br />
giulia.fidanza@yahoo.it<br />
102
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107
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108
Indice analitico<br />
RA, 21<br />
S A, 21<br />
accordo, 95<br />
automorfismo di Frobenius, 84<br />
azione di gruppo, 87<br />
base di un reticolo, 46<br />
battito, 10<br />
beat, 10<br />
box notation method, 19<br />
canone<br />
duale, 10<br />
ritmico, 9<br />
complementare, 10<br />
regolare, 10<br />
triviale, 15<br />
vuza costruibile, 74<br />
ciclindice, 89<br />
collasso, 70<br />
common lisp, 72<br />
concatenazione, 69<br />
condizione<br />
(T0), 22<br />
(T1), 21<br />
(T2), 21, 69<br />
congettura<br />
di Fuglede, 58, 61<br />
di Keller, 51<br />
di Minkowski, 51<br />
spettrale, 58, 61<br />
contenuto di un polinomio, 82<br />
coppia spettrale, 56<br />
decomposizione standard in cicli, 88<br />
determinante di un reticolo, 46<br />
109<br />
diagrammi di Krenek, 20, 95<br />
diametro di un insieme, 14<br />
dilatazione, 68<br />
dimensione di un reticolo, 46<br />
divisione minimale, 7<br />
dualità, 10<br />
fattorizzazione<br />
k-, 36<br />
periodica, 36<br />
funzione<br />
di Eulero, 81<br />
di Möbius, 86<br />
peso, 88<br />
gruppo<br />
k-Hajós, 36<br />
delle permutazioni, 87<br />
di Hajós, 36<br />
non k-Hajós, 36<br />
non-Hajós, 36<br />
simmetrico di grado n, 88<br />
insieme<br />
aperiodico, 12<br />
centralmente simmetrico, 46<br />
dei punti fissi, 87<br />
di traslazione, 50, 56<br />
periodico, 11<br />
spettrale, 56<br />
traslato, 9<br />
intreccio, 67<br />
invarianza per traslazioni, 15<br />
inventario, 88<br />
IRCAM, 72<br />
lambda calcolo, 72
INDICE ANALITICO<br />
lattice point theorem, 46<br />
lemma<br />
di Burnside, 89<br />
di Cauchy-Frobenius, 89<br />
lunghezza di un insieme, 14<br />
misura<br />
di Haar, 57<br />
modo, 95<br />
OpenMusic, 72<br />
orbita, 87<br />
parallelepipedo fondamentale di un reticolo,<br />
46<br />
periodo<br />
di un insieme, 12<br />
di una tassellazione, 10<br />
peso, 88<br />
polinomio<br />
associato ad un insieme, 17<br />
ciclotomico, 81<br />
contenuto di un, 82<br />
reciproco, 85<br />
radice n-esima dell’unità, 81<br />
primitiva, 81<br />
rappresentazione<br />
a griglia, 18<br />
binaria, 18<br />
circolare, 19<br />
insiemistica, 17<br />
polinomiale, 17<br />
reticolo, 46<br />
ricoprimento reticolare, 50<br />
riduzione, 70<br />
ritmico<br />
canone, 9<br />
motivo, 10<br />
pattern, 6, 10<br />
ritmo, 8<br />
esterno, 9<br />
interno, 9<br />
sequenza palindroma, 85<br />
110<br />
somma diretta, 9<br />
sottogruppo generato da un elemento, 12<br />
spettro<br />
di un insieme, 56<br />
di un polinomio, 61, 73<br />
stabilizzatore, 87<br />
struttura intervallare, 100<br />
t.u.b.s., 19<br />
tassellare, 10<br />
modulo n, 10<br />
per traslazioni, 50, 56<br />
tassellazione, 10<br />
di un gruppo abeliano, 57<br />
periodica, 10<br />
proprietà della, 10<br />
tassello, 10<br />
tempo metronomico, 10<br />
teorema<br />
di Łaba, 61<br />
di Amiot, 72<br />
di Coven-Meyerowitz, 21<br />
di de Bruijn, 13<br />
di Hajós, 53<br />
di Pólya, 90<br />
di Swenson, 17<br />
LPT, 46<br />
time unit box system, 19<br />
tipo<br />
di un gruppo abeliano finito, 41<br />
di una permutazione, 88<br />
zoom, 68