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Renato Mambor

RENATO MAMBOR - cds art & visibility

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tra il cielo e la terra, testimone silenzioso della circolaritàdel ciclo vitale che abbraccia e sostiene la materia creata.Amleto esclama: ” Vi sono più cose in cielo e terra, Orazio,di quante se ne sognano nella tua filosofia!”, e così pensal’essere umano di <strong>Mambor</strong>, il suo Portatore/Raccoglitoreche tocca coi piedi la terra e si protende verso il cielo, attod’amore prima che speculativo o filosofico, ideale formasimbolica della mediazione tra terreno e celeste, umano edivino, accidente e trascendente: la via di mezzo trova neiRaccoglitori di Pioggia un nuovo sentiero.I Raccoglitori ci ricordano con la loro azione che siamo tuttifigli e prodotti di questo moto circolare energetico che abbracciail pianeta e che dal sole arriva alla terra, ma che riflettesu più ampia scala il disegno dell’energia che permeal’universo e che agisce sulla materia.Anche l’installazione dei Raccoglitori di Pioggia sviluppaquindi una riflessione sulla dinamica interazione tra noie il mondo, promuovendo un atteggiamento personale diascolto e comprensione che va oltre le divisioni e le separazioni.Da questo punto di vista un fluire ininterrottocollega quest’ultima opera alle intuizioni sviluppate precedentemente,come quella del 1962 di usare in pittura la sagomadell’uomo statistico o quantitativo; qui compariva unsegno sintetico, oggettivo, bidimensionale, prima solitarioe poi via via associato a poche sagome, infine disperso inmoltitudini di omini ricalcati, timbrati e oggi di nuovo dipintisulla tela, come nella recente serie delle Posizioni Filosofiche.In questo modo da un lato si induceva una maggiorespersonalizzazione dell’io dell’artista stesso attraverso lastilizzazione dei tratti umani, dall’altro veniva aumentata lapartecipazione dell’osservatore all’opera facendo uso nongià di una rappresentazione e quindi di un’interpretazionesoggettiva, ma di un segnale oggettivo richiamante la condizioneumana. Già da quelle prime prove era presente unmetodo creativo che spingeva ad andare oltre la corazzacaratteriale dell’individuo, sia essa quella dell’artista comedello spettatore, per spostare l’attenzione su di un piano disuperiore comprensione che pulisse lo sguardo dal superfluoe mettesse l’osservatore nella condizione di vedersi ericonoscersi come parte di un tutto.Con l’Evidenziatore, preceduto nel 1968 da una folgorantee assai anticipatrice installazione chiamata Segnali fantasticiin cui l’artista “segnava” una decina di portoni di viaRoma a Genova appoggiandovi delle scope di saggina, nel1971/72 viene posto in evidenza il problema di quella dualitàdi regni che oggi con tanta forza emerge nei Raccoglitoridi Pioggia. L’Evidenziatore sottolineava quanto gli oggetticreati dall’arte non debbano vivere in un mondo parallelo edistaccato dalla realtà, ma vadano sempre inseriti nel cuoredella vita stessa, non lontani e raggelati simboli concettuali,ma protesi organiche a tutti gli effetti che dall’essereumano si estendono tutt’intorno a saggiare, stringere, evidenziarela realtà circostante.L’esperienza dell’Evidenziatore ha inoltre il merito di averposto in modo netto l’accento sull’idea di confine, sul territoriomagico della via di mezzo che <strong>Mambor</strong> ha elettocome suo punto di osservazione sul reale. L’essere perennementeal confine permette a <strong>Mambor</strong> quello sguardotrasversale sulle cose che trascende le individualità perriportarsi nei pressi dell’origine dell’esistere, occupandoquel territorio mediano che separa e congiunge il cielo e laterra, la soglia tra visibile e invisibile.L’uso di un’immagine attiva come la pioggia, la sua raccoltae la sua trasmissione, implica il soffermarsi sul momentodella discesa, che nella connessione tra l’alto e il bassorinnova la consapevolezza della fusione del tutto, energiache libera energia, pratica che scardina l’immobilità ecanto che celebra la realtà nei suoi aspetti ora minimi, unfilo d’erba che nasce, ora solenni, il “potente spettacolo”dell’Universo.122 123

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