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Renato Mambor

RENATO MAMBOR - cds art & visibility

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iografiaTra il 1968 e il 1970 estende il suo interesse alla fotografia e all’happening,con le Azioni fotografate.Nel 1971 si trasferisce a Milano, dove giunge all’invenzione dell’Evidenziatore,un aggeggio meccanico che si aggancia alle cose della realtàspostandole nella categoria dell’arte. Tutta l’indagine, le interpretazioni,le interviste, l’apparato fotografico verranno riuniti nel volume L’evidenziatore,Edizioni Multipla, con la presentazione di Henry Martin.L’oggetto e tutta la documentazione saranno esposti alla Biennale diVenezia nel 1993.Parallelamente, fin dagli anni Cinquanta, <strong>Mambor</strong> ha sviluppato un interesseattivo per la dimensione teatrale e attoriale, partecipando a seminaridi Fersen con Paola Pitagora, a quelli di Marco Guglielmi, di DeFazio, e ricoprendo ruoli in alcuni film.Negli anni Sessanta e Settanta ha frequentato i teatri di sperimentazionea Roma, amico di Mario Ricci, Giancarlo Nanni, Pippo Di Marca,affascinato dall’atmosfera del Teatro Alberico, in cui convivevano esperienzediverse e conoscendo alcuni protagonisti quali Roberto Benigni,Daniele Formica, Lucia Poli, Bruno Mazzali, Leo De Bernardinis.Nel 1975 costruisce una scultura primaria di metallo, denominata Trousse,all’interno della quale introduce un personaggio. Nel momento in cui venneincorniciato un uomo, l’opera scultorea diventa un teatrino in cui ilsoggetto che lo abita vive un viaggio interno, un atto teatrale di identità.Fonda il GRUPPO TROUSSE, una compagnia teatrale, assieme a PinoPietrolucci, Rodolfo Roberti, Remo Remotti, Claudia Rittore, Lillo Monachesi,Claudio Previtera e Annalisa Foà.“Il nome TROUSSE l’ho preso dall’astuccio degli strumenti, proprio perindicare la caratteristica di quest’indagine all’interno di un individuo, attuatanel contesto di un’assistenza corale, attraverso una metodologiacollettiva. La TROUSSE da spazio fisico è diventata spazio mentale consoglie fluide per il passaggio dall’interno dell’individuo all’esterno delpalcoscenico e viceversa”.Dopo alcune performance il Gruppo debutta al Teatro Alberico con glispettacoli Edicola Trousse e Esempi d’arredamento.Nel 1978, in un gruppo di terapia gestaltica incontra Patrizia Speciale,che diventa la sua compagna e collaboratrice, rafforzando una linea diricerca di un teatro fortemente visivo ma attento alle dinamiche psicodrammatiche.Dal 1978 al 1987 realizza spettacoli e manifestazioni diverse:- spettacoli d’autore, vere e proprie opere in cui è autore, attore, regista,scenografo;- spettacoli in collaborazione con altri autori, in cui è regista e scenografo;- laboratori teatrali che dirige e in cui realizza spettacolazioni;- rassegne di teatro pittura in cui coinvolge artisti visivi;- progetti speciali con artisti di diverse discipline: musicisti, danzatori, pittori;- produce il filmato “La linea parallela del mare”;- il filmato d’animazione “L’osservatore”;- performance e installazioni (“Allevamenti di campi da football”).Intorno al 1987 <strong>Mambor</strong> torna alla pittura, per un desiderio mai cessato(si è sempre presentato come “pittore”) e per un’operazione al cuoreche lo costringe a riaffermare ciò che più gli interessa.Negli anni 1987-1989 affianca ad alcuni spettacoli le prime nuove mostre.Il tema de “L’OSSERVATORE”, nato in teatro nel 1983, viene elaboratonel linguaggio pittorico presentando la figura dell’artista di spalleche osserva diverse coltivazioni di tecniche pittoriche, in una riflessionesulla separazione tra osservatore e cosa osservata e sulla possibilità delcambiamento di sguardo.Nel 1993 al Palazzo delle Esposizioni di Roma M. G. Tolomeo Speranzacura la mostra “L’Osservatore e le coltivazioni” con il contributo in catalogodi Achille Bonito Oliva, e contemporaneamente <strong>Mambor</strong> realizza lospettacolo “Gli Osservatori”, presentato da Nico Garrone.Nel 1996 a Roma, nella mostra-evento “Fermata d’autobus”, presentatada Achille Bonito Oliva, <strong>Mambor</strong> ha l’idea di mostrare sei autobus realicome fossero sculture-giocattolo, circondati da sue opere ispirate al viaggiourbano. Ciascun veicolo all’interno, svuotato, ospita un altro artista.Sempre nel 1996 a Roma è invitato da Maurizio Calvesi alla mostra antologica“Relazione” del Museo Laboratorio dell’Università La Sapienza,dove presenta Il Decreatore e il quadro scenico Fasce di pensiero. Ilcatalogo ha scritti di Maurizio Calvesi, Laura Cherubini e Anne Dagbert.Ancora nel 1996 in estate, a Spoleto, nella mostra “START-Arte in stazione”,fa interagire i materiali d’arte creati per l’occasione con l’architetturae gli arredi preesistenti della stazione per presentare al viaggiatoreoccasionale “un’opera complessa”.Nel 1998 l’Istituto Nazionale per la Grafica a Roma gli dedica una mostraantologica di opere su carta - “<strong>Mambor</strong> opera di segni” - curata daLuigi Ficacci, con scritti di Simonetta Lux e Pierre Restany.Nel 1999 presenta a Modena alla Galleria Civica il lavoro su carta Diarioa tempo libero, a cura di Claudia Zanfi. A Tivoli, nella mostra “Doppiacoppia”, curata da Roberto Gramiccia, costruisce un motomandala,usando vere moto d’epoca.Il 2002 inizia con grandi mostre personali: a Palermo Francesco Gallocura “<strong>Mambor</strong> Osservatore-Anni Novanta”; a Montecarlo “A tempo libero”è presentata da Alberto Dambruoso dalla Maretti Arte e a Roma, allaGalleria Il Mascherino “Progetto per un’antologica I, II, III” è presentatoda Barbara Martusciello.Tra le molte collettive è importante la partecipazione alla mostra di AchilleBonito Oliva “Le opere e i giorni” alla Certosa di S. Lorenzo a Padula.Nel 2006, con la mostra personale “Gente che conta”, presso la GalleriaArt Time di Brescia, <strong>Mambor</strong> rafforza la collaborazione con i direttoriMarzia Spatafora e Francesco Boni, attraverso cui il lavoro si amplieràcon mostre in Italia e all’estero, e inizia a realizzare sculture come sagomeritagliate, in ferro e in legno, piatte, fuoriuscite dalla bidimensionalitàdel quadro mantenendo i presupposti esecutivi dei primi anni.Nello stesso anno altre due mostre: a Nizza e a Faenza alla GAM.Nel 2007 un nuovo lavoro, una grande installazione, viene esposta allaGalleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma: “Separé”, a cura di MarinaGargiulo e Angelandreina Rorro. Nella presentazione Achille Bonito Olivascrive: “L’opera di <strong>Renato</strong> <strong>Mambor</strong> è un delicato campo di concentrazioneper lo sguardo e di salvaguardia per la vita di chi attraversa le suesagome. Marcel Duchamp sagomò a Parigi la porta di una galleria perfar spazio allo sguardo dello spettatore, Lucio Fontana tagliò la tela perfar spazio al continuum dell’arte e ora <strong>Mambor</strong> sagoma le quinte dellapittura per catturare l’attimo fuggente della vita”.Nello stesso anno a Milano Achille Bonito Oliva cura anche la mostraalla Fondazione Mudima, con la collaborazione di Art Time, in cui vienepresentato il volume L’arte: far quadrato intorno alla vita, con scritti anchedi Gino di Maggio e Gianluca Ranzi, con cui prosegue un proficuoscambio culturale.Nello stesso anno è presente a Venezia alla 52° Biennale, con l’installazioneOmbre immutabili, con la presentazione di Duccio Trombadori.Ad Anversa nel 2009 sarà Ranzi a curare la mostra “<strong>Renato</strong> <strong>Mambor</strong>.La superficie e le storie infinite” e nel catalogo così presenta il lavoro:“Precorrendo i tempi della grande bouffe mediatica in cui oggi tutti siamoimmersi, egli già dalla fine degli anni Cinquanta ha compreso in anticipo,persino sulla Pop Art, che le immagini si stavano vaporizzando […] Pervedere meglio egli ha smesso di guardare, e la benda che si è postosugli occhi ha aperto una voragine di nuovo senso e di meraviglioso cheegli oggi riversa a sua volta nella sua pittura”.Nel 2009 la grande antologica “In prestito dall’infinito” mostra anchenuovi lavori a Napoli, a Castel Sant’Elmo, con la presentazione di AchilleBonito Oliva e la collaborazione di Art Time.In autunno a Roma, all’Auditorium Arte, Gianluca Ranzi presenta “Mainote burrose”. Dal testo di Anna Cestelli: “[…] sperimentazione che, nonostantel’apparente casualità di un percorso di arte e vita che porta l’artistaalla lunga parentesi del teatro d’avanguardia, rimane tuttavia guidata/pervasada una coerenza concettuale e formale che unisce, comeun arco teso a ritroso nel tempo, le ultime alla sue primissime opere:così in questa mostra, pensata da <strong>Mambor</strong> con una rigorosa circolaritàtemporale, dove diviene quasi possibile leggere il passato nel futuro”.Nel 2010 a Milano nel Palazzo delle Poste a Piazza Cordusio viene allestitauna mostra in cui alcune opere di <strong>Mambor</strong> si collocano negli spaziaperti al pubblico delle poste, in occasione della presentazione del manifestodisegnato da <strong>Mambor</strong> per la Giornata Mondiale del Teatro, percui le Poste Italiane approntano un annullo filatelico. La presentazione èdi Gianluca Ranzi, con uno scritto di Claudia Rittore.A Roma nel 2011 alla Galleria Limen Massimo Riposati accosta alcuneopere scultoree di <strong>Mambor</strong> a capolavori dell’arte africana nella mostra“Due ma non due. Guardiani e portatori”.A Londra nel 2011 Gianluca Ranzi inaugura la mostra “Storytelling” all’IstitutoItaliano di Cultura, nello stesso anno partecipa alla 54 a edizionedella Biennale veneziana all’isola di San Servolo con l’installazione“Raccoglitori di pioggia”.Nel 2012 dopo la mostra in essere all’Hamburger Bahnhof di Berlino èinvitato ufficialmente all’undicesima edizione della Biennale dell’Avanacon due opere facenti parte dell’installazione “Separè”.<strong>Renato</strong> <strong>Mambor</strong> nato nel 1936 a Roma, dove vive e lavora.È uno dei protagonisti della ricerca nelle arti visive fin dalla fine degli anniCinquanta. Ha vissuto in prima persona il clima culturale di sperimentazionee rinnovamento degli anni Sessanta e Settanta, compagno di stradadi Pascali, Ceroli, Schifano, Festa, Kounellis, con cui ha fatto partedi quella che storicamente è stata definita Scuola di Piazza del Popolo.È uno dei primi artisti a sconfinare dalla pittura in altri linguaggi quali lafotografia, il cinema, la performance, le installazioni, il teatro.<strong>Mambor</strong> inizia la sua attività con l’invenzione di un’immagine figuralefredda e spersonalizzata attraverso l’uso di sagome statistiche, segnalistradali, ricalchi fotografici, stampigliatura di timbri e rulli. Le sagomepiatte bidimensionali escludono i tratti somatici, ogni segno di profonditào di calligrafia.Tra il 1960 e il 1965 espone a Roma alla Galleria La Tartaruga di PlinioDe Martiis.Nel 1966 per la mostra “Pascali <strong>Mambor</strong>”, alla Libreria Guida di Napoli,scrive la sua prima presentazione critica Achille Bonito Oliva.Nello stesso anno, assieme a Ceroli e Tacchi <strong>Mambor</strong> si trasferisce perun periodo in America per vivere da vicino l’esplosione della Pop Art dicui non condivide le immagini colorate e chiassose. Partecipa ad alcunemostre collettive e torna in Italia con un desiderio di silenzio e di approfondimento.Inizia il periodo delle decostruzioni linguistiche attraversol’uso seriale di pannelli, dedicandosi ad un lavoro più concettuale.Invitato da Germano Celant per la mostra “Arte povera-imspazio” si trasferiscea Genova e espone per alcuni anni alla Galleria La Bertesca.L’opera Diario 67 è apprezzata anche da Alan Solomon, che lo sceglieper la mostra “Young Italians” a Boston nel 1968.Nel 1967, seguendo una linea analitica, realizza un’opera chiamata Filtro,in cui sposta il valore dell’arte nell’atto stesso della percezione. Lasuddivisione mentale della percezione viene scissa nelle unità elementari- materia, forma, colore e tempo - e tale analisi viene ripresa ancheattraverso il mezzo fotografico, in opere quali Il mare e L’albero, chesono presentate da Filiberto Menna.In parallelo <strong>Mambor</strong> sviluppa un’altra tematica ricorrente nel suo lavorocon opere “aperte” per stimolare la partecipazione attiva del pubblicoo di altri artisti. Dopo Cubi mobili e Diario degli amici, anche Itinerari.<strong>Mambor</strong> partecipa al “Il Teatro delle Mostre” organizzato nel 1968 dallaGalleria La Tartaruga a Roma, e poi è invitato da Achille Bonito Olivanel 1970 a Montepulciano per la mostra “Amore mio” e per “Vitalità delnegativo” a Roma, Palazzo delle Esposizioni.176 177

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