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stato necessario che la strofe durasse abbastanza per permettere alle evoluzioni di<br />

compiersi interamusazente. Inoltre i metri del canto corale sono più complessi rispetto a<br />

quelli della monodia, sebbene quest’ultima ne impieghi una grande varietà; infine,<br />

nonostante il pronome personale di prima persona fosse spesso impiegato nei canti<br />

corali, questi rispondono alle esigenze dei committenti e quindi non rispecchiano la<br />

voce del poeta, mentre la lirica monodica offre spazio all’espressione e allo sfogo<br />

personale.<br />

Secondo questi criteri, più o meno apertamente condivisi dalla critica moderna,<br />

Stesicoro e Ibico sono stati spesso considerati lirici corali. La prima obiezione da<br />

avanzare agli argomenti di cui sopra è che si è fatto un eccessivo riferimento all’aspetto<br />

della musica e della danza, di cui però non ci sono giunti elementi sufficienti per<br />

permetterci di parlarne con cognizione di causa. Un altro elemento che è stato spesso<br />

addotto come prova della coralità dei componimenti stesicorei e – soprattutto dopo la<br />

riscoperta del papiro contenente l’ode a Policrate - ibicei è la struttura triadica dei carmi.<br />

In realtà non sussistono neanche in questo caso elementi che assicurino un’esecuzione<br />

esclusivamente corale per i carmi a struttura triadica: già Harvey 1955, 165ss. nel suo<br />

eccellente intervento sulla classificazione antica dei generi poetici notava, a proposito<br />

dell’inno, che sia Ateneo sia Proclo attestano l’esistenza di inni che non erano<br />

accompagnati dalla danza 49 ; secondo lo studioso ciò significa che la corrente<br />

interpretazione della struttura triadica del carme come corrispondente a evoluzioni del<br />

coro secondo i momenti della strofe, antistrofe ed epodo non è da accettarsi<br />

49 Athen. XIV 631d tw`n ga;r u{mnwn oi} me;n wjrcou`nto, oi} de; oujk wjrcou`nto.<br />

Procl. ap. Phot. Bibl. 239,320a oJ de; kurivw~ u{mno~ pro;~ kiqavran h[ ≥deto eJstwvtwn.<br />

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