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speciale ai simposi delle corti dei tiranni, non escludendo che i carmi che venivano lì<br />

cantati avessero uno scopo più ufficiale ed encomiastico rispetto per esempio alla<br />

cerchia di Alceo: «Esistette talora una poesia corale destinata all’esecuzione nel<br />

banchetto principesco. […] Si deve prendere in considerazione in questo caso un<br />

simposio di tipo ben particolare, riunione privata ma piuttosto ampia, legato ad una<br />

celebrazione. […] Non si può immaginare un ambiente più opportuno del simposio nel<br />

palazzo del principe per l’esecuzione di […] encomi» (XXVs.). Sulla scia di questa<br />

ipotesi, Cingano 2003, 39ss. propone un’esecuzione corale per l’ode a Policrate di<br />

Ibico, che perderebbe di efficacia se fosse cantata in una cerchia ristretta di amici,<br />

mentre il suo carattere encomiastico avrebbe la massima risonanza in un’occasione<br />

ufficiale in cui il principe fosse elogiato pubblicamente; forse anche all’interno del<br />

proprio palazzo, ma davanti a un pubblico piuttosto folto a scopo di propaganda. A ben<br />

vedere qui il problema essenziale non è decidere tra monodia e chorodia, «mais le fait<br />

que ces poèmes étaient tout de même toujours chantés en public devant un auditoire»<br />

(Cingano 2003, 37, l’evidenziatura è nel testo). Coerentemente, Cingano propone di<br />

attribuire un carattere pubblico anche agli scolî pindarici, proprio perché una fruizione<br />

privata limiterebbe notevolmente la risonanza di componimenti che gli Alessandrini<br />

classificarono insieme agli encomi, quindi come poemi a destinazione più pubblica che<br />

privata 59 .<br />

59<br />

Cingano 2003, 41ss. si riferisce esplicitamente al fr. 122 M. per Senofonte Corinzio, che la<br />

fonte (Ateneo) definisce come scolio per una vittoria agonale del destinatario, in onore del quale<br />

fu composta anche la XIII Olimpica, vd. Athen. XIII 573f Xenofw`n oJ Korivnqio~ ejxiw;n eij~<br />

≠Olumpivan ejpi; to;n ajgw`na kai; aujto;~ ajpavxein eJtaivra~ eu[xato th`≥ qew`≥ nikhvsa~. Pivndarov~<br />

te to; me;n prw`ton e[grayen eij~ aujto;n ejgkwvmion, ou| hJ ajrch; (O. 13) trisolumpionivkan<br />

ejpainevwn oi\kon, u{steron de; kai; skovlion to; para; th;n qusivan aj≥sqevn. Secondo Cingano<br />

l’espressione para; th;n qusivan confermerebbe che lo scolio fu cantato nel corso del sacrificio,<br />

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