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Ariminum, il territorio al microscopio - Romit.org

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I senatori vietarono che si facesse menzione delle dodici <strong>al</strong>tre colonie che disprezzarono<br />

l’autorità di Roma, e che i loro ambasciatori non venissero né congedati, né trattenuti, né<br />

convocati dai consoli; questa tacita condanna sembrò la più consona <strong>al</strong>la dignità del popolo<br />

romano.<br />

Dopo la vittoria di Canne (216 a.C.), Annib<strong>al</strong>e dimostrò grande saggezza strategica, non cedendo<br />

<strong>al</strong>le pressioni dei suoi uffici<strong>al</strong>i, che insistevano per un attacco diretto a Roma; forte della netta<br />

vittoria sul campo, egli si diede coerentemente a raccogliere i frutti delle sue scelte tattiche,<br />

nell’ottica di strappare <strong>al</strong>l’avversario le sue <strong>al</strong>leanze. Defezionarono gran parte delle tribù<br />

sannitiche (Irpini, Pentri e Caudini, cui tuttavia non si aggiunsero le fortezze di Benevento e<br />

Venosa), oltre a quasi tutta la Lucania e <strong>il</strong> Bruzio, eccezion fatta per le città greche (Polyb. III 118;<br />

Liv. XXII 61): ma particolare r<strong>il</strong>evanza ebbe <strong>il</strong> passaggio <strong>al</strong> nemico di Capua, uno dei più ricchi<br />

centri commerci<strong>al</strong>i d’It<strong>al</strong>ia, <strong>il</strong> cui esempio fu seguito da <strong>al</strong>cune città minori della Campania. Il<br />

nucleo centr<strong>al</strong>e della forza di Roma, costituito da Lazio, Umbria, Piceno ed Etruria, rimaneva<br />

tuttavia s<strong>al</strong>do.<br />

La strategia di Quinto Fabio Massimo e Tiberio Sempronio Gracco, nuovi consoli eletti per <strong>il</strong> 215,<br />

fu quella di evitare qu<strong>al</strong>siasi scontro camp<strong>al</strong>e con l’avversario, cui si riconosceva l’assoluta<br />

superiorità tattica: contingenti ridotti di soldati vennero impiegati nell’assedio di più roccheforti in<br />

Campania e in Apulia, impedendo così ad Annib<strong>al</strong>e di proseguire nella sua linea offensiva (Liv.<br />

XXIV 11). Egli fu dunque costretto ad assumersi <strong>il</strong> gravoso onere di difendere i nuovi <strong>al</strong>leati: i<br />

qu<strong>al</strong>i, se non avevano esitato ad abbandonare Roma, m<strong>al</strong> sopportando le forme del suo dominio,<br />

non accettavano ora di scendere in campo a fianco dei Punici, in nome di interessi che non erano i<br />

loro.<br />

Di fronte <strong>al</strong>la situazione di quasi tot<strong>al</strong>e st<strong>al</strong>lo del 214 (un successo della strategia di logoramento<br />

attuata ormai da Roma), per l’anno successivo <strong>il</strong> popolo confermò la fiducia <strong>al</strong>la coppia consolare<br />

precedente, rieleggendo Tiberio Sempronio Gracco e affiancandogli <strong>il</strong> figlio di Fabio Massimo,<br />

Quinto Fabio, pretore uscente; <strong>il</strong> confine settentrion<strong>al</strong>e, sempre sottoposto <strong>al</strong>l’incombente minaccia<br />

g<strong>al</strong>lica, fu affidato a Publio Sempronio Tuditano, <strong>al</strong> comando di due legioni di stanza a Rimini;<br />

Terenzio Varrone venne confermato nel suo incarico propretorio nel retrostante Piceno (Liv. XXIV<br />

44). Ma le sorti del conflitto dovevano volgere ancora a favore di Annib<strong>al</strong>e, che riuscì a<br />

impadronirsi di Taranto (213 o 212 a.C.), trascinando <strong>al</strong>la rivolta anche <strong>al</strong>tre città greche tra cui<br />

Metaponto, Turii ed Eraclea; l’accordo macedone-cartaginese, inoltre, aveva aperto un ulteriore<br />

fronte sul versante <strong>il</strong>lirico, dove <strong>il</strong> sovrano F<strong>il</strong>ippo andava ottenendo diversi successi a spese dei<br />

clienti di Roma; in Sic<strong>il</strong>ia, infine, <strong>al</strong>la morte del fido <strong>al</strong>leato Ierone II, Siracusa aveva ormai stretto<br />

intese con Cartagine, favorendo lo sbarco di un esercito punico sulle coste dell’isola.<br />

Dopo la paura del 211, quando Annib<strong>al</strong>e si era spinto con <strong>il</strong> suo esercito sino <strong>al</strong>le porte di Roma,<br />

preferendo però ritornare nel Bruzio, la guerra proseguì senza operazioni di grande r<strong>il</strong>ievo; <strong>il</strong> c<strong>al</strong>o<br />

della tensione ebbe come risultato che nell’autunno del 210 dodici delle trenta colonie latine<br />

rifiutarono l’invio dei loro contingenti di uomini. Rimasero fedeli Signia, Norba, Saticula, Fregelle,<br />

Luceria, Venusia, Brindisi, Hadria, Fermo e Rimini, sul versante adriatico; Ponzia, Paestum e Cosa,<br />

sull’opposto versante marittimo; Benevento, Isernia, Spoleto, Piacenza e Cremona, nell’entroterra.<br />

L’anno successivo, <strong>il</strong> 209, <strong>il</strong> console Quinto Fulvio Flacco si diresse in Lucania, dove recuperò una<br />

serie di tribù lasciate senza protezione da Annib<strong>al</strong>e, mentre <strong>il</strong> collega Quinto Fabio Massimo riuscì<br />

a riconquistare <strong>il</strong> porto di Taranto, caduto in mano punica sin d<strong>al</strong> 212.<br />

6. La spedizione di Magone<br />

Liv. XXVIII 38, 12-13<br />

Quarto decimo anno Punici belli P. Cornelius Scipio et P. Licinius Crassus ut consulatum<br />

inierunt, nominatae consulibus provinciae sunt, Sic<strong>il</strong>ia Scipioni extra sortem, concedente

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