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la gravidanza e la perdita - Associazione Andria

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ASSISTENZA E SOSTEGNO DELLA DONNA IN LUTTO<br />

L. D’Antuono<br />

In un periodo storico in cui tutta <strong>la</strong> materia scientifica cerca di esprimersi in termini di EBM, il tema<br />

dell’assistenza al<strong>la</strong> donna in lutto chiede all’ostetrica di avvicinarsi al<strong>la</strong> sua matrice professionale<br />

più originaria costituita da esperienza, empirismo, sapienza, ma anche da filosofia, psicologia, etica<br />

ed antropologia.<br />

La morte è certamente l’evento più destabilizzante che ogni cultura deve affrontare; viviamo in un<br />

epoca in cui <strong>la</strong> morte rappresenta un nuovo tabù sociale:il benessere e le nuove aspettative di vita<br />

tendono a tener<strong>la</strong> lontana e confinar<strong>la</strong> in ambienti possibilmente distanti dai luoghi abituali<br />

dell’esistenza; d’altra parte però <strong>la</strong> morte è esibita e mostrata anche nei suoi aspetti più drammatici<br />

e conturbanti come cronaca o fiction televisiva. Se <strong>la</strong> morte è davvero un nuovo tabù, l’unica<br />

“scappatoia” culturale per accettar<strong>la</strong> risiede nel recupero dei rituali. Da sempre il rito accompagna e<br />

rende agevole tutti i momenti di passaggio da una fase all’altra del<strong>la</strong> vita: aiuta soprattutto chi resta<br />

a condividere l’evento. Oggi a causa dell’abbandono di riti e di simboli facilitatori, il lutto si<br />

consuma nell’iso<strong>la</strong>mento: un tempo <strong>la</strong> morte faceva spa<strong>la</strong>ncare le porte di casa, ora le fa chiudere.<br />

Ogni epoca e cultura attribuiscono maschere, riti e simboli differenti al lutto e l’avvento di una<br />

società sempre più multietnica, sta alimentando il confronto con culture differenti ed obbliga gli<br />

operatori sanitari a rivedere in modo più o meno scientifico gli attuali modelli assistenziali.<br />

Sebbene le manifestazioni esteriori del lutto risentono del contesto socio-culturale, il dolore, il<br />

senso del<strong>la</strong> <strong>perdita</strong>, sono eventi assolutamente INDIVIDUALI ed INDIVIDUALIZZANTI nel<br />

senso che generano solitudine interiore: il dolore è personale ed è intriso del<strong>la</strong> storia dell’individuo.<br />

Ed è per questo che nel dolore ciascuno ha <strong>la</strong> possibilità di fare esperienza di sé perché esplora spazi<br />

profondi e bui: il dolore accresce il sapere di sé, è esperienza. Il filosofo contemporaneo Salvatore<br />

Natoli 2 aggiunge: “…l’esperienza era <strong>la</strong> base su cui un tempo si basava <strong>la</strong> sapienza…”.<br />

In questa cornice sociale e psicofilosofica, il lutto in ostetricia appare ancor più partico<strong>la</strong>re: nascita<br />

e morte possono coincidere e all’ospedale e delegato il compito di gestire l’evento in termini di<br />

appropriatezza assistenziale. In questo campo gli studi sono quasi inesistenti 3 ma, scientifica o no,<br />

l’assistenza che abbiamo il dovere di perseguire è UMANAMENTE APPROPRIATA ai bisogni<br />

del<strong>la</strong> persona assistita. Ma chi è <strong>la</strong> persona assistita di cui stiamo par<strong>la</strong>ndo? L’arte mi aiuta<br />

attraverso l’osservazione di un dipinto di Friedrich 4 (“Uomo e donna che contemp<strong>la</strong>no <strong>la</strong> luna”): si<br />

tratta di una donna e di un uomo in ombra dei quali si individuano le sagome indistinte dei corpi<br />

visti di spalle e dei quali si ignorano il volto, <strong>la</strong> verità espressiva. La donna colpita dal lutto potrà<br />

mostrare rabbia, sgomento, tristezza, autoironia: tutte manifestazioni esteriori, maschere di dolore.<br />

L’esperienza insegna che il dolore fisico e viscerale del parto può far cadere queste maschere ed il<br />

grido <strong>la</strong>cerante e profondo che accompagna ogni <strong>perdita</strong> potrebbe essere udito: che paura sentirlo,<br />

che fatica contenerlo per l’ostetrica!<br />

L’individualità del dolore pone cioè l’altro davanti al<strong>la</strong> possibilità di soffrire ed ecco che scattano i<br />

meccanismi inconsci di proiezione dell’operatore sul<strong>la</strong> donna…….altro che empatia! E in un’era in<br />

cui ad ogni bisogno umano si cerca di creare una risposta di tipo tecnologico-scientifico, l’unica<br />

risposta possibile al dolore del lutto è quel<strong>la</strong> di soffocarlo, di non vederlo, così si finge che non<br />

esiste. Ed è in questa logica che si giustificano atteggiamenti come non far vedere il bambino, non<br />

farlo toccare, non <strong>la</strong>sciare tracce e ricordi, l’analgesia e/o <strong>la</strong> sedazione elettive, il taglio cesareo<br />

elettivo. Torna l’illusione scientifica che non sentire, non vedere, corrisponda a non esserci. E se<br />

questa continua e perversa tendenza a mettere tappi generasse un’incapacità del<strong>la</strong> donna a ritrovare<br />

le proprie risorse per farce<strong>la</strong> qualora <strong>la</strong> scienza fallisse?<br />

2 S.Natoli “L’esperienza del dolore”, Feltrinelli<br />

3 M.Enkin, M. Keirse, I Chalmers “l’efficacia delle proceure di assistenza al<strong>la</strong> <strong>gravidanza</strong> e al parto”, Red Edizioni<br />

4 “Uomo e donna che contemp<strong>la</strong>no <strong>la</strong> luna” da “Cosmos, al<strong>la</strong> scoperta dell’infinito”, Bompiani Arte 2000

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