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18 Come dovrebbe comportarsi un allenatore difronte al disagio manifestato da un giovane atleta? Credo sia importante capire che spesso i comportamenti inadeguati dei nostri ragazzi sono manifestazioni di un disagio. Durante gli incontri organizzati dalla FIC, proponevo ai tecnici questi punti: Un buon modello (compresi i genitori e tutti gli educatori) Agisce intenzionalmente, nell’ambito del possibile; Mostra i suoi sentimenti in modo adeguato; Si interroga circa i messaggi veicolati da taluni comportamenti; Accetta incondizionatamente il ragazzo, ma non sempre approva i suoi comportamenti; Lo ascolta con empatia, valorizzando le sue parole, i suoi sentimenti, le sue esperienze, senza sostituirsi a lui; Manifesta stima e fiducia verso di sé e il ragazzo; Decide le regole e sa dire di “NO”; Affronta i conflitti in maniera adeguata; Fa ampio uso del rinforzo; Cosa non dovrebbe assolutamente fare? Fare muro contro muro e mettere ulteriori pressioni. Una cosa che proprio io non capisco sono alcuni atteggiamenti di fronte alle difficoltà. Provo a spiegarmi meglio con un esempio: atleta in difficoltà che colleziona insuccessi. L’atteggiamento caratteristico è
quello di fargli fare più gare! La frase tipica è: “E’ in sfiducia. Deve recuperare la fiducia e ha bisogno di un buon risultato” Sul fatto che abbia bisogno di un successo siamo tutti concordi. La domanda è: come fa un atleta che non è in fiducia a fare una buona performance e a portare a casa un buon risultato? A mio avviso così si rischia di instaurare solo un circolo vizioso. Forse sarebbe meglio fermarsi, analizzare la performance deficitaria, costruire un progetto di lavoro che parta dal recuperare il piacere per l’attività in sé per poi arrivare alla percezione di efficacia con compiti stimolanti in un crescendo di difficoltà. Insomma, lavorare e poi ripartire. Mi rendo conto che fermarsi quando la stagione è in corso non è sempre facile. Ma, nello sport giovanile, forse è meglio sacrificare qualche gara piuttosto che un giovane atleta. Inoltre, un buon tecnico, dovrebbe prestare particolare attenzione a non alimentare solo l’individualità a discapito dello spirito di gruppo (i giovani si sostengono nel gruppo!). È oltremodo importante che non affronti i problemi e le difficoltà del singolo davanti agli altri componenti del gruppo, ma che stabilisca con questo uno spazio neutro e riservato. Qual è il tuo consiglio? Il mio consiglio è quello di ricordarci sempre che sentire non è uguale ad ascoltare. I nostri ragazzi hanno bisogno di essere ascoltati e non giudicati. Quindi, sarebbe bene, capire prima di agire. Grazie Michaela, ma prima di salutarci avrei da porti ancora un paio di domande. Come hai vissuto la tua esperienza di psicologa nella stagione pre-olimpica e olimpica? Come è stato vivere a stretto contatto con le emozioni e i “problemi” dei canottieri italiani? E, per concludere, pensi che anche i tecnici, in generale, debbano avvalersi del supporto di uno psicologo dello sport? Quando mi sono iscritta a psicologia l’ho fatto con il chiaro intento e obiettivo di lavorare nella psicologia dello sport. L’Italia, purtroppo, non è una realtà così semplice, ma ho insistito, lavorato e studiato mettendomi in gioco. Lavoro nello sport dal 2002 e per me ogni nuova avventura è fonte di stimolo. Amo questo lavoro e lo faccio con curiosità e passione, cercando di aumentare sempre le mie competenze. Lavorare con i ragazzi del canottaggio è 19 stato bellissimo. Ho condiviso con loro i problemi e le emozioni, ho sofferto con loro e gioito per loro. Confesso che l’anno preolimpico e quello olimpico sono stati faticosi e impegnativi, ma non li scambierei con nulla al mondo. Il canottaggio è uno sport molto duro, dove impegno e fatica devono andare a braccetto se si vogliono raggiungere buoni risultati. I ritmi sono sempre serrati, la concentrazione sempre al massimo e, il contesto e le persone lo rendono uno sport davvero affascinante. Penso che il confronto sia fonte di stimolo e arricchimento per ogni figura professionale e professionalizzante. Rispondo alla tua ultima domanda con una domanda: “A chi non piacerebbe arricchirsi di nuove competenze e fruire di nuovi stimoli?” Già, a chi non piacerebbe? Grazie mille per averci dato la possibilità di affrontare un argomento che ci sta molto a cuore. Il nostro obiettivo è quello di creare il maggior numero di campioni che possano portare lustro al nostro Paese ma, a volte, dimentichiamo quanto, invece, il nostro compito sia quello di educare e incoraggiare i più giovani a praticare il canottaggio solamente per il piacere di mettersi alla prova e dargli modo di innamorarsi di questo mondo.
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