II Messaggi e messaggeri
L'interpretazione dei segni, dei gesti, dei messaggi e dei <strong>si</strong>lenzi costituisce una delle attività principali dell'uomo d'onore. E di conseguenza del magistrato. La tendenza dei <strong>si</strong>ciliani alla discrezione, per non dire al mutismo, <strong>è</strong> proverbiale. Nell'ambito di Cosa Nostra raggiunge il paros<strong>si</strong>smo. L'uomo d'onore deve parlare soltanto di quello che lo riguarda direttamente, solo quando gli viene rivolta una precisa domanda e solo se <strong>è</strong> in grado e ha diritto di rispondere. Su tale principio <strong>si</strong> basano i rapporti interni alla mafia e i rapporti tra mafia e società civile. Magistrati e forze dell'ordine devono adeguar<strong>si</strong>. Nei miei rapporti con i mafio<strong>si</strong> mi sono sempre mosso con estrema cautela, evitando false complicità e atteggiamenti autoritari o arroganti, esprimendo ilmio rispetto ed e<strong>si</strong>gendo il loro. E’ inutile andare a trovare un boss in carcere se non <strong>si</strong> hanno domande precise da porgli su indagini che riguardano la mafia, se non <strong>si</strong> <strong>è</strong> bene informati o se <strong>si</strong> pensa di poterlo trattare come un qual<strong>si</strong>a<strong>si</strong> criminale comune. Dopo le dichiarazioni di Calderone, un boss di Caltanissetta doveva essere nel 1988 interrogato da uno dei miei colleghi. Questi <strong>si</strong> rivolse così al mafioso: «Sei tu il taldeitali? Allora raccontami di Cosa Nostra! ». Il mafioso, che stava per seder<strong>si</strong>, <strong>si</strong> rialzò in piedi e replicò: «Cosa Nostra? Cosa Nostra vuol dire cosa mia, cosa sua, cosa dell'avvocato. Bene, la cosa mia ve la regalo ». Seduto<strong>si</strong>, <strong>si</strong> chiuse in un <strong>si</strong>lenzio impenetrabile. I membri di Cosa Nostra e<strong>si</strong>gono di essere rispettati. E rispettano solo chi manifesta nei loro confronti un minimo di riguardo. Uno dei miei colleghi romani, nel 1980, va a trovare Frank Coppola, appena arrestato, e lo provoca: «<strong>Si</strong>gnor Coppola, che cosa <strong>è</strong> la mafia?». Il vecchio, che non <strong>è</strong> nato ieri, ci pensa su e poi ribatte: « <strong>Si</strong>gnor giudice, tre magistrati vorrebbero oggi diventare procuratore della Repubblica. Uno <strong>è</strong> intelligentis<strong>si</strong>mo, il secondo gode dell'appoggio dei partiti di governo, il terzo <strong>è</strong> un cretino, ma proprio lui otterrà il posto. Questa <strong>è</strong> la mafia... ». Un'altra cosa non <strong>è</strong> <strong>generalmente</strong> compresa, e cio<strong>è</strong> che l'appellativo « <strong>Si</strong>gnore » usato da un mafioso non ha nulla a che vedere con il Mon<strong>si</strong>eur francese, il <strong>Si</strong>r britannico o il Mister americano. <strong>Si</strong>gnifica semplicemente che l'interlocutore non ha diritto ad alcun titolo, altrimenti verrebbe chiamato « Zio » o « Don », se <strong>è</strong> un personaggio importante nell'organizzazione, oppure « Dottore », « Commendatore », « Ingegnere » e così via. Durante il primo maxiprocesso di Palermo nel 1986, il pentito Salvatore Contorno, per esprimere il suo assoluto disprezzo nei confronti di Michele Greco, con<strong>si</strong>derato capo della mafia ma che ai suoi occhi non era nessuno, <strong>si</strong> esprimeva in questi termini: « Il <strong>si</strong>gnor Michele Greco... ». Ricordo che una volta ero andato in Germania a interrogare un capo mafioso mi accadde di essere apostrofato: « <strong>Si</strong>gnor Falcone... ». Allora toccò a me offendermi. Mi alzai e ribattei: « No, un momento, lei <strong>è</strong> il <strong>si</strong>gnor taldeitali, io sono il giudice Falcone». Il mio messaggio raggiunse il bersaglio e il boss mi porse le sue scuse. Sapeva fin troppo bene <strong>perché</strong> rifiutavo il titolo di <strong>si</strong>gnore, che, in quanto non riconosceva il mio ruolo, mi riduceva a uno zero. Tutto questo per dire che il
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Biografia APPENDICE Nato a Palermo
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un'inchiesta che portò all'arresto