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Si muore generalmente perché si è soli o perché si ... - Progetto Melo

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I messaggi di Cosa Nostra diretti al di fuori dell'organizzazione informazioni, intimidazioni,<br />

avvertimenti mutano stile in funzione del risultato che <strong>si</strong> vuole ottenere. <strong>Si</strong> va dalla bomba al<br />

sorrisetto ironico accompagnato dalla frase: « Lei lavora troppo, fa male alla salute, dovrebbe<br />

riposare», oppure: «Lei fa un mestiere pericoloso; io, al suo posto, la scorta me la porterei pure al<br />

gabinetto» due fra<strong>si</strong> che mi sono state rivolte direttamente. Le cartoline e lettere decorate con<br />

disegni di bare o con l'eventuale data di morte accanto a quella di nascita, e pacchetti con proiettili<br />

sono riservati <strong>generalmente</strong> ai novellini, per sondare il terreno. Quando la mafia fa telefonate del<br />

tipo: «La bara <strong>è</strong> pronta», accentuando l'infles<strong>si</strong>one <strong>si</strong>ciliana, ottiene senza alcun dubbio un certo<br />

effetto.<br />

In questo caso facili da interpretare, le minacce tendono a mettere in moto un processo di<br />

autocensura. Direi anzi che <strong>si</strong> minaccia qualcuno solo quando lo <strong>si</strong> ritiene sen<strong>si</strong>bile alle minacce. La<br />

mafia <strong>è</strong> razionale, vuole ridurre al minimo gli omicidi. Se la minaccia non raggiunge il segno, passa<br />

a un secondo livello, riuscendo a coinvolgere intellettuali, uomini politici, parlamentari, inducendoli<br />

a sollevare dubbi sull'attività di un poliziotto o di un magistrato ficcanaso, o esercitando pres<strong>si</strong>oni<br />

dirette a ridurre il personaggio scomodo al <strong>si</strong>lenzio. Alla fine ricorre all'attentato. Il passaggio<br />

all'azione <strong>è</strong> <strong>generalmente</strong> coronato da successo, dato che Cosa Nostra sa fare bene il suo mestiere.<br />

Tra i rari attentati falliti, voglio ricordare quello organizzato contro di me nel giugno 1989. Gli<br />

uomini della mafia hanno commesso un grosso errore, rinunciando all'abituale preci<strong>si</strong>one e<br />

accuratezza pur di rendere più spettacolare l'attacco contro lo Stato. Al punto che qualcuno ha<br />

concluso che quell'attentato non era di origine mafiosa. Mi sembra che, più banalmente, capita<br />

anche ai mafio<strong>si</strong> di sopravvalutare le proprie capacità, sottovalutare l'avversario, voler strafare.<br />

L'attentato coincise con un momento per me difficile al tribunale di Palermo e venne<br />

preceduto da una serie di lettere anonime, attribuite dalla stampa al « corvo », che mi accusavano,<br />

in<strong>si</strong>eme con altri magistrati, di aver manipolato il pentito Salvatore Contorno, inviandolo in <strong>Si</strong>cilia<br />

per combattere e uccidere i « Corleone<strong>si</strong> » e i loro alleati. Rievoco il « corvo » per rilevare come<br />

non <strong>si</strong>ano solo i mafio<strong>si</strong> a utilizzare messaggi trasversali, anche se questi senza alcun dubbio lo<br />

sanno fare molto meglio degli altri.<br />

A propo<strong>si</strong>to di pentiti, sono convinto che il solo Comportamento efficace ed equo nei loro<br />

confronti <strong>si</strong>a anzitutto di verificare con estrema cura l'esattezza delle loro rivelazioni, senza tuttavia<br />

sminuire <strong>si</strong>stematicamente quanto affermano.<br />

Conoscendo il modo di rapportar<strong>si</strong> dell'uomo d'onore con i fatti e che <strong>si</strong> può riassumere in<br />

questa formula: « obbligo assoluto di dire la verità », mi sono sempre espresso con i mafio<strong>si</strong> che<br />

interrogavo e che affermavano di voler collaborare in modo crudo, distaccato,scettico e quindi<br />

<strong>si</strong>ncero. Ho sempre tenuto a precisare all'inizio degli interrogatori: « Dica pure quello che le pare,<br />

ma <strong>si</strong> ricordi che questo interrogatorio sarà il suo calvario <strong>perché</strong> cercherò in ogni modo di farla<br />

cadere in contraddizione. Se riuscirà a convincermi della vero<strong>si</strong>miglianza delle sue dichiarazioni,<br />

allora e soltanto allora potrò prendere in con<strong>si</strong>derazione la pos<strong>si</strong>bilità di tutelare il suo diritto alla<br />

vita attraverso gli organi dello Stato ». I mafio<strong>si</strong>, al pari di chiunque altro, devono essere trattati con<br />

franchezza e correttamente.<br />

Es<strong>si</strong> sono abituati a parlare soltanto con cognizione di causa e sostanzialmente dicono: «<br />

Quando affermiamo che un dato evento <strong>si</strong> <strong>è</strong> verificato in un certo modo <strong>è</strong> <strong>perché</strong> <strong>si</strong>amo <strong>si</strong>curi del<br />

fatto nostro. Ci sono tuttavia cose che non pos<strong>si</strong>amo dire del resto nessuno ci crederebbe e che per<br />

di più rischierebbero di indebolire le indicazioni direttamente utilizzabili per un processo ». Ho<br />

accettato questo punto di vista, provocando l'ironia dei colleghi quando dicevo: « L'uomo d'onore<br />

ha l'obbligo di dire la verità <strong>perché</strong> la verità costituisce per lui una regola di sopravvivenza, quando<br />

<strong>è</strong> libero e maggiormente quando non lo <strong>è</strong> più. Se l'obbligo di dire la verità in presenza di un uomo<br />

d'onore non <strong>è</strong> più rispettato dai mafio<strong>si</strong>, <strong>è</strong> segno inequivocabile che o sarà lui a morire o sarà il suo<br />

interlocutore ad essere soppresso ».<br />

Ecco <strong>perché</strong> <strong>si</strong> parla poco all'interno di Cosa Nostra, ecco <strong>perché</strong> <strong>è</strong> inutile e superfluo<br />

spettegolare di cose che <strong>si</strong> sanno poco e male e di persone che non hanno nulla a che fare con la<br />

famiglia di appartenenza. Se un uomo d'onore della famiglia di Santa Maria di Gesù viene a

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