Si muore generalmente perché si è soli o perché si ... - Progetto Melo
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Quel che dico, me ne rendo conto, può suonare paradossale. Partendo dalla doppia morale<br />
della mafia sono arrivato allo Stato ma come evitare di parlare di Stato quando <strong>si</strong> parla di mafia? e<br />
alla constatazione che la mafia <strong>si</strong> alimenta dello Stato e adatta il proprio comportamento al suo. In<br />
quanto prodotto della <strong>si</strong>cilianità, la mafia, al pari dei <strong>si</strong>ciliani in genere, <strong>si</strong> sente ferita dal<br />
di<strong>si</strong>nteresse dello Stato e dagli errori perpetrati dalle istituzioni a danno dell'isola. E quanto più lo<br />
Stato <strong>si</strong> di<strong>si</strong>nteresserà della <strong>Si</strong>cilia e le istituzioni faranno marcia indietro, tanto più aumenterà il<br />
potere dell'organizzazione.<br />
La doppia morale che non impedisce il rispetto della parola data <strong>è</strong> la morale del « popolo<br />
degli uomini », come <strong>si</strong> autodefinivano anche i <strong>Si</strong>oux. Non rubare, non de<strong>si</strong>derare la donna d'altri,<br />
sono regole che valgono nell'ambito della propria etnia. I film e i libri più recenti ci hanno fatto<br />
capire che le atrocità commesse dai <strong>Si</strong>oux o dai pellerossa in genere contro i colonizzatori bianchi<br />
avevano una loro logica e un senso per il loro popolo. Quante analogie tra gli eroi di Balla coi lupi e<br />
i <strong>si</strong>ciliani, anche quando la loro cultura viene esasperata e manipolata da Cosa Nostra!<br />
Gli uomini d'onore non sono né diabolici né schizofrenici. Non ucciderebbero padre e madre<br />
per qualche grammo di eroina. Sono uomini come noi. La tendenza del mondo occidentale, europeo<br />
in particolare, <strong>è</strong> quella di esorcizzare il male proiettandolo su etnie e su comportamenti che ci<br />
appaiono diver<strong>si</strong> dai nostri. Ma se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo<br />
trasformarla in un mostro né pensare che <strong>si</strong>a una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci<br />
rassomiglia.<br />
Coloro che hanno ripudiato Cosa Nostra hanno compreso quale cultura di morte essa diffonde ed<br />
esalta e hanno scelto la vita. Francesco Marino Mannoia sospirava rievocando di fronte a me l'epoca<br />
della sua affiliazione: « Che tragedia! E dire che mi piacevano tanto le belle donne e le Ferrari! ». E<br />
ricordava i viaggi a Napoli per rilassar<strong>si</strong> e divertir<strong>si</strong>, per «fare la bella vita », come <strong>si</strong> dice. Ho<br />
spesso cercato di immaginarmi la sua e<strong>si</strong>stenza di «chimico della mafia«? che trascorre le giornate a<br />
raffinare decine di chilogrammi di morfina-base, chiuso in un laboratorio di fortuna, scomodo,<br />
insalubre, puzzolente. Ho cercato di immaginare la sua vita in prigione, lui che apparteneva al<br />
campo dei perdenti nella guerra di mafia, che aveva lavorato per tutti e <strong>si</strong> ritrovava rinchiuso in una<br />
cella con i peggiori nemici della sua « famiglia », Santa Maria di Gesù. Ho cercato anche di<br />
immaginare i rapporti di affetto che lo legavano al fratello Agostino, affiliato invece alla famiglia di<br />
Ciaculli, alleata ai vincitori, il quale, malgrado la scelta di campo, sarebbe stato assas<strong>si</strong>nato dai «<br />
Corleone<strong>si</strong>» e dai loro alleati. E ho quindi tentato di ricostruire il suo itinerario p<strong>si</strong>cologico.<br />
Per motivi interni a Cosa Nostra, Mannoia aveva dovuto sposare Rosa, figlia del boss Pietro<br />
Vernengo, pur essendo innamorato di un'altra donna, Rita, che tra l'altro aspettava un figlio da lui.<br />
Non se lo <strong>è</strong> mai perdonato, <strong>si</strong> porta dietro un rimorso cocente per quella storia. Alla fine Rita <strong>è</strong> stata<br />
la compagna del suo percorso di pentito, conducendo magistralmente le trattative con Gianni De<br />
Gennaro per la sua resa. Egli non ha mai cessato di amarla e da lei ha avuto un altro figlio.<br />
Mannoia ha fatto un ragionamento molto semplice, che <strong>si</strong> <strong>è</strong> sovrapposto al suo tormento<br />
morale e sentimentale: «Mi hanno ucciso il fratello, che era la pupilla dei miei occhi; hanno ucciso<br />
in carcere Vincenzo Puccio, capo della famiglia di Ciaculli, che cercava di guidare la riscossa dei<br />
palermitani contro i “Corleone<strong>si</strong>”; <strong>è</strong> chiaro che ormai <strong>è</strong> giunto il mio turno. Se voglio rifarmi una<br />
vita accanto a Rita, devo parlare ».<br />
Mannoia ha quindi scelto la vita. Ma non <strong>perché</strong> avesse paura della morte. A un certo punto<br />
della sua e<strong>si</strong>stenza, ha preferito l'amore ai tradizionali valori familiari conformi al codice mafioso.<br />
Ha scelto quello che di vitale e gioioso rappresentava la pos<strong>si</strong>bilità di proteggere la sua compagna e<br />
i suoi figli.<br />
Credo che il suo percorso <strong>si</strong>a rivelatore. Consente di capire il ruolo essenziale che hanno<br />
recitato le donne accanto ai mafio<strong>si</strong> che rifiutano la mafia. La lettura delle trascrizioni delle<br />
conversazioni telefoniche registrate dalla polizia ci rivela una quantità di notizie sui rapporti tra<br />
marito e moglie. Sull'affetto immenso per i figli, sul calore incredibile dei rapporti familiari, tutte