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Si muore generalmente perché si è soli o perché si ... - Progetto Melo

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Era chiaro fin dalle primis<strong>si</strong>me battute che mentiva. Infatti <strong>è</strong> ben strano che<br />

un'organizzazione come Cosa Nostra, che ha sempre avuto grande disponibilità di armi, avesse la<br />

neces<strong>si</strong>tà di portare pistole a Palermo; né <strong>è</strong> poi pensabile, conoscendo le ferree regole della mafia,<br />

che un omicidio «eccellente », deciso al più alto livello della Commis<strong>si</strong>one, venga affidato ad altri<br />

che a uomini dell'organizzazione di provata fede, i quali ne avrebbero dovuto preventivamente<br />

informare solo i capi del territorio in cui l'azione <strong>si</strong> sarebbe svolta; mai comunque estranei come il<br />

Pellegriti. I riscontri delle dichiarazioni di Pellegriti, subito disposti, hanno confermato, come era<br />

previsto, che <strong>si</strong> trattava di accuse inventate di sana pianta.<br />

Nel 1984 ci viene segnalato un altro «candidato» al pentimento: Vincenzo Marsala. Nel<br />

corso del processo per l'omicidio del padre, aveva pronunciato accuse molto gravi contro le famiglie<br />

di Termini e di Caccamo, sostenendo di aver ricevuto le informazioni in suo possesso dal padre.<br />

Lo faccio condurre a Palermo e dal tenore di alcune sue risposte mi convinco che <strong>si</strong> tratta al<br />

novantanove per cento di un uomo d'onore, nonostante i suoi dinieghi. Gli dico allora: «<strong>Si</strong>gnor<br />

Marsala, a partire da questo momento lei <strong>è</strong> indiziato di associazione per delinquere di tipo mafioso.<br />

Decida che cosa fare». Mi guarda e in<strong>si</strong>ste di non far parte di Cosa Nostra. Interrompo<br />

l'interrogatorio e lo rinvio. Qualche settimana dopo ha fatto sapere di essere pronto a parlare<br />

seriamente.<br />

La sua confes<strong>si</strong>one di mafioso <strong>si</strong> <strong>è</strong> rivelata utilis<strong>si</strong>ma. Conoscere i mafio<strong>si</strong> ha influito<br />

profondamente sul mio modo di rapportarmi con gli altri e anche sulle mie convinzioni. Ho<br />

imparato a riconoscere l'umanità anche nell'essere apparentemente peggiore; ad avere un rispetto<br />

reale, e non solo formale, per le altrui opinioni.<br />

Ho imparato che ogni atteggiamento di compromesso --- il tradimento, o la semplice fuga in<br />

avanti --- provoca un sentimento di colpa, un turbamento dell'anima, una sgradevole sensazione di<br />

smarrimento e di disagio con se stes<strong>si</strong>. L'imperativo categorico dei mafio<strong>si</strong>, di « dire la verità », <strong>è</strong><br />

diventato un principio cardine della mia etica personale, almeno riguardo ai rapporti veramente<br />

importanti della vita. Per quanto possa sembrare strano, la mafia mi ha impartito una lezione di<br />

moralità.<br />

Questa avventura ha anche reso più autentico il mio senso dello Stato. Confrontandomi con<br />

lo « Statomafia » mi sono reso conto di quanto esso <strong>si</strong>a più funzionale ed efficiente del nostro Stato<br />

e quanto, proprio per questa ragione, <strong>si</strong>a indispensabile impegnar<strong>si</strong> al mas<strong>si</strong>mo per conoscerlo a<br />

fondo allo scopo di combatterlo.<br />

Mi rimane comunque una buona dose di scetticismo, non però alla maniera di Leonardo<br />

Sciascia, che sentiva il bisogno di Stato, ma nello Stato non aveva fiducia. Il mio scetticismo,<br />

piuttosto che una diffidenza sospettosa, <strong>è</strong> quel dubbio metodico che finisce col rinsaldare le<br />

convinzioni. Io credo nello Stato, e ritengo che <strong>si</strong>a proprio la mancanza di senso dello Stato, di Stato<br />

come valore interiorizzato, a generare quelle distor<strong>si</strong>oni presenti nell'animo <strong>si</strong>ciliano: il dualismo tra<br />

società e Stato; il ripiegamento sulla famiglia, sul gruppo, sul clan; la ricerca di un alibi che<br />

permetta a ciascuno di vivere e lavorare in perfetta anomia, senza alcun riferimento a regole di vita<br />

collettiva. Che cosa se non il miscuglio di anomia e di violenza primitiva <strong>è</strong> all'origine della mafia?<br />

Quella mafia che essenzialmente, a pensarci bene, non <strong>è</strong> altro che espres<strong>si</strong>one di un bisogno di<br />

ordine e quindi di Stato.<br />

E’ il mio scetticismo una specie di autodifesa ? Tutte le volte che istintivamente diffido di<br />

qualcuno, le mie preoccupazioni trovano conferma negli eventi. Consapevole della malvagità e<br />

dell'astuzia di gran parte dei miei <strong>si</strong>mili, li osservo, li analizzo e cerco di prevenirne i colpi bas<strong>si</strong>.<br />

Il mafioso <strong>è</strong> animato dallo stesso scetticismo sul genere umano. «Fratello, ricordati che devi<br />

morire» ci insegna la Chiesa cattolica. Il catechismo non scritto dei mafio<strong>si</strong> suggerisce qualcosa di<br />

analogo: il rischio costante della morte, lo scarso valore attribuito alla vita altrui, ma anche alla<br />

propria, li costringono a vivere in stato di perenne allerta. Spesso ci stupiamo della quantità<br />

incredibile di dettagli che popolano la memoria della gente di Cosa Nostra. Ma quando <strong>si</strong> vive come<br />

loro in attesa del peggio <strong>si</strong> <strong>è</strong> costretti a raccogliere anche le briciole. Niente <strong>è</strong> inutile. Niente <strong>è</strong> frutto

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