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Si muore generalmente perché si è soli o perché si ... - Progetto Melo

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ucciso, come infatti <strong>è</strong> avvenuto in seguito, e bastava questo per dargli la forza di sapere attendere il<br />

momento della vendetta.<br />

L'atteggiamento nei confronti della morte <strong>è</strong> ancor più <strong>si</strong>gnificativo. Perché nessuno piange<br />

Salvatore Inzerillo, assas<strong>si</strong>nato a quarant'anni? Non <strong>perché</strong> non avesse amici e neppure <strong>perché</strong><br />

nessuno intendesse vendicarlo. Al contrario, <strong>perché</strong> tutti i membri di Cosa Nostra avevano per lui<br />

un'ammirazione rispettosa: ha vissuto da leone ed <strong>è</strong> morto in piedi. Per un uomo d'onore morire<br />

assas<strong>si</strong>nato non <strong>è</strong> certo piacevole, ma può essere fonte di grande prestigio. I suoi discendenti<br />

possono essere fieri di lui.<br />

Il fratello di Salvatore, Santo Inzerillo, <strong>è</strong> stato strangolato con un cappio nel 1981, pochi<br />

giorni dopo la morte del congiunto. Era stato catturato dai «Corleone<strong>si</strong>» in<strong>si</strong>eme con il suo compare<br />

Mimmo Tere<strong>si</strong>; questi piangeva mentre stavano per ucciderli più per rabbia che per paura, e Santo<br />

gli intima seccamente: « Smettila di piangere e di' a questi cornuti di sbrigar<strong>si</strong>». I suoi figli potranno<br />

vantar<strong>si</strong> di avere avuto un padre che non temeva la morte.<br />

Per strano che possa sembrare, anche coloro che lo hanno strangolato hanno tratto prestigio<br />

dalla dignità della vittima, dal momento che hanno ucciso un uomo degno del mas<strong>si</strong>mo rispetto.<br />

Misurar<strong>si</strong> con una persona di prestigio <strong>è</strong> fonte di gloria, ucciderla ancora di più, esserne ucci<strong>si</strong> <strong>è</strong><br />

onorevole. Trovo in questo una <strong>si</strong>ngolare analogia con la storia raccontata nel film americano Corvo<br />

Rosso, non avrai il mio scalpo, che rappresenta lo strano rapporto instaurato<strong>si</strong> fra un cacciatore<br />

<strong>soli</strong>tario e una tribù indiana a lui ostile.<br />

Quando <strong>si</strong> parla di <strong>si</strong>ffatti comportamenti pubblici e privati dei mafio<strong>si</strong> apparentemente<br />

contraddittori, quando <strong>si</strong> pone l'accento sul loro rispetto formale per le apparenze accompagnato da<br />

un forte senso di appartenenza, la conclu<strong>si</strong>one più ovvia <strong>è</strong>. ecco la doppia morale tipica della mafia.<br />

In realtà non <strong>si</strong> tratta proprio di una doppia morale. O meglio <strong>si</strong> tratta della doppia morale comune a<br />

tutti i <strong>si</strong>ciliani, che l'organizzazione mafiosa sublima a livello criminale. Per lungo tempo <strong>si</strong> sono<br />

confuse la mafia e la mentalità mafiosa, la mafia come organizzazione illegale e la mafia come<br />

semplice modo di essere. Quale errore! <strong>Si</strong> può benis<strong>si</strong>mo avere una mentalità mafiosa senza essere<br />

un criminale.<br />

Quanto alla doppia morale, o doppiezza dell'anima <strong>si</strong>ciliana, <strong>è</strong> un retaggio della storia, dei<br />

tempi in cui la <strong>Si</strong>cilia doveva difender<strong>si</strong> dal mondo esterno, inventando<strong>si</strong> un modo di essere che<br />

permettesse di re<strong>si</strong>stere all'occupante e di sopravvivere. Gli invasori qui sono arrivati da ogni dove,<br />

e ogni volta ci <strong>si</strong> <strong>è</strong> dovuti adattare, o almeno far finta di adattar<strong>si</strong>, in attesa che andassero via. Alla<br />

fine se ne sono andati, lasciandoci però in eredità un temperamento che definirei misoneista, fatto di<br />

apparente sottomis<strong>si</strong>one e di fedeltà alle tradizioni, unite a un orgoglio delirante. Il risultato <strong>è</strong> che i<br />

<strong>si</strong>ciliani adottano e as<strong>si</strong>milano qual<strong>si</strong>a<strong>si</strong> novità ma in funzione di criteri e di scelte utilitaristiche del<br />

tutto personali.<br />

Su tale antico retaggio il mafioso ha costruito la sua particolare forma di misoneismo.<br />

Affetta un estremo rispetto nei confronti della società. Sa perfettamente di dover vivere nell'ambito<br />

di strutture sociali, amministrative e politiche molto più forti della sua organizzazione, il che lo<br />

spinge a <strong>si</strong>mulare corte<strong>si</strong>a, a mostrare una deferenza ipocrita. E l'atteggiamento di chi sa di trovar<strong>si</strong><br />

in <strong>si</strong>tuazione di inferiorità (in termini di strutture e di rapporti di forza, lo ripeto, non di valori), <strong>è</strong><br />

consapevole che in caso di guerra --- guerra vera --- verrebbe inevitabilmente sconfitto e deve<br />

dunque accontentar<strong>si</strong> della guerriglia e, soprattutto, dispor<strong>si</strong> a subire la legge dominante.<br />

Appena la presenza dello Stato in <strong>Si</strong>cilia <strong>si</strong> indebolisce, il livello di scontro di alza. E il<br />

mafioso diventa più <strong>si</strong>curo di sé, più convinto della propria impunità Il dialogo Stato/mafia, con gli<br />

alti e bas<strong>si</strong> tra i due ordinamenti, dimostra chiaramente che Cosa Nostra non <strong>è</strong> un anti-Stato, ma<br />

piuttosto una organizzazione parallela che vuole approfittare delle storture dello sviluppo<br />

economico, agendo nell'illegalità e che, appena <strong>si</strong> sente veramente contestata e in difficoltà,<br />

reagisce come può, abbassando la schiena. Non dimentichiamo che la mafia <strong>è</strong> l'organizzazione più<br />

agile, duttile e pragmatica che <strong>si</strong> possa immaginare rispetto alle istituzioni e alla società nel suo<br />

in<strong>si</strong>eme.

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