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Usi e abusi dello Spirito - Università degli Studi di Trieste

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Problematiche del “sacro”<br />

I <strong>di</strong>fferenti atteggiamenti interpretativi nei confronti dei NMR proposti da<br />

Introvigne da una parte e da Lanternari dall’altra, fanno riferimento a concezioni<br />

opposte per quanto riguarda il concetto <strong>di</strong> “sacro”. Tali concezioni fanno capo alle<br />

correnti <strong>di</strong> pensiero che propongono un approccio allo stu<strong>di</strong>o del fenomeno “religione”<br />

che ha preso il nome rispettivamente <strong>di</strong> “fenomenologico” e <strong>di</strong> “storico-religioso”.<br />

È a partire dal 1917, con la pubblicazione del volume Das Heilige da parte del<br />

teologo Rudolf Otto, che si delinea all’interno della cultura occidentale il concetto <strong>di</strong> un<br />

“sacro” inteso come qualcosa caratterizzato da una propria specificità irriducibile ad<br />

altro. Un “sacro” avulso dal contesto della/delle religioni.<br />

L’esempio <strong>di</strong> Otto, per quanto significativo, non è tuttavia isolato, ma si colloca<br />

in un momento storico animato da una particolare insistenza innovativa culturale. Tra le<br />

varie ricostruzioni dell’evoluzione del pensiero storico-religioso, vogliamo fare<br />

riferimento in particolare alla prima parte del saggio <strong>di</strong> Ernesto De Martino Mito,<br />

scienze religiose e civiltà moderna, datato 1959 e posto in apertura del volume Furore<br />

Simbolo Valore. Riferendosi alla situazione delle scienze religiose negli anni precedenti<br />

la fine del primo conflitto mon<strong>di</strong>ale, l’autore scrive:<br />

“In generale, consapevoli o no che ne fossero i singoli autori, la religione e il mito<br />

venivano ricondotti ad altro, erano “maschera” <strong>di</strong> qualche cosa d’altro: <strong>di</strong> esigenze<br />

filosofiche, scientifiche, estetiche, morali, <strong>di</strong> mondani bisogni proiettati nel sopramondo<br />

illusoriamente sod<strong>di</strong>sfatti, <strong>di</strong> strutture economico-sociali o ad<strong>di</strong>rittura della sessualità.<br />

[…] Negli ultimi quarant’anni, invece, si è venuto affermando in Occidente un vario<br />

movimento <strong>di</strong> pensiero che tende a riven<strong>di</strong>care la autonomia della religione e del mito<br />

nel quadro <strong>di</strong> una tematica esistenzialistica alimentata da un continuo riferimento alla<br />

concreta varietà dei fenomeni religiosi della storia umana. Etnologi come Frobenius,<br />

Jensen, Malinowski, Leenhardt, storici e fenomenologi della religione come R. Otto,<br />

Hauer, van der Leeuw, Eliade, W. Otto, Kereny, sociologi come Levy-Bruhl, Levi-<br />

Strauss e Caillois, filosofi come Cassirer, Bergson, Bachelard, Gusdorf, psicologi come<br />

Jung e Neumann, hanno inaugurato una valutazione della vita religiosa e del mito che,<br />

in netto contrasto con l’età precedente, è orientata verso il riconoscimento <strong>di</strong> profonde<br />

motivazioni esistenziali del “sacro”, del “mitico”, del “simbolico”.” 6<br />

6 De Martino 2002 (1962): 35-36<br />

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