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Sulle tracce delle Scuole Scomparse - Scuolamarchiafava.it

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14<br />

La lotta contro la malaria<br />

In occasione della recente usc<strong>it</strong>a di un volume sulla<br />

storia della malaria (Frank M. Snowden, The<br />

Conquest of Malaria: Italy 1900-1962) è stato<br />

notato che la lotta contro la malaria ha rappresentato<br />

un successo tutto <strong>it</strong>aliano: una v<strong>it</strong>toria che ha<br />

consent<strong>it</strong>o di debellare un male che imperversava<br />

da secoli, rendendo praticamente impossibile la<br />

v<strong>it</strong>a in vaste regioni del terr<strong>it</strong>orio nazionale. Una<br />

s<strong>it</strong>uazione che, come a volte accade in Italia, è<br />

stata rapidamente dimenticata, tanto che quando<br />

negli anni 60 (poco più di dieci anni dopo la sconf<strong>it</strong>ta<br />

defin<strong>it</strong>iva della malattia) Fausto Coppi tornò<br />

dall'Africa presentando i sintomi tipici della malattia,<br />

la diagnosi fu formulata con un r<strong>it</strong>ardo tale da<br />

essergli fatale.<br />

La malaria, nota fin dall'Antich<strong>it</strong>à, aveva imperversato<br />

per secoli rendendo insalubri vaste porzioni<br />

dell'Italia (dal Delta del Po alla Maremma,<br />

dall'Agro Romano e Pontino alla Sardegna e alle<br />

Puglie).<br />

Al momento dell'Un<strong>it</strong>à d'Italia (1870) la malaria<br />

gravava come un macigno sui destini del Paese. Le<br />

prime statistiche registravano una media annua di<br />

10, 11 mila morti. Negli anni successivi, la malaria<br />

è avvert<strong>it</strong>a non solo come un poderoso ostacolo<br />

allo sviluppo ma anche come una vergogna nazionale,<br />

simbolizzata dall'immensa area paludosa alle<br />

porte di Roma. L'Italia era infatti costretta a fare i<br />

conti con un male che i ricercatori francesi o inglesi<br />

studiavano solo nelle loro colonie.<br />

All'origine della sconf<strong>it</strong>ta della malaria ci fu proprio<br />

quella Scuola malariologica <strong>it</strong>aliana di cui<br />

fecero parte Angelo Celli, Camillo Golgi, Ettore<br />

Marchiafava, G. Battista Grassi e i loro collaboratori,<br />

come Antonio Dionisi. E il primo passo<br />

venne dal riconoscimento del ruolo di incubazione<br />

e di diffusione svolto nella trasmissione della<br />

malattia dalla zanzara anofela, così chiamata proprio<br />

da Grassi. Questo successo inizialmente venne<br />

messo in discussione e solo quando fu possibile<br />

provare il ruolo della zanzara anofela venne riconosciuto<br />

pubblicamente. Nelle parole che seguono,<br />

Anna Fraentzel Celli - moglie del dottor Celli -<br />

chiarisce bene la s<strong>it</strong>uazione:<br />

"Celli e Marchiafava erano riusc<strong>it</strong>i a trovare nel<br />

sangue dei malarici l'agente patogeno della malaria,<br />

i loro enormi sforzi non erano tuttavia stati<br />

compensati, la fama scientifica della ricerca era<br />

stata loro contestata (…) Fino a che non si fosse<br />

conosciuto l'agente propagatore del morbo non<br />

c'era da pensare alla coltura intensiva nelle zone<br />

infestate dalla malaria e i contadini continuavano<br />

ad ammalarsi. Era dimostrato che le acque stagnanti<br />

e le terre paludose non avevano nulla a che<br />

fare con la trasmissione del morbo. Erano forse le<br />

zanzare a inocularlo?"<br />

(M.L.Heid, "Uomini che non scompaiono",<br />

Sansoni Ed<strong>it</strong>ore, Firenze 1944, p.24)<br />

E come Anna Celli racconta nella pagina a fianco,<br />

fu una zanzara catturata proprio a Maccarese che<br />

permise di provare sperimentalmente il rapporto<br />

tra l'insorgere <strong>delle</strong> febbri malariche e la puntura<br />

della zanzara anofela.

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