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germanismi editi e inediti nel codice diplomatico longobardo

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Giovanna Princi Braccini<br />

appartiene poi la glossa guelch che sui margini del manoscritto della British Library,<br />

Harleianus 2719 (sec. IX-X), ha apposto a strabones del I Libro del De compendiosa<br />

doctrina di Marcello Nonio il secondo correttore (H3), forse di provenienza brettone62 .<br />

Per l’italiano si cita come prima emersione alla luce di guercio la sua presenza <strong>nel</strong>la forma<br />

guelcus / guelca <strong>nel</strong> Catholicon di Giovanni da Genova (ante 1286): “Petus i. Guelcus,<br />

strabo aliquantulum, scilicet cujus oculi quadam velocitate cito volvuntur huc illuc: et hæc<br />

peta, i. Guelca, et aliquantulum straba”. Segue di lì a poco la forma corrente (Dante, Francesco<br />

da Barberino e altri). A mezza strada fra il nostro inquircio e il guelcus di Giovanni<br />

da Genova si pone il guercius di Braida Guercii, che è l’odonimo con cui in un documento<br />

del 1099 viene indicata la contrada di Milano corrispondente all’attuale Via Brera63 .<br />

La matrice di guercio è a tutt’oggi controversa, fra origine latina (un latino ricostruito:<br />

*ex-versiare, *euersus ) e germanica. È stato infatti proposto il gotico þwairhs ‘incollerito,<br />

collerico’ (col sostantivo þwairhei ‘ira, contesa’) o la forma corrispondente del <strong>longobardo</strong>.<br />

Dal punto di vista del significato l’etimo germanico non sembra essere obbiettabile:<br />

i corrispondenti antico inglese þweorh, antico altotedesco dwerah, medio altotedesco<br />

twerch e dwerch (tedesco moderno zwerch e quer) presentano i significati di ‘curvo, obliquo,<br />

trasversale’, oltre che il senso figurato ‘cattivo, ostile, irato’, che è l’unico documentato<br />

per il gotico. Non solo, ma <strong>nel</strong> tedesco antico troviamo in dwerh ‘di traverso’ e <strong>nel</strong><br />

medio mit twerhen ougen ansehen e twerhe sehen. Quanto alla fonetica, non disturba la<br />

resa di [r] germanica con [l] del mediolatino (<strong>nel</strong> Catholicon e <strong>nel</strong>le glosse), e la spiegazione<br />

dell’iniziale, di come cioè si sia passati da una sequenza fricativa dentale sorda + [w]<br />

oppure, come qualcuno vuole, da occlusiva dentale sonora + [w] a velare + [w], non può<br />

che riposare su un adattamento romanzo (gallo-romanzo e protoitaliano) della inusitata<br />

combinazione fonematica [t]/[d] + [w] (del resto anche <strong>nel</strong> tedesco moderno a zwerch si<br />

affianca quer). Normale è invece in italiano l’esito di [w] in [g] + [w], la cui generale resa<br />

grafica <strong>nel</strong> mediolatino d’Italia e in italiano è gu-. Né deve fuorviare la grafia -quircio<br />

adottata dal “notarius Laurentius” che scrisse l’atto di Sovana (non nuovo peraltro, anche<br />

lui, a impressionistiche interpretazioni di parole longobarde: ubiscari per *hovescari). Il<br />

digramma qu- era quanto la tradizione grafica latina offriva, al suo tempo (ricordiamoci<br />

che siamo <strong>nel</strong> 752), di disponibile per la resa della detta sequenza [g] + [w] 64 .<br />

*80. saudus (1) ‘non coltivato’.<br />

Si trova <strong>nel</strong>lo stessa ‘charta dotis’ in cui sono brandus, fasso, spita e franciscata (vedi<br />

sopra ai numeri 69, 71, 76 e 72): “... similiter alia petia de oliveto una cum terra sauda vel<br />

pomifera, qui est subtus casa ...” (C.D.L. I: 168.12). Non si tratta di una occorrenza isolata,<br />

ricordare che il materiale lessicografico (per lo più latino con qualche rara presenza germanica)<br />

utilizzato <strong>nel</strong>la fitta glossatura al III Libro, resa necessaria dalla particolarmente complessa<br />

composizione del suo lessico, viene per lo più attinto a glossari precedenti.<br />

62 Lindsay 1903: XXV e 39.<br />

63 Giulini 1854-1857, vol. II: 668. Secondo Olivieri 1961: 275 vi si dovrebbe vedere il nome<br />

personale Werzo per il quale rimanda all’Altdeutsches Namenbuch del Förstemann.<br />

64 Resta aperto comunque il problema se la voce sia entrata indipendentemente <strong>nel</strong> francese e<br />

<strong>nel</strong>l’italiano (<strong>nel</strong>lo spagnolo via Francia meridionale?). Comunemente si pensa che <strong>nel</strong>l’occitanico<br />

(dove la labiovelare germanica esita univocamente in [g]) sia un italianismo, né la grafia della glossa<br />

ad Abbone, al suo alto livello cronologico, ci dà informazioni sulla reale pronunzia locale. Ricordiamo<br />

inoltre la derivazione da più antichi glossari, alcuni dei quali potrebbero essere di provenienza<br />

italiana, delle glosse al III Libro dei Bella.

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