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Bollettino n. 187 - Società Filosofica Italiana

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icorre alla crittografia e, dunque, non sarebbe libero di esprimersi sia nella città liberale che in<br />

quella illiberale. Da questo punto di vista l’antica Atene sarebbe stata “tirannica” rispetto a<br />

Socrate, che al contrario, come sappiamo, ebbe la possibilità di pronunciare vari discorsi di fronte<br />

ai giudici. A Socrate, cioè, anche se alla fine condannato, fu riconosciuta compiutamente la<br />

libertà di espressione. Nella Berlino del 1933 non pensiamo proprio che tale libertà fosse riconosciuta<br />

ai filosofi. C’è, dunque, una differenza radicale tra le due tipologie di città. Non vederla e<br />

non denunciarla significa fare uso di un occhio filtrato dall’ideologia che, assimilando la città<br />

liberale a quella illiberale, distrugge uno dei diritti umani fondamentali affermati nell’età moderna:<br />

il diritto di espressione.<br />

In realtà, l’assimilazione della procedura decostruttivistica heideggeriana, che dopo<br />

Heidegger si è radicata e diffusa dappertutto in Europa e fuori, ha lo sbocco necessario nella<br />

distruzione dei diritti umani. Qui si aprirebbe un altro capitolo che qui non intendiamo percorrere,<br />

ma cui però occorre accennare per procedere ad una distinzione di fondo. Napoleone I, è vero,<br />

come tanti altri successivamente, ha sbandierato i diritti umani a giustificazione della sua strategia<br />

imperiale. In questo caso, però, come in tutti gli altri casi di espansione imperiale, la sostanza<br />

del diritto umano è stata svuotata perché è servita da strumento di occupazione e potere imperiale.<br />

Non possiamo mettere sullo stesso piano il diritto umano e la strategia imperiale, come non<br />

possiamo mettere sullo stesso piano la città liberale e quella illiberale. Occorre distinguere. Se<br />

non lo facciamo, l’ideologia prende il sopravvento e ci impedisce di vedere le cose per quelle che<br />

sono. Il lavoro di Taboni è, dunque, una finestra aperta sulla città antica e sulla città moderna: in<br />

ciò la sua attualità di fondo.<br />

Domenico Di Iasio<br />

Il paradigma antropologico di Arnold Gehlen, a cura di M.T. Pansera, Mimesis, Milano<br />

2005, pp. 203.<br />

Arnold Gehlen è filosofo e sociologo del Novecento che, con acume e particolare senso<br />

critico, ha saputo tratteggiare il percorso compiuto dall’uomo verso la sua progressiva integrazione<br />

nella natura e nell’ambiente circostante, ponendo domande, introducendo interrogativi e riflessioni<br />

sull’odierna condizione esistenziale e sul senso del rapporto umano col mondo, riflessioni e<br />

osservazioni che conservano ancora oggi un significato di grande attualità. Gehlen resta, tuttavia,<br />

un filosofo poco conosciuto, almeno in Italia, in un certo senso “problematico”, lontano dalle<br />

fascinazioni del XX secolo, capace di interessarsi dei più recenti sviluppi delle scienze umane e<br />

della biologia, pur essendo ancora legato alla tradizione dell’antropologia filosofica d’inizio ’900<br />

inaugurata da M. Scheler ed H. Plessner. Un “filosofo” nel senso più vero ed etimologico del termine,<br />

che seppe sostanziare la filosofia del suo autentico compito orientante e che per questo si è<br />

reso nel tempo antropologo, biologo, etologo, sociologo ed infine teorico delle istituzioni. Questa<br />

vocazione poliedrica di A. Gehlen, gli fu utile per affinare una capacità di orientamento in un<br />

mondo privato di fondamenti e valori universalmente condivisi, connotato spesso dal disagio per<br />

una tecnica che sembra assorbire le più autentiche categorie dell’umano e su questi temi così sorprendentemente<br />

attuali ed emergenti, ha il merito di soffermarsi il saggio a cura di Maria Teresa<br />

Pansera, Il paradigma antropologico di Arnold Gehlen, che si aggiunge alla collana della casa<br />

editrice Mimesis: Babel. Le parole della Filosofia. Il saggio inoltre contribuisce ad approfondire<br />

la conoscenza di Arnold Gehlen e, a cento anni dalla sua nascita, si può di certo sostenere che<br />

l’antropologia filosofica è assurta ormai a disciplina autonoma, all’interno degli svariati percorsi<br />

che hanno caratterizzato la filosofia del Novecento.<br />

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