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Bollettino n. 187 - Società Filosofica Italiana

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mi esperti del pensiero hobbesiano a livello mondiale. Ha tradotto e commentato la prima parte<br />

del De corpore (New York 1981) e ha curato un’edizione integrale del Leviathan (Peterborough,<br />

Ontario 2002). È autore di vari saggi e articoli sul filosofo di Malmesbury e di due importanti<br />

monografie: The Two Gods of Leviathan: Thomas Hobbes on Religion and Politics (Cambridge<br />

1992, 2003 2 ) e Thomas Hobbes (London 1997). Ha inoltre pubblicato A Hobbes Dictionary<br />

(London 1996) e Hobbes: A Biography (Cambridge 1999). Questa sua nuova opera, inserita nella<br />

collana “Routledge Philosophers” diretta da Brian Leiter, è un esemplare di chiarezza concettuale<br />

e argomentativa e costituisce una preziosa introduzione alla filosofia di Hobbes.<br />

Il testo è suddiviso in sette capitoli, preceduti da una prefazione e una cronologia della<br />

vita e delle opere e seguiti da glossario, note, bibliografia e indice. Ogni capitolo si chiude con<br />

una conclusione, che ne riassume le linee principali e con una breve bibliografia ragionata. Il<br />

primo, Vita, ritrae sinteticamente la vicenda biografica di Hobbes evidenziandone i risvolti intellettuali,<br />

a partire dalla cosiddetta “fase umanistica” degli anni ’20 del Seicento, quando traduceva<br />

dal greco le Storie di Tucidide. «Scienza e religione, due dei tre maggiori ambiti di interesse dei<br />

personaggi con i quali Hobbes interagì durante gli anni ’30, furono anche due dei tre maggiori<br />

ambiti di interesse negli scritti di Hobbes dagli anni ’40 in poi. Il terzo fu la teoria politica. Negli<br />

Elementi di legge naturale e politica, fatti circolare in copie manoscritte nella primavera del<br />

1640, Hobbes presentò per la prima volta la sua teoria politica e la parte della scienza riguardante<br />

l’uomo» (p. 8). Fuggito dall’Inghilterra nel 1640, poco prima della guerra civile, passò circa un<br />

decennio a Parigi, dove frequentò il circolo di Mersenne. Martinich pone una certa enfasi sul rapporto<br />

Hobbes-Descartes, nella convinzione che il confronto fra «l’inveterato monista e materialista»<br />

e «l’inveterato dualista e razionalista» (p. 12) possa gettare luce sulla personalità e sulla filosofia<br />

di entrambi. Se gli anni ’50 costituiscono probabilmente il miglior periodo nella vita di<br />

Hobbes, che a Londra è famoso e stimato dai personaggi più in vista, gli anni ’60 e i primi anni<br />

’70 sono invece contrassegnati da una serie di polemiche su temi teologici, matematici e scientifici,<br />

che lo vedono contrapposto a personaggi del calibro di Bramhall, Wallis e Boyle.<br />

I successivi cinque capitoli ricostruiscono i vari aspetti della filosofia hobbesiana. Il capitolo<br />

Metafisica e Mente fa emergere come Hobbes fosse «un materialista, un meccanicista e un<br />

determinista senza compromessi» (p. 24). Martinich non manca di rilevare alcune incongruenze<br />

nelle sue teorie, come ad esempio nell’analisi dei sentimenti di amore e odio e in quella del senso<br />

di fame, processi che non si lasciano spiegare in termini meccanicistici, dato che «quando<br />

l’oggetto del sentimento o dell’emozione è assente, non può esserci causalità per contatto» (p.<br />

39), e quindi Hobbes dovrebbe ammettere quella causa finale aristotelica che invece rigetta. «Il<br />

principale progetto della metafisica e della filosofia della mente di Hobbes era di mostrare come<br />

tutti i fenomeni non fossero altro che corpi materiali in movimento. Sembra credere che solo i<br />

corpi sono reali, perché pensa che l’unico modo in cui le cose cambiano è attraverso un cambiamento<br />

nel movimento di qualche corpo. I casi più difficili da spiegare per un materialista sono i<br />

fenomeni mentali, come il pensare, l’immaginare, l’amare e il temere. Così, Hobbes analizza<br />

questi e altri fenomeni simili in termini di endeavors e di piccoli movimenti di corpi verso o da<br />

altri corpi» (p. 53).<br />

Nel terzo capitolo, Filosofia morale, Martinich spiega che in Hobbes «la scienza del giusto<br />

e dell’ingiusto» ha in realtà lo scopo di fondare ciò che è oggetto del quarto capitolo: la<br />

Filosofia politica («The study of the nature of government», p. 107). La morale fonda la politica e<br />

nello stesso tempo è resa possibile da questa. I concetti chiave sono quelli di “legge di natura” e<br />

di “stato di natura” e il punto di partenza è un esperimento mentale, cioè la considerazione di che<br />

cosa accadrebbe al genere umano se si trovasse in assenza di leggi politiche: «se non esistessero<br />

affatto le leggi, nessun comportamento sarebbe immorale. Le persone agirebbero in modi reciprocamente<br />

distruttivi e per varie ragioni. […] In breve, il risultato sarebbe la guerra», se non<br />

sempre in atto, comunque sempre minacciata e senza mai un vincitore definitivo; e allora,<br />

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