Bollettino n. 187 - Società Filosofica Italiana
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verità: «Atreo: Occorre un limite nel delitto quando si commette un delitto, non quando lo<br />
si restituisce. Anche tutto questo è poca cosa per me. Avrei dovuto versare nella tua bocca<br />
il sangue ancora caldo estratto dalle loro ferite, sì che tu bevessi il sangue dei viventi: nella<br />
fretta la mia ira si è ingannata. Calcando sulla spada li ho feriti, li ho uccisi davanti agli<br />
altari, con la strage votiva ho placato i fuochi sacri e amputando i cadaveri esanimi ho diviso<br />
le loro membra in piccoli brani: alcuni li ho immersi in caldaie bollenti, altri li ho fatti<br />
sgocciolare a fuoco lento. Ho tagliato le membra e i nervi mentre essi vivevano ancora, ho<br />
fatto gemere le fibre infilzate in un sottile spiedo, ho attizzato io stesso con la mia mano le<br />
fiamme. Tutto questo avrebbe potuto farlo meglio il loro padre; il mio rancore è andato<br />
sprecato invano. Ha dilacerato i suoi figli con l’empia bocca, ma senza saperlo e senza che<br />
essi sapessero» 8 .<br />
Con Atreo, pazzo di superbia e di ferocia, pienamente appagato nel tormentare,<br />
uccidere e cucinare i suoi stessi nipoti per darli poi in pasto al fratello, viene raggiunto<br />
il culmine della cieca perversione a cui l’uomo è condotto a causa dell’ira. Non esiste<br />
passione più pericolosa, non esiste scelleratezza che l’uomo non possa compiere sotto il<br />
suo folle governo 9 . È per questo che alla profilassi e alla terapia dell’ira, reale e terribile<br />
malattia dell’anima, Seneca ha deciso coerentemente di dedicare un intero trattato filosofico,<br />
per aiutare l’uomo a raggiungere la libertà dalla sua passione più violenta e<br />
quindi aiutarlo a conquistare la felicità.<br />
2. Che cos’è la felicità?<br />
Queste le ultime parole dell’ultima lettera di Seneca a Lucilio: «Ti darò una<br />
breve regola in base a cui valutarti e renderti conto se hai raggiunto la perfezione: possederai<br />
il tuo bene quando capirai che gli uomini felici sono i più infelici» 10 .<br />
Ovviamente Seneca si riferisce agli uomini che comunemente il mondo reputa<br />
felici e che in realtà sono affannosamente alla ricerca di cose vane e futili. La maggior<br />
parte degli uomini vive infatti desiderando falsi beni, preoccupandosi di accumulare<br />
tesori che sono preziosi solo agli occhi degli stolti e tralasciando l’unico vero bene, che<br />
deve invece essere, anche se con fatica e impegno, conquistato attraverso la cura della<br />
propria anima: «Il bene dell’uomo non è nell’uomo se non quando la ragione è perfetta.<br />
8 Seneca, Thyestes, vv. 1052-1068.<br />
9 Su questo cfr. C. Marchesi, Seneca, Principato, Milano-Messina 1944, p. 359, che considera<br />
l’ira la passione che più difficilmente può essere estirpata dall’animo e anche I. Lana, Lucio<br />
Anneo Seneca, Loescher, Torino 1955, p. 186: «Tutte le passioni, tutti i sentimenti sono superati<br />
dall’ira, si riducono, si trasformano o si ingigantiscono nell’ira”».<br />
10 Seneca, Epistulae morales ad Lucilium, CXXIV, 24.<br />
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