Bollettino n. 187 - Società Filosofica Italiana
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Luisa Muraro<br />
(Università di Verona)<br />
Il mio rapporto con la filosofia è legato alle circostanze e non è mai diventato una<br />
scelta di vita. Mi torna ogni tanto il rimpianto di altri lavori. Rimpiango di non essermi<br />
dedicata a disegnare fumetti. Me la sarei cavata benino anche come storica. Maria<br />
Brunello, mia mamma, che mi conosceva bene, era convinta che fossi adatta a fare<br />
l’avvocata penalista. Per contro, non ho mai pensato di darmi alla letteratura; la cosa è<br />
strana perché alla filosofia mi lega, al di là delle circostanze, lo stupore per quello che<br />
sanno fare le parole. Ma la fiction, per una come me, è un lusso, simile al cibo della festa<br />
nelle società povere, che mi godo come lettrice. Mi hanno obiettato che, parlando così,<br />
non rendo conto del mio impegno con la filosofia, che non è occasionale. Aggiungerò<br />
che il mio servizio filosofico si esplica come un saper stare alle circostanze, con tutto<br />
quello che queste hanno di casuale e, qualche volta, di terribile. Le circostanze per me<br />
sono segni, non cose, e in qualche modo sostituiscono quella che per altri è la vocazione.<br />
Inutile dire che la vocazione è coerente, le circostanze non lo sono affatto.<br />
Gli studi di filosofia mi furono suggeriti dalla commissione che mi assegnò la<br />
borsa di studio con cui ho potuto fare l’università. Parlo della Cattolica di Milano, dalla<br />
quale poi, agli inizi della carriera accademica, ho dovuto allontanarmi per la mia partecipazione<br />
alle rivolte del Sessantotto. Me ne andai senza rancore, avevo ricevuto molto<br />
e, per sopramercato, portavo con me l’affettuosa amicizia del mio maestro di filosofia,<br />
Gustavo Bontadini. La carriera? Non l’ho fatta, mi pareva un obbligo, poi ho scoperto<br />
che tante donne scelgono di non farla. La borsa di studio mi consentì di fare l’università<br />
nel luogo in cui avevo deciso di stabilirmi. A dire il vero, Milano non era la mia prima<br />
scelta, quello che volevo era stare in una grande città e tentai prima Parigi, poi<br />
Francoforte, senza successo. Sono nata in un paese del vicentino, molto simile a quello<br />
descritto da Luigi Meneghello in Libera nos a Malo, e quando cominciai a frequentare<br />
Vicenza, dopo le elementari, scoprii che a me conveniva la vita di città, meglio se straniera.<br />
Vivere in mezzo ad un’umanità sconosciuta per cominciare, ogni giorno, su basi<br />
nuove, a farmi conoscere e a fare conoscenza dei miei simili, era per me una prospettiva<br />
più promettente della conoscenza data dalla familiarità.<br />
Che lavoro sarebbe quello della filosofia? È una questione che mi sono posta<br />
raramente, tuttavia ho una mia idea. Non associo la filosofia al “dire la verità”, ma alla<br />
possibilità di dirla e di riconoscerla, intesa come possibilità effettiva a disposizione di<br />
ogni essere umano, il lavoro della filosofia consistendo nell’adoperarsi con il ragionamento<br />
e la pratica di vita per rendere dicibile e riconoscibile qualcosa di vero, quale che<br />
sia il dato storico che s’impone. Ridetto con una parte di semplificazione, io non mi do<br />
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