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Bollettino n. 187 - Società Filosofica Italiana

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Gran parte del progresso etico consiste nella volontà ostinata di progredire, nel<br />

desiderio di migliorarsi costantemente 18 , nel far coincidere sempre più se stessi con il<br />

proprio logos, e così essere più felici. In questa ottica, l’unica discriminante per giudicare<br />

l’impegno e lo sforzo esistenziale di ogni uomo è l’obiettivo, virtuoso o meno, per<br />

il quale ha speso le molte energie della sua vita 19 .<br />

Anche il tema della comune condizione di peccato e della imperfezione che<br />

opprime tutti gli uomini 20 , risulta perfettamente complementare alla riflessione sulla<br />

responsabilità umana. Seneca insistentemente ripete che non esiste un uomo assolutamente<br />

innocente e giusto; l’innocenza può essere conquistata solo dopo essere passati<br />

attraverso la colpa: «Abbiamo tutti commesso delle colpe, chi più gravi, chi più lievi,<br />

alcuni deliberatamente, altri spinti dal caso o trascinati dalla malvagità altrui; […] e non<br />

solo abbiamo commesso colpe, ma ne commetteremo finché vivremo. Anche se qualcuno<br />

ha ormai purificato il suo animo così bene che nulla lo può più turbare o ingannare,<br />

tuttavia è giunto all’innocenza attraverso la colpa» 21 .<br />

La debolezza e l’incostanza sono caratteristiche dell’uomo descritto da Seneca e<br />

proprio questa concezione spiega perché non possa esistere il vero saggio: «Non intendo<br />

ordinarti di non seguire o avvicinare se non il saggio: dove lo troveresti un uomo del<br />

genere, se lo stiamo cercando da secoli? Al posto del migliore, scegliamo il meno peggiore»<br />

22 .<br />

Non esiste il saggio, non esiste un uomo che ha curato totalmente tutti i mali<br />

della sua anima, che ha raggiunto la perfezione degli dei e che quindi è pienamente felice<br />

e realizzato 23 . Esistono invece i singoli uomini, pieni di imperfezioni e meschinità,<br />

che si sforzano costantemente di migliorare, tendendo verso un modello ideale. «Il saggio<br />

nella sua perfezione esiste soprattutto come modello ideale, al quale l’uomo deve<br />

cercare ogni giorno di avvicinarsi sempre di più» 24 : «E allora? Al di sotto del saggio<br />

non c’è nessun gradino? Appena sotto la saggezza c’è l’abisso? Credo di no poiché chi<br />

sta già facendo progressi è ancora nel numero degli stolti, però una grande distanza lo<br />

separa da essi» 25 .<br />

Il compito esistenziale di ciascuno è quello di sottrarre gradualmente la quantità<br />

18 Cfr. F. De Luise-G. Farinetti, Storia della felicità. Gli antichi e i moderni, Einaudi, Torino<br />

2001, p. 134.<br />

19 Cfr. Seneca, Epistulae morales ad Lucilium, LXXI, 35-36.<br />

20 Cfr. Seneca, De Ira, II, 28, 1-4 già ampiamente analizzato nel capitolo precedente.<br />

21 Seneca, De Clementia, I, 6, 3-4.<br />

22 Seneca, De Tranquillitate animi, VII, 2.<br />

23 Sulla figura mitica del saggio nella filosofia stoica cfr. anche M. Vegetti, L’etica degli antichi,<br />

Laterza, Bari 1996, pp. 171ss.<br />

24 G. Reale, op. cit., p. 168.<br />

25 Seneca, Epistulae morales ad Lucilium, LXXV, 8.<br />

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