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Bollettino n. 187 - Società Filosofica Italiana

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RECENSIONI<br />

E. Spinelli, Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico, Lithos, Roma<br />

2005, pp. XI-211.<br />

Questo testo raccoglie sei contributi, precedentemente editi in riviste o volumi quasi sempre<br />

di difficile reperibilità: il filo rosso che lega i sei capitoli è lo scetticismo greco, esaminato in particolare<br />

sulla scia del maggiore autore (neo)pirroniano a noi noto, ovvero Sesto Empirico. Si tratta di un<br />

personaggio che si presta benissimo allo scopo di questo lavoro, in quanto non solo rappresenta<br />

degnamente il movimento scettico ma è soprattutto utile a ricapitolare tutti gli sviluppi dottrinari<br />

dello scetticismo greco: nelle pagine del ricco corpus delle sue opere, infatti, si va dall’originario pirronismo<br />

di Pirrone e Timone di Fliunte – il primo vero “pirroniano” stricto sensu – al neo-pirronismo,<br />

passando per l’Accademia di Arcesilao, prima, e di Carneade, dopo. Nei saggi qui raccolti<br />

l’attenzione viene focalizzata, senza trascurare l’Adversus Mathematicos, specialmente sui<br />

Lineamenti pirroniani di Sesto, opera definita come il “breviario” proprio dello scettico pirroniano<br />

(Dal Pra). L’insieme dei contributi si presenta dunque come un “edificio introduttivo” al pirronismo<br />

antico, non tralasciando mai, sia nelle note – che risultano essere luoghi preziosi per approfondimenti<br />

spesso di carattere eminentemente storico e filologico nonché filosofico tout court – che alla fine del<br />

volume, i significativi rimandi bibliografici che mettono a disposizione del lettore, a loro volta, la letteratura<br />

secondaria sull’argomento più completa e aggiornata.<br />

Il fine che l’ autore si prefigge raccogliendo tali saggi è quello, da un lato, di invitare alla<br />

conoscenza del pirronismo antico anche i lettori non specialisti, dall’altro di riconsiderare l’essenza<br />

reale del movimento scettico-pirroniano – come già fece G.W.F. Hegel –, spesso non compreso sin<br />

dalle fondamenta, perché il più delle volte filtrato dall’“avventatezza dogmatica” frutto di luoghi<br />

comuni, eminentemente post-cartesiani, che fanno dello scetticismo greco un banale e ironico (ironia<br />

beffarda cui alludono anche i personaggi che dovrebbero raffigurare alcuni scettici nella “Scuola di<br />

Atene” di Raffaello) atteggiamento dubitativo. Esso, invece, lungi dall’essere fonte di ansia o angoscia,<br />

mira al raggiungimento di due fini che “ellenisticamente” vengono individuati proprio nella<br />

mancanza di turbamento (ataraxia), che “casualmente” segue alla sospensione del giudizio (epoche)<br />

in questioni opinabili, e nel “patire moderatamente” (metriopatheia) di fronte alle affezioni necessarie,<br />

sullo sfondo dell’autentico spirito “zetetico” e – etimologicamente – “scettico” del movimento<br />

efettico.<br />

Tenendo da parte il primo saggio (Gli scetticismi antichi: uno schizzo introduttivo, pp. 1-26),<br />

che rappresenta un’“ipotipotica” introduzione storica e un confronto fra l’originario scetticismo pirroniano<br />

(Pirrone e Timone), la sua più o meno fedele prosecuzione nell’Accademia scettica, le cui posizioni<br />

non vanno comunque lette in funzione unicamente anti-stoica (Arcesilao, Carneade, Clitomaco,<br />

Metrodoro di Stratonicea, Filone di Larissa), l’importante influenza scettica nella scuola medica empirica<br />

(Menodoto), fino al revival (neo)pirroniano (Enesidemo, Agrippa e Sesto Empirico), si potrebbero<br />

idealmente suddividere i restanti capitoli in due sezioni. La prima raccoglierebbe così i capitoli II, III e<br />

IV e indicherebbe la genuina pars destruens sestana, ricca delle polemiche critiche e delle confutazioni<br />

nei confronti delle opinioni dogmatiche, mentre la seconda riunirebbe gli ultimi due saggi e rappresenterebbe<br />

l’autentica pars construens proposta dallo scetticismo sestano.<br />

Scendendo nel dettaglio, il secondo capitolo (I dieci tropi scettici, pp. 27-60) tratta dei celebri<br />

“tropi”, dalla paternità quasi certamente enesidemea, che vengono qui esaminati singolarmente, con<br />

l’intento specifico di non accogliere l’ormai datata ipotesi, formulata nel 1881 da E. Pappenheim, che<br />

instaura una relazione di rinvio tra le categorie aristoteliche e i modi scettici della sospensione: mentre<br />

infatti le categorie dello Stagirita sono delle “classi ultime” sotto cui sussumere tutte le entità, i<br />

dieci tropi si mostrano come lo sforzo pirroniano di additare la via per sospendere il giudizio, nonché<br />

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