Tecnologia della fotorivelazione basata su dispositivi a ... - Matematica
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3.2.4) Il tubo fotomoltiplicatore classico (PMT): funzionamento in condizione di illuminazione<br />
Fig. 8<br />
Schema di un PMT in cui <strong>su</strong>pponiamo, per ragioni di semplificazione analitica, che l’effetto di trascinamento del flusso elettronico sia<br />
garantito da un’unica differenza di potenziale fra anodo e fotocatodo (valore tipico di 2000 V). Il fotocatodo è irradiato da una luce di<br />
intensità Iν e frequenza ν. La barriera di potenziale mostrata in figura 6, compresa fra le coordinate x2 e B, è scomparsa in seguito<br />
all’assorbimento fotonico da parte di un elettrone appartenente al fotocatodo metallico.<br />
Adesso <strong>su</strong>pponiamo che incida, <strong>su</strong>l catodo, una radiazione luminosa monocromatica avente una certa frequenza<br />
ν > ν0 ed una certa intensità Iν: <strong>su</strong>pponendo che “l’efficienza quantica” QE del PMT (si veda il glossario) sia pari<br />
ad 1, ovvero che per ogni fotone assorbito da parte del fotocatodo venga emesso un elettrone avente energia<br />
cinetica T = h(ν – ν0), la radiazione luminosa fornirà ad un certo numero di elettroni, il quale è proporzionale a Iν,<br />
l’energia W = hν0 necessaria all’estrazione. Gli elettroni “primari”, così eccitati, fuoriescono dal catodo. È bene<br />
considerare che la QE reale tipica di un buon PMT commerciale si aggira intorno al 25%, ragion per cui se<br />
arrivano <strong>su</strong>l fotocatodo 100 fotoni, ciascuno avente energia hν maggiore di W, dal metallo non vedremo uscire<br />
100 elettroni, ciascuno con energia cinetica T = h(ν – ν0), bensì mediamente 25. Il flusso di elettroni uscente dal<br />
metallo viene collimato da lenti elettromagnetiche, in modo da incidere con precisione <strong>su</strong>l primo dinodo; tale<br />
collisione provoca l’emissione di elettroni secondari da parte del metallo di cui è costituito il dinodo, oltre che di<br />
raggi X. Gli elettroni secondari vengono accelerati verso il secondo dinodo, posto a potenziale positivo rispetto al<br />
primo; pertanto gli elettroni secondari, e quello che resta dei primari, incidono <strong>su</strong>l secondo dinodo, il quale<br />
emetterà un numero ancora maggiore di elettroni secondari, e così via. Il fenomeno di “moltiplicazione” degli<br />
elettroni si ripete in cascata, finché il flusso di elettroni raggiunge l’anodo, formando una corrente J rilevabile<br />
dall’amperometro. Il guadagno del PMT, ovvero il numero di elettroni che arrivano <strong>su</strong>ll’anodo per ciascun<br />
elettrone primario, è determinato dall’intensit{ e dalla geometria del campo elettrico all’interno del tubo ed è, in<br />
genere, compreso fra 10 6 e 10 8 . Aumentando l’intensit{ Iν <strong>della</strong> radiazione luminosa, oppure aumentando la<br />
frequenza ν, aumenta la corrente mi<strong>su</strong>rata J, poiché si verifica un incremento del numero di elettroni secondari<br />
prodotti dalla catena di dinodi. La differenza fra gli effetti prodotti dall’aumento di Iν a parit{ di ν e dall’aumento<br />
di ν a parit{ di Iν è riscontrabile a livello di elettroni primari (non secondari): infatti nel primo caso il numero di<br />
elettroni primari estratti dal fotocatodo aumenta, mentre la velocità che questi hanno appena dopo l’estrazione<br />
rimane costante, invece nel secondo caso è la velocità appena dopo l’estrazione ad aumentare, mentre il numero<br />
di elettroni fuoriuscenti dall’elettrodo rimane costante.<br />
È possibile modellizzare l’estrazione “fredda” di elettroni dal fotocatodo di un PMT, che si verifica quando il<br />
materiale (il metallo) con cui l’elettrodo è realizzato viene irradiato dalla luce (trascurando l’effetto termoionico,<br />
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