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Tecnologia della fotorivelazione basata su dispositivi a ... - Matematica

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A =<br />

dove V è il volume del cristallo metallico. Quindi l’elettrone è localizzato all’interno del metallo, all’interno <strong>della</strong><br />

buca di potenziale del metallo, se quest’ultimo non è esposto alla luce. Se il cristallo viene colpito da un fotone di<br />

energia almeno pari alla funzione di lavoro qΦM tipica del metallo in questione, un elettrone al <strong>su</strong>o interno può<br />

assorbire l’energia hν (> hν0) fornita dal fotone ed uscire dalla buca di potenziale. In altre parole la densità di<br />

probabilità dell’elettrone può aumentare al di fuori <strong>della</strong> buca, al di fuori del metallo, azzerandosi, in sostanza,<br />

all’interno. Questa situazione corrisponde all’estrazione dell’elettrone per effetto fotelettrico.<br />

Nel grafico mostrato nella parte destra di figura 4, f(E) è la ben nota distribuzione statistica quantistica di Fermi<br />

– Dirac (di cui ricorderemo alcuni elementi nel paragrafo 4.1), mentre D(E) = 2π<br />

7<br />

(eV -1 cm -3 ) è la densità<br />

tridimensionale di stati per gli elettroni del metallo ed è proporzionale alla radice quadrata dell’energia totale<br />

degli elettroni (E); m0 è la massa a riposo dell’elettrone.<br />

3.2.2) Il tubo fotomoltiplicatore classico (PMT): struttura di base<br />

Riferiamoci al PMT riportato in figura 5:<br />

Fig. 5<br />

Disegno schematico di un PMT. La luce irradia la <strong>su</strong>perficie di un elettrodo, chiamato “fotocatodo”, atto alla rivelazione di un evento luminoso<br />

di opportune frequenze. In virtù dell’effetto fotoelettrico gli elettroni estratti dalla placca, posizionata fra x1 e x2, costituiscono un segnale<br />

(primario) il cui flusso viene collimato, presso la sezione indicata con “LEM”, da un sistema di lensing elettromagnetico. Il segnale è<br />

progressivamente moltiplicato all’interno delle regioni di potenziale create dai dinodi. Infine giunge presso una placca metallica chiamata<br />

“anodo”, che ha il compito di raccogliere le cariche elettriche.<br />

il tubo fotomoltiplicatore raffigurato riceve la radiazione luminosa <strong>su</strong>lla <strong>su</strong>perficie di un elettrodo a forma di<br />

piastra, chiamato “fotocatodo”, attraverso una finestra antiriflettente (multistrato), al fine di minimizzare la<br />

frazione riflessa <strong>della</strong> potenza ottica incidente. I materiali con cui sono costruiti la finestra ed il fotocatodo<br />

sottostante dipendono dalla frequenza <strong>della</strong> luce che siamo interessati a rivelare. Fissata una particolare<br />

frequenza νγ, il materiale <strong>della</strong> finestra antiriflettente va scelto in modo da creare la minore discontinuità<br />

possibile fra l’indice di rifrazione dell’aria (leggermente maggiore di quello del vuoto, che è 1) e quello del<br />

materiale con cui è costruito il catodo, così da minimizzare il coefficiente di riflessione ottica R (in base alla legge<br />

di Snell, riportata nel glossario), e in modo che l’energia di gap del materiale <strong>della</strong> finestra sia <strong>su</strong>fficientemente<br />

maggiore dell’energia dei fotoni incidenti (Egap > hνγ), così che i fotoni non siano assorbiti dalla finestra<br />

(trasparenza passiva del materiale <strong>della</strong> finestra rispetto alla frequenza νγ). Il materiale con cui costruire il<br />

fotocatodo deve essere scelto in modo che l’energia fotonica hνγ sia maggiore <strong>della</strong> funzione di lavoro qΦ, nel<br />

caso di un metallo, così da consentire l’estrazione di elettroni per effetto fotoelettrico, o maggiore dell’affinit{

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