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2) Dai Longobardi all'Unità d'Italia - Comune di San Bartolomeo in ...

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Corte <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care comunque chi commette delitti o offese anche non previsti dagli<br />

Statuti; la negligenza <strong>di</strong> pubblici ufficiali; il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> creare fazioni; il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> dar<br />

rifugio a uom<strong>in</strong>i armati o colpevoli d’omici<strong>di</strong>o.<br />

Tutte queste novità e altre fanno delle menzionate norme un documento all’avanguar<strong>di</strong>a<br />

rispetto a tutti quelli degli altri comuni limitrofi. Novità che vanno da quella<br />

notevolissima dell’art. 70 (riguardante l’assoluta proibizione agli assidui frequentatori<br />

<strong>di</strong> taverne <strong>di</strong> fare da testimoni) all’altra dell’articolo 44, meno profonda, ma più<br />

s<strong>in</strong>golare che vedeva il patrimonio monetario amm<strong>in</strong>istrato dall’uomo e i bene<br />

domestici dalla donna. L’articolo 69 (che parla dei lavoratori, gualani, stallieri e<br />

domestici dal punto <strong>di</strong> vista etico- sociale) rappresenta forse la novità più <strong>in</strong>teressante,<br />

specificando altresì come anche il mesch<strong>in</strong>o sotterfugio del lavoratore sia ritenuto<br />

passibile <strong>di</strong> punizione («Parimenti detti lavoratori gualani stallieri e domestici, dopo che<br />

siano stati <strong>in</strong>gaggiati dalla festa <strong>di</strong> santa Maria <strong>di</strong> settembre per tutto l’anno e vorranno<br />

del corso dell’anno recedere senza alcuna causa legittima e <strong>in</strong> seguito staranno con altri<br />

padroni per un salario maggiore promesso loro, quel <strong>di</strong> più promesso dagli stessi<br />

padroni oltre il salario precedente promesso loro dai padroni precedenti sia restituito e<br />

consegnato ai precedenti padroni»).<br />

Una piccola parentesi Oltre ai gualani (lavoratori a<strong>di</strong>biti ad arare, governare gli<br />

animali, pulire le stalle), citati ad<strong>di</strong>rittura <strong>in</strong> un suo scritto datato 26 novembre 1954<br />

dallo statista Luigi E<strong>in</strong>au<strong>di</strong> (primo Presidente della Repubblica Italiana eletto l’11<br />

maggio del 1948, secondo il dettato della Costituzione), come «quei giovani <strong>di</strong> età per<br />

lo più <strong>in</strong>feriori ai vent’anni, i quali nell’autunno sono allogati, per un anno, dai genitori<br />

come garzoni <strong>di</strong> campagna ed erano negoziati sulle pubbliche piazze <strong>di</strong> alcune città del<br />

mezzogiorno, fra genitori e mezzani, come fossero una merce qualunque»; oltre ai<br />

gualani, <strong>di</strong>cevamo, f<strong>in</strong>o a pochi decenni orsono <strong>in</strong> Valfortore v’erano anche i cosiddetti<br />

ualanèdde o meglio garzuncèdde, o meglio ancora jarzûnë, cioè ragazzi (i più piccoli<br />

dagli otto ai <strong>di</strong>eci anni), oltremodo poverissimi, «costretti dalla più tenera fanciullezza<br />

ad andare, a padrone, come garzoni presso qualche coltivatore, costretti a vivere<br />

lontano dalla famiglia <strong>in</strong> <strong>in</strong>descrivibili con<strong>di</strong>zioni: ma si tratta per i genitori <strong>di</strong> liberarsi<br />

una bocca» (così scriveva Giuseppe Iampietro nel 1955, nelle Lettere dal Mezzogiorno,<br />

a p. 741).<br />

Non veniva corrisposta nessuna ricompensa. Veniva fatto loro per lo più qualche<br />

piccolo regalo <strong>in</strong> danaro, allorché, <strong>in</strong> occasione delle feste, una o due volte all’anno,<br />

tornavano <strong>in</strong> paese. Dormivano per lo più con gli animali o nei fienili o nella cosiddetta<br />

“cudazza” (paglia), <strong>di</strong>sposta sotto il tetto dell’ambiente o <strong>in</strong> un vano superiore della<br />

“masseria”, <strong>in</strong> corrispondenza delle mangiatoie, nelle quali veniva <strong>di</strong> giorno <strong>in</strong> giorno<br />

calata attraverso una botola per il pasto degli animali bov<strong>in</strong>i. Ai ragazzi più gran<strong>di</strong>celli<br />

veniva affidato il compito <strong>di</strong> condurre le pecore al pascolo. Al term<strong>in</strong>e dell’anno per il<br />

piccolo pecoraio erano previsti, “mànte, mònte e pelliccione franco”, vale a <strong>di</strong>re la<br />

corresponsione <strong>di</strong> un vello <strong>di</strong> montone, del latte <strong>di</strong> un giorno delle pecore accu<strong>di</strong>te<br />

trasformato <strong>in</strong> formaggio e <strong>di</strong> un agnello a scelta. (Fiorangelo Morrone, op. cit., p.141).<br />

Ma torniamo al nostro “libro delle capitolazioni”. Redatto, come già detto, dal<br />

menzionato abate Nicola da Cerce, riportava altre norme – precisamente otto – <strong>in</strong>erenti<br />

ai capitoli 71, 72, 73, 74, 76, 77, 78 e 79. Cito soltanto le ultime due che ritengo molto<br />

<strong>in</strong>teressanti:<br />

Norma 78) Il giorno 3 del mese <strong>di</strong> aprile del 1515, nella sala del palazzo ba<strong>di</strong>ale, il<br />

camerario, gli otto eletti e molti altri citta<strong>di</strong>ni fissarono le norme relative al mercato del<br />

giovedì, che si teneva presso “l’ulmo”, accanto alla chiesa madre: i forestieri potevano<br />

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