2) Dai Longobardi all'Unità d'Italia - Comune di San Bartolomeo in ...
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Filomeno Monteaperto, Giuseppe Monteaperto e Francesco Scelsi) che, per non destare<br />
sospetti, si presentarono <strong>in</strong> paese vestiti <strong>in</strong> borghese.<br />
Tra la f<strong>in</strong>e del 1861 e gli <strong>in</strong>izi del 1862 gran parte degli sbandati si costituirono o<br />
vennero arrestati e la situazione <strong>di</strong>venne abbastanza tranquilla, ma solo per poco tempo.<br />
Naturalmente, tutti i reazionari che si erano trovati co<strong>in</strong>volti <strong>in</strong> delitti comuni ed i<br />
capibanda più compromessi che non potettero godere <strong>di</strong> nessun provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />
clemenza restarono alla macchia. Tutto ciò che avvenne dopo non aveva più nulla che a<br />
vedere con il movimento filo-borbonico e deve essere considerato soltanto come puro e<br />
semplice brigantaggio. Quasi tutti i briganti che troviamo ad operare successivamente<br />
nella valle del Fortore erano pregiu<strong>di</strong>cati per delitti comuni e, più spesso, latitanti e già<br />
de<strong>di</strong>ti al ban<strong>di</strong>tismo. Tali erano Michele Caruso da Torremaggiore, Antonio Secola e<br />
Domenico Lisbona da Baselice, Giuseppe Schiavone da <strong>San</strong>’ Agata <strong>di</strong> Puglia, Marco De<br />
Masi da Foiano, Baldassarre Ianzito da Mol<strong>in</strong>ara, Nicola Lazzaro da Pago Veiano e altri<br />
ancora che imperversarono per <strong>di</strong>versi anni. La cattura <strong>di</strong> Michele Caruso (‘u<br />
colonnéllë), con sua fucilazione <strong>in</strong> quel <strong>di</strong> Benevento <strong>in</strong> data 3 novembre 1863 e la<br />
fucilazione <strong>di</strong> Giuseppe Schiavone (uno dei tanti suoi luogotenenti), avvenuta il 29<br />
novembre 1864 a Trani, segnò il def<strong>in</strong>itivo collasso del ban<strong>di</strong>tismo fortor<strong>in</strong>o. «I giochi<br />
ormai erano fatti e svanita la speranza che sarebbe tornato presto a sedersi sul trono <strong>di</strong><br />
Napoli Francesco II, il quale avrebbe perdonato qualunque misfatto, molti si<br />
consegnarono alle forze dell’or<strong>di</strong>ne ed altri tentarono la fuga <strong>in</strong> uno stato Pontificio<br />
sempre meno ospitale» (Pier Luigi Rovito, I segreti del bosco <strong>di</strong> Mazzocca, ed., Napoli,<br />
1998).<br />
In merito a questo tragico periodo storico Giovanni (Gianni) Verg<strong>in</strong>eo storico e letterato<br />
- nativo <strong>di</strong> <strong>San</strong> <strong>Bartolomeo</strong> <strong>in</strong> Galdo - nel libro Il <strong>San</strong>nio brigante nel dramma<br />
dell’Unità italiana (ed. Ricolo, Benevento 1991, pagg. 8-9) ha scritto: «E’ ammirevole,<br />
spesso, la paziente cura con cui si frugano carte su carte, riportando lunghe file <strong>di</strong> nomi,<br />
anni <strong>di</strong> prigione, sentenze <strong>di</strong> ergastolo, sequele <strong>di</strong> fucilazioni. Ma c’è sempre qualcosa<br />
che non si <strong>di</strong>ce. Spesso è qualcosa che non si può <strong>di</strong>re. Perché questo è un processo<br />
tragico, <strong>in</strong> cui esistono solo i documenti dell’accusa, <strong>di</strong> coloro che sanno leggere e<br />
scrivere. Dei galantuom<strong>in</strong>i che hanno archivi familiari, dei v<strong>in</strong>citori che cancellano le<br />
tracce dei v<strong>in</strong>ti. Non esistono i documenti dei briganti. Sono raccolte appartenente alla<br />
sponda della verità militare: memorie att<strong>in</strong>te <strong>in</strong> carcere, elaborate, manipolate,<br />
fatalmente adulterate. Il silenzio dei v<strong>in</strong>ti resta totale: reso ancora più sacro e <strong>in</strong>violabile<br />
dalla morte. E, col silenzio, restano, grevi, le tenebre dell’<strong>in</strong>famia sull’esercito dei<br />
<strong>di</strong>sperati senza nome e senza patria, tolti pochi volti <strong>di</strong> capi, che almeno sopravvivono<br />
nella luce s<strong>in</strong>istra <strong>di</strong> una storia nemica e <strong>in</strong>comprensiva».<br />
Di questi anni bui cito due episo<strong>di</strong> abbastanza significativi riguardanti la nostra<br />
comunità:<br />
a) Una lapide che ricorda il briga<strong>di</strong>ere Alessandro Fal<strong>in</strong>i caduto sotto i colpi dei briganti<br />
è esposta all’<strong>in</strong>terno della caserma dei Carab<strong>in</strong>ieri <strong>di</strong> <strong>San</strong> <strong>Bartolomeo</strong> <strong>in</strong> Galdo:<br />
medaglia d’argento al V.M. al briga<strong>di</strong>ere Fal<strong>in</strong>i Alessandro «per aver sostenuto un fiero<br />
assalto da un gran numero <strong>di</strong> briganti a cavallo ove combatté eroicamente senza punto<br />
retrocedere f<strong>in</strong>ché cadde est<strong>in</strong>to pieno <strong>di</strong> ferite. S. <strong>Bartolomeo</strong> <strong>in</strong> Galdo (Benevento) 13<br />
- 6 - 1862. R.D. 15 Gennaio 1863». Questo il fatto da me appurato: il 13 giugno 1862,<br />
<strong>in</strong> contrada “acqua partuta”, nel tenimento <strong>di</strong> Foiano <strong>di</strong> Valfortore, le bande <strong>di</strong> Caruso e<br />
Schiavone uccisero 9 guar<strong>di</strong>e mobili appartenenti al 36° fanteria, più 5 carab<strong>in</strong>ieri: tra<br />
gli altri restarono sul terreno Francesco Mossuto <strong>di</strong> <strong>San</strong> <strong>Bartolomeo</strong>, Angelo Casamassa<br />
<strong>di</strong> Foiano e il briga<strong>di</strong>ere dei carab<strong>in</strong>ieri Alessandro Fal<strong>in</strong>i , un nobile fiorent<strong>in</strong>o.<br />
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