Dispensa Storia dell.. - Dipartimento di Scienze del Mondo Antico
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La costruzione <strong>del</strong> sacro, il mito e il rito<br />
Per realizzare i loro sistemi <strong>di</strong> senso le religioni — quelle che ci siamo abituati a<br />
chiamare religioni — ripartiscono per così <strong>di</strong>re il mondo, o la realtà, o l'universo,<br />
comunque si vogliano chiamare, in due gran<strong>di</strong> ambiti. Da una parte viene situata la<br />
comunità umana — che ovviamente con<strong>di</strong>vide quelle idee, che si riconosce in<br />
quell'orizzonte culturale e che secondo ottiche etnocentriche è la sola a coincidere con<br />
l'idea <strong>di</strong> «cultura» e pertanto degna <strong>di</strong> essere considerata appunto umana; dall'altra vi è<br />
uno spazio, <strong>di</strong>fficilmente in<strong>di</strong>viduabile, che può occupare la selva, il sottosuolo, il cielo<br />
meteorico o quello astrale, comunque situato al <strong>di</strong> fuori dei confini in cui si è<br />
circoscritta la comunità umana, e che può essere abitato da esseri extra-umani o sovraumani,<br />
come per esempio un <strong>di</strong>o. Nella prospettiva poi dei cosiddetti gran<strong>di</strong> monoteismi<br />
e in particolare <strong>del</strong> cristianesimo, come <strong><strong>del</strong>l</strong>a tra<strong>di</strong>zione mistica, questo spazio «altro» è<br />
totalmente trascendente, immateriale, in<strong>di</strong>cibile, indefinibile e indescrivibile. Per<br />
como<strong>di</strong>tà e per semplicità, potremmo chiamarlo, come già si è fatto, «alterità»; spesso e<br />
soprattutto per suggestione <strong><strong>del</strong>l</strong>a fenomenologia, è stato chiamato «sacro», inglobando<br />
in esso il complesso <strong>di</strong> ciò che varca il livello quoti<strong>di</strong>ano <strong><strong>del</strong>l</strong>'esistenza e <strong><strong>del</strong>l</strong>'esperienza<br />
umana, dagli esseri sovrumani (<strong>di</strong>o, gli dèi, gli eroi, gli antenati ...), ai contenuti e alla<br />
<strong>di</strong>mensione <strong>del</strong> mito, alla pratica rituale, alle norme e alle regole la cui origine non sia<br />
ritenuta umana. Anche in questo caso, tuttavia, si tratta <strong>di</strong> una nozione, <strong>di</strong> cui la cultura<br />
occidentale fa uso, che <strong>di</strong>scende <strong>di</strong>rettamente dal lat. sacer, ma che da un punto <strong>di</strong> vista<br />
storico è il frutto <strong>di</strong> una reinterpretazione <strong>di</strong> matrice teologica cristiana elaborata nel<br />
corso <strong>del</strong> Novecento, che ha trasformato un aggettivo (tale è il lat. sacer) in sostantivo,<br />
rendendolo una categoria interpretativa per definire la sostanza o la natura stessa <strong><strong>del</strong>l</strong>a<br />
religione e identificandolo con il <strong>di</strong>vino. Nella prospettiva <strong><strong>del</strong>l</strong>e religioni,<br />
evidentemente, il «sacro» si configura come alterità assoluta ed è ontologicamente dato<br />
a priori, cioè esiste in<strong>di</strong>pendentemente dalla possibilità o dalla capacità <strong>di</strong> fornirne una<br />
<strong>di</strong>mostrazione.<br />
Nella realtà storica, invece, e pertanto nella prospettiva storico-religiosa, questa<br />
«alterità» appare come una costruzione <strong><strong>del</strong>l</strong>’homo faber, che in tal modo, per<br />
opposizione nei confronti <strong>di</strong> quella medesima «alterità», può definire e comprendere ciò<br />
che è umano, mortale, finito e limitato nel tempo, e quali sono i confini <strong>del</strong> proprio