Consulta la Tesi di Laurea - Tsrm Foggia

INDICE
• INTRODUZIONE 2
• PARTE GENERALE
o L’ARTICOLAZIONE GLENO-OMERALE 4
o STORIA CLINICA 7
o ESAMI STUMENTALI 8
o INSTABILITA’ GLENO-OMERALE 11
o ARTRO-RM DELL’ARTICOLAZIONE
SCAPOLO-OMERALE 13
• PARTE SPERIMENTALE
o TECNICA DI ESAME 14
o SCOPO DELLO STUDIO 17
o MATERIALI E METODI 17
o RISULTATI 23
o DISCUSSIONE 37
• CONCUSIONI 41
• BIBLIOGRAFIA 42
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INTRODUZIONE
Lo studio della capsula articolare, dell’apparato legamentoso, delle componenti
cartilaginee e fibrocartilaginee delle articolazioni, a fini diagnostici, non può
prescindere da una quanto più accurata visualizzazione dell’anatomia.
L’evoluzione delle metodiche di imaging ha messo a disposizione alcune
specifiche applicazioni, dedicate alla definizione dell’anatomia articolare e in
grado di contribuire a un sempre più accurato riconoscimento dei diversi quadri
patologici. Inizialmente l’utilizzo del mezzo di contrasto radiopaco nelle tecniche
di artrografia tradizionale si era dimostrato utile solamente nel caso di lesioni di
grado elevato.
Nel corso degli anni tuttavia l’accuratezza dello studio artrografico si è
notevolmente affinata. L’introduzione della artro-TC ha permesso di valutare le
articolazioni secondo piani multiplanari con elevata risoluzione spaziale, che
risulta efficace soprattutto nella visualizzazione dei profili cartilaginei. I principali
limiti della metodica sono per altro insiti nella bassa risoluzione di contrasto per le
strutture legamentose e nella elevata dose radiante necessaria; in particolare tale
fattore è biologicamente più rilevante nell’esame della spalla per la contemporanea
irradiazione della tiroide.
Con l’avvento della Risonanza Magnetica si è avuta una vera svolta nelle capacità
diagnostiche sull’apparato articolare. Grazie soprattutto alla elevata risoluzione di
contrasto, è risultato possibile studiare nel dettaglio le parti molli, le strutture
cartilaginee, i legamenti ed i tendini, già con le sequenze di base. L’avvento della
RM ha pertanto ristretto notevolmente i campi di applicazione dell’imaging
artrografico. L’artro-RM, la risonanza magnetica eseguita con sequenze acquisite
dopo la iniezione intra-articolare di mezzo di contrasto paramagnetico viene
considerata oggi una tecnica di elezione da riservare allo studio diagnostico di ben
determinate condizioni cliniche. Rimane uno strumento insostituibile quando sia
necessario evidenziare anche le alterazioni ligamentose più piccole e le lesioni
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incomplete delle componenti articolari; la presenza del mezzo di contrasto
all’interno dell’articolazione è infatti in grado di potenziare al massimo l’efficacia
dell’esame.
Si deve tuttavia constatare che, a dispetto della specificità richiesta alla metodica,
la tecnica non è standardizzata, esistendo una notevole eterogenicità sia nella
procedura di iniezione articolare, sia nella gestione del protocollo di esame.
L’artro-RM viene spesso considerata una metodica “time consuming”, invasiva e
di difficile interpretazione. In molti casi la conduzione dell’esame è affidata
almeno parzialmente nelle mani dell’ortopedico. Questi ed altri fattori
contribuiscono alla sua carente diffusione nei dipartimenti di diagnostica per
immagini, nonché alla scarsa confidenza del personale tecnico e medico con la
metodica.
Questo studio si propone di presentare l’esperienza del nostro reparto sull’esame di
artro-RM di spalla, per il quale abbiamo proposto un protocollo di studio
standardizzato da applicare ad ogni paziente, condotto interamente all’interno della
radiologia, uniformando le procedure: dal consenso informato, alla puntura
articolare, all’esecuzione dell’esame RM.
Il nostro interesse si è rivolto primariamente all’esame artro-RM della spalla, in
quanto si tratta dell’articolazione più frequentemente sottoposta a tale indagine, nel
nostro dipartimento. Con l’intento di omogeneizzare i risultati si è deciso di
prendere in considerazione un’indicazione specifica all’esame: la patologia da
instabilità, che rappresenta l’indicazione più importante all’artro-RM di spalla.
Abbiamo quindi raccolto dati riguardo la compliance dei pazienti, l’efficacia della
iniezione intra-articolare e l’incidenza e la gravità delle complicanze legate alla
procedura; abbiamo descritto le modalità di posizionamento del paziente, i
parametri tecnici delle sequenze e la durata complessiva dell’esame; la qualità
delle immagini prodotte e l’efficacia diagnostica delle stesse è stata giudicata
indipendentemente da due radiologi esperti in patologia dell’apparato
osteoarticolare.
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L’ARTICOLAZIONE GLENO-OMERALE
La spalla, più propriamente chiamata cingolo scapolare, è la parte dell’organismo
umano tramite la quale l’arto superiore, in particolare il braccio, si unisce al tronco
e con esso si articola. I movimenti che una spalla può compiere sono
fondamentalmente quelli di adduzione (movimento di avvicinamento del braccio al
tronco) e abduzione (movimento di allontanamento del braccio dal tronco), senza
dimenticare il movimento di rotazione. Infatti, l’articolazione scapolo-omerale è
un’enartrosi e come tale consente di effettuare movimenti di rotazione,
circumduzione, flessione, estensione, adduzione e abduzione. Le sue superfici
articolari (fig.1 e fig.2) sono date dalla testa dell’omero e dalla cavità glenoidea
della scapola [26]. La testa dell’omero si presenta come un terzo di sfera, è liscia e
rivestita di cartilagine ialina. La cavità glenoidea è ovalare, poco profonda e meno
estesa della testa omerale; la sua superficie è rivestita di cartilagine articolare. Il
margine anteriore della cavità glenoidea presenta, nella sua parte media,
un’incisura glenoidea che dà passaggio a vasi. Sul contorno della cavità si fissa un
cercine fibrocartilagineo, il labbro glenoideo, che amplia così la cavità articolare. Il
Fig.1
1.testa omerale; 2.trochite; 3.trochine; 4. glena
5.acromion; 6.clavicola; 7.coracoide
labbro glenoideo presenta una faccia
interna e una esterna. La faccia interna
continua nella cavità glenoidea e fa parte
della superficie articolare; la faccia esterna
dà attacco alla capsula fibrosa e ai
legamenti di rinforzo dell’articolazione.
Il labbro glenoideo scavalca l’incisura
glenoidea trasformandola in un foro. I
mezzi d’unione sono dati dalla capsula
articolare rinforzata da fasci fibrosi e da un
legamento a distanza, il legamento coraco-
omerale (spessa lamina fibrosa, si estende
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Fig.2
1.capo lungo del bicipite; 2.cercine glenoideo
3.glena
dalla base e dal margine laterale del
processo coracoideo sino alla grande
tuberosità dell’omero dove si fonde con
la capsula fibrosa) [1].
La capsula articolare (fig.3) ha lo
strato fibroso formato come un
manicotto conoide il cui apice tronco si
fissa al contorno della cavità glenoidea e
alla faccia esterna del labbro glenoideo;
in alto essa si estende fino al processo
coracoideo e in basso si fonde con il
tendine del capo lungo del muscolo
tricipite brachiale. La base del manicotto fibroso prende attacco sul collo
anatomico dell’omero e, in avanti, raggiunge il collo chirurgico dell’omero. A
livello del solco bicipitale, la capsula passa a ponte dalla piccola alla grande
tuberosità e si prolunga in basso, tra le due creste che fanno seguito alle tubertosità,
chiudendo così un tragitto osteofibroso dove passa il tendine del capo lungo del
muscolo bicipite che fuoriesce dall’articolazione. Il segmento antero-inferiore della
Fig.3
1.capsula; 2.legamenti gleno-omerali
3. legamento coraco-acromiale
capsula fibrosa è rinforzato dai legamenti
gleno omerali che si distinguono in
superiore, medio, inferiore [2].
Il legamento gleno-omerale superiore va
dalla parte alta del labbro glenoideo alla
piccola tuberosità dell’omero.
Il legamento gleno-omerale medio
origina dal labbro glenoideo, al davanti del
precedente e si porta in basso e in fuori per
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fissarsi alla piccola tuberosità dove si fonde con il tendine del muscolo
sottoscapolare; tra i legamenti gleno-omerali superiore e medio si delimita uno
spazio triangolare con la base rivolta verso la piccola tuberosità (forame ovale),
dove la capsula fibrosa è debole o manca e la membrana sinoviale invia un
prolungamento verso il muscolo sottoscapolare.
Il legamento gleno-omerale inferiore è più lungo e robusto degli altri e si tende
tra il contorno antero-inferiore del labbro glenoideo e il collo chirurgico
dell’omero, dove si fissa tra l’inserzione del muscolo sottoscapolare e del muscolo
piccolo rotondo.
I legamenti proteggono e rinforzano anteriormente e inferiormente la capsula e i
muscoli della cuffia dei rotatori [3].
La cuffia dei rotatori (fig.4 e fig.5): è l’insieme dei quattro tendini
(sottoscapolare, sovraspinato, sottospinato e piccolo rotondo) che avvolgono la
testa omerale, hanno funzione di centramento e stabilizzazione della gleno-
omerale. Sono rotatori e abduttori.
Fig.4
CUFFIA dei ROTATORI: 1.sottoscapolare;
2.inserzione del sovraspinato sul trochite
3.legamento coraco-acromiale
4.capo lungo del bicipite
Fig.5
1.sottospinoso 2.piccolo rotondo
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Tra i vasi sanguigni passanti per la spalla ricordiamo soprattutto due nomi: la vena
succlavia e l’arteria brachiale.
La vena succlavia è una vena di primaria importanza, il suo ruolo consiste nel
trasferire il sangue povero d’ossigeno proveniente dal braccio direttamente nella
vena cava superiore, attraversata la quale esso sarà pompato dal cuore e quindi
riossigenato.
L’arteria brachiale attraversa necessariamente anche la spalla. Essa è l’unica arteria
adibita all’ossigenazione dell’arto superiore, quindi la quantità di sangue che
trasporta è sempre molto elevata.
Dato che per i vasi sanguigni la spalla non è un luogo periferico, in essa non
abbondano i vasi capillari.
Per quanto riguarda il sistema linfatico ricordiamo la presenza nella spalla dei
linfonodi ascellari, tra i più importanti dell’intero organismo e in grado di produrre
grandi quantità di vari tipi di globuli bianchi [4].
STORIA CLINICA
L’anamnesi è fondamentale, infatti un’anamnesi accurata ci aiuta a cogliere
riferimenti importanti e ci conduce ad un corretto inquadramento del paziente per
una diagnosi adeguata. Solitamente, nella patologia della spalla, il sintomo che
porta quasi tutti i pazienti dal medico è il dolore. Una buona visita da parte dello
specialista è molto importante. Il medico valuterà la storia del paziente.
I parametri da valutare per la patologia di spalla sono:
• Età;
• Attività lavorativa e sportiva;
• Traumi;
• Tipo di dolore.
L’età può già indirizzare i sospetti. La rottura della cuffia dei rotatori su base
degenerativa si ritrova generalmente in soggetti oltre i 45-50 anni,mentre tra i 25 e
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i 40 è più frequente la patologia da conflitto subacromiale, mentre la spalla
dolorosa instabile è tipica dei giovani sportivi.
Il tipo di dolore riferito è di fondamentale importanza nella diagnosi differenziale;
bisogna perciò valutare la sede, irradiazione, legame con alcuni movimenti o
posture, l’eventuale esacerbazione notturna e la modalità d’insorgenza.
Gran parte dei pazienti con instabilità riferisce di sentire la spalla “uscire” e poi
“rientrare” in relazione ad alcuni movimenti. Altri sintomi sono lo schiocco e lo
scatto della spalla [5].
L’esame obbiettivo della spalla si estrinseca nei seguenti step: ispezione,
palpazione, mobilità e test funzionali specifici, quali:
• Test per il conflitto;
• Test per la cuffia dei rotatori;
• Test per il capo lungo del bicipite;
• Test per il labbro glenoideo;
• Test per l’instabilità.
GLI ESAMI STRUMENTALI
Esame RX: l’esame radiografico, nonostante il progresso di altre tecniche di
imaging, resta una tappa irrinunciabile di primo approccio poiché fornisce
informazioni precise sulla componente scheletrica, sui rapporti articolari ed esclude
la presenza di calcificazioni peri-articolari.
Le proiezioni utili nello studio di instabilità sono (fig.6):
• A/P con arto in intra ed extra rotazione;
• Proiezione Grashey;
• Proiezione ascellare laterale;
• Proiezione Transcapolare ad “Y”;
• Proiezione Stryker;
• Proiezione di West-Point;
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• Proiezione ascellare apicale obliqua di Garth;.
A) Nella proiezione A/P vera in intra ed extra rotazione si possono riconoscere
fratture del bordo glenoideo.
B) Nella proiezione di Grashey, A/P obliqua vi è una buona dimostrazione
dell’articolazione gleno-omerale.
C) La proiezione ascellare laterale può mostrare eventuali anormalità della
glenoide quali ad es: un’eccessiva antiversione, però non consente la valutazione
del margine antero-inferiore della stessa.
D) La proiezione Transcapolare ad “Y” studia la spalla degenerativa e consente la
valutazione dello spazio sub-acromiale.
E) La proiezione di Stryker consente di visualizzare la porzione postero-laterale
della testa omerale.
F) La proiezione West-Point, identifica eventuali perdite ossee lungo la rima
glenoidea infero-anteriore (cioè una lesione di Bankart ossea).
G) La proiezione di Garth o proiezione ascellare apicale obliqua: è molto utile
nello studio dell’instabilità di spalla [6].
Da non trascurare il ricorso all’ecografia poiché permette l’esplorazione delle
strutture costituenti la “cuffia dei rotatori”.
Mentre l’impiego della Risonanza Magnetica nello studio della patologia della
spalla, sia traumatica che degenerativa, rappresenta un contributo fondamentale per
un giusto e preciso approccio diagnostico e di pianificazione terapeutica. Grazie
all’elevata risoluzione spaziale e di contrasto ed alla multiplanarietà, la RM
consente di avere una visione diretta dei cercini glenoidei e delle componenti
capsulo-legamentose. In particolare uno studio RM eseguito possibilmente con
introduzione di mezzo di contrasto in articolazione (Artro-Rm), diventa
ancora più specifico e sensibile e definisce in maniera più dettagliata il danno
al cercine,ai legamenti e alla capsula articolare [2].
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Fig.6
F
G
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INSTABILITA’ GLENO-OMERALE
L’instabilità gleno-omerale 1 è una patologia caratterizzata dall’incapacità della
testa omerale a rimanere centrata all’interno della cavità glenoidea durante
alcuni specifici movimenti della spalla. La stabilità della spalla dipende dagli
stabilizzatori statici (cercine e congruità articolare) e stabilizzatori
dinamici(muscoli della cuffia dei rotatori e coordinamento della scapola e
dell’omero). Quando i legamenti o le loro inserzioni ossee sono lesionati ci
troviamo di fronte ad una situazione di sublussazione o di una lussazione della
testa omerale rispetto alla glena [7].
Matsen nel ’90 classifica le instabilità gleno-omerali in :
• Traumatiche TUBS (traumatiche unidirezionali con lesione di Bankart che
necessitano una riparazione chirurgica);
• Traumatiche AMBRI (atraumatiche, multidirezionali, bilaterali il cui
trattamento iniziale è riabilitativo e solo dopo chirurgico con una plastica
capsulare) che si manifestano in un quadro di lassità generalizzata.
Tra queste due forme vi sono le AIOS (instabilità acquisite dovute a stress
articolari ripetuti) in questo caso i pazienti accusano un dolore subdolo che
impedisce l’esecuzione di alcuni gesti atletici (schiacciata nella pallavolo,la battuta
a tennis etc.) [8].
Le lesioni che si possono riscontrare nella instabilità di spalla in seguito a trauma
sono:
• Lesione di Bankart: distacco antero-inferiore del cercine glenoideo dalla
glena;
• Lesione di Perthes: lesione da avulsione del labbro antero-inferiore della
glenoide con distacco periostale;
1 http://www.chirurgiapatologieortopediche.it/patologie_ortopediche/instabilita_di_spalla.php
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• Lesione di Bankart ossea o BonyBankart: lesioni da avulsione del labbro
glenoideo antero-inferiore con distacco di un frammento osseo del bordo
glenoideo;
• Lesione di Bankart inversa o lesione di Kim: lesione del cercine postero-
inferiore nell’instabilità posteriore e bidirezionale;
• Lesione di Hill- Sachs: frattura da impatto posteriore della testa omerale
nella lussazione anteriore;
• Lesione di McLaughlin: frattura da impatto anteriore della testa omerale
nella lussazione posteriore.
• Slap:lesioni del cercine superiore (forme di instabilità dovuto a
Fig.7
microtraumatismi ripetuti).
In seguito ad un trauma da caduta
si può riscontrare anche la rottura
della cuffia dei rotatori
(specialmente nei meno giovani).
Ma anche un becco acromiale
aggressivo (conflitto
sottoacromiale) può determinare
una sofferenza dei tendini fino a
rottura per sfregamento (fig.7).
Si parla di condizione patologica
ALPSA (Anterior Labrum
Periostal Sleeve Avulsion) quando
il complesso capsulo-labrale perde
la sua competenza funzionale in
seguito al trauma da lussazione e
l’avulsione del cercine cicatrizza in
posizione mediatizzata sul collo
della glenoide [9].
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ARTRO-RM DELL’ARTICOLAZIONE SCAPOLO-OMERALE
L’artro-rm è considerata la metodica migliore nello studio della patologia
articolare di spalla grazie alla possibilità di acquisire informazioni nei diversi piani
(Trasversale,coronale obliquo,sagittale obbliquo). Essa infatti, offre una buona
valutazione delle lesioni che interessano parti molli,tendini e muscoli della cuffia
dei rotatori,strutture scheletriche e fibrocartilaginee scapolo-omerali.
L’artro-rm differisce dalla risonanza magnetica di base per l’introduzione,poco
prima della procedura, di m.d.c. a base di gadolinio fortemente diluito in una
soluzione fisiologica nella capsula articolare. Per questo motivo l’artro-rm diventa
un esame più preciso e completo ai fini della diagnosi di minutissime alterazioni
che minano l’integrità della struttura capsulo-legamentosa-labrale [10].
Le indicazioni per questo tipo di procedura sono:
• Sospette lesioni del cercine glenoideo;
• Lesioni dei legamenti gleno-omerali;
• Segni clinici di minima instabilità di spalla con RM di base negativa;
• Sospetta capsulite adesiva;
• Sospetta presenza di corpi liberi endoarticolari.
Negli ultimi anni sempre più e con maggiore frequenza molti pazienti vengono
indirizzati dagli specialisti ortopedici verso questa tecnica [11].
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TECNICA DI ESAME
L’apparecchiatura utilizzata nel reparto di Radiologia dell’Ospedale Regionale ca’
Foncello di Treviso, è uno scanner Siemens Magnetom Avanto da 1,5 Tesla, con
sistema di gradienti con ampiezza max. 45mT /m e 18 canali di ricezione. La
bobina utilizzata (fig.8) è una Loop Flex Coil large dedicata per lo studio della
spalla.
Il paziente va posizionato supino sul lettino d’esame con la testa rivolta verso il
gantry e spostato leggermente dal lato opposto a quello in esame. Il braccio della
spalla in esame lungo il corpo in posizione extra-ruotata o leggermente extra-
ruotata e mantenuta o fissata con un sacchetto di sabbia. Effettuato il corretto
fig.8
posizionamento del paziente si acquisisce una sequenza veloce di centratura
anatomica costituita da tre immagini secondo i tre piani ortogonali: trasversale,
coronale e sagittale.
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Fig.9
Fig.10
Fig.11
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Le sezioni assiali (fig.9) vengono impostate sulle immagini coronali
parallelamente all'articolazione acromion-claveare fino al recesso ascellare.
Le sezioni coronali (fig.10) meglio definite coronali oblique vengono impostate
sulle immagini assiali e sagittali, obliquate parallelamente al decorso del margine
della scapola.
Le sezioni sagittali (fig.11) meglio definite sagittali oblique vengono impostate
sulle immagini coronali e assiali, obliquate in senso perpendicolare al decorso del
tendine del muscolo sopraspinoso.
La multiparametricità di questa metodica ci permette di ottenere immagini simil-
anatomiche oppure ad alto contrasto. Ci permette di selezionare un’imaging che
faccia risaltare alcune strutture rispetto ad altre, le strutture in risalto appariranno
bianche rispetto al resto che apparirà nero. La metodica ha di per se un elevato
contrasto rispetto alle altre e questa caratteristica ci permette di risaltare le zone
liquide rispetto a quelle adipose o ancora quelle patologiche rispetto a quelle sane.
Tutto ciò si basa sulla capacità della RM di discernere le diverse strutture atomiche
e molecolari del corpo e di pesare le immagini sulla molecola dell’acqua oppure
sull’adipe (catene lipoproteiche), oppure sulle sulle zone ad alta densità atomico-
molecolare [12].
Le immagini possono essere pesate in:
• T1: il grasso risulta iperintenso (più chiaro rispetto al resto), inoltre avremo
una ottima visualizzazione delle strutture ossee che appariranno “bianche”
oltre che del tessuto adiposo. E’ inoltre ben visibile il sangue.
• T2: l’acqua risulta iperintensa, mentre le strutture adipose appariranno scure.
Siccome molte patologie sono caratterizzate dalla maggiore presenza di acqua
nei tessuti malati, le immagini pesate in T2 evidenzieranno le aree
patologiche come iperintense.
• DP (densità protonica): in questo tipo di sequenza le immagini hanno un
basso contrasto. Le strutture più dense saranno iperintense.
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SCOPI DELLO STUDIO
Questo studio si propone di presentare l’esperienza del nostro reparto sull’esame di
artro-RM di spalla, per il quale abbiamo proposto un protocollo di studio
standardizzato da applicare ad ogni paziente, condotto interamente all’interno della
radiologia, uniformando le procedure: dal consenso informato, alla puntura
articolare, all’esecuzione dell’esame RM.
Il nostro interesse si è rivolto primariamente all’esame artro-RM della spalla, in
quanto si tratta dell’articolazione più frequentemente sottoposta a tale indagine, nel
nostro dipartimento. Con l’intento di omogeneizzare i risultati si è deciso di
prendere in considerazione un’indicazione specifica all’esame: la patologia da
instabilità, che rappresenta l’indicazione più importante all’artro-RM di spalla.
Abbiamo quindi raccolto dati riguardo la compliance dei pazienti, l’efficacia della
iniezione intra-articolare e l’incidenza e la gravità delle complicanze legate alla
procedura; abbiamo descritto le modalità di posizionamento del paziente, i
parametri tecnici delle sequenze e la durata complessiva dell’esame; la qualità
delle immagini prodotte e l’efficacia diagnostica delle stesse è stata giudicata
indipendentemente da due radiologi esperti in patologia dell’apparato
osteoarticolare.
MATERIALI E METODI
Nel periodo di tempo compreso tra il 1 ottobre del 2008 e il 30 settembre del 2010
abbiamo preso in carico tutte le richieste di artro-RM di spalla pervenute
direttamente o indirettamente, attraverso i centri di prenotazione alla nostra unità
operativa (Radiologia Diagnostica ed Interveniva, Ospedale Regionale Ca’
Foncello, ULSS 9 piazza Ospedale 1, Treviso).
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Sono stati considerati eleggibili nello studio tutti i pazienti con indicazione
specifica allo studio artro-RM per instabilità. Sono stati così selezionati 51 pazienti
consecutivi, 38 maschi e 13 femmine; l’età dei pazienti era compresa tra 16 anni e
44 anni con età media di 26,4 anni.
Sono stati esclusi i pazienti la cui richiesta facesse riferimento ad indicazione
diversa dalla instabilità: lesioni da impingement anteriore (7 pz) o impingement
posteriore (3 pz), gangli sinoviali (5 pz) e sospetta capsulite adesiva (1 pz).
Per tre pazienti la richiesta prevedeva indicazione allo studio di entrambe le spalle;
in questi casi l’indagine è stata eseguita in sedute separate prima su una spalla e
successivamente sull’altra. Abbiamo pertanto eseguito un totale di 54 esami.
Ogni paziente ha preventivamente letto e firmato l’informativa di consenso, che
riportava dettagliatamente la descrizione di ogni fase della procedura e tutte le
possibili complicanze della stessa, in accordo con le statistiche riportate dalla
letteratura più recente (inserire voce bibliografica); ogni paziente è stato inoltre
informato che le immagini del proprio esame sarebbero state visionate da due
radiologi per una valutazione qualitativa e utilizzate in veste anonima per uno
studio.
Gli esami sono stati prenotati in sedute dedicate. Ogni paziente è stato invitato a
presentarsi con un anticipo di almeno 20 minuti prima dell’orario previsto, per
poter essere sottoposto all’infiltrazione articolare. Questa procedura è stata
eseguita in una sala radiologica provvista di fluoroscopio. Un carrello è stato
preventivamente allestito prima di ogni esame contenente il seguente materiale:
- Anestetico: una fiala da 10 ml di Mepivacaina cloridrato 10 mg/ml
(Carbosen®), con siringa da 10 ml e ago 20G;
- Mezzo di contrasto jodato idrosolubile: 10 ml di una soluzione al 50% di
Iopamidolo 150 mg/dl (Iopamiro 150 ®) e soluzione fisiologica, con siringa
da 10 ml;
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- Mezzo di contrasto paramagnetico: 10 ml di una soluzione 3:1000 di chelato
di Gadolinio che viene preparata ad inizio seduta ed è composta nel dettaglio
come segue: 0,3 ml di Acido Gadoterico (Dotarem®) in 100 cc di soluzione
fisiologica con aggiunta di 1 cc di Adrenalina (Adrenalin Monico®); la
scelta della specialità farmacologia e della diluizione del Gadolinio è stata
effettuata sulla base della esperienza precedentemente accumulata;
- Ago per la puntura dell’articolazione: ago metallico con mandrino del tipo
ago spinale 20G x 75 mm:
- Antisettico: Iodopovidone (Betadine®);
- Garze sterili;
- Telini sterili.
La puntura dell’articolazione è stata eseguita dallo stesso medico, utilizzando in
tutti i pazienti la medesima tecnica: un approccio anteriore, sotto guida
fluoroscopica secondo una metodica desunta dalla letteratura scientifica (inserire
voce bibliografica); l’identificazione del punto di infissione dell’ago si basa su
precisi reperi anatomici. Si è proceduto innanzitutto al posizionamento del paziente
supino sul lettino radiologico con l’arto superiore in extrarotazione; la stabilità
della posizione è stata facilitata dal posizionamento di una zavorra sulla mano
extraruotata. Il fascio radiogeno viene centrato sull’articolazione gleno-omerale. Il
radiologo traccia una linea immaginaria tra il profilo esterno dell’acromion e il
margine inferiore della glena; il settore della calotta cefalica omerale così isolato
viene suddiviso in tre parti uguali; l’ago deve essere inserito con decorso
perfettamente perpendicolare in un punto che si trova tra il terzo medio ed il terzo
inferiore, 1-2 mm lateralmente al profilo della superficie articolare della testa
omerale [13].
Previa disinfezione della cute della regione sottocoracoidea e anestesia locale dei
piani superficiali sottocutanei e muscolari, si procede all’infissione dell’ago nel
punto descritto; la penetrazione della capsula si avverte come un’improvvisa
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iduzione della resistenza; a questo punto viene rimosso il mandrino e l’ago viene
spinto in profondità per alcuni millimetri curvando medialmente a ridosso della
testa omerale.
Per verificare il corretto posizionamento dell’ago, si iniettano piccole quantità della
soluzione di mezzo di contrasto jodato, radiopaco, che è comprovato dal delinearsi
del profilo della testa omerale; qualora non sia stata rilevata l’opacizzazione della
cavità articolare si deve riposizionare l’ago.
a b c
Fig. 12: La sede precisa per l’inserzione dell’ago all’interno dell’articolazione viene
rigorosamente identificata sull’immagine radioscopica; tracciata una retta tangente al profilo
esterno dell’acromion e al mergine inferiore della glena (a), il punto ideale per l’accesso si trova
un millimetro lateralmente al profilo articolare della testa omerale tra terzo medio e terzo
inferiore (b); la comparsa di un’radiopacità curvilinea tra glena e testa omerale, evidenziata dopo
l’iniezione di una piccola quantità di mezzo di contrasto jodato indica il corretto posizionamento
dell’ago.
Una volta ottenuta la certezza che la punta dell’ago è correttamente posizionato si
procede all’introduzione di circa 10 ml della soluzione di mezzo di contrasto
paramagnetico.
I tempi di scopia sono stati determinati.
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I pazienti sono stati successivamente condotti in sala RM e sono stati sottoposti
all’esame rispettando un unico protocollo di studio predefinito che viene qui di
seguito riportato:
Sequenze
FOV
(mm)
Matrice
TR/TE
(ms)
Slice
(mm)
1. T1 Spin Echo Fat Sat 2 trasversale; 160 224x448 900/10 4.0
2. T1 SpinEcho Fat Sat coronale obliqua; 160 224x448 900/10 4.0
3. T1 Spin Echo Fat Sat sagittale obliqua; 160 224x448 900/10 4.0
4. STIR (Short TI Inversion Recovery)
coronale oblique;
5. T1 Spin Echo coronale Fat Sat in
proiezione ABER 3 ;
180 207x256 3000/40 4.0
180 207x256 900/11 4.0
L’utilizzo delle sequenze con soppressione del tessuto adiposo è fondamentale
nel dimostrare le sedi di diffusione del mezzo di contrasto.
T1 SE TRA FS: consente la valutazione morfologica e quindi patologica della
porzione anteriore e posteriore della glena, del profilo e quindi delle alterazioni
della testa omerale nel caso di fratture da impatto(lesioni di Hill Sachs), del tendine
e del muscolo sottospinato, piccolo rotondo, sottoscapolare, della capsula
articolare, del recesso ascellare, dei legamenti gleno-omerali, del tendine del capo
lungo del bicipite e del profilo osseo della doccia bicipitale.
T1 SE COR FS: consente lo studio del muscolo e del tendine del sovraspinato,
della borsa sub-acromion-deltoidea allorquando questa presenti una distensione
flogistica(le borse sinoviali sono cavità virtuali e perciò non sono visualizzabili),
dell’articolazione acromion-claveare, della porzione superiore e inferiore della
glena, dell’inserzione del tendine del capo lungo del bicipite e del recesso ascellare
con il legamento gleno-omerale-inferiore (LGOI). Queste scansioni dimostrano in
maniera ottimale le lesioni degenerative e le rotture (parziali e incomplete) del
2 Fat Sat: abbreviazione di Fat Saturation.
3 ABducted and Externally Rotated arm
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tendine del sovraspinato e del sottospinato e infine le lesioni della porzione
superiore del cercine glenoideo indicata con l’acronimo “SLAP”(lesion superior
labrum anterior to posterior) [14].
T1 SE SAG FS: consente la valutazione del profilo e quindi delle alterazioni della
glena(visione frontale), del complesso labbro-glenoideo-tendine del capo lungo del
bicipite, dei legamenti gleno-omerali, della cuffia dei rotatori(sezionata nel suo
insieme in senso assiale), della volta osteo-legamentosa formata da clavicola,
acromion, legamento coraco-acromiale e coracoide.
STIR COR OBLIQUA: questa è un tipo di sequenza a soppressione del grasso
dove quest’ultimo apparirà nero. In tal modo si esaltano ancora meglio le lesioni
contusive caratterizzate da iperemia ed edema sopprimendo la parte grassosa del
midollo giallo contenuta all’interno della spongiosa [15].
Con la sequenza ABER (Abducted and Externally Rotated arm) si studia bene
la presenza di patologia capsulo-labbrale e di lesioni incomplete verticali della
cuffia dei rotatori poiché la migliore distensione della capsula articolare, in
particolare della struttura labbro-legamentosa, ci aiuta a delineare le lesioni
irregolari e la loro differenziazione rispetto alle varianti anatomiche, quali i solchi
e i forami sublabbrali, il cui profilo è più nitido e regolare. Si fa portare al paziente
il braccio cranialmente sotto la testa o se la posizione è troppo dolorosa accanto
alla testa. Le scansioni vanno orientate secondo l’asse maggiore dell’omero [16].
Ogni fase della procedura è stata cronometrata. I pazienti sono stati contattati
telefonicamente dopo circa una settimana dall’esecuzione dell’esame per essere
sottoposti ad una breve intervista al fine di rilevare eventuali complicanze legate
alla procedura di infiltrazione articolare.
Per quanto riguarda l’interpretazione delle immagini di risonanza, la valutazione
dell’accuratezza diagnostica dell’artro-RM nei principali quadri patologici, non è
stata considerata tra le finalità di questo studio preliminare. Era invece nostra
intenzione che fosse fornita una valutazione della qualità delle immagini. In
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particolare si è provveduto a far eaminare ogni esame a due radiologi esperti in
radiologia dell’apparato osteo-articolare, indipendentemente, chiedendo loro di
formulare un giudizio di qualità in quattro gradi (1 = scarsa; 2 = sufficiente; 3 =
buona; 4 = ottima) su 5 specifiche strutture anatomiche evidenziabili con artro-
RM: a) labbro cartilagineo; b) ancora labio-bicipitale; c) legamento gleno-omerale
superiore; d) legamento gleno-omerale medio; e) legamento gleno-omerale
inferiore [17].
La valutazione dell’efficacia clinica della metodica richiede il confronto sia con
altre tecniche artro-RM che con l’esame artroscopico e non rientra tra gli scopi di
questo studio preliminare sulla tecnica di indagine.
RISULTATI
Sono stati eseguiti in totale 54 esami artro-RM di spalla utilizzando la medesima
tecnica descritta.
Abbiamo suddiviso l’analisi dei risultati in due principali categorie:
1) dati che riguardano il primo tempo dell’indagine, ossia la tecnica di iniezione
intra-articolare del mezzo di contrasto paramagnetico; in particolare abbiamo
considerato il tempo totale della manovra, il tempo di scopia, la precisione
dell’accesso articolare, gli effetti collaterali e le eventuali complicanze a breve e
lungo termine;
2) dati relativi al vero e proprio esame di risonanza; in particolare abbiamo valutato
le peculiarità tecniche che caratterizzano la conduzione dell’esame, il tempo di
esecuzione e la compliance del paziente; abbiamo inoltre valutato l’efficienza della
metodica nella capacità di rappresentare le strutture anatomiche cartilaginee e
ligamentose. Abbiamo infine fornito una valutazione sommaria dei costi
complessivi dell’indagine.
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1.a) Valutazione della tempistica di esecuzione della puntura articolare sotto guida
fluoroscopica.
La procedura si è svolta interamente in una sala dotata di apparecchio per
fluoroscopia. Il tempo medio di esecuzione dell’intera procedura di infiltrazione
articolare dall’ingresso del paziente nella sala alla sua uscita è stato di 9 minuti e
30 secondi (con un tempo minimo di 6 minuti e 15 secondi a un tempo massimo di
14 minuti e 30 secondi). La maggior parte del tempo viene impiegato
nell’allestimento del campo sterile, mentre il carrello con il materiale viene
preparato dal personale infermieristico prima di ogni procedura.
1.b) Valutazione del tempo di scopia necessario all’esecuzione della procedura.
La guida fluoroscopica è stata ritenuta indispensabile per la precisa individuazione
del punto di accesso articolare, secondo le direttive sopra descritte nel dettaglio;
dopo un rapido centramento dell’articolazione, la scopia è stata utilizzata per il
riconoscimento dei punti di repere radiologici e per verificare la corretta
opacizzazione della cavità articolare. Il tempo medio di scopia è risultato di 12
secondi (con un tempo minimo di 8 secondi ed un tempo massimo di 19 secondi).
Si tratta di un tempo di esposizione ragionevolmente breve per essere ritenuto
trascurabile agli effetti radioprotezionistici, anche in considerazione delle modalità
utilizzate (fluoroscopia pulsata, last fame hold, non ingrandimento).
1.c) Valutazione della precisione dell’iniezione articolare.
Eseguita l’infiltrazione articolare in sala fluoroscopica, il paziente è stato condotto
in sala RM, dove durante l’effettuazione dell’indagine si è provveduto a valutare
l’efficacia della distensione articolare. In 4 casi (7,4% dei pazienti) abbiamo
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verificato la presenza di un significativo stravaso extra-articolare di mezzo di
contrasto, nonostante la metodica di esecuzione della puntura articolare. In questi
casi abbiamo potuto verificare la presenza del mezzo di contrasto all’interno delle
strutture muscolari o a ridosso dell’osso scapolare; tale reperto non era correlato ad
una falla capsulare, ma allo stravaso del liquido lungo il decorso dell’ago; questi
pochi casi si sono comunque verificati nel primo periodo e sono in gran parte
conseguenza della iniziale scarsa confidenza dell’operatore con la manovra. In un
caso abbiamo evidenziato un ampio stravaso di mezzo di contrasto dalla cavità
articolare in relazione alla presenza di una breccia posteriore, da lacerazione
capsulare; in questo caso il mezzo di contrasto ha potuto mettere in luce
direttamente la lesione nella sua gravità. In un altro caso il mezzo di contrasto si è
spanto nello spazio sottobursale per la presenza di una rottura a tutto spessore del
tendine del sovraspinoso, finora misconosciuta.
a b c
Fig. 13: In (a) presenza di mezzo di contrasto paramagnetico in sede extra-articolare in relazione
a stravaso accidentale lungo il decorso dell’ago senza efficace riempimento della cavità
articolare che come si nota non è contrastata. In (b) lo stravaso extra-articolare non è correlato ad
errore procedurale, ma al passaggio di mezzo di contrasto attraverso una breccia articolare
posteriore da rottura della capsula; il mezzo di contrasto in questo caso rileva rettamente la grave
lesione articolare. In (c) il mezzo di contrasto paramagnetico si localizza in corrispondenza dello
spazio sottobursale, e quindi all’esterno della cuffia; in questo caso il reperto si correla a una
lesione a tutto spessore del tendine del sovraspinoso.
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1.d) Valutazione degli effetti collaterali legati alla iniezione intra-articolare del
mezzo di contrasto.
Dolore persistente > 6h dopo la puntura 7 12,9%
Dolore persistente > 6h con necessità di terapia 4 7,4%
Dolore persistente < 6h dopo la puntura 16 29,6%
Dolore persistente < 6h con necessità di terapia 1 1,8%
Crisi vaso-vagale 3 5,5%
Crisi vaso-vagale con perdita di coscienza 1 1,8%
Cefalea lieve 4 7,4%
Nausea (senza vomito) 2 3,7%
Eritema locale 3 5,5%
Parestesie temporanee 6 11,1%
Tabella 1: Elenco degli eventi avversi correlati alla puntura articolare di spalla nella nostra
casistica.
Nel nostro studio abbiamo verificato che il più frequente tra gli effetti collaterali è
il dolore articolare, correlato principalmente all’espansione volumetrica della
capsula articolare, espresso dalla maggior parte dei pazienti come una fastidiosa
sensazione di gonfiore della spalla. Il sintomo è risultato autolimitantesi nell’arco
di qualche ora dall’esecuzione dell’esame (meno di 6 ore); è stato ritenuto di scarsa
rilevanza clinica, in quanto ha avuto bisogno di una terapia analgesica solo in un
caso su 16 pazienti che in totale hanno accusato il disturbo. In 7 pazienti il dolore è
perdurato oltre le 6 ore, pur senza lasciare reliquari oltre le 24 – 36 ore; 4 di questi
7 pazienti hanno avuto bisogno di trattamento farmacologico analgesico; si tratta in
tutti i casi di pazienti nei quali si era verificato un certo grado di stravaso extra-
articolare di mezzo di contrasto. In 4 casi abbiamo registrato la comparsa di pallore
con sudorazione e modico calo pressorio con riduzione della frequenza cardiaca
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(crisi vasovagale), solo in un caso con perdita di coscienza ed in tutti i casi risoltisi
senza necessità di ricorrere a terapia. Altri effetti collaterali sono poco frequenti e
di scarso rilievo clinico (cefalea lieve, nausea senza vomito ed eritema locale). Le
parestesie dell’arto superiore, autolimitantisi, sono verosimilmente correlate
all’anestesia locale.
2.a) Valutazione della tempistica di esecuzione dell’esame RM e della compliance
del paziente.
Come abbiamo visto il protocollo di indagine prevede tre sequenze Spin Echo
pesate in T1, nei tre piani dello spazio, tutte con impulsi di soppressione del
segnale del tessuto adiposo (Fat Sat); si tratta di sequenze che utilizzano una
matrice elevata ed i parametri sono tarati affinchè sia mantenuto elevato il rapporto
segnale/rumore. Date queste premesse è intuitivo comprendere che il tempo
dell’indagine non sia comprimibile oltre certi termini ben precisi. Si deve inoltre
tener conto della necessità di integrare l’esame sia con una sequenza a forte
pesatura T2 (STIR), che con una scansione T1 fat sat in un piano coronale obliquo
a braccio abdotto ed extraruotato (ABER); quest’ultima richiede un cambiamento
di posizione del paziente, la ricollocazione della bobina e l’esecuzione di nuove
scout view. La nostra metodica ha richiesto un tempo medio di esecuzione di 4
minuti e 45 secondi per ogni singola sequenza T1 fat sat, 4 minuti e 15 secondi per
la sequenza STIR e per la sequenza T1 fat sat in ABER; tenuto conto dei tempi di
posizionamento del paziente e dell’impostazione dei pacchetti, l’intera indagine ha
una durata media di 32 minuti.
Riguardo la compliance dei pazienti, non abbiamo verificato problemi particolari,
trattandosi nella stragrande maggioranza di pazienti giovani e motivati che non
hanno avuto difficoltà a seguire le consegne. In alcuni casi però l’incapacità a
mantenere una perfetta staticità ha influenzato sensibilmente la qualità delle
immagini, senza tuttavia in nessun caso pregiudicare le potenzialità diagnostiche.
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2.b) Valutazione qualitativa dell’efficienza della metodica nella capacità di
rappresentare le struttura anatomiche cartilaginee e ligamentose.
Non è stato considerato tra gli obbiettivi di questo studio valutare l’efficacia
diagnostica della metodica: per poter esprimere un giudizio su questo fronte il
nostro protocollo di studio andrebbe infatti confrontato con i risultati
dell’artroscopia, che è considerata l’indagine “gold standard” di riferimento nello
studio dell’articolazione in relazione alla patologia da instabilità. Non esistono
inoltre altri protocolli di studio per l’esame artro-RM valicati, con i quali
confrontare la nostra metodica. Abbiamo pertanto ritenuto che fosse indispensabile
valicare l’utilità dell’esame sulla base di una valutazione qualitativa espressa
indipendentemente da due radiologi già esperti nell’interpretazione di esami artro-
RM, diversi dal radiologo che ha seguito direttamente l’indagine.
I due radiologi hanno valutato la capacità di rappresentazione anatomica delle
strutture rivolgendo la loro attenzione primariamente all’anatomia, alla risoluzione
spaziale e alla risoluzione di contrasto.
Le tabelle 2 e 3 qui di seguito riportate sintetizzano i risultati ottenuti,
rispettivamente per il radiologo a e per il radiologo b, suddividendo il giudizio
espresso dai due lettori in 4 diversi gradi (1 = scarsa; 2 = sufficiente; 3 = buona; 4
= ottima) per le 5 strutture anatomiche fondamentali che sono obbiettivo degli
studi artro-RM.
L’esame dei risultati ha evidenziato sia per le strutture cartilaginee (labbro
glenoideo e ancora labio-bicipitale), che per le strutture ligamentose (legamento
gleno-omerale medio, legamento gleno-omerale superiore e legamento gleno-
omerale inferiore) elevati gradi di giudizio di qualità dell’imaging: 3 (buona) o 4
(ottima). La differenza tra questi due gradi non è del tutto soggettiva: il grado 4 è
stato assegnato agli esami effettivamente capaci di delineare la struttura anatomica
in questione in maniera perfetta, ottimale rispetto agli standard
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dell’apparecchiatura utilizzata e alle nozioni dell’anatomia radiologica e
artroscopica; il grado 3 è riservato alle immagini che sono esenti da difetti
particolari e validamente utilizzabili per la diagnosi, pur non essendo perfette. Per
quanto riguarda il grado 2 (sufficiente) si tratta di immagini sufficienti a formulare
un giudizio diagnostico, pur senza la qualità diagnostica del grado 3, mentre il
grado 1 (scarsa) è stato assegnato agli sudi non rispondenti a canoni di qualità
sufficienti per una diagnostica confidente. Bassi gradi di giudizio sono risultati
relativamente più frequenti per il legamento gleno-omerale superiore e per il
legamento gleno-omerale inferiore.
Radiologo a 1 (scarsa) 2 (suffic.) 3 (buona) 4 (ottima)
Labbro cartilagineo 2/54 (3,7%) 4/54 (7,4%) 18/54 (33,3%) 30/54 (55,5%)
Ancora labio-bicipitale 3/54 (5,5%) 5/54 (9,2%) 20/54 (37,0%) 26/54 (48,1%)
Leg. gleno-omer. medio 3/54 (5,5%) 7/54 (12,9%) 24/54 (44,4%) 20/54 (37,0%)
Leg. gleno-omer. super. 8/54 (14,8%) 13/54 (24,1%) 21/54 (38,8%) 12/54 (22,2%)
Leg. gleno-omer. infer. 6/54 (11,0%) 9/54 (16,6%) 23/54 (42,6%) 16/54 (29,6%)
Tabella 2: Valutazione qualitativa della visualizzazione anatomica delle principali strutture
cartilaginee e ligamentose evidenziabili con l’artro-RM da pare del lettore a.
Radiologo b 1 (scarsa) 2 (suffic.) 3 (buona) 4 (ottima)
Labbro cartilagineo 3/54 (5,5%) 5/54 (9,2%) 17/54 (31,5%) 29/54 (53,7%)
Ancora labio-bicipitale 3/54 (5,5%) 6/54 (11,0%) 21/54 (38,8%) 24/54 (44,4%)
Leg. gleno-omer. medio 4/54 (7,4%) 9/54 (16,6%) 20/54 (37,0%) 21/54 (38,8%)
Leg. gleno-omer. super. 7/54 (12,9%) 11/54 (20,4%) 24/54 (44,4%) 12/54 (22,2%)
Leg. gleno-omer. infer. 5/54 (9,2%) 10/54 (18,5%) 25/54 (46,3%) 14/54 (25,9%)
Tabella 3: Valutazione qualitativa della visualizzazione anatomica delle principali strutture
cartilaginee e ligamentose evidenziabili con l’artro-RM da pare del lettore b.
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Radiologo a /b 1 (scarsa) 2 (suffic.) 3 (buona) 4 (ottima)
Labbro cartilagineo 66,7% 80% 89,4% 93,5%
Ancora labio-bicipitale 100% 83,3% 95,2% 88,5%
Leg. gleno-omer. medio 75% 77,7% 90,5% 90,1%
Leg. gleno-omer. super. 100% 73,3% 77,7% 85,7%
Leg. gleno-omer. infer. 71,4% 75% 82,1% 82,4%
Tabella 4: Concordanza nella valutazione qualitativa tra i due lettori espressa in percentuale degli
esami per i quali il giudizio è risultato identico per ogni singolo grado di qualità.
La tabella 4 illustra le percentuali di concordanza del giudizio espresso dai due
lettori per ogni singola struttura anatomica, per ogni score considerato. Si noti
l’alta percentuale di concordanza in particolare per i gradi elevati. Questo dato, a
nostro giudizio, testimonia l’elevata specificità dell’indagine che permette non solo
una facile riconoscibilità delle strutture anatomiche, ma anche la possibilità di
discriminare facilmente tra variazioni minime della rappresentazione delle stesse.
Una certa variabilità delle percentuali di concordanza per i bassi gradi si deve alla
bassa numerosità degli esami che hanno meritato bassi punteggi.
Come si può facilmente evincere dalle tabelle 2 e 3, l’efficacia nella
rappresentazione anatomica del labbro cartilagineo glenoideo risulta molto elevata;
in più del 50% degli esami eseguiti il giudizio sulla qualità dell’imaging della
cartilagine ha avuto uno score di almeno 4; in almeno l’ 85% dei casi uno score di
3 oppure 4.
Il mezzo di contrasto articolare contorna i profili della cartilagine fibrosa del
labbro e si insinua tra le superfici esterne dello stesso e la capsula articolare che si
inserisce in profondità a livello del collo scapolare e che in presenza del liquido
articolare si scolla dal cercine glenoideo. Il labbro cartilagineo si viene così a
trovare completamente circondato dal mezzo di contrasto, fatto salvo per la base di
inserzione ossea. E’ pertanto possibile così rilevare anche le più fini irregolarità
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morfologiche della cartilagine ed è possibile visualizzare l’eventuale infiltrazione
del mezzo di contrasto nel contesto delle finanche più sottili rime fissurative [18].
a b c
Fig. 14: Labbro cartilagineo normale in scansione assiale (a), in scansione sagittale obliqua (b) e
in scansione coronale obliqua (c) con braccio abdotto ed extraruotato (ABER).
a b c
Fig. 15: Rima di frattura in corrispondenza del labbro cartilagineo glenoideo anteriore (a)
evidenziato dall’infiltrazione del mezzo di contrasto paramagnetico tra il margine periostale della
glena e la fibrocartilagine del labbro; in (b) sottile linea di elevato segnale a livello del cercine
glenoideo posteriore, rappresenta rima di frattura che viene evidenziata anche nella scansione a
braccio abdotto ed extraruotato (ABER).
Pag.31 di 44

Sul piano assiale il labbro ha una morfologia di tipo triangolariforme a larga base
di impianto sulla glena; tale morfologia si altera nelle condizioni degenerative
assumendo contorni più o meno arrotondati che giustificano tra l’altro la riduzione
della capacità contenitiva della testa omerale nella concavità glenoida.
Il mezzo di contrasto articolare ha inoltre permesso di valutare correttamente
l’ampiezza della cavità articolare ed in particolare i punti di inserzione della
capsula; infatti in molti casi l’instabilità della spalla dipende da una eccessiva
lassità delle strutture capsuloligamentose; una capsula ad inserzione profonda ad
esempio può svolgere con assai minore efficacia il proprio ruolo contenitivo sulla
testa omerale.
La corretta visualizzazione dell’ancora labio-bicipitale riveste un ruolo di primaria
importanza in quanto le lesioni del labbro superiore in corrispondenza
dell’inserzione prossimale del tedine del capo lungo del bicipite omerale, sono tra
lesioni più frequentemente coinvolte nella patologia da instabilità. La tecnica da
noi adottata ha dimostrato una accuratezza assai elevata nella dimostrazione
dell’integrità o meno del complesso labio-bicipitale. Questo fattore è quindi
determinante in quanto il radiologo ha la necessità di differenziare le lesioni a tale
livello in gradi diversi di gravità, che a loro volta hanno un impatto clinico e
chirurgico via via crescente. E’ inoltre indispensabile poter distinguere tra le
lesioni vere di origine spesso traumatica e quelle che sono da considerare varianti
anatomiche della norma e che potrebbero costituire dei “falsi positivi”, se non
adeguatamente valutati [19].
Pag.32 di 44

a b c
Fig. 16: L’ancora labio-bicipitale viene ben evidenziata in una scansione coronale (a); l’artro-
RM è in grado di discriminare la conformazione di tale struttura in modo molto fine e permette
di discriminare nell’ambito della normalità anatomica le varianti di sviluppo: in (b) il foramen
sublabrale viene distinto come reperto non patologico; (c) è utile anche valutare l’ancora labio-
bicipitale in scansione assiale.
a b c
Fig. 17: Sottile fissurazione del labbro superiore (a) a livello dell’inserzione bicipitale (lesione
SLAP): si tratta di una delle lesioni più frequentemente riscontrate nei quadri di instabilità di
spalla; in (b) un grado più grave di lesione SLAP e in (c) la fissurazione cartilaginea viene ben
delineata nella sua estensione nella scansione a braccio abdotto ed extraruotato (ABER).
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Il legamento gleno-omerale medio è una struttura fibrosa di rinforzo anteriore della
capsula che si visualizza tra la superficie anteriore della capsula omerale e la
giunzione miotendinea del sottoscapolare. Si tratta di un elemento nastriforme
caratterizzato da segnale marcatamente basso in tutte le sequenze e anche
nell’imaging artro-RM. Il legamento viene valutato in scansione assiale in più
piani, tenendo conto del suo sviluppo che prevale nel senso cranio-caudale e viene
sempre ben rilevato nella scansione sagittale obliqua.
La riconoscibilità del legamento non presenta particolari difficoltà per il suo
spessore. piuttosto cospicuo, e per la sua compattezza. Un utile accorgimento
tecnico nella esecuzione dell’esame RM per consentire un ottimale
rappresentazione del legamento gleno-omerale medio, è quello di posizionare
l’arto superiore con la mano lievemente extraruotata. Un’eccessiva intrarotazione
comporta infatti uno scarso tensionamento del legamento, mentre un’eccessiva
extrarotazione riduce in modo sproporzionato lo spazio articolare anteriore,
riducendo quindi la quota di liquido articolare attorno al legamento [20].
a b c
Fig. 18: Il legamento gleno-omerale medio appare come una struttura ben delineata,
marcatamente ipointensa, disposto anteriormente, che nell’ambito della normalità presenza una
discreta variabilità morfologica e soprattutto di spessore (a,b); essendo piuttosto esteso in senso
longitudinale è fondamentale la sua valutazione nel piano di scansione sagittale (c).
Pag.34 di 44

a b c
Fig. 19: Quadri patologici relativi al legamento gleno-omerale medio: in (a) esso appare
assottigliato e deflesso; in (b) il legamento gleno-omerale medio è interrotto e retratto; in (c)
aspetto patologico del legamento gleno-omerale medio correlato a distacco del cercine
cartilagineo.
Il legamento gleno-omerale superiore è tra le varie strutture ligamentose esplorate
quella che ha dimostrato di essere visualizzata con relativamente maggiori
difficoltà. Questo risultato può essere spiegato dal decorso anatomico del
legamento, che può essere variamente obliquo nei piani dello spazio e pertanto può
risultare sfavorevole la rappresentazione del legamento in ognuna delle tre
sequenze eseguite [21].
a b c
Fig. 20: Legamento gleno-omerale superiore: aspetto normale in scansione assiale (a) e sagittale
obliqua (b) e legamento gleno-omerale superiore slaminato (c) in scansione sagittale.
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Il legamento gleno-omerale inferiore è di importanza determinante nell’esame
artro-RM, in particolare negli esiti di lussazione. A differenza degli altri legamenti,
il legamento gleno-omerale inferiore è in realtà una struttura complessa, composta
da più fasci fibrillari, raccolti in un gruppo anteriore ed un gruppo posteriore,
spesso asimmetrici. La visualizzazione di tale apparato ligamentoso non ha
dimostrato particolari difficoltà di interpretazione, sebbene l’aspetto
fisiologicamente sottile delle fibre non consenta in molti casi di esprimere un
giudizio qualitativo elevato [22].
a b c
Fig. 21: Legamento gleno-omerale inferiore nella rappresentazione delle sue varie componenti
che risultano evidenziabili nei tre piani dello spazio: scansione assiale (a), scansione coronale
obliqua (b) e scansione sagittale obliqua (c).
Pag.36 di 44

DISCUSSIONE
L’instabilità di spalla è una condizione cronicamente dolorosa che affligge nella
maggior parte dei casi soggetti giovani e sportivi e può dipendere da traumatismi
maggiori, come nel caso della lussazione gleno-omerale o più spesso da
traumatismi minori ripetuti che agiscono sulla congruità dei capi ossei; in molti
casi è coinvolta una eccessiva lassità costituzionale dell’apparato capsulo-
ligamentoso.
L’artro-RM è l’indagine diagnostica di elezione nell’instabilità di spalla; si tratta
infatti della tecnica più accurata a disposizione che permette non solo di
identificare la sede delle lesioni cartilaginee o ligamentose, ma anche di studiare la
gravità della malattia e di selezionare i pazienti candidabili all’artroscopia e
all’eventuale riparazione chirurgica [23].
Il nostro studio viene incontro all’esigenza di soddisfare le richieste specialistiche
di esami artro-RM, che in tempi passati sono stati eseguiti nel nostro dipartimento,
in assenza di precise linee guida sulla condotta dell’esame e con standard
qualitativi insoddisfacenti per il clinico.
Il protocollo di esame da noi approntato si basa sulla codifica di tutti i vari step di
esecuzione dell’indagine, partendo dall’infiltrazione articolare del mezzo di
contrasto alla conduzione dell’esame RM, con riferimento in particolare al
posizionamento del paziente, ai parametri tecnici di scansione e al controllo della
qualità delle immagini prodotte.
Per quanto riguarda la puntura articolare e all’ottenimento di un efficace
riempimento della cavità articolare, il nostro protocollo ha dimostrato di poter
risolvere definitivamente le difficoltà insite nella puntura articolare eseguita “alla
cieca”, che si basa su reperi anatomici palpatori e richiede esperienza e manualità.
Per altro anche in mani esperte questo metodo può risultare empirico e non vi è in
ogni caso la sicurezza che l’ago stia iniettando il mezzo di contrasto all’interno
dell’articolazione. Invece il procedimento da noi descritto per la puntura articolare
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sotto guida fluoroscopica ha dimostrato elevata efficacia e precisione, potendo
essere eseguito direttamente dal radiologo, senza particolari difficoltà e
dimostrando di poter portare al valido riempimento della cavità articolare
pressoché in tutti i casi, con una bassissima percentuale di stravaso accidentale.
E’ infatti dimostrato che l’ottimale riempimento dell’articolazione è un
presupposto fondamentale al riconoscimento delle strutture capsulo-ligamentose
[24]. Nel nostro protocollo l’iniezione è avvenuta in tutti i pazienti seguendo un
approccio di ingresso anteriore, indipendentemente dall’indicazione. Non solo non
abbiamo verificato traccia alcuna del percorso dell’ago nelle immagini RM, non
sono state nemmeno riscontrate ripercussioni sull’efficacia della diagnostica delle
componenti articolari anteriori.
L’iniezione intra-articolare del mezzo di contrasto deve avvenire subito prima
dell’esame RM. Infatti il riassorbimento del liquido iniettato all’interno
dell’articolazione avviene in tempi molto rapidi e pertanto, a fronte di un eccessivo
dilungarsi del tempo di attesa tra l’introduzione del contrasto e l’inizio della RM, il
rischio è quello di non avere volume sufficiente per l’ottimale contrastografia
articolare. Questa evenienza può avvenire anche malgrado la presenza di
adrenalina nella soluzione iniettata, che ha per l’appunto il compito di ridurre il
riassorbimento del contrasto, grazie al suo potere vasocostrittore.
Nella prenotazione degli esami artro-RM si deve quindi tenere conto del tempo
necessario per l’esecuzione della puntura articolare; i pazienti sono stati invitati a
presentarsi con sufficiente anticipo rispetto all’orario canonico. Si tenga conto
inoltre della necessità di avere a disposizione di una sala per fluoroscopia. E’
pertanto utile ai fini organizzativi dedicare agli esami RM una seduta dedicata, da
modulare a seconda della frequenza delle richieste che pervengono al servizio.
Sappiamo che l’eventualità della comparsa di eventi avversi legati all’iniezione
intra-articolare del mezzo di contrasto costituisce il maggior pregiudizio da parte
degli “addetti ai lavori”, riguardo questa metodica.
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Nella nostra casistica abbiamo riscontrato una bassa incidenza di eventi collaterali
legati alla metodica, nella maggior parte dei casi imputabili alla distensione
meccanica della capsula (dolore, crisi vaso-vagali); solo in pochi casi il dolore si è
perpetuato oltre le 6 ore e ha necessitato di terapia analgesica. In nessun caso
abbiamo riscontrato le temute complicanze di tipo infettivo. Si attribuisce la
sicurezza della metodica su questo fronte alle condizioni di sterilità messe in atto al
momento della puntura articolare, che evidentemente salvaguardano da
contaminazioni accidentali.
La valutazione delle immagini negli sudi eseguiti ha dimostrato un’elevata qualità
intrinseca del metodo, in considerazione della facilità con la quale sono state
riconosciute le principali strutture articolari coinvolte nella fisiopatologia
dell’instabilità e della possibilità di discriminare anche le piccole differenze
morfologiche e strutturali. Il nostro protocollo comprende scansioni pesate in T1
con saturazione del segnale del tessuto adiposo che a nostro giudizio incrementa la
risoluzione di contrasto e permette di meglio rilevare le alterazioni cartilaginee e
ligamentose. Si è rilevata inoltre una significativa concordanza tra i lettori, nella
valutazione degli esami, a testimonianza del livello di standardizzazione nella
rappresentazione anatomica delle strutture. Riteniamo quindi che un protocollo di
studio standardizzato, in quanto metodo riproducibile, sia in grado di accrescere la
confidenza del radiologo nella diagnosi e riduca il rischio di commettere errori.
La visualizzazione non ottimale delle strutture cartilaginee e ligamentose, che
abbiamo in taluni casi verificato, è da imputare principalmente alla presenza di
artefattualità da movimento che riducono la risoluzione spaziale; in altri casi ad un
non ottimale od incompleto riempimento della cavità articolare [25]. E’ quindi di
fondamentale importanza procedere secondo una tecnica corretta e riproducibile
non solo durante il primo tempo dell’esame, relativo alla infiltrazione articolare,
ma anche nella successiva fase di esecuzione della RM, cercando di agevolare
quanto più possibile, nel posizionamento del paziente, la stabilità della spalla ed
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eventualmente ripetendo la scansione che dovesse risultare alterata o comunque
caratterizzata da risoluzione spaniel non adeguata.
I parametri tecnici scelti per le sequenze artro-RM, con la nostra apparecchiatura
da 1,5T, che sono riportati nella parte relativa a materiali e metodi, sono derivati da
precedente esperienza sullo studio dell’apparato osteomuscolare; secondo il nostro
giudizio sono risultati più che soddisfacenti per ottenere una valida risoluzione di
immagine, come è possibile rilevare anche dall’iconografia presentata.
Nel nostro studio abbiamo verificato che i tempi di esecuzione dell’esame sono di
circa il 50% più lunghi rispetto ad un esame standard della spalla (poco più di 30
minuti), cui naturalmente va aggiunto il tempo necessario per la procedura di
infiltrazione articolare che comunque non aumenta il tempo macchina. Riguardo i
costi dell’esame si fa notare che la soluzione di mezzo di contrasto paramagnetico,
preparata in flacone da 100 cc e pertanto utilizzabile in almeno 10 pazienti, ha un
costo irrisorio, in considerazione della esigua quantità di mezzo di contrasto
utilizzato (0,3 cc). Il costo aggiuntivo per l’esame è quindi da calcolare
principalmente sulla spesa del kit sterile.
Il nostro studio preliminare si è limitato comunque ad un iniziale valutazione della
fattibilità del metodo e della sua efficacia in termini di qualità delle immagini
prodotte. Resta da definire l’effettiva accuratezza del metodo nella diagnosi delle
varie condizioni patologiche che affliggono la spalla instabile: per questa
correlazione è necessario condurre uno studio che possa mettere a confronto i
risultati dei nostri esami con la diagnosi definitiva ottenuta con l’artroscopia.
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CONCLUSIONI
In conclusione abbiamo dimostrato che l’artro-RM di spalla è un esame che può
essere condotto interamente nell’ambito dell’unità operativa radiologica e con un
metodo standardizzato. Il protocollo da noi seguito è in grado di evidenziare con
elevata specificità l’anatomia delle strutture cartilaginee e legamentose
dell’articolazione, grazie al valido ed efficace riempimento della cavità articolare e
grazie all’elevata risoluzione spaziale e di contrasto delle sequenze RM eseguite.
L’interpretazione delle immagini è risultata agevole e riproducibile.
Ulteriori studi di correlazione con i dati dell’artroscopia saranno in futuro utili a
determinare l’effettivo vantaggio di un protocollo di esame standardizzato di
questo tipo.
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