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Diari - Psyco

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arbusti; abbiamo cominciato a incontrare bestiame che pascolava qua e là sul pendio illuminato dal sole, e poi, vicino al<br />

villaggio stesso, abbiamo trovato la fontanella che tanto avevamo desiderato.<br />

Alières è simile a Avants: una quindicina di belle casette, sparse nella vallata verde a distanza abbastanza<br />

grande l'una dall'altra. Lo stesso burrone, in basso, lo stesso torrente, gli stessi narcisi odorosi nei prati, solo più mucche<br />

e bestiame nei prati e nelle radure in mezzo ai boschi. A destra e a sinistra il suono ininterrotto di campanelle, che si<br />

addice così bene agli obliqui raggi mattutini del sole, al verde coperto di rugiada, al profumo dei fiori, della rugiada e<br />

del bestiame.<br />

Sa_a è entrato dal di dietro in una grande casa, accanto alla quale stavamo passando, per chiedere se era un<br />

albergo, e io ho visto davanti un'insegna con l'immagine di un orso e la scritta rotonda: HÔTEL DE L'OURS, À LA<br />

CONFIANCE. La cameriera, alla quale ci siamo rivolti in francese, ha alzato le spalle in segno di rammarico perché<br />

evidentemente non capiva, e noi siamo stati molto contenti di questo, perché ci ha dato la possibilità di far mostra delle<br />

nostre conoscenze di tedesco.<br />

Eravamo già nel cantone di Friburgo.<br />

Ci hanno accompagnato in una sala con tavoli nudi e panche e ci hanno dato pane fresco e latte. Sentivamo<br />

come tostavano e macinavano il caffè che avevamo ordinato. D'altra parte noi eravamo contenti di riposare, e di nuovo<br />

abbiamo cominciato a ridere per niente, come conseguenza del piacere del riposo, e ce ne han dato spunto le scritte sulle<br />

tazze e sui piatti che ci avevano portato. Sulla mia tazza c'era scritto semplicemente Par l'amitié dentro una corona di<br />

lauro, mentre sulla tazza di Sa_a c'era una scritta più lunga: Mon coeur est tout attristé, je pleure en realité. Ma il più<br />

spassoso era un piatto con un bordo azzurro, un'ancora dipinta e in basso una scritta in tedesco: Komm her und küsse<br />

mich. Evidentemente qui cominciano a scontrarsi nelle persone e nelle cose l'elemento francese e quello tedesco. Però il<br />

caffè non era cattivo, era molto a buon mercato e ci venne servito presto, così non faceva ancora caldo quando<br />

c'incamminammo di nuovo per Montbovon, dove intendevamo pranzare e passare la giornata.<br />

La strada andava snodandosi fra prati e boschi, ora in salita, ora in discesa. Proprio sotto Alières abbiamo<br />

raggiunto una donna di quarant'anni passati, che portava sulla schiena una gerla vuota. Camminava con passo regolare,<br />

da cacciatore; noi camminavamo più in fretta e confesso che ho pensato non senza orgoglio come facilmente potevo<br />

superare una montanara; lei forse, guardandoci, avrà pensato: bravi, camminano bene. Sentendo dietro di sé i nostri<br />

passi, la donna si è fatta da parte e ha pronunciato il cantilenante: «Bonjour, monsieur», così abituale sul Lemano. Una<br />

parola dopo l'altra, abbiamo cominciato a parlare, chi era, da dove veniva, dove andava? e, confesso, mi sono<br />

vergognato quando ho saputo che lei, che pensavo di superare, era partita quella mattina da Montreux e aveva fatto in<br />

una sola mattinata il percorso che noi avevamo fatto in due giorni, e era avanti a noi. E non bastava: ha aggiunto come<br />

una cosa naturale che, ecco, lei ora avrebbe caricato trentasei libbre di tela nella gerla e sarebbe tornata il giorno stesso a<br />

Montreux.<br />

Io e Sa_a ci siamo guardati. Che donna! Quando lei, dopo averci augurato buon viaggio, ha preso da una parte,<br />

ho osservato attentamente il suo corpo. Niente di particolare, il tipo consueto di donna lavoratrice che puoi incontrare<br />

con un cappello a forma di bottiglia nei vigneti della Côte, spesso col gozzo sotto il mento, la schiena e il petto piatti, le<br />

lunghe braccia ossute, le gambe storte e l'acido sorriso raggrinzito.<br />

A metà strada abbiamo incontrato con piacere un altro turista, solo molto meno carico: aveva una minuscola<br />

borsetta; mentre io portavo, penso, più di un pud, e ora, dopo aver camminato per i monti per circa venti verste,<br />

cominciavo a essere stanco davvero. Inoltre la strada passava sempre uguale per un bosco di abeti; in compenso c'erano<br />

continui incontri: ora svizzeri tedeschi con grossi bastoni e pipe di porcellana; ora un vecchio canuto che tira una<br />

capretta per le corna, e dietro di lui una graziosa svizzera con le guance rosse e un lungo bastoncello, che saluta i<br />

forestieri abbassando gli occhi; ora due ragazzi, coi pantaloncini retti da una sola bretella traversale, che spingono<br />

chissà dove delle capre, e s'infilano di continuo nel bosco per rimettere sulla strada il gregge disubbidiente; ora due<br />

vecchie storpie che tirano su dal burrone, per la coda, un maiale rosso. Quest'ultimo incontro è avvenuto proprio prima<br />

del villaggio. Il maiale grugniva con stridi acuti, e una vecchia lo tirava per la coda, l'altra, magra, ossuta, col gozzo e<br />

uno strano tic della bocca che le dava un aspetto malvagio, lo picchiava col bastone.<br />

A Sa_a lo spettacolo è parso così buffo, che a stento sono riuscito a trattenerlo dallo sbottare proprio sul naso<br />

della vecchia storpia, con la quale ci siamo incontrati, a naso a naso, sulla via. Ma poi si è sfogato, rantolando,<br />

ansimando, sbuffando e seguitando a ridere fino alla locanda.<br />

Montbovon ci si è presentato, a valle, pittoresco, su un fiume abbastanza ampio, con una grande locanda dalla<br />

facciata cittadina, la chiesa cattolica, e una larga strada carreggiata che, riconosco, ho visto non senza piacere dopo i<br />

sentieri percorsi nella mattinata.<br />

Non eravamo ancora arrivati alla locanda, che già apparivano chiari i caratteri di questa regione cattolica: i<br />

bambini sporchi e stracciati, una grande croce al bivio del villaggio, le scritte sulle case, su un pozzo una statuina di<br />

Madonna dagli orridi colori, un vecchio gonfio con un ragazzetto pieno di pustole che mi hanno chiesto l'elemosina. La<br />

locanda era spaziosa, pulita, fatta con criteri di grandezza e completamente vuota; ci hanno servito in modo eccellente.<br />

La cameriera bernese, belloccia, rivestita e truccata per il nostro arrivo, si sforzava di parlare con noi in francese e senza<br />

necessità accorreva spesso nella nostra stanza. Sarà bene che da noi in Russia non arrivi l'abitudine di avere personale<br />

femminile negli alberghi. Io non sono schifiltoso, ma per me è meglio mangiare in un piatto che, forse, è stato leccato<br />

da uno sguattero, che in un piatto portato da una cameriera impiastricciata e mezzo calva, con gli occhi infossati e con le<br />

dita molli e unte di grasso. Questa signora si chiamava Elisa, ma Sa_a, che guardava nella sala i dipinti raffiguranti la<br />

storia di Genoveffa abbandonata nel bosco e nutrita dalla daina, ha cominciato a chiamarla prima Geneviève, poi

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