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Viaggio nella Mediterraneità - Il racconto della dieta mediterranea

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VIAGGIO NELLA MEDITERRANEITÀ<br />

MITI E SAPORI


INDICE<br />

Premessa . . . . . . pag. 5<br />

La Dieta Mediterranea e la lista UNESCO 7<br />

Convenzione UNESCO per la salvaguardia del patrimonio<br />

culturale immateriale . . . . . 10<br />

<strong>Viaggio</strong> <strong>nella</strong> storia dell’alimentazione . . . 13<br />

I presupposti <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong> . . . 21<br />

Gli studi di Keys . . . . . . 24<br />

La <strong>dieta</strong> di riferimento . . . . . 29<br />

Alimentazione e Salute . . . . . 33<br />

La <strong>Mediterraneità</strong> . . . . . 40<br />

<strong>Viaggio</strong> nei significati <strong>della</strong> <strong>Mediterraneità</strong> . . 43<br />

La Campania . . . . . . 47<br />

<strong>Il</strong> Cilento . . . . . . 49<br />

Ogliastro Cilento . . . . 53<br />

Torchiara . . . . . 56<br />

Lustra . . . . . . 60<br />

Perdifumo . . . . . 62<br />

Casal Velino . . . . . 65<br />

Laureana Cilento . . . . 68<br />

<strong>Viaggio</strong> nei saperi . . . . . 71


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

<strong>Viaggio</strong> nei sapori . . . . . 75<br />

Appendice “ Dichiarazione con cui il Comitato intergovernativo<br />

dell’UNESCO il 16 novembre 2010 ha inserito la Dieta<br />

<strong>mediterranea</strong> <strong>nella</strong> Lista del patrimonio culturale immateriale<br />

dell’Umanità” . . . . . . 77<br />

BIBLIOGRAFIA . . . . . . 79<br />

SITOGRAFIA . . . . . . 80<br />

4


PREMESSA<br />

L’Italia è riconosciuta a livello internazionale come la culla <strong>della</strong><br />

buona cucina e come terra di eccellenti produzioni agroalimentari.<br />

Ciò è stato dimostrato con il riconoscimento <strong>della</strong> Dieta<br />

Mediterranea quale patrimonio immateriale dell’Unesco.<br />

L’Italia, infatti, è un paese nel quale la cucina è solo un altro<br />

aspetto <strong>della</strong> diversità culturale. Questa diversità deriva in gran<br />

parte dal patrimonio rurale e dalle differenze geografiche che<br />

hanno creato una miriade di ambienti naturali e prodotto<br />

innumerevoli tipicità enogastronomiche. Le Tradizioni locali, che<br />

risultano essere il risultato di complessi sviluppi storici, sono state<br />

influenzate fortemente dalle abitudini locali. In un Paese tanto<br />

vario, è impossibile definire uno stile “italiano” di cucina; in esso il<br />

cibo tradizionale è ancora al centro <strong>della</strong> identità culturale di ogni<br />

regione e gli italiani dimostrano attaccamento alla propria<br />

identità che rimane, quindi, prevalentemente regionale.<br />

I prodotti tipici e la gastronomia sono una delle eccellenze italiane<br />

all’estero. L’inserimento <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong> <strong>nella</strong> lista del<br />

patrimonio immateriale dell’Unesco fornisce una forte spinta per<br />

le azioni a tutela che si devono intraprendere per evitare che vi<br />

sia un depauperamento di queste risorse.<br />

L’attenzione per i prodotti agroalimentari e per la gastronomia<br />

del Mediterraneo è ravvisabile nelle prime note dei viaggiatori<br />

del Grand Tour che, dalla seconda metà del XVIII secolo,<br />

varcarono le Alpi per giungere nel Bel Paese. Un esempio è il<br />

“Leaves from our tuscan Kitchen” <strong>della</strong> nobildonna Janet Ross, un<br />

volume in cui la Ross inserì alcune ricette di cucina vegetariana. È<br />

stata, però, Elisabeth David che, per prima, nel suo libro “Book of<br />

5


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

<strong>mediterranea</strong>n Food”, ha associato il termine mediterraneo alla<br />

gastronomia.<br />

Questo piccolo volume vuole essere un diario di viaggio nelle<br />

tipicità agroalimentari delle aree campane che hanno avuto il<br />

merito di gettare le basi per l’identificazione <strong>della</strong> Dieta<br />

Mediterranea. <strong>Il</strong> viaggio si estrinseca nei saperi e nei sapori delle<br />

civiltà contadine: nelle tradizioni, nel folklore oltre che nei cibi.<br />

6<br />

Vincenzo Pepe<br />

Presidente Fondazione Giambattista Vico<br />

L’idea progettuale è nata dalla volontà di valorizzare il territorio<br />

e il patrimonio socio-culturale dell’area a sud <strong>della</strong> provincia di<br />

Salerno, tenendo conto che la Campania è la regione che vanta il<br />

maggior numero di siti UNESCO al mondo. In sinergia con i sindaci<br />

dei comuni di Torchiara, Lustra, Laureana C.to, Perdifumo e Casal<br />

Velino, intendiamo farci promotori di un percorso che condurrà<br />

alla “riscoperta <strong>della</strong> terra del Mito”, un territorio carico di storia<br />

e tradizioni secolari, oltre che di un grande patrimonio<br />

immateriale, quello <strong>della</strong> Dieta Mediterranea che affonda le sue<br />

origini <strong>nella</strong> storia del nostro paese.<br />

Michele Apolito<br />

Sindaco di Ogliastro Cilento


LA DIETA MEDITERRANEA E LA LISTA UNESCO<br />

La Dieta Mediterranea rappresenta un insieme di competenze,<br />

conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla<br />

tavola, includendo le colture, la raccolta, la pesca, la<br />

conservazione, la trasformazione, la preparazione e, in<br />

particolare, il consumo di cibo. La Dieta Mediterranea è<br />

caratterizzata da un modello nutrizionale rimasto costante nel<br />

tempo e nello spazio, costituito principalmente da olio di oliva,<br />

cereali, frutta fresca o secca, verdure, una moderata quantità di<br />

pesce, latticini e carne, il tutto accompagnato da vino o infusi,<br />

sempre in rispetto<br />

delle tradizioni di<br />

ogni comunità.<br />

<strong>Il</strong> termine “Dieta” si<br />

riferisce all’etimo<br />

greco “stile di vita”,<br />

cioè all’insieme delle<br />

pratiche, delle<br />

rappresentazioni,<br />

delle espressioni,<br />

delle conoscenze,<br />

delle abilità, dei<br />

saperi e degli spazi<br />

culturali, attraverso i<br />

quali, le popolazioni del Mediterraneo hanno creato e ricreato,<br />

nel corso dei secoli, una sintesi tra l’ambiente culturale,<br />

l’organizzazione sociale, l’universo mitico - religioso e il cibo. La<br />

prestigiosa lista dell’UNESCO, che raccoglie gli elementi del<br />

patrimonio culturale immateriale considerati rappresentativi<br />

dell’umanità, constava di 166 elementi (tra cui il Tango argentino<br />

7


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

e la calligrafia cinese) di cui due italiani: l’Opera dei Pupi siciliana<br />

e il Canto a tenore sardo. La Dieta Mediterranea si va perciò ad<br />

aggiungere, agli altri due, come terzo elemento italiano.<br />

Le Nazioni che hanno promosso l’inserimento <strong>della</strong> Dieta<br />

Mediterranea <strong>nella</strong> lista del patrimonio immateriale Unesco sono<br />

l’Italia, la Spagna, il Marocco e la Grecia. L’iter è stato lungo e<br />

farraginoso ma con la firma <strong>della</strong> "Dichiarazione di Chefchaouen"<br />

le quattro comunità “Soria” (Spagna), “Koron” (Grecia), “Cilento”<br />

(Italia) e “Chefchaouen” (Marocco), supportate dai rispettivi Stati<br />

di appartenenza e nel quadro <strong>della</strong> Convenzione per la<br />

Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale UNESCO del<br />

2003, continueranno così a riconoscere ed a diffondere il ruolo<br />

<strong>della</strong> Dieta Mediterranea come fattore di prossimità, di dialogo<br />

interculturale, di interscambio, di comprensione reciproca, di buon<br />

vicinato e di cooperazione.<br />

Corone o Koroni (in greco: Κορώνη) si trova<br />

<strong>nella</strong> regione greca <strong>della</strong> Messenia, affacciata<br />

sul mare del primo dei profondi golfi che si<br />

insinuano tra le dita del Peloponneso. <strong>Il</strong><br />

territorio di questa piccola località è il tipico<br />

ambiente mediterraneo asciutto e assolato,<br />

ricoperto di olivi, macchia <strong>mediterranea</strong> e piccoli orti coltivati in<br />

terrazzamenti, tecnica molto usata nel bacino mediterraneo.<br />

Chefchaouen è una città del Marocco <strong>nella</strong> regione di Tangeri-<br />

Tètouan. Gli abitanti appartengono alle tribù berbere del Rif e<br />

arabi. La città nasce nel lontano 1472, quando esuli provenienti<br />

dall’Andalusìa scelsero questa magnifica posizione geografica<br />

all’interno <strong>della</strong> catena montuosa del Rif. È anche chiamato<br />

villaggio azzurro per le caratteristiche case bianche e blu.<br />

8


orientale.<br />

<strong>Il</strong> Cilento è una sub-regione montuosa<br />

che occupa tutta la parte meridionale<br />

<strong>della</strong> Provincia di Salerno, fino al<br />

confine con la regione Basilicata. <strong>Il</strong><br />

territorio cilentano si presenta molto<br />

eterogeneo, ma con due aspetti<br />

principali: prevalenza di zone collinari<br />

e di media montagna <strong>nella</strong> parte<br />

centrale e di rilievi più alti <strong>nella</strong> parte<br />

Soria è un comune spagnolo di 38.004 abitanti situato <strong>nella</strong><br />

comunità autonoma di Castiglia e Leon, alla destra del fiume<br />

Duero, a 7 km dall'antica Numancia, in un paesaggio aspro e<br />

ondulato entro un'ampia gola fra<br />

le due colline del Miron a nord e<br />

del Castello a sud. La città si<br />

estende dal confine naturale del<br />

fiume elevandosi verso ovest. È una<br />

pittoresca cittadina ricca di<br />

monumenti romanici, già importante<br />

nel Medioevo per la sua posizione<br />

strategica che la poneva al confine fra i vari regni spagnoli. È<br />

sede vescovile con Burgo de Osma (diocesi di Osma-Soria). È<br />

argomento del poema “La tierra de Alvar Gonzales” del celebre<br />

poeta e letterato spagnolo Antonio Machado Ruiz (1875-1936),<br />

che visse a Soria e fu uno degli esponenti <strong>della</strong> cosiddetta<br />

"Generazione del ‘98". Sostenitore dei Repubblicani fu inviso ai<br />

Franchisti e morì in esilio. L'economia <strong>della</strong> provincia di Soria si<br />

basa sull'agricoltura e sul turismo.<br />

9


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

CONVENZIONE UNESCO PER LA SALVAGUARDIA DEL<br />

PATRIMONIO CULTURALE IMMATERIALE<br />

“L’un des effets les plus bénéfiques de la<br />

Proclamation des chefs-d’oeuvres du<br />

patrimoine oral et immateriel de l’humanité<br />

est de preserver l’intégrité du sens de<br />

chaque activité selectionnée. Ce ne sont pas<br />

seulement les objets utilisés ou les<br />

événements singuliers qui sont reconnus, mais<br />

également leur evolution historique et le rôle joué par ceux qui les<br />

créent, les représentent ou les exposent. Une telle reconnaissance<br />

globale devient un hommage à l’action culturelle contemporaine,<br />

quel que soit le contexte culturel particulier où celle-ci se produit. La<br />

voie est alors ouverte à l’élaboration d’une nouvelle ‘cosmoculture’,<br />

c’est-à-dire à la mise en perspective globale des formes de création<br />

et de communication humaines en constante évolution”<br />

10<br />

Lourdes Arizpe, Antropologa messicana<br />

Vice-Direttrice generale per la Cultura dell’UNESCO dal 1994<br />

Presidente del Conseil international des sciences sociales – ISSC dal 2002<br />

tipologica precisa.<br />

Nell’ambito del patrimonio culturale, i<br />

beni non tangibili o immateriali<br />

riguardano in special modo le tradizioni<br />

trasmesse per via orale, attraverso il<br />

linguaggio verbale e il linguaggio del<br />

corpo. Si tratta di beni di cui non è<br />

sempre agevole dare una identificazione


La Convenzione UNESCO per la Salvaguardia del patrimonio<br />

culturale immateriale è stata approvata il 17 ottobre 2003 dalla<br />

Conferenza Generale dell’UNESCO. È entrata in vigore alla<br />

quarantesima ratifica, il 30 aprile 2006. È stata ratificata<br />

dall’Italia il 27 settembre 2007, con Legge n. 167 . L’Italia è<br />

attualmente membro del Comitato Intergovernativo <strong>della</strong><br />

Convenzione e lo resterà fino al 2012. Tra i suoi principali<br />

obiettivi, la Convenzione intende salvaguardare gli elementi e le<br />

espressioni del Patrimonio Culturale Immateriale, promuovere (a<br />

livello locale, nazionale e internazionale) la consapevolezza del<br />

loro valore, assicurare che tale valore sia reciprocamente<br />

apprezzato dalle diverse comunità, gruppi e individui interessati e<br />

incoraggiare le relative attività di cooperazione e sostegno su<br />

scala internazionale (articolo 1).<br />

Ai fini <strong>della</strong> Convenzione, il patrimonio immateriale è descritto<br />

come “le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze,<br />

il know-how come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli<br />

spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in<br />

alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro<br />

patrimonio culturale” (articolo 2).<br />

11


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

12<br />

Gli ambiti del<br />

patrimonio immateriale<br />

sono i seguenti<br />

(articolo 2.2):<br />

a) tradizioni ed espressioni orali (compreso il linguaggio in quanto<br />

veicolo del patrimonio culturale immateriale);<br />

b) arti dello spettacolo;<br />

c) consuetudini sociali, eventi rituali e festivi;<br />

d) cognizioni e prassi relative alla natura e all’universo;<br />

e) l’artigianato tradizionale.


VIAGGIO NELLA STORIA DELL’ALIMENTAZIONE<br />

L’alimentazione ha sempre accompagnato la vita e l’evoluzione<br />

culturale dell’uomo. Alcuni affermano che il progresso <strong>della</strong> civiltà,<br />

come quello del cibo, nasca ad Oriente per spostarsi verso<br />

Occidente, infatti i reperti ed i manoscritti certificano che nelle<br />

regioni a Sud del Caucaso, circa nel 6000 a.C., nascevano le<br />

prime grandi civiltà urbane e le prime varietà di cereali, di frutta<br />

fresca, e frutta secca. Infatti, è proprio nell’area oggi definita<br />

“Mezza Luna Fertile” che nascono le prime produzioni di piante<br />

aromatiche e le prime forme di allevamento di ovini e bovini.<br />

Alimentazione primitiva<br />

I primi uomini si nutrivano in modo molto frugale cibandosi di<br />

frutta, radici e carne cruda; col passare del tempo l’uomo diventò<br />

pastore e poi agricoltore. Imparò ad accendere il fuoco e<br />

cominciò a far arrostire le carni e ad abbrustolire i semi e le<br />

bacche.<br />

Le carni o i semi erano cotti direttamente sulla brace o sulla cenere<br />

e arrostiti su pietre riscaldate. L’uomo imparò anche ad utilizzare il<br />

miele e il sale per migliorare il gusto dei cibi.<br />

Alimentazione egiziana<br />

L’alimentazione egiziana si basava essenzialmente sui cereali, in<br />

particolare il grano, oltre che su carne, latticini, verdura e frutta.<br />

Grazie al grano, agli antichi abitanti dell’Egitto spetta il merito di<br />

aver inventato il pane. Gli egiziani davano da mangiare anche ai<br />

morti perché pensavano che ritornassero in vita. Un alimento che<br />

13


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

non mancava mai era il pane, mentre la bevanda base era la<br />

birra. In una tomba del 2700 a. C. fu scoperto, nel 1939, un vero<br />

e proprio banchetto servito in piatti di terracotta. <strong>Il</strong> cibo si era<br />

conservato per 5000 anni. Le portate erano: pane, vino, pesce,<br />

quaglia, formaggio, fichi, dolci. In alcuni papiri con “insegnamenti<br />

morali” si leggono, infatti, delle massime molto significative e<br />

anche molto attuali, come “Non ti abbuffare di cibo: chi lo fa avrà<br />

la vita abbreviata”, oppure “È gran lode dell’uomo saggio<br />

contenersi nel mangiare”, o infine “E’ meglio stentare dalla fame<br />

che morire d’indigestione”.<br />

Alimentazione mesopotamica<br />

Nell’antica Mesopotamia vivevano i Sumeri, gli Assiri e i Babilonesi<br />

che si cibavano di cereali, ortaggi, frutta, pesce, carne di pollo,<br />

maiale, fagiani e funghi. La bevanda base era ancora una volta<br />

la birra.<br />

L’elenco dei cibi consumati da questi popoli era assai vario, tra<br />

questi troviamo il latte, il miele, l’ olio d’oliva, il burro, lo strutto e,<br />

probabilmente, veniva usato anche il sale per dar sapore ai cibi.<br />

Una particolarità: mangiavano la cavalletta.<br />

<strong>Il</strong> popolo mesopotamico andava a tavola due volte al giorno. I<br />

ricchi organizzavano anche lauti banchetti, i commensali<br />

mangiavano su vassoi in camera, sul divano, all’ingresso, in<br />

giardino e l’unica posata usata era il coltello.<br />

Alimentazione dell’antica Grecia<br />

Gli antichi Greci mangiavano seduti, il re sul trono e i convitati<br />

sedevano per terra, tutt’intorno. Col tempo, anche loro presero<br />

l’abitudine di mangiare sdraiati, non tutti però, infatti le donne, i<br />

ragazzi o i servi mangiavano seduti in segno di sottomissione. A<br />

14


quel tempo presero anche l’abitudine di lavarsi le mani prima di<br />

iniziare il pasto. I cibi consumati dai Greci erano cereali, olive,<br />

ortaggi, frutta, pesci e crostacei. La bevanda base era il vino<br />

annacquato.<br />

Alimentazione etrusca<br />

Gli Etruschi mangiavano due volte al giorno, le loro tavole erano<br />

riccamente imbandite. Le donne cenavano semisdraiate insieme<br />

agli uomini. Le pietanze erano focacce, minestre di cereali,<br />

verdure e selvaggina. La tavola dei poveri era, però, molto più<br />

frugale di quella dei ricchi.<br />

Alimentazione dell’impero romano<br />

Alle origini, la base dell’alimentazione romana fu la polenta. La<br />

“puls” (polenta) romana era preparata con farina di farro cotta in<br />

acqua e sale. Col trascorrere del tempo e l’incontro con altre<br />

civiltà la cucina romana divenne più ricca; iniziarono ad essere<br />

consumati pesce, vino, olio, ortaggi e vari tipi di carne. Durante la<br />

conquista dei Balcani, conobbero il coniglio e iniziarono ad<br />

allevarlo in Italia; inoltre, in Asia, essi avevano conosciuto la<br />

ciliegia, l’albicocca, il cocomero, il limone e, dall’Africa, avevano<br />

importato il melone. I Romani consumavano tre pasti al giorno:<br />

colazione, pranzo e cena.<br />

<strong>Il</strong> pasto più lungo, che nelle case dei ricchi poteva durare diverse<br />

ore, era la cena. Anche presso i Romani vi era l’usanza di desinare<br />

stando semisdraiati su divani chiamati triclini.<br />

La gente comune aveva abitudini assai diverse: mangiava per<br />

strada, senza orari e senza regole. La povera gente mangiava<br />

pane e poco companatico, ad esempio pesce conservato in<br />

salamoia.<br />

15


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

Per le strade romane numerosi erano i venditori ambulanti che<br />

vendevano bibite, salsicce, olive, acciughe, pizzette, dolci.<br />

Alimentazione nel Medioevo<br />

L’alimentazione degli uomini ricchi nel Medioevo era a base di<br />

carne ed era normale mangiare carne e pesce.<br />

Nei giorni di festa si portavano arrosti giganteschi su enormi piatti<br />

d’argento. Un’altra caratteristica <strong>della</strong> cucina medioevale fu<br />

quella di unire il salato al dolce e di adoperare molte spezie. Una<br />

delle più usate era lo zafferano adoperato in cucina per<br />

conservare i cibi, ma anche dai pittori per fare il colore giallo e<br />

dalle signore per rendere lucidi i capelli.<br />

Nel medioevo si perse l’usanza di mangiare sdraiati, infatti, i<br />

commensali erano seduti su panche di legno.<br />

La via delle spezie<br />

Nel XV secolo tutti i popoli che avevano commerci marittimi<br />

cercavano nuove vie per raggiungere le spezie. A quei tempi le<br />

spezie erano preziose come l’oro perché aiutavano a prolungare<br />

la conservazione dei cibi e mascheravano l’odore <strong>della</strong> carne un<br />

po’ troppo frollata.<br />

Anche Colombo partì alla ricerca delle spezie. Al ritorno dai suoi<br />

viaggi, in realtà, non portò molte spezie in Europa, ma tanti altri<br />

prodotti. Tra questi il mais. In quelle terre lontane la farina di mais<br />

era usata per preparare il pane, delle focacce chiamate tortillas.<br />

Gli antichi abitanti delle Americhe, i Maya e gli Aztechi<br />

mangiavano mais, piselli, pomodori, peperoni e nelle acque dei<br />

laghi catturavano rane, gamberetti, girini, insetti acquatici e larve<br />

di cui si cibavano.<br />

16


Queste popolazioni si nutrivano molto frugalmente, ma ogni giorno<br />

alla tavola dell’imperatore venivano servite più di trecento<br />

portate e ogni pasto si concludeva con il cacao.<br />

<strong>Il</strong> Pomodoro: una rivoluzione<br />

I prodotti importati dal nuovo mondo, col passare del tempo,<br />

introdussero una vera e propria rivoluzione alimentare:<br />

immaginate la pasta condita senza usare il pomodoro? Eppure<br />

fino al 1800 la pasta era condita con formaggio o spezie.<br />

Epoche Tipologia di alimentazione<br />

La scoperta del<br />

fuoco<br />

Fine dell’ultima<br />

glaciazione<br />

Formazione di<br />

villaggi umani<br />

estesi<br />

Fondazione <strong>della</strong><br />

città fortificata di<br />

Gerico<br />

30.000<br />

anni fa<br />

10.000<br />

a.C<br />

9.000<br />

a.C<br />

8.500<br />

a.C.<br />

8.000<br />

a.C<br />

6.000<br />

a.C.<br />

Primi esempi di carni cotte<br />

La caccia specializzata<br />

Prime tracce di orticultura<br />

Coltivazione di grano e orzo <strong>nella</strong><br />

mezza luna fertile<br />

Domesticazione degli ovini in Medio<br />

oriente e dei suini in Cina<br />

Domesticazione dei polli nel sud-est<br />

5.500 Prime coltivazioni di riso in Cina<br />

17


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

18<br />

Prime civiltà sul<br />

fiume Giallo<br />

Fondazione di<br />

Uruk (attuale<br />

Iraq)<br />

Civiltà megalitica<br />

del mediterraneo<br />

Apogeo <strong>della</strong><br />

civiltà egizia<br />

Prime colonie<br />

greche in Italia<br />

Scoperta <strong>della</strong><br />

rotta per l’Asia<br />

dal Mar Rosso<br />

all’India<br />

Invasioni<br />

Barbariche<br />

Spopolamento<br />

delle città<br />

Invenzione<br />

dell’aratro<br />

pesante in<br />

a.C<br />

5.000<br />

a.C<br />

4.000<br />

a.C<br />

3.500<br />

a.C<br />

3.000-<br />

2.000<br />

a.C<br />

VIII sec<br />

a.C<br />

II sec.<br />

a.C<br />

III-IV sec<br />

d.C<br />

Domesticazione dell’ulivo in Medio<br />

Oriente<br />

Coltivazione del Mais in America<br />

Produzione birra e vino da parte degli<br />

egizi<br />

Diffusione dell’ulivo in Italia<br />

Boom delle spezie d’oriente<br />

V-X sec Diffusione del consumo di cacciagione e<br />

delle colture di avena e segale<br />

VIII Essiccazione del merluzzo da parte dei<br />

Vichinghi<br />

XI sec. Crescita dell’agricoltura in Europa


Francia<br />

Scoperta<br />

dell’America<br />

La rivoluzione<br />

industriale in<br />

Inghilterra<br />

L’esercito<br />

napoleonico<br />

sconvolge<br />

l’Europa<br />

Luis Pasteur<br />

studia e descrive<br />

i processi di<br />

fermentazione e<br />

pastorizzazione<br />

Gli Stati Uniti<br />

conquistano la<br />

1492<br />

1500 L’avvento del mais che sostituisce il<br />

miglio- la nascita <strong>della</strong> polenta<br />

1530-<br />

1585<br />

Prime piantagioni di canne da zucchero<br />

Arrivo del tè a Lisbona<br />

Arrivo a Venezia del caffè da<br />

Costantinopoli<br />

Primo cacao in Europa proveniente<br />

dall’America<br />

1600 <strong>Il</strong> Pomodoro arriva in Italia<br />

1700 Dal Portogallo il tè si diffonde in<br />

Olanda, Germania, Inghilterra<br />

<strong>Il</strong> caffè dall’Italia si diffonde in Francia<br />

1800 Federico il grande fa <strong>della</strong> patata il<br />

cibo base dei tedeschi<br />

1810-<br />

1860<br />

<strong>Il</strong> francese Nicolas Appert inventa il<br />

metodo per la conservazione sottovuoto<br />

<strong>Il</strong> tedesco Justus von Liebig inventa<br />

l’estratto di carne<br />

1950 Si aprono i primi fast food in Europa<br />

19


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

20<br />

supremazia<br />

economica in<br />

occidente<br />

Finisce la guerra<br />

fredda<br />

1989 La globalizzazione cambia le abitudini<br />

alimentari dei consumatori


I PRESUPPOSTI DELLA DIETA MEDITERRANEA<br />

<strong>Il</strong> primo a intuire (nel 1939) un legame<br />

tra il cibo e malattie come il diabete, la<br />

bulimia, l’obesità, fu il medico<br />

nutrizionista genovese Lorenzo Piroddi,<br />

“padre” <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong>, che<br />

scriveva:<br />

“Cucina Mediterranea. Ingredienti, principi<br />

dietetici e ricette al sapore di sole”<br />

Qualche anno dopo lo scienziato<br />

americano Ancel Keys notò che le<br />

malattie delle coronarie erano poco frequenti tra gli abitanti del<br />

Cilento e dell’isola di Creta, nonostante l’alto consumo di olio<br />

d’oliva, ed avanzò l’ipotesi che ciò fosse da attribuire<br />

all’alimentazione caratteristica di quelle aree geografiche.<br />

Con il finire degli anni ‘50 del novecento, studi accurati<br />

dimostrarono la stretta relazione fra alimentazione e salute.<br />

Nell’ambito di questi studi si individuò nelle abitudini alimentari<br />

degli italiani un modello equilibrato capace di prevenire i disturbi<br />

cardiovascolari tipici delle società più evolute.<br />

La <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong> è stata quindi definita come cultura<br />

alimentare <strong>mediterranea</strong><br />

“una cultura che non esaurisce la propria dimensione nel piatto, ma<br />

che la allarga a comprendere ambienti e stili di vita”<br />

La coltivazione dei prodotti alimentari ha infatti determinato,<br />

grazie al lavoro di generazioni, la trasformazione del Paesaggio<br />

21


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo: grano, pomodoro,<br />

olio e vite sono “marcatori” di specifici ambienti naturali pregiati<br />

che ancor oggi caratterizzano le<br />

colline e le pianure in un sapiente<br />

equilibrio ambientale conservato per<br />

millenni. <strong>Il</strong> grano, il pomodoro, l’olio e<br />

la vite sono anche portatori di<br />

significati trascendenti la pura<br />

materialità, legati come sono alla<br />

religiosità dei popoli ed ai loro riti,<br />

alla convivialità e alla identità stessa<br />

di genti e paesi. <strong>Il</strong> termine “<strong>dieta</strong>”<br />

non deve essere visto solo in base ai<br />

suoi valori nutrizionali, ma soprattutto per la storia dei popoli, la<br />

cultura materiale, la tutela del paesaggio, la biodiversità, la<br />

dimensione sociale e rituale del cibo, le regole di vita e di<br />

comportamento.<br />

<strong>Il</strong> concetto di <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong>, dunque, si pone come anello di<br />

congiunzione tra passato e presente, e si presta a essere salvifica<br />

chiave di lettura per la modernità volta al recupero di un<br />

consapevole rapporto con il cibo e di uno stile di vita che<br />

considera il pasto un atto sociale, oltre che gastronomico, poiché la<br />

condivisione del cibo è una manifestazione tangibile degli affetti,<br />

dei valori e delle relazioni interpersonali più significative.<br />

Nel novembre 2010 l’UNESCO, ha inserito<br />

la DIETA MEDITERRANEA <strong>nella</strong> lista del<br />

Patrimonio Culturale immateriale<br />

dell’Umanità, riconoscendo e dichiarando i<br />

valori da tutelare e promuovere, che<br />

appartengono ad uno stile di vita millenario.<br />

Anche se risulta complesso rintracciare un sistema gastronomico nel<br />

Mediterraneo, molto facile è identificare la matrice comune <strong>della</strong><br />

22


struttura alimentare e nutrizionale delle popolazioni del bacino<br />

mediterraneo, poiché le materie prime sono pressoché le stesse<br />

(cereali, olio di oliva, vegetali, latticini e pesce.)<br />

Si può quindi identificare un modello alimentare che alla base è<br />

omogeneo e che nelle singole declinazioni locali esprime al meglio<br />

il proprio potenziale.<br />

<strong>Il</strong> predetto valore è dovuto dalle ideali condizioni climatiche:<br />

regime pluviometrico modesto, concentrazione delle precipitazioni<br />

nei mesi autunnali e invernali, lunghe estati calde e secche. L’area<br />

inoltre è composta da tre ecosistemi complementari: mare,<br />

piattaforma continentale, pianure costiere o situate in prossimità di<br />

corsi d’acqua. Senza dimenticare che gli scambi ed i traffici<br />

commerciali avvenuti in zone produttive dissimili hanno<br />

comportato la contaminazione degli alimenti e, quindi, hanno<br />

realizzato le peculiarità <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong> che la<br />

rendono unica ed inimitabile.<br />

Le ricerche condotte da Keys hanno posto sotto l’analisi<br />

internazionale la validità del modello alimentare mediterraneo.<br />

<strong>Il</strong> mediterraneo non deve considerarsi esclusivamente come<br />

“giardino delle delizie”, ma come vero e proprio bacino per la<br />

riscoperta di tradizioni legate alla gastronomia ed alla cultura.<br />

Era la gente contadina, la gente umile a mangiare alla<br />

<strong>mediterranea</strong>, non le classi agiate, che avevano una alimentazione<br />

a base di carni rosse e grasse. Mangiare i piatti tipici del<br />

mezzogiorno di Italia significa degustare le pietanze e<br />

soprattutto immergersi in un crogiolo di sapori, storie, profumi,<br />

gusto.<br />

23


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

24<br />

GLI STUDI DI KEYS<br />

" pasta in many forms, leaves sprinked with<br />

olive oil, all kinds of vegetables in season, and<br />

often cheese, all finished off with fruit and<br />

frequently was-hed down with wine"<br />

A. Keys<br />

Ancel Keys è uno degli scienziati più importanti <strong>della</strong> nostra<br />

epoca. È stato un precursore nel considerare che “uno studio<br />

adeguato sul genere umano” bisognasse svolgersi “fra gli esseri<br />

umani”. È diventato padre fondatore di una nuova biologia umana<br />

quantitativa che ha chiamato l’igiene fisiologica. Ha sviluppato le<br />

misure obiettive per osservare le strutture del corpo e la loro<br />

funzione, i cambiamenti nel tempo, a seguito dell’invecchiamento e<br />

le loro risposte agli stress dovuti al calore, al freddo ed alle<br />

condizioni di inedia. Keys ha fondato il laboratorio di igiene<br />

fisiologica all’Università del Minnesota nel 1940 e ne ha stabilito<br />

la sede presso il gate 27 del Memorial Stadium dell’Università.<br />

Nel 1950 fu presidente dell’Organizzazione Mondiale <strong>della</strong><br />

Sanità.<br />

Durante la II^ guerra mondiale gli fu commissionato dal governo<br />

degli Stati Uniti uno studio sulle prestazioni umane in condizioni<br />

iponutrizionali; sviluppò, in seguito, la formula <strong>della</strong><br />

cosiddetta razione K (che da lui prende il nome) che è stata<br />

largamente usata dalle truppe militari degli Stati Uniti <strong>nella</strong><br />

guerra ed anche in seguito. In un periodo notevolmente produttivo<br />

durante gli anni ‘50 e ‘60, Keys, insieme a Joseph<br />

Anderson e Francisco Grande del Minnesota, ha definito


quantitativamente il rapporto fra la composizione grassa <strong>della</strong><br />

<strong>dieta</strong> e del livello del colesterolo nel siero. I risultati<br />

dell’equazione di Keys hanno raggiunto la prova di trenta anni di<br />

studi sull’effetto <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> sui livelli del colesterolo degli individui<br />

e, quindi, il loro rischio di malattia coronarica. Keys fu il primo a<br />

dare risalto al rapporto fra l’assunzione di energia, il dispendio<br />

energetico ed il tasso metabolico a riposo, fornendo la<br />

comprensione <strong>della</strong> dispersione di calorie in attività e dei<br />

fenomeni totali che conducono all’obesità. I suoi studi sul digiuno<br />

durante e dopo la II^ guerra mondiale hanno condotto a notevoli<br />

cambiamenti negli atteggiamenti scientifici circa i mutamenti <strong>della</strong><br />

forma e <strong>della</strong> funzione del corpo.<br />

Nel novembre del 1962 di ritorno da Corfù, Ancel Keys<br />

fermandosi a Pioppi, nel Comune di<br />

Pollica (SA), rimase esterrefatto<br />

dalla bellezza selvaggia del posto,<br />

dalle sue piante (carrubi, ulivi, fichi,<br />

mandorli), dal clima e dalla<br />

tranquillità del luogo. Ciò comportò<br />

un suo trasferimento nel Cilento nel<br />

1963.<br />

Infatti, nei primi mesi del 1963, a<br />

seguito del suo trasferimento dal<br />

Minnesota in Italia, accompagnato<br />

dalla moglie Margaret e la figlia<br />

Martha, scelse come luogo di<br />

residenza la costiera cilentana, acquistando una superficie di<br />

50.000 metri quadri sulla quale nacque “Minnelea”, termine<br />

formato dalle iniziali del nome del suo stato d’origine, il Minnesota<br />

ed Elea. È dal 1963 che per sei mesi all’anno il famoso<br />

laboratorio “Stadium Gate 24” di Minneapolis si trasferisce presso<br />

25


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

la casa di Pioppi di Keys, diventando il centro mondiale di<br />

consultazioni su alimentazione e salute.<br />

26<br />

Studiosi e scienziati di ogni<br />

provenienza affluirono a<br />

Pioppi a cominciare dal 6<br />

giugno 1966 con un<br />

maestro <strong>della</strong> Cardiologia<br />

mondiale, il prof. Paul Didle<br />

Withe.<br />

Keys recatosi a Roma a presiedere il 1° Convegno Internazionale<br />

sull’ alimentazione umana nel mondo, apprese dal Prof. Gino<br />

Bergami, direttore dell’Istituto di Fisiologia dell’Università di<br />

Napoli, che le patologie cardiovascolari nell’area partenopea<br />

praticamente non esistevano.<br />

Lo scienziato Keys fu “folgorato” da questa rivelazione, ed<br />

organizzò un periodo di ricerca a Napoli, dove si recò,<br />

accompagnato da Margaret, moglie e compagna di studi (1952).<br />

Si può quindi affermare che i primi passi <strong>della</strong> sua ricerca<br />

partirono da Napoli.


1) Dal 4 all'8 settembre 1967 si tiene la<br />

prima riunione di scienziati che avevano<br />

partecipato allo studio di sette nazioni<br />

sulle cause che producono l'infarto. E’ il<br />

preludio al congresso internazionale<br />

del 1969.<br />

2) Dal 14 al 28 settembre si svolge nel<br />

castello Vinciprova di Pioppi il 1°<br />

seminario internazionale sulla<br />

prevenzione delle malattie cardiovascolari.<br />

Presidente del congresso è<br />

proprio Ancel Keys.<br />

3) Anno 1975: dopo la prima edizione del<br />

libro "Mangiare bene per stare bene"<br />

con oltre centomila copie vendute,<br />

pubblica la seconda edizione col<br />

sottotitolo "Dieta Mediterranea".<br />

4) Anno 1981: ad Anacapri un suo allievo,<br />

il prof. Mario Mancini, direttore <strong>della</strong><br />

Clinica Medica dell'Università Federico<br />

II di Napoli, organizza un congresso<br />

sull'arteriosclerosi che consacra<br />

definitivamente la Dieta Mediterranea<br />

del suo maestro prof. Ancel Keys al<br />

quale viene consegnata una mappa<br />

d'oro del mondo con indicati i luoghi<br />

dove aveva effettuato le sue ricerche.<br />

Nei sui appunti si<br />

ritrovano queste<br />

annotazioni: “A Napoli la<br />

<strong>dieta</strong> comune era scarsa<br />

di carne e prodotti<br />

caseari, la pasta<br />

generalmente sostituiva la<br />

carne a cena. Nei mercati<br />

alimentari scoprii<br />

montagne di verdura e le<br />

buste <strong>della</strong> spesa delle<br />

donne erano cariche di<br />

verdura frondosa. Nello<br />

stesso tempo, i campioni<br />

di sangue degli uomini<br />

sotto controllo medico che<br />

noi stavamo visitando<br />

presentavano un basso<br />

livello di colesterolo”.<br />

I pazienti con disturbi<br />

cardiaci alle coronarie<br />

erano rari negli ospedali<br />

e i medici locali ci dissero che gli attacchi di cuore alle coronarie<br />

non erano molto frequenti. I disturbi cardiaci alle coronarie erano<br />

ritenuti essere più comuni nelle classi benestanti, dove la <strong>dieta</strong> era<br />

più ricca di carne e prodotti caseari”.<br />

“Mi convinsi che la <strong>dieta</strong> salutare era un motivo<br />

dell’assenza di disturbi cardiaci.”<br />

Ancel Keys<br />

Le ricerche di Ancel Keys a Napoli venivano condotte nei<br />

laboratori del Vecchio Policlinico. Al soggiorno a Napoli, nel<br />

27


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

1952, fece seguito un periodo di studi in Spagna dove i coniugi<br />

Keys notarono gli aspetti comuni tra Napoli e Madrid nelle<br />

abitudini alimentari. Gli stretti rapporti stabilitisi con l’Università di<br />

Napoli furono motivo di campagne di studio e di visite di Keys<br />

anche negli anni successivi. Nel corso di uno dei frequenti soggiorni<br />

a Napoli, nel 1957, accompagnato dal prof. Alfonso Del Vecchio,<br />

Keys si recò a Nicotera dove condusse uno studio sulla<br />

popolazione del Comune.<br />

Nel 1958, anche sulla scorta dello studio “pilota” condotto a<br />

Nicotera, lo scienziato americano diede il via al progetto definito<br />

“Seven Countries Study”<br />

28<br />

Nei vari libri : “Mangiar bene per stare bene”;<br />

“La via <strong>mediterranea</strong> al benessere” e “<strong>Il</strong><br />

benevolo fagiolo” sono stati descritti i valori<br />

<strong>della</strong> <strong>dieta</strong> e del lifestyle Mediterraneo,<br />

basato sulla loro ricerca scientifica unita<br />

all’arte culinaria. L’amore di Keys per la<br />

gastronomia Mediterranea si ritrova anche nei<br />

suoi appunti:<br />

“Ci piacque moltissimo assaggiare quel cibo semplice : minestrone fatto in<br />

casa, innumerevoli tipi di pasta cucinata sempre al momento, condita con<br />

salsa di pomodoro e una spolverata di formaggio grattugiato, solo raramente<br />

arricchita con pezzetti di carne, oppure servita con pesce locale e senza<br />

formaggio, un bel piatto di pasta corta con fagioli, moltissimo pane sfornato<br />

da poche ore, mai servito con salsine, verdure fresche in abbondanza, una<br />

piccola porzione di carne o di pesce, al massimo una o due volte a settimana,<br />

vino da tavola comune, per dessert sempre frutta fresca”<br />

Ancel Keys


LA DIETA DI RIFERIMENTO<br />

“Dieta Mediterranea di Riferimento” può essere definita una<br />

<strong>dieta</strong> moderata comunemente seguita dalle classi lavoratrici dei<br />

territori mediterranei intorno alla metà del secolo scorso. In essa<br />

prevalgono cereali, legumi, ortaggi, frutta fresca e secca, prodotti<br />

<strong>della</strong> pesca, olio vergine di oliva e, per le bevande alcoliche, vino.<br />

Tale <strong>dieta</strong> includeva una soddisfacente attività fisica. L’idonea<br />

combinazione qualitativa e quantitativa di questi alimenti<br />

permette di prevenire le inadeguatezze nutrizionali per eccesso e<br />

per difetto e fornisce nutrienti e componenti alimentari dotati di<br />

elevati effetti protettivi grazie alle loro proprietà antiossidanti.<br />

La Piramide alimentare è uno<br />

strumento che rappresenta in modo<br />

semplice ed intuitivo gli alimenti<br />

<strong>della</strong> <strong>dieta</strong> alimentare,<br />

suddividendoli in 6 macro gruppi<br />

fondamentali e guidandoci verso<br />

un’alimentazione<br />

maggiormente sana ed equilibrata.<br />

Alla base <strong>della</strong> Piramide troviamo<br />

gli alimenti che possiamo utilizzare<br />

più liberamente, mentre, al suo<br />

vertice, troviamo quelli di cui è<br />

meglio limitare l’uso. Pertanto, la posizione <strong>nella</strong> piramide e<br />

la grandezza delle sue sezioni, identificano gli alimenti in<br />

funzione <strong>della</strong> frequenza di consumo consigliata. Alla base <strong>della</strong><br />

piramide si trovano quelli fondamentali per la nostra <strong>dieta</strong>, il cui<br />

apporto giornaliero non dovrebbe mai mancare; man mano<br />

29


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

che saliamo <strong>nella</strong> struttura <strong>della</strong> piramide vengono raffigurati gli<br />

alimenti che sarebbe necessario limitare; arrivati al vertice<br />

troviamo gli alimenti (quali grassi, condimenti e dolci...) il cui<br />

utilizzo dovrebbe essere davvero ristretto, in frequenza e<br />

quantità.<br />

Alla base <strong>della</strong> piramide potremmo inserire anche l’attività<br />

fisica in quanto il suo svolgimento, frequente e regolare, è<br />

importante per il mantenimento di uno stato di forma e salute<br />

soddisfacente.<br />

L’Indice di Adeguatezza Mediterraneo MEDITERRANEAN<br />

ADEQUACY INDEX: si ottiene dividendo la percentuale<br />

dell’energia fornita dagli alimenti caratterizzanti una <strong>dieta</strong><br />

<strong>mediterranea</strong> salutare (cereali, patate, legumi, ortaggi, frutta<br />

fresca e secca, prodotti <strong>della</strong> pesca, olio vergine di oliva, vino)<br />

per la percentuale dell’energia fornita dagli alimenti meno<br />

caratterizzanti una <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong> salutare (carne, latte,<br />

formaggi, uova, grassi di origine animale e margarine, dolciumi,<br />

bevande zuccherine, zucchero).<br />

<strong>Il</strong> “Seven Countries Study” si basa su uno studio scientifico<br />

riguardante le popolazioni di sette paesi: Stati Uniti, Italia,<br />

Finlandia, Grecia, Yugoslavia, Paesi Bassi e Giappone. Lo studio<br />

documentato <strong>nella</strong> letteratura scientifica dal suo principale<br />

coordinatore, Ancel Keys, va sotto il nome di Seven Countries<br />

Study. È uno studio epidemiologico osservazionale, condotto su<br />

oltre 12.000 uomini di età iniziale compresa tra 40 e 59 anni,<br />

appartenenti a 16 coorti situate in 8 nazioni di 7 paesi e 3<br />

continenti.<br />

Dopo l’esame iniziale riesami successivi sono stati eseguiti quasi<br />

ogni 5 anni con un follow-up complessivo, per quasi tutte le coorti,<br />

di 40 anni.<br />

30


All’esame iniziale le abitudini alimentari furono misurate in sottocampioni<br />

di ogni coorte. Le analisi si riferiscono alle relazioni tra<br />

abitudini alimentari ed eventi coronarici complessivi in alcune<br />

analisi, oppure quelli fatali in altre, confrontando l'esperienza<br />

delle 16 coorti. In generale l’incidenza e la mortalità coronarica<br />

erano molto elevate nelle coorti del Nord Europa e del Nord<br />

America, decisamente più basse nelle coorti del Sud Europa e del<br />

Giappone.<br />

Con le analisi riguardanti alcuni nutrienti é stata documentata una<br />

stretta relazione tra consumo di grassi saturi ed incidenza di<br />

mortalità coronaria, fin dai primi anni di follow-up.<br />

Una relazione inversa è stata identificata tra il rapporto grassi<br />

saturi/ grassi monoinsaturi e mortalità coronaria. Con le analisi<br />

riguardanti gruppi di alimenti è stata dimostrata una relazione<br />

diretta tra consumo di alimenti di origine animale e cardiopatia<br />

coronarica e una relazione inversa tra consumo di alimenti di<br />

origine vegetale e cardiopatia coronarica.<br />

Ciò è stato documentato sia per singoli gruppi di alimenti, sia per<br />

un “punteggio” matematico derivato dalla “factor”. Una forte<br />

relazione inversa è stata trovata tra l'indice MAI (Mediterranean<br />

Adeguacy Index) ideato dal Prof. F. Fidanza e mortalità coronaria<br />

in 25 anni, confermando il<br />

ruolo protettivo <strong>della</strong><br />

<strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong> nei<br />

riguardi dell'insorgenza<br />

<strong>della</strong> cardiopatia<br />

coronarica.<br />

Nei primi due gradini alla<br />

base del Tempio, il<br />

31


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

crepidoma, sono riportate due regole fondamentali di<br />

comportamento: uno stile di vita il più salutare possibile ed un<br />

bilancio in equilibrio tra apporto e dispendio energetico. <strong>Il</strong> terzo<br />

gradino è riservato in gran parte all’olio vergine di oliva,<br />

condimento di base <strong>della</strong> Dieta Mediterranea Italiana di<br />

Riferimento, e in piccola parte al vino (possibilmente rosso). Nelle<br />

colonne esterne, più grandi delle centrali, sono indicati con<br />

caratteri di differente grandezza, in rapporto alle differenti<br />

quantità da consumare, alcuni alimenti caratterizzanti la nostra<br />

Dieta Mediterranea di Riferimento. Le due colonne centrali<br />

riservate ai legumi e al pesce, fanno intuire la loro importanza<br />

<strong>nella</strong> <strong>dieta</strong>. Nelle metope sono indicati gli alimenti non<br />

caratterizzanti la nostra Dieta Mediterranea di riferimento. Lo<br />

spazio riservato a ciascuno di essi è molto minore rispetto agli<br />

alimenti caratterizzanti. Nel timpano sovrasta la parola<br />

“moderazione” che va applicata ad ogni componente <strong>della</strong> nostra<br />

<strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong> come sopra descritto. Nel Tempio abbiamo<br />

preferito indicare gli alimenti con le parole, anziché con disegni,<br />

per evitare l’eventuale influenza sulla soggettiva interpretazione<br />

del messaggio. Nel Tempio il messaggio nutrizionale è presentato<br />

in modo semplice, chiaro e non impositivo.<br />

32


ALIMENTAZIONE E SALUTE<br />

L'uomo è ciò che mangia.<br />

Ludwig Feuerbach<br />

LO STATO DI SALUTE È FORTEMENTE CORRELATO<br />

ALL'ALIMENTAZIONE.<br />

Ippocrate, padre <strong>della</strong> medicina affermò: “Che il cibo sia la tua<br />

medicina, che la medicina sia il tuo cibo” e il suo pensiero si<br />

basava sulla convinzione che gli alimenti fossero in grado di<br />

influenzare la genesi delle malattie.<br />

<strong>Il</strong> regime alimentare influisce, talvolta in modo sensibile, sulla<br />

salute degli individui e delle comunità. Esso può comportare:<br />

1. carenza acuta o cronica di nutrienti essenziali;<br />

2. eccessi e squilibri nutrizionali, ovvero fattori di rischio per<br />

l’insorgenza di malattie metaboliche e degenerative;<br />

3. ingestione di elementi nocivi naturali e non (microrganismi,<br />

contaminanti ambientali, da trattamento, da processo ecc.).<br />

L’Organizzazione Mondiale <strong>della</strong> Sanità (OMS) definisce la salute<br />

come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e<br />

non solamente un’assenza di malattie o infermità”; lo stile di vita<br />

salutare è definito, invece, come “un modo di vivere volto alla<br />

riduzione del rischio di malattie e <strong>della</strong> morte prematura”. Non<br />

tutte le patologie possono essere evitate (come infarto e cancro),<br />

ma in molti casi un’attenta prevenzione può allontanarne o ridurne<br />

il rischio di insorgenza.<br />

33


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

L’alimentazione è, quindi, uno dei fattori che più fortemente<br />

incidono sull’accrescimento, sullo sviluppo fisico e mentale, sul<br />

rendimento, sulla produttività degli individui e quindi, in definitiva,<br />

sullo sviluppo dei popoli e sul loro destino.<br />

L’alimentazione è dunque, per l’individuo, una necessità vitale: gli<br />

alimenti apportano da una parte il combustibile necessario alla<br />

produzione di energia e, dall’altra, i principi nutritivi o “nutrienti”,<br />

indispensabili al mantenimento di un equilibrio biologico armonioso<br />

che si identifica con la buona salute. Questa, infatti, dipende in<br />

gran parte proprio da un giudizioso equilibrio fra i bisogni<br />

dell’organismo (che variano in funzione di numerosi fattori quali<br />

età, sesso, tipo di attività lavorativa) e l’apporto alimentare, sia di<br />

calorie sia di nutrienti.<br />

La relazione tra alimentazione e stato di salute è riconosciuta<br />

dall’uomo fin dalla preistoria. La storia mostra infatti che il<br />

genere umano ha imparato fin da subito a riconoscere l’effetto<br />

dei diversi alimenti sull’organismo e, di conseguenza, mediante<br />

l’applicazione dei criteri di scelta e selezione sul cibo cacciato e<br />

raccolto, a evitare l’assunzione di cibi nocivi e tossici. L’attenzione<br />

dell’uomo alla salute e alla sua prevenzione è cresciuta<br />

costantemente nel corso del tempo, in particolare con<br />

l’introduzione delle tecniche di cottura e di conservazione degli<br />

alimenti (essiccamento, salagione e affumicatura) che hanno<br />

permesso di disporre di cibo per periodi di tempo lunghi in piena<br />

sicurezza.<br />

<strong>Il</strong> ruolo dell’alimentazione come fattore di prevenzione delle<br />

principali patologie è dimostrato da molteplici ricerche scientifiche<br />

che hanno esaminato la relazione esistente tra alimentazione e<br />

patologie tumorali, cardiovascolari, diabetiche.<br />

34


La Dieta Mediterranea, favorendo la promozione di<br />

comportamenti volti alla riduzione del consumo di alimenti di<br />

origine animale a favore di quelli di origine vegetale, contribuisce<br />

a contenere il consumo di acqua (meno il 90%), l’emissione di<br />

anidride carbonica (meno il 59%) e l’impoverimento del suolo<br />

utilizzato per le produzioni (meno il 54%).<br />

35


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

I CARBOIDRATI<br />

I carboidrati complessi sono rappresentati essenzialmente da<br />

amido e fibre. <strong>Il</strong> primo (un composto costituito dall'unione di<br />

moltissime molecole di glucosio) è presente in buone quantità<br />

soprattutto nei cereali, nei legumi secchi e nelle patate. La fibra<br />

alimentare si trova in quasi tutti i prodotti vegetali. I carboidrati<br />

semplici, invece, sono costituiti da una o due molecole e sono per<br />

lo più dotati di sapore dolce, da cui il termine comune di<br />

“zuccheri”. I più importanti sono il saccarosio, che si ottiene dalla<br />

barbabietola o dalla canna da zucchero, il glucosio e il fruttosio<br />

contenuti <strong>nella</strong> frutta e nel miele e il lattosio contenuto nel latte.<br />

LE VITAMINE<br />

Le vitamine sono sostanze organiche indispensabili per numerose<br />

funzioni metaboliche e per la crescita. Le vitamine si dividono in:<br />

idrosolubili, solubili in acqua (vitamine del gruppo B e vitamina C)<br />

e liposolubili, solubili nei grassi (A,D,E,K) ed ognuna ha una<br />

funzione particolare.<br />

I GRASSI<br />

I grassi, oltre a fornire energia in maniera concentrata (9<br />

calorie/g, cioè più del doppio rispetto a proteine e carboidrati),<br />

apportano acidi grassi essenziali <strong>della</strong> famiglia omega-6 (acido<br />

linoleico) e <strong>della</strong> famiglia omega-3 (acido linolenico) e favoriscono<br />

l’assorbimento delle vitamine liposolubili A, D, E, K e dei<br />

carotenoidi.<br />

36


Un eccessivo consumo di grassi nell’alimentazione abituale<br />

rappresenta invece un fattore di rischio per l’insorgenza di<br />

obesità, malattie cardiovascolari e tumori. Le quantità di grassi<br />

che assicurano un buono stato di salute variano da persona a<br />

persona, a seconda del sesso, dell'età e dello stile di vita: una<br />

quantità indicativa per l'adulto è quella che apporta dal 20-25%<br />

delle calorie complessive <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> (per soggetti sedentari) fino<br />

a un massimo del 35% (per soggetti con intensa attività fisica).<br />

Così, ad esempio, in una <strong>dieta</strong> da 2100 calorie quelle da grassi<br />

possono variare da 420 a 700, corrispondenti a 46-78 grammi.<br />

Per i bambini di età inferiore ai 3 anni, invece, la quota di grassi<br />

alimentari <strong>nella</strong> <strong>dieta</strong> può essere più elevata.<br />

Le quantità di grassi presenti negli alimenti, sia in forma visibile<br />

(grasso del prosciutto, <strong>della</strong> bistecca, etc.) che invisibile (grasso del<br />

formaggio, ecc.), variano da un prodotto all'altro e vanno da<br />

valori molto bassi (intorno all'1% in svariati prodotti vegetali e in<br />

certe carni e pesci particolarmente magri) fino a valori molto alti<br />

nei condimenti: l’85% nel burro e <strong>nella</strong> margarina e il 100% in<br />

tutti gli olii. Tutti i grassi sono uguali sul piano dell'apporto di<br />

energia, ma sul piano <strong>della</strong> qualità possono essere molto diversi.<br />

Infatti varia la loro composizione chimica, ed in particolare quella<br />

in acidi grassi (che possono essere saturi, insaturi, trans). La diversa<br />

qualità dei grassi può avere effetti importanti sullo stato di<br />

nutrizione e di salute dell'uomo.<br />

I MINERALI<br />

I minerali, presenti in piccole quantità, intervengono <strong>nella</strong> sintesi<br />

degli enzimi, come catalizzatori delle reazioni biochimiche (es.<br />

rame, zinco, selenio) e partecipano alla formazione <strong>della</strong> massa<br />

ossea (calcio, fosforo e magnesio). Un’alimentazione variata<br />

37


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

apporta sicuramente tutti i sali minerali di cui l’organismo ha<br />

bisogno.<br />

GLI ZUCCHERI<br />

Nell’alimentazione abituale le fonti più importanti di zuccheri sono<br />

gli alimenti e le bevande dolci. Lo zucchero comune (saccarosio) si<br />

ricava per estrazione sia dalla barbabietola che dalla canna da<br />

zucchero, che ne rappresentano le fonti più ricche. È presente<br />

naturalmente <strong>nella</strong> frutta matura e nel miele, che contengono<br />

anche fruttosio e glucosio. <strong>Il</strong> latte contiene un altro zucchero, il<br />

lattosio. <strong>Il</strong> maltosio è uno zucchero presente in piccole quantità nei<br />

cereali, si può inoltre formare dall’amido per processi di idrolisi,<br />

fermentazione e digestione. Gli zuccheri sono facilmente assorbiti<br />

e utilizzati, sia pure con diversa rapidità. <strong>Il</strong> consumo di zuccheri,<br />

specialmente se assunti da soli, provoca in tempi brevi un rapido<br />

innalzamento <strong>della</strong> glicemia (ossia <strong>della</strong> concentrazione di glucosio<br />

nel sangue) che tende poi a ritornare al valore iniziale (curva<br />

glicemica) entro un periodo più o meno lungo. Gli zuccheri semplici<br />

possono essere consumati come fonti di energia per l’organismo,<br />

nei limiti del 10-15% dell’apporto calorico giornaliero<br />

(corrispondenti, per una <strong>dieta</strong> media di 2100 calorie, a 56-84<br />

grammi). Particolare attenzione va fatta nei casi di diabete o in<br />

quelli di intolleranza (piuttosto diffusa quella al lattosio).<br />

LE PROTEINE<br />

Le proteine hanno il ruolo di “costruttori” e devono essere fornite<br />

quotidianamente all’organismo, poiché non possono essere<br />

immagazzinate come tali. Le proteine sono costituite da<br />

aminoacidi, che dopo la digestione vengono utilizzati dalle cellule<br />

per formare proteine necessarie all’organismo. Per valore<br />

biologico delle proteine si intende la loro “capacità di soddisfare<br />

38


le esigenze fisiologiche dell’organismo”. Questa proprietà<br />

dipende da due componenti: una “intrinseca” che riguarda il<br />

contenuto in aminoacidi essenziali <strong>della</strong> proteina, l’altra<br />

“estrinseca” che dipende dalla digeribilità delle proteine e dalla<br />

biodisponibilità di una quantità di azoto tale da consentire<br />

l’equilibrio tra entrate di azoto e perdite obbligatorie per le<br />

attività vitali. Gli aminoacidi sono 20 e 9 sono essenziali.<br />

aminoacidi essenziali quelli che devono essere introdotti con gli<br />

alimenti in quanto l’organismo non è in grado di sintetizzarli. Le<br />

proteine alimentari servono quindi per il mantenimento ed<br />

accrescimento del nostro organismo.<br />

39


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

40<br />

LA MEDITERRANEITÀ<br />

Nell’etimologia stessa del nome Mediterraneo (Medius = in mezzo;<br />

Terraneus = terra; che sta in mezzo alle terre) si ritrova il concetto<br />

di territorio. Nel termine <strong>Mediterraneità</strong> si rintraccia proprio<br />

l’espressione di un’area geografica circoscritta all’Europa,<br />

all’Africa e all’Asia. Un territorio che sa esprimere una propria<br />

identità riconoscibile, costituita da elementi comuni alle diverse<br />

popolazioni che vi vivono. Identità che si caratterizza in modo<br />

molto forte anche in ambito gastronomico.<br />

<strong>Il</strong> bacino del Mediterraneo è un’area geografica che vive di<br />

molteplici differenze. Braudel parlava di “Mediterranei” proprio<br />

per sottolineare l’attitudine di quest’area del mondo a tenere<br />

insieme, a legare, a mescolare culture tra loro molto diverse.<br />

Pensare al Mediterraneo significa, infatti, pensare ad un luogo in<br />

cui si incontrano tre continenti, tre grandi tradizioni religiose, due<br />

grandi “mondi” (la costa europea, il mondo occidentale, e la costa<br />

“sud est”, il sud e l’oriente del pianeta).


La caratteristica essenziale del Mediterraneo è dunque, in fondo,<br />

quella di costituire un’unità molteplice, un grande confine liquido<br />

che tiene insieme una pluralità di culture. <strong>Il</strong> teatro fisico di questo<br />

incrocio è famoso, è quell’intersezione di terra e di mare che è<br />

facile riconoscere già in una fotografia, un insieme di luoghi nei<br />

quali si sono aggirati gli dei e gli eroi, disegnando le storie che<br />

tutti conosciamo. <strong>Il</strong> Mediterraneo è in scena da alcuni millenni,<br />

talvolta al centro di essa, talvolta ai margini.<br />

Per sua intima natura, il Mediterraneo è sempre stato crocevia,<br />

punto privilegiato di incontro e di relazione. Vito Teti riassume<br />

efficacemente questo concetto sottolineando come<br />

“UNA PLURALITÀ DI PUNTI DI VISTA, DI VOCI, DI<br />

DOCUMENTI, IL DIALOGO E LA POLIFONIA, ALLA<br />

FINE SI SONO RIVELATI FONDAMENTALI PER DARE<br />

CONTO DI UN MELTING POT ALIMENTARE, DI UN<br />

CROGIUOLO DI ESPERIENZE E DI SAPERI, DI<br />

FUSIONE DI STORIE E TRADIZIONI, DI<br />

MESCOLANZE DI PRODOTTI, CIBI, SAPORI, ODORI,<br />

COLORI”.<br />

Senza la dimensione delle relazioni non si spiegano né il<br />

Mediterraneo né la sua cucina.<br />

Come afferma Teti, le due consuete domande rituali poste ai figli<br />

dalle madri calabresi (“hai mangiato?” e “con chi mangi?”),<br />

esprimono la natura del bene portato alle loro creature.<br />

“L’aver mangiato è conferma di stare bene; l’avere mangiato insieme<br />

a qualcuno è conferma che non si è soli, e ciò dà sicurezza e<br />

tranquillità”. Nel Mediterraneo mangiare è mangiare con<br />

qualcuno. “Dividere il pane o il cibo significava fondare e rendere<br />

sacre unioni, legami, rapporti” (Vito Teti).<br />

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Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

Un ulteriore tratto costitutivo dei regimi alimentari tradizionali, che<br />

contribuisce a rendere ancora più rotondo il concetto di relazione<br />

cui abbiamo accennato, è dato “dal rapporto parsimonioso ed<br />

equilibrato tra l’uomo, gli ambienti e gli alimenti”.<br />

Segnata dalla fatica e dalle ristrettezze, la vita quotidiana <strong>della</strong><br />

quasi totalità degli abitanti del bacino del Mediterraneo è stata<br />

per secoli contrassegnata dall’esigenza di un’attenzione<br />

meticolosa agli equilibri naturali, quale prezioso elemento di<br />

garanzia e continuità per il futuro.<br />

42


VIAGGIO NEI SIGNIFICATI DELLA<br />

MEDITERRANEITÀ<br />

Dei valori e dei significati <strong>della</strong> mediterraneità hanno parlato<br />

poeti, scrittori, cantori.<br />

Parlare di Mediterraneo significa, sulla scia <strong>della</strong> lezione<br />

metodologica di Braudel, rintracciarne i termini di “longue durée”.<br />

I popoli che vivono intorno al mare come “formiche e rane attorno<br />

ad uno stagno” (SOCRATE, nel Fedone di PLATONE) condividono<br />

una comune identità, plasmata da vincoli culturali millenari, da un<br />

contesto che favorendo gli scambi, consolida altresì una<br />

consapevolezza dell’altrui diversità.<br />

<strong>Il</strong> Mediterraneo, “el mar con una sola orilla” come dice Gironés,<br />

lunga quanto l’equatore, è caratterizzato da un’unità plurale.<br />

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Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

Afferma il geografo Kaiser: “<strong>Il</strong> Mediterraneo s’impone. Da<br />

nessun’altra parte, per un’estensione simile si percepisce con uguale<br />

intensità l’unità di spazi peraltro così differenti”. È l’ unitività di uno<br />

spazio coeso, àmbito biogeografico e mare nostrum di tutti i<br />

Popoli che vi si affacciano: il luogo braudeliano dove, nel<br />

paesaggio fisico e umano, “tutto si fonde e si ricompone in<br />

un’unità originale”. “Pianura liquida” di compenetrazione di tre<br />

continenti – Europa, Africa, Asia in presa diretta sull’Indo-Kush –<br />

nel Mediterraneo alberga un “essere culturale” che possiamo<br />

chiamare, con Gonzague de Reynolds e Poupard, homo<br />

Mediterraneus.<br />

44<br />

“<strong>Il</strong> Mediterraneo<br />

si estende dal<br />

primo ulivo che<br />

si raggiunge<br />

arrivando dal<br />

Nord ai primi<br />

palmeti che si<br />

levano in<br />

prossimità del<br />

deserto”.<br />

Fernand<br />

Braudel<br />

Questo “mare fra terre” – crogiuolo di identità – ha perciò<br />

profondamente condizionato il carattere delle civiltà che su di esso<br />

si affacciano, fungendo da antidoto alle spinte ideologiche più<br />

estreme e creando un contesto “più conviviale, più umano, più<br />

sociale, più tollerante, più culturale, più amante <strong>della</strong> famiglia e<br />

dell’arte del vivere”. (Serge Latouche).“La caratteristica più evidente


del destino del Mare Internum è l’essere inserito nel più vasto insieme<br />

di terre emerse del mondo”, nell’insieme, cioè, del “gigantesco<br />

continente unitario” euro-afro-asiatico: “un pianeta” dove gli uomini<br />

hanno trovato “il grande scenario <strong>della</strong> loro storia universale”, e<br />

dove “si sono compiuti gli scambi decisivi”. F. Braudel, “Civiltà ed<br />

imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II”, (1949). <strong>Il</strong> mar<br />

Mediterraneo rappresenta infatti uno scenario unico dove nel<br />

corso dei secoli si sono realizzate continue dinamiche di contatto e<br />

di scambio in cui le diversità si sono unite, arricchendosi<br />

vicendevolmente e creando una nuova realtà. Lingue, religioni,<br />

tradizioni, sistemi alimentari, ecc. hanno convissuto e si sono<br />

influenzati generando quello straordinario melting pot che viene<br />

oggi racchiuso nel neologismo “<strong>Mediterraneità</strong>”. Nel Mediterraneo<br />

mangiare è mangiare con qualcuno. Dividere il pane o il cibo<br />

significa fondare e rendere sacre unioni, legami, rapporti.<br />

"Tomba del Tuffatore a Paestum (verso il 480 a.C.) raffigurante scene tradizionali di simposio e<br />

banchetto. Museo Archeologico Nazionale, Paestum"<br />

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Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

Oggi, nel bacino del Mediterraneo, la relazione tra “territorio” e<br />

<strong>Mediterraneità</strong> necessita di uno sforzo collettivo di recupero, non<br />

solo per un fatto di benessere alimentare, ma soprattutto per<br />

ricostruire quei valori di civiltà, di tolleranza e di dialogo che<br />

hanno reso “grande” ed attraente quest’area del Mondo,<br />

distillando uno dei contesti socio-ambientali culturalmente ed<br />

economicamente più straordinari <strong>nella</strong> storia dell’umanità.<br />

<strong>Mediterraneità</strong> è, però, anche memoria. Riti e consuetudini propri<br />

<strong>della</strong> preparazione, del consumo e <strong>della</strong> condivisione del cibo nel<br />

bacino del mediterraneo affondano la loro essenza, la loro<br />

ragione d’essere e la loro peculiarità in tradizioni ed elementi<br />

culturali, talvolta millenari, che sono stati perpetuati fino ad oggi e<br />

costituiscono parte essenziale del modo di vivere mediterraneo.<br />

<strong>Mediterraneità</strong> è anche il tempo che, anche laddove non evidente,<br />

è “imprigionato” nel complesso modo di rapportarsi al cibo dei<br />

popoli che abitano il bacino del mediterraneo. <strong>Il</strong> rito del cibo –<br />

<strong>della</strong> sua preparazione, del suo consumo, <strong>della</strong> sua condivisione<br />

con gli altri – diviene, allora, <strong>nella</strong> cultura <strong>mediterranea</strong>, elemento<br />

chiave <strong>della</strong> vita, “quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni,<br />

un’ora dalle altre ore”, rubando le perfette parole di Antoine de<br />

nt-Exupery.<br />

È il Mediterraneo del navigatore Ulisse, dell’eterno anelito a<br />

“seguir virtute e canoscenza”; un Mediterraneo dell’arte e <strong>della</strong><br />

cultura che va riformulando, di fronte al declino <strong>della</strong><br />

superpotenza Atlantica, i concetti di sovranità, nazionalità e<br />

cittadinanza.<br />

46


LA CAMPANIA<br />

Goethe ama la Campania, ma soprattutto ama Napoli.<br />

È pieno di ammirazione per questa città e per i suoi<br />

abitanti.<br />

"Ich finde in diesem Volk die lebhafteste und geistreichste Industrie,<br />

nicht um reich zu werden, sondern um sorgenfrei zu leben." E: "Anche<br />

a me qui sembra di essere un altro. Dunque le cose sono due: o ero<br />

pazzo prima di giungere qui, oppure lo sono adesso."<br />

<strong>Il</strong> toponimo Campania deriva dal termine latino campus, che vuol<br />

dire campagna, e per commistione linguistica, dal termine<br />

osco Kampanom, con il quale si indicava l’area nei pressi <strong>della</strong><br />

città di Capua. Tuttavia, deve essere precisato che gli studi al<br />

riguardo non sono giunti a conclusioni univoche, poiché non è chiaro<br />

se la parola Campania sia una derivazione dell’aggettivo<br />

modificato di Capua (Capua, Capuania, Campania), ovvero se<br />

trovi invece coincidenza con il significato di “campagna”, come<br />

farebbe presupporre la nota espressione “Campania Felix”. In<br />

questo secondo senso, si sottolinea che il sostantivo latino “campus”<br />

ha appunto il significato di “pianura, campagna aperta”, che<br />

indicherebbe, unitamente al clima favorevole altrettanto noto, la<br />

particolare fertilità ed amenità dell’area.<br />

In Campania la coltivazione dell’olivo come quello <strong>della</strong> vite,<br />

diffuso dall’entroterra alla costa, ha origini antichissime,<br />

testimoniate dagli affreschi pompeiani. Ancora prima, però, l’olio<br />

<strong>della</strong> Campania Felix veniva offerto dai pellegrini alla dea<br />

Minerva – definita da Virgilio “oleaque Minerva inventrix”,<br />

inventrice dell’olio – alla quale i coloni greci Focesi avevano<br />

consacrato il tempio di Capo Minerva, oggi Punta Campa<strong>nella</strong>, lo<br />

47


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

scenografico promontorio affacciato sull’isola di Capri. Da allora,<br />

l’ulivo non ha più abbandonato<br />

questi luoghi e, ancora oggi, insieme<br />

agli agrumi e alla vite, caratterizza<br />

il paesaggio <strong>della</strong> Penisola<br />

Sorrentina. Nel ’600 lo storico<br />

locale Giovan Battista Persico, <strong>nella</strong><br />

sua “Descrittione Città di<br />

Massalubrense” parlava «dell’olio<br />

perfettissimo, tanto squisito, dolce e<br />

biondo che pare miele» che si faceva<br />

da queste parti. Non a caso oggi<br />

Sorrento ospita il più importante<br />

premio nazionale dedicato agli oli<br />

Dop italiani, il “Premio Nazionale<br />

degli Oli Extravergine di Oliva<br />

Sirena d’Oro di Sorrento”<br />

organizzato dall’Assessorato<br />

all’Agricoltura <strong>della</strong> Regione<br />

Campania e dal Comune di<br />

Sorrento, giunto all’ ottava<br />

edizione. La Campania ancora oggi<br />

conserva la piena vocazionalità per<br />

l’agricoltura, ricca ed intensiva, ma anche varia, spesso poco<br />

valorizzata a causa <strong>della</strong> forte frammentarietà delle imprese<br />

agricole. <strong>Il</strong> clima quasi uniforme su tutta la regione, con il<br />

supporto dei corsi d’acqua, consente una produzione<br />

agroalimentare ricca e proficua. I prodotti enogastronomici<br />

campani sono tutt’ora pilastri <strong>della</strong> gastronomia italiana .<br />

48


IL CILENTO<br />

“Quando superate il Sele, l’antico confine fissato dai romani tra la Campania<br />

Felix e la Lucania, lo spazio improvvisamente si apre e la natura, prima<br />

domata dalla sapienza dei produttori <strong>della</strong> Piana, poi sempre più forte e<br />

selvaggia, prende il sopravvento, assedia le strade tra le colline e le montagne,<br />

chiude gli accessi ai boschi popolati dai cinghiali, ripulisce le spiagge occupate<br />

dai turisti per due mesi lungo gli oltre cento chilometri di costa quasi del tutto<br />

incontaminata…rimasta come la vide Ulisse dopo essere sfuggito a Calipso. In<br />

una delle aree protette più grandi d’Europa…l’ambiente celebra così la sua<br />

spettacolarità tra le cime del Cervati e del Gelbison, il tetto <strong>della</strong> Campania,<br />

tra i dirupi vietati all’uomo e i fiumi, le gole del Calore e le grotte carsiche di<br />

Castelcivita e Pertosa popolate dai folletti, il mare pescoso e le colline<br />

tappezzate da olivi secolari…in questo territorio stregato l’uomo misura<br />

ancora i suoi ritmi naturali ma non, e questa è la sua peculiarità, in situazioni<br />

estreme come il deserto o i ghiacciai, ma qui, in Italia, ogni giorno <strong>nella</strong> vita<br />

quotidiana.”<br />

Nel Cilento la cosiddetta triade braudeliana, formata da grano,<br />

vite e olivo, accompagna tutte le civiltà sino ai giorni nostri,<br />

insieme al formaggio ed alla carne di maiale.<br />

Palio del grano Caselle in Pittari (SA)<br />

<strong>Il</strong> Cilento ha rappresentato per secoli una entità geografica,<br />

storica, culturale autonoma ed anche isolata rispetto alla realtà<br />

regionale campana ispirando, da millenni, poeti e cantori. Molti<br />

dei miti greci e romani che sono alla base <strong>della</strong> nostra cultura<br />

occidentale, sono stati ambientati sulle sue coste. <strong>Il</strong> mito più famoso<br />

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Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

è quello dell'isola delle sirene,<br />

nell’Odissea. Quelle creature<br />

malefiche che, secondo Omero,<br />

irradiavano un canto che faceva<br />

impazzire i marinai di<br />

passaggio, portandoli a<br />

schiantarsi con le imbarcazioni<br />

sugli scogli. L’isoletta che ispirò il<br />

Cantore dell’antichità Ulysses and the Sirens –H. J. Draper<br />

probabilmente è quella di fronte<br />

a Punta Licosa, a sud nei pressi di Castellabate. Di fronte al suo<br />

mare Ulisse si fece legare all’albero maestro per ascoltare quell’<br />

ingannevole canto. Un altro mito importante è quello di Palinuro, il<br />

nocchiero di Enea. Durante il viaggio verso le coste del Lazio<br />

cadde in mare insieme al timone. Si aggrappò al relitto e per tre<br />

giorni e ingaggiò una estenuante lotta contro le onde infuriate, ma<br />

quando stava finalmente per mettersi in salvo sulla riva, fu<br />

barbaramente ucciso dagli abitanti di quei luoghi: da allora quel<br />

promontorio (dove sorge il paese di Palinuro) prese il nome di<br />

Capo Palinuro.<br />

Altro mito, è quello di Giasone e gli Argonauti che, una volta<br />

fuggiti dalla Colchide, per ingraziarsi la dea Era si fermarono<br />

presso il suo santuario alla foce del fiume Sele (l’attuale Santuario<br />

di Hera Argiva).<br />

Le scelte alimentari praticate nell’ambito <strong>della</strong> realtà geografica<br />

e culturale del Cilento hanno radici molto antiche; tra le diverse<br />

radici si ravvisano quelle greco-romane, quelle bizantine e quelle<br />

medievali. Ciò è stato dovuto, probabilmente, al fatto che il<br />

Cilento è sempre stata una area fertile che ha attirato diverse<br />

popolazioni. Sin dall’antichità, come evidenziano alcuni scritti, ha<br />

avuto grande importanza il clima che ha comportato il ruolo di<br />

primo piano delle produzioni agricole ed agroalimentari.<br />

50


La tradizione alimentare <strong>della</strong> gente <strong>mediterranea</strong> è frutto<br />

dell’incontro, in Cilento in modo più fedele di quanto non sia<br />

avvenuto altrove, delle culture alimentari di Oriente e Occidente,<br />

con l’integrazione di risorse locali, in un connubio che è collocato<br />

alla radice dell’intera civiltà occidentale.<br />

Fondamentali per la tipologia di alimenti consumati nel Cilento<br />

sono state le tradizioni culturali, fisiologiche e religiose.<br />

La più forte è sicuramente quella del culto <strong>della</strong> dea Demetra che<br />

associava il rito <strong>della</strong> purificazione all’ alimentazione. <strong>Il</strong> culto era<br />

praticato sul modello dei misteri eleusini ed il pitagorismo, che<br />

ponevano in primo piano le cerimonie di purificazione e la<br />

prescrizione di regole alimentari molto precise, al punto da essere<br />

caratterizzate da vere e proprie restrizioni alimentari.<br />

Le regole prevedevano una ridotta utilizzazione di carne,<br />

prediligendo l’uso dei legumi, il consumo abbondante di miele e<br />

latte. Anche la scuola eleatica, tramite Senofane, sembra<br />

confermare questi modelli alimentari e culturali. Regole similari le<br />

ritroviamo anche negli usi e costumi dei monaci basiliani.<br />

La scuola medica salernitana ha avuto un ruolo fondamentale nel<br />

delineare i caratteri più significativi <strong>della</strong> medicina nei secoli XI e<br />

XII, ed ha contribuito per secoli alla formazione di medici colti e<br />

preparati. I principi <strong>della</strong> scuola si basavano, non tanto sulla<br />

diagnostica o sulla terapia, ma quasi esclusivamente sulla <strong>dieta</strong><br />

preventiva e sulla conoscenza <strong>della</strong> potenziale utilità o<br />

pericolosità per l’organismo di ciò che l’uomo ingerisce per<br />

vivere.<br />

Secondo gli studiosi i segreti <strong>della</strong> scuola medica salernitana<br />

consistevano nell’elaborare una sorta di ars combinatoria di<br />

alimenti di qualità umorale e costituzione diversa, dato che il<br />

secco andava temperato col l’umido, il freddo con il caldo etc. La<br />

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Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

combinazione degli alimenti e, quindi, delle quantità e dei<br />

principali umori in essi contenuti comportava anche un apporto<br />

bilanciato di proteine, grassi, glucidi e soprattutto, elemento<br />

importante in un’ottica gastronomica, anche un’ amalgama di<br />

sapori che garantivano la variabilità <strong>della</strong> <strong>dieta</strong>. Suddetti principi<br />

variavano anche in base alla cottura dei cibi o l’uso di condimenti<br />

tipo le erbe officinali.<br />

52


OGLIASTRO CILENTO<br />

<strong>Il</strong> toponimo Ogliastro si fa rinvenire ad una duplice etimologia.<br />

Secondo alcuni, infatti, deriverebbe da “Olliastrum”. Secondo altri,<br />

invece, la sua origine<br />

sarebbe collegata al<br />

sostantivo latino<br />

“oleastrum”, che indicava<br />

l’olivo selvatico. La prima<br />

notizia di Ogliastro è in un<br />

documento del 1059 con<br />

il quale l’ultimo principe<br />

longobardo di Salerno,<br />

con la madre principessa<br />

Gemma e la moglie Maria, offrirono al vescovo Amato le terre “in<br />

finibus lucaniae”. Ogliastro faceva parte dello stato di Agropoli,<br />

di cui seguì le varie vicissitudini fino al 1556, quando fu venduto<br />

alla famiglia Spigadore. In seguito, seguirono vari passaggi da<br />

una famiglia all’altra (Bonito, De Clario, Altomare, de Conciliis). <strong>Il</strong><br />

feudo, nel 1741, passò alla famiglia de Stefano. Dal 1811 al<br />

1860 Ogliastro ha fatto parte del circondario di Torchiara,<br />

appartenente al Distretto di Vallo del Regno delle Due Sicilie. Dal<br />

1860 al 1927, durante il Regno d’Italia, ha fatto parte del<br />

mandamento di Torchiara, appartenente al Circondario di Vallo<br />

<strong>della</strong> Lucania. <strong>Il</strong> centro storico di Ogliastro Cilento presenta le<br />

tipologie edilizie tipiche del Cilento; tra le casette contadine e le<br />

case rurali spiccano gli antichi palazzi delle famiglie nobili. Le<br />

frazioni maggiori di Ogliastro sono Eredita e Finocchito.<br />

CURIOSITÀ: all’interno del Convento di S. Leonardo, fino alla metà<br />

del 1600, erano conservate 12 piccole statue di santi che gli<br />

abitanti di Ogliastro chiamavano, familiarmente, “Santucci”.<br />

Secondo la leggenda, quando nel 1652 fu deciso di trasferire tutti<br />

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Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

i suppellettili religiosi nel vicino convento di Lustra, 4 Santucci si<br />

rifiutarono di trasferirsi, diventando tanto pesanti da non<br />

permettere di essere spostati. Ancora oggi, essi si muovono solo in<br />

caso di calamità naturali seguendo un percorso ben preciso, dal<br />

Convento alla Chiesa parrocchiale di Santa Croce.<br />

PRODOTTI TIPICI: Fico bianco del Cilento D.O.P.,<br />

Olio extravergine di oliva "Cilento" D.O.P.<br />

<strong>Il</strong> “Fico bianco del Cilento” DOP deve la sua denominazione al<br />

colore giallo chiaro uniforme <strong>della</strong> buccia dei frutti essiccati, che<br />

diventa marroncino per i frutti che abbiano subito un processo di<br />

cottura in forno. La<br />

polpa è di consistenza<br />

tipicamente pastosa,<br />

dal gusto molto dolce,<br />

di colore giallo<br />

ambrato, con acheni<br />

prevalentemente vuoti<br />

e ricettacolo interno<br />

quasi interamente<br />

pieno. Tali<br />

caratteristiche, considerate di eccellenza per la categoria<br />

commerciale dei fichi essiccati, sono appunto i tratti distintivi che<br />

qualificano il “Bianco del Cilento”<br />

DOP sui mercati.<br />

La zona di produzione del “Fico<br />

Bianco del Cilento” comprende per<br />

intero o in parte, il territorio dei<br />

seguenti comuni <strong>della</strong> provincia di<br />

Salerno:<br />

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o comuni totalmente compresi: Agropoli,<br />

Aquara, Ascea, Bellosguardo, Camerota,<br />

Casalvelino, Castel San Lorenzo, Castellabate,<br />

Castelnuovo Cilento, Celle di Bulgheria,<br />

Centola, Cicerale, Controne, Felitto, Giungano,<br />

Ispani, Laureana Cilento, Lustra, Montecorice,<br />

Monteforte Cilento, Ogliastro Cilento,<br />

Omignano, Perdifumo, Perito, Pisciotta, Pollica, Prignano<br />

Cilento, Roccadaspide, Rutino, Salento, San Giovanni a Piro,<br />

San Mauro Cilento, San Mauro la Bruca, Santa Marina,<br />

Serramezzana, Sessa Cilento, Stella Cilento, Torchiara, Torre<br />

Orsaia, Trentinara, Vibonati;<br />

o comuni parzialmente compresi: Alba<strong>nella</strong>, Alfano, Altavilla<br />

Silentina, Capaccio, Castelcivita, Caselle in Pittari, Casaletto<br />

Spartano, Ceraso, Corleto Monforte, Cuccaro Vetere, Futani,<br />

Gioi Cilento, Laurito, Orria, Ottati, Moio <strong>della</strong> Civitella,<br />

Montano Antilia, Morigerati, Postiglione, Roccagloriosa,<br />

Roscigno, S. Angelo a Fasa<strong>nella</strong>, Sapri, Serre, Torraca,<br />

Tortorella, Vallo <strong>della</strong> Lucania.<br />

La Denominazione geografica protetta “Fico bianco del Cilento” è<br />

riferita al prodotto essiccato <strong>della</strong> cultivar “Dottato”, pregiata<br />

varietà di fico diffusa in tutto il Mezzogiorno. In particolare, il<br />

prodotto tutelato è quello derivato da uno specifico ecotipo<br />

<strong>della</strong> cultivar Dottato, che si è andato selezionando e<br />

diffondendo nel Cilento nel corso dei secoli: il “Bianco del<br />

Cilento”.<br />

IL CONSORZIO DI TUTELA DEL “FICO BIANCO DEL CILENTO DOP” SI È<br />

COSTITUITO NEL DICEMBRE 2007 ED È IN ATTESA DEL FORMALE<br />

RICONOSCIMENTO DEL MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E<br />

FORESTALI. ESSO HA SEDE A PRIGNANO CILENTO (SA), PRESSO LA<br />

SEDE COMUNALE IN P.ZZA MUNICIPIO, 1 – TEL: 0974831039 –<br />

0974831444.<br />

55


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

56<br />

TORCHIARA<br />

“M’incamminai per la montagna in<br />

direzione di Torchiara, distante circa<br />

quattro miglia. Via via che procedevo<br />

lungo un sentiero sassoso la località<br />

appariva sempre più desolata e impervia.<br />

La prima cosa che vidi nell’entrare a<br />

Torchiara fu una grande chiesa, un<br />

edificio imponente”<br />

C.T. Ramage<br />

<strong>Il</strong> toponimo Torchiara, secondo alcuni, risale al latino “torcularia”,<br />

termine che indicava un antico torchio per spremere grappoli<br />

d’uva. Altri studiosi propongono l’etimologia “Turris Clara”, nel<br />

senso di località famosa per le sue torri. L’origine di Torchiara<br />

sembra essere legata all’occupazione <strong>della</strong> vicina Agropoli da<br />

parte dei Saraceni ed ai successivi saccheggi e attacchi di<br />

pirateria che si susseguirono, soprattutto tra l’870 ed il 911.<br />

Tuttavia, i primi documenti ufficiali in cui si cita Torchiara risalgono<br />

all’ XI sec. Nel XIX sec. Torchiara ha dato il suo contributo ai moti<br />

insurrezionali, tanto da essere considerata dalle autorità, nel<br />

1848, “covo dell’insurrezione”. Dal 1860 al 1927, durante il<br />

Regno d’Italia, divenne capoluogo dell’omonimo mandamento,<br />

appartenente al Circondario di Vallo <strong>della</strong> Lucania. Torchiara ha<br />

due frazioni: Copersito e Sant’ Antuono. I caratteristici centri storici<br />

di Torchiara e Copersito propongono tipologie edilizie tipiche<br />

varie dall’ architettura rurale minore agli edifici nobiliari del XVII-<br />

XVIII sec. d. C. ed edifici religiosi del XII sec. d. C., ricchi di<br />

elementi architettonici e decorativi, e contenenti importanti opere<br />

d’arte.


CURIOSITÀ: <strong>Il</strong> paese era diviso in due parti, una Soprana ed una<br />

Sottana. I vari toponimi si riferiscono ai proprietari locali (Li<br />

Pavoni, Li Gaifieri, Li Ciota, Li Galvani, Li Vacchiani, etc.) o alla<br />

località (la Croce, le Case bianche, il Serrone). I quartieri più<br />

popolati erano: Anzilia, li Rizzi e il Casale.<br />

Prodotti tipici : Fico bianco del Cilento D.O.P. Olio extravergine<br />

di oliva “Cilento”D.O.P, Vino del Cilento D.O.C.<br />

L'olio Cilento DOP si ottiene dalla premitura di olive delle varietà<br />

Pisciottana, Roton<strong>della</strong>, Ogliarola, Frantoio, Salella e Leccino per<br />

almeno l' 85%; possono, inoltre, concorrere<br />

altre varietà locali presenti nell'area di<br />

produzione in misura non superiore al 15%.<br />

L'olio, al consumo, è di colore giallo paglierino<br />

con buona vivacità ed intensità; spesso limpido,<br />

a volte velato. All'esame olfattivo mostra un<br />

leggero sentore di fruttato, talvolta con note di mela e di foglia<br />

verde. <strong>Il</strong> gusto è tenue e delicato di oliva fresca,<br />

fondamentalmente dolce con appena percettibili note vivaci di<br />

amaro e piccante. E' discretamente fluido, con evidenti sentori di<br />

pinolo e retrogusto di nocciola e mandorla. L'acidità è sempre<br />

inferiore al valore di 0,70%. La notevole presenza di note<br />

aromatiche fa prediligere l’uso di quest’olio su piatti di una certa<br />

consistenza, tipici dell’area di origine, come grigliate di pesce,<br />

insalate selvatiche, verdure bollite, legumi e primi piatti in genere.<br />

L'olio “Cilento” DOP è il frutto dell'armonizzazione delle più<br />

moderne tecnologie di lavorazione con una tradizione millenaria.<br />

A livello agronomico, particolare cura è posta durante le fasi<br />

<strong>della</strong> raccolta, del trasporto e <strong>della</strong> conservazione delle olive. Per<br />

57


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

essere ammesse alla produzione di olio DOP le olive devono<br />

essere raccolte rigorosamente a mano; è autorizzato l'ausilio di<br />

mezzi agevolatori meccanici, come scuotitori e pettini vibranti; le<br />

reti sono ammesse esclusivamente per agevolare le operazioni di<br />

raccolta, che deve essere effettuata entro il 31 dicembre di ogni<br />

anno.<br />

La presenza dell'olio caratterizza da secoli il paesaggio cilentano<br />

e ne rappresenta la principale, e talvolta unica, risorsa delle<br />

popolazioni locali, tanto da divenire parte integrante <strong>della</strong> loro<br />

vita quotidiana. L'olivo nel Cilento ha radici antiche. Recenti<br />

ricerche archeobotaniche hanno documentato la presenza<br />

dell'olivo già nel IV sec. a.C. La tradizione, invece, vuole che le<br />

prime piante fossero introdotte dai coloni Focesi, una popolazione<br />

profuga di origine greca. Furono essi infatti ad introdurre la più<br />

antica varietà di olio locale, la Pisciottana, che resiste molto bene<br />

ai venti salmastri <strong>della</strong> zona, è molto produttiva anche in un<br />

comprensorio arido come il Cilento e ancora oggi conferisce<br />

all’olio Cilento la riconosciuta tipicità.<br />

58


II celebre nutrizionista americano Keys attribuisce proprio all’olio<br />

d’oliva un ruolo principe, in quanto determina una riduzione del<br />

colesterolo serico, migliora la funzionalità dell’apparatocardiocircolatorio,<br />

e protegge l’organismo, con il suo corredo di<br />

sostanze fenoliche, da gravi alterazioni.<br />

<strong>Il</strong> Consorzio per la tutela dell’olio extravergine di oliva DOP<br />

“Cilento” è stato riconosciuto dal MIPAF con DM 1 marzo<br />

2006 (pubblicato sulla G.U. n. 62 del 15.03.05) in base<br />

all’art. 14 <strong>della</strong> legge 526/99 per la tutela, vigilanza e<br />

valorizzazione del prodotto. <strong>Il</strong> Consorzio ha sede in<br />

Laureana Cilento (SA) alla via Archi – Tel: 0974.832573 -<br />

Fax: 0974.825922. Sito web: www.oliodopcilento.it.<br />

59


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

60<br />

LUSTRA<br />

“Scendendo da Rutino, mi colpì la fisionomia diversa dei due versanti<br />

di questa vallata. Ad Oriente sorge la catena montuosa di<br />

Monteforte dalle pendici brulle di vegetazione, giallognole o dalle<br />

vette rotondeggianti sulle quali nereggiano boschi di quercia e di<br />

castagno. …Nel primo i soli paesi di Perito, Orria, Gioi, Salento e le<br />

borgate di Ostigliano, di Vetrale e Cardile; nel secondo invece i<br />

paesi di Cicerale, Torchiara, Laureana, Rutino, Lustra, Sessa Cilento,<br />

Omignano, Stella Cilento ecc., e numerose borgate. Nel primo<br />

mancano le vie di comunicazione; nel secondo una bella rete stradale<br />

che fa avanzare trionfalmente il carro del progresso. L'Alento è<br />

quindi come un gran fosso che divide la barbarie dalla civiltà!”<br />

Cosimo De Giorgi<br />

<strong>Il</strong> toponim Lustra si fa risalire al latino “Lustrum” cioè zona<br />

selvatica, o pantano. <strong>Il</strong> Comune di Lustra ha origini incerte; si<br />

pensa che gli abitanti di un vicino paese denominato Campi, per<br />

sfuggire ai saccheggi dei Saraceni che irrompevano dai loro<br />

luoghi di sbarco, abbiano edificato delle case di rifugio in un<br />

centro che chiamarono Lustra, perché in un posto più alto e pieno<br />

di luce e di sole sotto il dominio dei Normanni, quando il centro<br />

abitato crebbe intorno al castello, sito <strong>nella</strong> frazione Rocca<br />

Cilento, ricostruito dopo la distruzione operata dai Saraceni nel


915. Esso fu infine riprogettato nel XV secolo da una mano illustre,<br />

quella di Giuliano da Sangallo. Allo stesso periodo (1427) risale<br />

anche il Convento Francescano, fondato da San Bernardino da<br />

Siena, anch’esso sito a Rocca Cilento, borgo medievale mantenuto<br />

intatto <strong>nella</strong> sua struttura originale.<br />

CURIOSITÀ : si narra che San Paolo, nel suo viaggio verso Roma,<br />

attraversando la strada che collegava Velia a Paestum, che<br />

attualmente collega Lustra al cimitero, si riposasse su una pietra<br />

tuttora esistente chiamata appunto, Pietra di San Paolo. La<br />

leggenda vuole che chi porta con sé un pezzo di questa pietra,<br />

sia immune dai morsi di serpente.<br />

Prodotti tipici: Fico bianco del Cilento D.O.P. Olio extravergine<br />

di oliva “Cilento”D.O.P<br />

61


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

62<br />

PERDIFUMO<br />

La storia di Perdifumo è legata a quella<br />

di Sant’Arcangelo, un borgo poco<br />

distante, già scomparsonel XIV secolo, ma che fino ad allora,<br />

grazie all’omonimo monastero, aveva offuscato l’economia dei<br />

villaggi vicini. <strong>Il</strong> monastero, infatti, ebbe il monopolio<br />

dell’economia del luogo fino alla guerra del Vespro (1282-<br />

1302), quando fu devastato dagli Aragonesi ed i superstiti si<br />

trasferirono nel vicino paese, Perdifumo, segnandone il<br />

definitivo incremento. Notizie di un piccolo casale a nome<br />

Perdifumo se ne hanno fin dal 1057: ma la sua fondazione può<br />

essere collegata già nel secolo IX, all’epoca dell’incremento<br />

delle colline interne del Cilento per opera dei monaci basiliani<br />

e dei Longobardi che ivi costruirono molti castelli. <strong>Il</strong> toponimo<br />

infatti di etimologia greca, deriva da “perì” che vuol dire “nei<br />

dintorni”, o anche “sopra”; e “difyos” che va inteso nel<br />

significato di “duplice”, cioè di due cose simili affiancate.<br />

Quindi il significato del toponimo Perdifumo è “Casale costruito<br />

sopra o nei dintorni di due castelli”, che potrebbero essere<br />

quelli di Camella e di Ancilla Dei. <strong>Il</strong> Comune di Perdifumo<br />

comprende le frazioni Camella, Mercato e Vatolla.<br />

Parlare di Vatolla significa parlare di Giambattista Vico che vi<br />

soggiornò dal 1686 al 1695 nel Castello de Vargas . Vatolla fu


detta “vicus Vatolanus”, forse fu un insediamento romano, che<br />

finora non è stato accertato da scavi archeologici. Le origini del<br />

borgo vanno ricercate all’epoca dei<br />

Longobardi e quasi certamente il sito fu<br />

scelto per la costruzione di un castello, a<br />

guardia <strong>della</strong> vallata del Testene, di<br />

fronte al castello di Camilla; <strong>nella</strong><br />

citazione che risale all’anno 994 è<br />

riportato per la prima volta il toponimo<br />

“Betulla”, Vatolla.<br />

CURIOSITÀ: L’etimologia è di origine<br />

greco-bizantina e deriva da “bàtos” che<br />

vuol dire “pruno” o in genere “pianta<br />

spinosa”, più la radice “ol-“ di “ollymi” che indica l’idea <strong>della</strong><br />

rovina. Quindi Vatolla significa “luogo infestato dai pruni” o in<br />

genere “da piante spinose”. Forse ricorda l’antico “vicus”<br />

abbandonato, dove poi crebbero pruni e sterpi.<br />

<strong>Il</strong> Castello vichiano di Vatolla, come afferma Elena Croce, per<br />

“l’essere stato decennale luogo di meditazione di Vico”<br />

rappresenta un simbolo non solo per il Mezzogiorno d’Italia ma<br />

per la cultura europea e metafora per il ri-cominciamento che si<br />

fonda sulla storia delle comunità. Qui è nata la Fondazione<br />

Giambattista Vico che, con le sue attività culturali, con i suoi musei<br />

(Museo Vichiano a Vatolla e a Napoli, Museo del “Grand Tour” a<br />

Paestum-Capaccio), la Biblioteca del Parco Nazionale Cilento<br />

Vallo di Diano ricca di oltre 20.000 volumi, i laboratori di ricerca<br />

scientifica, i corsi di formazione, i convegni, i concerti, le mostre e<br />

le pubblicazioni, rappresenta una insostituibile e nodale presenza<br />

63


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

per la crescita civile e culturale <strong>della</strong> Regione Campania e del<br />

Mezzogiorno.<br />

Prodotti tipici: Cipolla di Vatolla, Fico bianco del Cilento D.O.P.<br />

Olio extravergine di oliva “Cilento”D.O.P<br />

64<br />

Allium cepa di Vatolla<br />

La cipolla di Vatolla è<br />

diversa, è prelibata, è<br />

antichissima sfera,<br />

dolce pietanza per gli<br />

dei. Un frutto <strong>della</strong><br />

terra che serba in sé il<br />

sapore <strong>della</strong> genuinità,<br />

del passato, un magico<br />

pomo dal sapore sorprendente, che solo a Vatolla, nobile frazione<br />

di Perdifumo, nasce dalle cure di mani esperte che da secoli si<br />

tramandano la sua coltura ed i suoi preziosi semi.


CASAL VELINO<br />

La sua origine antichissima è legata soprattutto alle vicende dello<br />

spopolamento dell’antica città di Elea-Velia, patria del grande<br />

filosofo Parmenide e del suo discepolo Zenone. La tradizione<br />

vuole che il borgo di Casal Velino sia sorto quando gli abitanti<br />

<strong>della</strong> pianura dei villaggi di S. Matteo ad duo flumina, S. Giorgio<br />

e S. Zaccaria che costituivano il territorio di Casalicchio, per<br />

sfuggire e difendersi dalle incursioni saracene e, soprattutto,<br />

dall’anofele malarigeno che, ancora nei primi del ‘900, infestava<br />

la piana di Velia, abbandonarono i villaggi per formare sulla<br />

collina, l’abitato di Casalicchio. La prima volta che troviamo<br />

menzionato l’abitato, con il nome di Casalicchio, risale al 1063. <strong>Il</strong><br />

borgo medievale sorse intorno ad un monastero carmelitano, di<br />

65


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

pertinenza dell’Abbazia di Cava de’ Tirreni; nel 1410 fu integrato<br />

nel regio demanio e in seguito fu infeudato a Giovanni di Cunto;<br />

nel XVII secolo appartenne ai Bonito e nel XVIII ai Gagliardi.<br />

Università autonoma fino alla sua elevazione a capoluogo di<br />

Comune l’8 agosto 1806; successivamente, si stabilì di sostituire<br />

alla denominazione Casalicchio quella di Casal Velino. <strong>Il</strong> R.D. n.<br />

249 è datato 18 maggio 1893. <strong>Il</strong> centro storico, con i suoi<br />

caratteristici vicoli, propone le tipologie tipiche dell’architettura<br />

cilentana alternando i palazzi signorili agli edifici rurali. <strong>Il</strong> Comune<br />

si articola in cinque frazioni: Casal Velino, Acquavella, Marina di<br />

Casal Velino, Bivio di Acquavella, Vallo Scalo.<br />

Prodotti tipici: Olio extravergine di oliva “Cilento”D.O.P, Fico<br />

bianco del Cilento “D.O.P.”,Cacioricotta di latte di capra,<br />

Caciocavallo silano D.O.P.<br />

Caciocavallo silano D.O.P. <strong>Il</strong><br />

Caciocavallo Silano DOP è un<br />

formaggio semiduro, a pasta filata,<br />

prodotto con latte di vacca di diverse<br />

razze, tra cui la Podolica, una tipica<br />

razza autoctona delle aree interne<br />

dell’appennino meridionale. La<br />

produzione del Caciocavallo Silano<br />

inizia con la coagulazione del latte<br />

fresco a una temperatura di 36-38°C,<br />

usando caglio di vitello o di capretto.<br />

La fase di maturazione consiste in<br />

un’energica fermentazione lattica, la<br />

cui durata varia in media dalle 4 alle<br />

10 ore e può dirsi completata quando<br />

la pasta è nelle condizioni di essere<br />

66


filata. Segue un'operazione caratteristica, consistente <strong>nella</strong><br />

formazione di una specie di cordone, che viene plasmato fino a<br />

raggiungere la forma definitiva. La forma, sferica, ovale o<br />

troncoconica, varia secondo le diverse aree geografiche di<br />

produzione. <strong>Il</strong> peso è compreso fra 1 e 2.5 kg. La crosta, sottile,<br />

liscia, di marcato colore paglierino in superficie, può manifestare<br />

la presenza di leggere insenature dovute ai legacci. La pasta si<br />

presenta omogenea o con lievissima occhiatura, di colore bianco o<br />

giallo paglierino. <strong>Il</strong> sapore è inizialmente dolce fino a divenire<br />

piccante a stagionatura avanzata. <strong>Il</strong> Caciocavallo Silano può<br />

essere consumato come formaggio da tavola o utilizzato come<br />

ingrediente per tantissime ricette tipiche dell’Italia meridionale.<br />

Grazie alle sue qualità nutritive, è particolarmente adatto alle<br />

diete dei bambini, degli anziani e degli sportivi.<br />

CURIOSITÀ: la tesi più accreditata sull’origine <strong>della</strong> denominazione<br />

“caciocavallo” la fa derivare dalla consuetudine di appendere le<br />

forme di formaggio, in coppie, a cavallo di pertiche di legno,<br />

disposte in prossimità di focolari.<br />

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Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

68<br />

LAUREANA CILENTO<br />

<strong>Il</strong> toponimo Laureana, secondo alcuni, deriverebbe dalla<br />

trasposizione al femminile dell’antroponimo latino Laurianus;<br />

secondo altri andrebbe accostato, invece, alla voce “laura” di<br />

origine bizantina che significa “monastero”, “chiostro”. <strong>Il</strong> borgo ha<br />

origine longobarda ed è noto sin dal 963. La sua posizione,<br />

dominante il golfo di Salerno, con controllo a vista dei castelli di<br />

Agropoli e Capaccio, al centro delle vie di comunicazione che<br />

collegavano i centri <strong>della</strong> Valle dell’Alento ai porti costieri, la<br />

portò ad essere per oltre cinque secoli il polo più importante <strong>della</strong><br />

baronia del Cilento. Durante tale periodo, Laureana legò la sua<br />

storia alle alterne vicende <strong>della</strong> famiglia Sanseverino, di cui<br />

condivise fortune e rovesci, dalla congiura di Capaccio nel '200,<br />

alla congiura dei Baroni nel '400, ai fatti che sancirono la loro<br />

fellonia nel '500. Nel 1552, smembrata la Baronia, Laureana<br />

seguì la stessa sorte degli altri paesi, vivendo il peggior periodo<br />

<strong>della</strong> sua storia per l’avvicendarsi di vari feudatari per tutto il<br />

‘600 e il ‘700. Laureana fu, durante tutto il Risorgimento, uno dei<br />

centri del partito democratico repubblicano di matrice mazziniana<br />

nel Salernitano, attraverso la presenza dei suoi patrioti in tutte le


ibellioni, in tutte le congiure, su tutti i campi di battaglia d' Italia.<br />

<strong>Il</strong> Comune di Laureana ha tre frazioni: Archi, Matonti e San<br />

Martino C.to.<br />

Prodotti tipici: Olio extravergine di oliva “Cilento”D.O.P, Fico<br />

bianco del Cilento “D.O.P.”, Cacioricotta di latte di capra, salumi.<br />

A Laureana Cilento esistono grandi tradizioni salumaie. I salumi,<br />

come il nome stesso li definisce, sono prodotti dalla salatura delle<br />

carni, il più antico e diffuso sistema di conservazione degli<br />

alimenti. I principali prodotti <strong>della</strong><br />

tradizione Laureanese sono: il<br />

capicollo, la pancetta, il guanciale,<br />

la soppressata, la salsiccia, la<br />

“noglia” .<br />

<strong>Il</strong> formaggio detto “cacioricotta” deriva dalla particolare<br />

lavorazione del latte di capra, ricco delle sieroproteine che, di<br />

solito, si ritrovano <strong>nella</strong> ricotta, ma a differenza <strong>della</strong> stessa la<br />

cagliata viene fatta dopo la<br />

bollitura.<br />

CURIOSITÀ: nel Cilento, proprio<br />

perché si poteva disporre di olio,<br />

le donne producevano sapone in<br />

grande quantità per l’uso<br />

familiare, ma la novità<br />

dell’acquisto era una variante alla<br />

vita quotidiana, perciò non mancava mai nel “vascio” una<br />

“vesenèdda” (anfora di olio non buono), in attesa del sapunàro<br />

che, se tardava più del solito, costituiva un pensiero nell’attesa. `U<br />

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Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

sapunàro era colui che ritirava olio non del tutto commestibile,<br />

pagandolo con pezzi di sapone. Anche in questo caso, accanite<br />

discussioni si prolungavano sul deprezzamento dell’olio e la bontà<br />

del sapone da parte del saponaro.<br />

70


VIAGGIO NEI SAPERI<br />

“<strong>Il</strong> vero viaggio, in quanto introiezione di un «fuori» diverso<br />

dal nostro abituale, implica un cambiamento totale<br />

dell’alimentazione, un inghiottire il paese visitato, <strong>nella</strong> sua<br />

fauna e flora e <strong>nella</strong> sua cultura (non solo le diverse pratiche<br />

<strong>della</strong> cucina e del condimento ma l’uso dei diversi strumenti<br />

con cui si schiaccia la farina o si rimesta il paiolo), facendolo<br />

passare per le labbra e l’esofago. Questo è il solo modo di<br />

viaggiare che abbia un senso oggigiorno, quando tutto ciò che<br />

è visibile lo puoi vedere anche alla televisione senza muoverti<br />

dalla tua poltrona. (E non si obietti che lo stesso risultato si ha<br />

a frequentare i ristoranti esotici delle nostre metropoli: essi<br />

falsano talmente la realtà <strong>della</strong> cucina cui pretendono di<br />

richiamarsi che, dal punto di vista dell’esperienza conoscitiva<br />

che se ne può trarre, equivalgono non a un documentario ma a<br />

una ricostruzione ambientale filmata in uno studio<br />

cinematografico”<br />

I. CALVINO, SOTTO IL SOLE GIUAGARO<br />

71


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

72<br />

“... E che cos'è quell’alta rupe che ci appare<br />

lastricata fino in cima da campicelli come da<br />

un’elegante geometria? E perchè l’erba, quasi<br />

azzurra su quella rupe, trascolorisce irrequieta,<br />

come da un sottopelle di tatuaggio a una<br />

scorticatura smaltata? Ne vedrò più tardi<br />

l'altra anca, nuda e scabra: è la Punta<br />

d‘Agropoli...”<br />

COSÌ UNGARETTI DESCRIVEVA, NEL 1932, LO STRAORDINARIO<br />

SPETTACOLO OFFERTO DAL PROMONTORIO DI AGROPOLI.


“In quel mentre, mentre passiamo di fianco<br />

a Pisciotta, ci appare, penetrato nel<br />

mare, Palinuro come uno squalo smisurato,<br />

cariato d’oro. Pisciotta si svolge in tre fasce su<br />

una parete: la più alta è il vecchio paese, di<br />

case gravi e brune e a grandi arcate; in<br />

mezzo, sono ulivi sparsi come pecore a frotte;<br />

la terza, a livello dell’acqua, la formano case<br />

nuove e leggere, i cui muri sembrano torniti<br />

dall’aria in peristili”.<br />

GIUSEPPE UNGARETTI<br />

“E di te, città disperata, e di voi,<br />

primi occhi aperti, o Eleati, non è<br />

rimasto altro, se non un po' di<br />

polvere? La vostra Forma<br />

mortale era bene un'illusione,<br />

come tu dicevi, Parmenide; ma<br />

la vostra voce, io la sento in<br />

questo silenzio: ciò che era<br />

materia immortale in voi, è<br />

immortale anche in questo mio<br />

corpo caduco”<br />

GIUSEPPE UNGARETTI, PAGINE DI DIARIO SUL VIAGGIO NEL<br />

CILENTO ( PRIMAVERA DEL 1932)<br />

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Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

74<br />

“Paestum è l'ultima e, starei per dire, la più<br />

splendida immagine che porterò con me integra<br />

al Nord".<br />

J.W.Goethe<br />

COSÌ ESCLAMÒ J.W.GOETHE MENTRE SI AVVIAVA A CONCLUDERE IL<br />

GRAND TOUR IN ITALIA, UN VIAGGIO CHE PER STUDIOSI E INTELLETTUALI<br />

EUROPEI DEL ‘700 ERA DIVENUTO QUASI UN OBBLIGO.


VIAGGIO NEI SAPORI<br />

I PRODOTTI GASTRONOMICI DEL CILENTO<br />

E LA CUCINA CILENTANA<br />

La tradizione gastronomica cilentana si basa su antiche ricette<br />

<strong>della</strong> tradizione contadina meridionale, spesso ottenute con<br />

ingredienti poveri, sempre presenti nelle cucine rurali, come le<br />

verdure selvatiche e le componenti d’avanzo che non andavano<br />

mai sprecati. Spesso si condivano con sale grosso, per poterne<br />

sgranocchiare qualche grano con abbondante vino.<br />

La cucina cilentana è, dunque, tradizionalmente semplice e<br />

povera. Le pietanze si basavano essenzialmente sui prodotti <strong>della</strong><br />

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Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

terra. Le verdure e i legumi (in particolare le verze, le patate e i<br />

fagioli), ma anche i cereali, venivano quotidianamente adoperati.<br />

Anche le castagne, prodotto di cui il territorio è sempre stato ricco,<br />

venivano spesso utilizzate in varie portate.<br />

Nel periodo invernale si consumavano molto le minestre vegetali<br />

condite con carne mista o di maiale. Tutti gli altri piatti a base di<br />

pasta, riso, patate, legumi, col brodo o conditi con salsa, venivano<br />

detti primo piatto o indicati con il nome degli ingredienti.<br />

<strong>Il</strong> brodo si distingueva dalla salsa,<br />

perché prendeva il nome dagli<br />

ingredienti con i quali era stato<br />

cucinato: ad esempio “broro re<br />

carne” (brodo di carne) “broro re<br />

addina” (brodo di gallina), ecc.<br />

Tutti i sughi derivati da carni fritte<br />

o arrostite, da uova fritte, da<br />

nsalate, da residui di cibi cotti,<br />

veni vano definiti: “aùnto”.<br />

Da qui il verbo “aùnta”, cioè il<br />

cospargere sughi, salse, olio e<br />

grassi vari sui cibi, sul pane, sui<br />

maccheroni, ecc. Sicuramente i<br />

piatti tradizionali delle feste erano a base di pasta casereccia<br />

preparata a mano.<br />

76


APPENDICE:<br />

Dichiarazione con cui il Comitato intergovernativo dell’UNESCO il 16<br />

novembre 2010 ha inserito la Dieta <strong>mediterranea</strong> <strong>nella</strong> Lista del patrimonio<br />

culturale immateriale dell’Umanità :<br />

Quinta sessione del Comitato intergovernativo (5.COM) – dal<br />

15 al 19 novembre 2010 , Nairobi, Kenya<br />

Progetto di decisione 5.COM 6.41<br />

<strong>Il</strong> comitato<br />

1.Prende atto che la Spagna, la Grecia, l'Italia ed il Marocco hanno<br />

individuato la <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong> per l'iscrizione <strong>nella</strong> lista rappresentativa<br />

patrimonio culturale immateriale dell’ umanità, descritta come segue:<br />

La <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong> costituisce un insieme di fattori, conoscenza, pratiche<br />

e tradizioni che variano dal paesaggio alla tavola, comprese le colture, la<br />

raccolta, la pesca, la conservazione, l'elaborazione, la preparazione e,<br />

specialmente, il consumo degli alimenti.<br />

La <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong> è caratterizzata da un modello nutrizionale che è<br />

rimasto costante nel tempo e nei luoghi, essendo costituito principalmente di<br />

olio di oliva, cereali, frutta fresca o secca e verdure, una quantità moderata<br />

di pesce, latticini e carne, e molti condimenti e spezie, interamente<br />

accompagnati da vino o infusi, sempre nel rispetto delle tradizioni di ogni<br />

comunità.<br />

Oggigiorno, la <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong> (dal diaita greco, o stile di vita)<br />

comprende più del vero e proprio cibo.<br />

Promuove l'interazione sociale, poiché i pasti <strong>della</strong> comunità sono la pietra<br />

angolare delle abitudini sociali e degli eventi festivi. Ha dato vita ad una<br />

considerevole massa di conoscenza, canzoni, massime, racconti e leggende. <strong>Il</strong><br />

sistema è radicato nel rispetto del territorio e <strong>della</strong> biodiversità ed assicura<br />

la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri<br />

collegati alla pesca ed all’agricoltura nelle Comunità mediterranee di cui<br />

sono esempi Soria in Spagna, Koron in Grecia, Cilento in Italia e<br />

Chefchaouen nel Marocco. Le donne svolgono un ruolo particolarmente<br />

importante <strong>nella</strong> trasmissione delle competenze, come la conoscenza dei<br />

rituali, dei gesti tradizionali e delle celebrazioni e la salvaguardia delle<br />

tecniche.<br />

2. Decide che, da informazioni fornite <strong>nella</strong> nota di nomina n. 00394, la<br />

<strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong> soddisfa i criteri per l'iscrizione <strong>nella</strong> Lista<br />

Rappresentativa, come segue:<br />

77


Itinerari Unesco: da Napoli al Cilento il <strong>racconto</strong> <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong><br />

R.1: La <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong> è un insieme di pratiche tradizionali, di<br />

conoscenza e di abilità trasmesse di generazione in generazione e che<br />

fornisce un senso di appartenenza e di continuità alle comunità interessate;<br />

R.2: L’ iscrizione <strong>nella</strong> lista rappresentativa potrebbe dare la più vasta<br />

visibilità alla diversità del patrimonio culturale immateriale e promuovere il<br />

dialogo interculturale ai livelli locali ed internazionali;<br />

R.3: La candidatura descrive una serie di sforzi intrapresi finalizzati alla sua<br />

salvaguardia in ogni paese, con un programma di misure internazionali<br />

mirate ad assicurarne la trasmissione alle generazioni più giovani ed a<br />

promuovere la conoscenza <strong>della</strong> <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong>;<br />

R.4: La nomina è il risultato <strong>della</strong> stretta collaborazione delle istituzioni nei<br />

quattro Stati, supportati dalla partecipazione attiva delle comunità e ne è<br />

prova evidente la condivisione del più recente accordo.<br />

R.5: La <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong> è stata inserita <strong>nella</strong> lista del patrimonio<br />

culturale immateriale nei quattro Stati interessati e sarà inclusa in una Lista<br />

internazionale del Mediterraneo che è in preparazione.<br />

3. Iscrive la <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong> <strong>nella</strong> lista rappresentativa del Patrimonio<br />

Culturale Immateriale dell’ Umanità.<br />

Membri del comitato <strong>della</strong> quinta sessione<br />

Albania, Azerbaigian, Burkina Faso, Cina, Croazia, Cuba, Cipro, Repubblica<br />

Ceca, Grenada, Indonesia, Iran (Repubblica Islamica), Italia, Giappone,<br />

Giordania, Kenya, Madagascar, Marocco, Nicaragua, Niger, Oman,<br />

Paraguay, Repubblica di Corea, Spagna e Venezuela<br />

Composizione dell’ufficio di presidenza (decisione 4.COM 23)<br />

Moderatore: Dott. Jacob Miaron Ole (Kenya)<br />

Vicepresidenti: Cipro, Croazia, Repubblica di Corea e Oman<br />

Relatrice: Margarita Ruiz Brandi (Cuba)<br />

78


BIBLIOGRAFIA<br />

o Accademia Barilla, Cucina <strong>mediterranea</strong>. Aromi e sapori <strong>della</strong><br />

tradizione italiana, edizione White Star, 2011.<br />

o AA.VV., Antichi sapori cucina <strong>mediterranea</strong>, edizioni Paolo Brescia,<br />

2003.<br />

o AA.VV. Cucina <strong>mediterranea</strong> da Quaderni di cucina, De Agostini<br />

editore, 2003.<br />

o AA.VV. Città da scoprire, edizioni Touring Club,1985.<br />

o AA.VV. Storia e riti antichi culti arte e cultura archeologia<br />

enogastronomia, edizioni Touring Club, 2006.<br />

o Corvino C. , Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle<br />

curiosità <strong>della</strong> Campania, Newton & Compton editori, 2002.<br />

o Johann Wolfgang Goethe, <strong>Viaggio</strong> in Italia., Rcs libri, 2012.<br />

o Lorusso G., La cucina del Mediterraneo,Giunti editore, 2006.<br />

o F. Braudel, <strong>Il</strong> Mediterraneo. Lo spazio e la storia, gli uomini e la<br />

tradizione, Newton&Compton Editori, Roma, 2002.<br />

o F. Braudel, Memorie del Mediterraneo, <strong>Il</strong> Mulino, 1999.<br />

o F. Braudel, Storia, misura del mondo, <strong>Il</strong> Mulino , 1998.<br />

o Pignataro L., Le ricette del Cilento. La <strong>dieta</strong> <strong>mediterranea</strong> del Parco<br />

del Cilento, edizione dell’Ippogrifo 2004.<br />

o Quaiani M., Sentieri M., Mediterraneo Cibo e cultura, edizioni<br />

Sagep 1998.<br />

o Ricci R. , <strong>Il</strong> mio Cilento, G. Voria srl 2004.<br />

o Riccio R., La cucina del Cilento piatti, tradizioni popolari e curiosità<br />

gastronomiche, edizioni Atesa 2004.<br />

o Teti V., <strong>Il</strong> colore del cibo. Geografia, mito e realtà dell’alimentazione<br />

<strong>mediterranea</strong>, Meltemi editore s.r.l. Roma - Collana Gli Argonauti.<br />

79


SITOGRAFIA<br />

www.agricoltura.regione.campania.it<br />

A cura del gruppo progetto:<br />

Angela Marzucca<br />

Luca Cerretani<br />

Vincenza Marino<br />

Nicoletta Serra<br />

Fiorello Pecora<br />

Carmelo Malandrino<br />

Teresa Lucianelli<br />

<strong>Il</strong>enia Negro<br />

Filomena Malandrino<br />

Andrea Passaro<br />

Antonio Voria<br />

Paolo Amoresano<br />

Luca Di Pierro<br />

Giuseppe Colopi<br />

Per l’uso di alcune foto si ringraziano:<br />

Antonio Pecora<br />

Aniello Mazzariello<br />

Antonio Pandolfi<br />

Romano Carpinelli<br />

Renato Manente<br />

Luigi Tamasco<br />

Leonardo Serra

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