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TAPPETO VOLANTE - Urban

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SPEDIZIONE IN A.P.-70%-MILANO<br />

LA CITTà COME NON L’AVETE MAI VISTa - 28.01.02 - EURO zero<br />

<strong>TAPPETO</strong> <strong>VOLANTE</strong><br />

LO SKATEBOARD, LA CITTÀ<br />

CARMEN CONSOLI: PORTRAIT<br />

VITA (STRA)ORDINARIA DI UNA RAGAZZA DI SICILIA<br />

IL NOME DELLA ROSA<br />

VENDERE FIORI NEI RISTORANTI: URBAN CI HA PROVATO<br />

istruzioni per l’uso! una guida straordinaria per milano, roma, bologna e torino<br />

#05


SOMMARIO|FEBBRAIO<br />

08URBAN VOCI<br />

10MINCHIA, CARMEN!<br />

13 CHE BOCCE, RAGAZZI!<br />

14LA CITTÀ A ROTELLE<br />

16 ROMA FUORI ROMA<br />

18IL PANE E LE ROSE<br />

24 SHIRIN, LA DONNA CHE HA VINTO<br />

27 ABORIGENI IN CITTÀ<br />

28 MOTUS PERPETUO<br />

31CHE STORIA!<br />

37URBAN GUIDA<br />

69 LIA CELI: SAN VALENTINO, UNA TRAGEDIA D’AMORE<br />

URBAN Mensile - Anno 2, Numero 5, 28.01.02<br />

direttore responsabile: ALESSANDRO ROBECCHI<br />

alessandro@urbanmagazine.it<br />

art direction: ALDO BUSCALFERRI<br />

aldo@urbanmagazine.it<br />

caporedattore: ANDREA DAMBROSIO<br />

andrea@urbanmagazine.it<br />

segreteria di redazione: DARIA PANDOLFI<br />

daria@urbanmagazine.it<br />

MUSICA 38<br />

MEDIA 41<br />

LIBRI 43<br />

FILM 44<br />

general manager: PER TEGELOF<br />

sales manager: SIMONA TEGELOF<br />

distribution manager: LINDA PISANI<br />

distribution assistant: PAOLA MARTINI<br />

key account: ALBERTO ALLOISIO<br />

ALFONSO PALMIERE<br />

Stampa: CSQ (centro stampa quotidiani),<br />

via dell’industria 6, Erbusco (Bs)<br />

Questo numero di <strong>Urban</strong> è stampato in 330.000 copie<br />

Fotolito: Body&Type, via San Calocero 22, 20123 Milano<br />

Registrazione Tribunale di Milano: n.286, 11.05.01<br />

Le telecamere vi guardano, in ogni momento.<br />

Spettacolini e provocazioni sotto gli occhi elettronici.<br />

Così hanno qualcosa da guardare, i guardiani! Toh!<br />

La signorina Consoli si descrive come “ordinaria”<br />

e “normale”. E intanto se la ride. <strong>Urban</strong> è andato<br />

a parlare con lei per scoprire una tipa ironica, capace<br />

di prendersi in giro. Tutt’altro che una star,<br />

insomma. Avrà preso in giro anche noi? Probabile...<br />

Fare di strade e marciapiedi un parco-giochi. Vedere<br />

dettagli che nessuno vede. Trasformare un passatempo<br />

da scavezzacolli in una geografia che scorre attraverso<br />

la città. Difficile? Ma no! Basta uno skateboard<br />

Una rosa, compra una rosa! La scena la conosciamo,<br />

no? <strong>Urban</strong> l’ha ribaltata e si è messo nei panni di chi<br />

vende. Un’incursione istruttiva e divertente tra tipi<br />

urbani (e umani?) di Milano. Molte rose, qualche spina<br />

Il teatro veloce. Il teatro che prende forma facendo<br />

teatro. Partiti dal “basso” (le megadiscoteche),<br />

i Motus sono arrivati in “alto” (le migliori platee italiane<br />

ed europee). Senza vertigini e rinnovandosi ogni volta.<br />

Siamo andati a vedere: però, l’avanguardia!<br />

Napoleone sarebbe stato un tipo trendy se non avesse<br />

perso tempo a farsi l’Europa? E quel giocherellone<br />

del Grande Timoniere Mao-Tze-Tung avrebbe fatto la<br />

lunga marcia in passerella? Rileggere la Storia è di<br />

gran moda: <strong>Urban</strong> non poteva tirarsi indietro. Infatti...<br />

TEATRO 46<br />

ARTE 49<br />

SHOPPING 51<br />

CLUB 52<br />

Editore: URBAN ITALIA srl<br />

via Tortona 27, 20144 Milano<br />

telefono 02/42292141 - fax 02/47716084<br />

urbanitalia@urbanmagazine.it<br />

Per la pubblicità:<br />

URBAN PUBBLICITÀ +39 02 42292141<br />

Distribuzione:<br />

URBAN ITALIA srl, Albatros Milano<br />

Copertina: foto Emmanuel Mathez, si ringraziano:<br />

Luca Basilico, Gianluca Mariani e Alex Leoncini<br />

BAR E RISTORANTI:<br />

MILANO 57<br />

ROMA 61<br />

BOLOGNA 64<br />

TORINO 67<br />

URBAN 7


illustrazione: Erika Pittis<br />

URBAN VOCI<br />

LA CITTÀ DA SOTTO IN SU<br />

LETTERE<br />

SIAMO LIQUIDI!<br />

Walter Benjamin scriveva: “Non sapersi orientare in una<br />

città non vuol dire molto. Ma smarrirsi in essa, come ci si<br />

smarrisce in una foresta, è una cosa tutta da imparare.”<br />

(Immagine di città). Ed io sottoscrivo appieno l’importanza<br />

del fluire, dello scorrere nella città, in una costante tensione<br />

e ricerca fluida, perché la metropoli è sempre più comunicazionale,<br />

è un’insieme flessibile e smisurato di flussi<br />

comunicativi, all’interno del quale si produce cultura ed<br />

innovazione. Per questo trovo interessantissimo <strong>Urban</strong>,<br />

perchè è forse l’unica guida “liquida” alla città!<br />

Ilaria Bea, Roma<br />

Cara Ilaria, ci è bastato un attimo per controllare che<br />

Walter Benjamin non fosse un attaccante straniero<br />

dell’Atalanta, per capire che questi complimenti sono terribilmente<br />

impegnativi. È vero, la “guida liquida”assomiglia<br />

a quello che cerchiamo di fare, ma detta così mette i<br />

brividi... grazie!<br />

SIAMO MAIALI!<br />

Vergogna davvero! Con tutta la merda che già c’è in giro<br />

c’era proprio bisogno di una rubrica come Motelitalia?<br />

Ma che senso ha? No, chiaramente un senso ce l’ha ed è<br />

il fatto che siete asserviti alla pubblicità peggio di canale<br />

5. Ma se il risultato deve essere questo, beh tenetevelo<br />

pure il vostro giornale gratuito. Come pena del contrappasso<br />

auguro a tutti i giornalisti della redazione di essere<br />

traditi dai/dalle loro conviventi e di passare il resto della<br />

loro vita a farsi le seghe davanti a un “canale porno<br />

prepagato”... di certo la pena non è più triste di quanto<br />

lo sia quella rubrica!<br />

Stefano Nannini<br />

L’ha presa bene, eh? Comunque, per chiarire: Motel Italia<br />

era il titolo del servizio di moda sul numero 3 di <strong>Urban</strong>.<br />

FEBBRAIO 05<br />

Hanno scritto, disegnato,<br />

scattato foto, pensato,<br />

suonato, ballato,<br />

e mangiato con noi<br />

questo mese:<br />

8 URBAN<br />

mattia elfo ascari<br />

sandro avanzo<br />

silvia ballestra<br />

luca basilico<br />

luca bernini<br />

gibi<br />

monica capuani<br />

christian carosi<br />

antonello catacchio<br />

lia celi<br />

Siccome non l’hanno ancora inventata, la città con<br />

l’auto-reverse, ci dovremo pensare noi. L’unico<br />

dispositivo che funziona alla perfezione è il tasto<br />

“repeat”, come nei cd. Così vi distraete e sentite lo<br />

stesso disco nove volte. Così vi distraete e la città<br />

sembra sempre uguale. Uffa!<br />

E invece noi la vorremmo in un altro modo. Doubleface,<br />

per esempio. Rovesciata, ribaltata. Una città<br />

foderata di tante città. Alla rovescia. Con la scritta<br />

all’incontrario come le ambulanze (àttic), così la<br />

vedete dritta dallo specchietto retrovisore. Di cose da<br />

ribaltare ce n’è quante volete. Pensate ai Motus,<br />

partiti dalle discoteche della Romagna e finiti nella<br />

crema dell’avanguardia teatrale. Pensate di ribaltarvi<br />

anche voi: invece che comprare la rosa al ristorante,<br />

La nostra stilista ha scelto i vestiti, noi abbiamo scelto<br />

modelli e location: nulla è stato pagato se non da noi.<br />

Fin qui le precisazioni. Quanto alla pena prevista, cioè<br />

che le nostre ragazze/i ci tradiscano eccetera eccetera...<br />

beh, chi può dire? Speriamo almeno che si divertano!<br />

SONO PAZZI?<br />

Caro <strong>Urban</strong>,<br />

che ne pensi di una città tra le più inquinate del pianeta<br />

che aumenta il prezzo dei mezzi pubblici del trenta per<br />

cento?<br />

Giada, Milano<br />

viola chandra<br />

cesare cicardini<br />

lucrezia cippittelli<br />

selvaggia conti<br />

alberto crespi<br />

michela crociani<br />

paul de cellar<br />

guido fuà<br />

carlo frassoldati<br />

gabriella giandelli<br />

willi hase<br />

cristina lattuada<br />

fabio lebo<br />

paolo madeddu<br />

diana manfredi<br />

emmanuel mathez<br />

antonella menini<br />

vittorio montieri<br />

annalisa pagetti<br />

raffaele panizza<br />

illustrazione: Mattia Elfo Ascari<br />

magari venderla, e guardare così dal di fuori quel che<br />

siete di solito mentre la comprate. Pensate ai modelli,<br />

principini delle passerelle, modellati in cera. E<br />

pensate che quando uno skateboard va come un<br />

treno giù per una scalinata c’è un momento -<br />

lunghissimo, se siete a bordo - in cui il cielo è sotto<br />

e la strada sopra. Un fermo immagine, in quel<br />

momento lì, renderebbe l’idea di quel che vogliamo<br />

fare con queste benedette città che ci stanno intorno.<br />

Ribaltarle, in poche parole. Così possiamo vederle da<br />

tutte le angolazioni, come alla moviola. E ci sembrerà<br />

di non averle mai viste.<br />

Non saprei... che l’inquinamento ha già fatto danni permanenti<br />

a qualche cervello?<br />

URBAN-MINIGONNA<br />

Salve! Come dice mio marito, il testo deve essere come<br />

la minigonna: corta per chiamare l’attenzione e abbastanza<br />

sufficiente per coprire l’argomento! Insomma leggendo<br />

<strong>Urban</strong> ho trovato una lettura piena di personalità<br />

interessanti, informazioni, curiosità varie, locali, cultura,<br />

arte e apertura. Complimenti!<br />

Monalisa Okabe<br />

Confessiamo: Monalisa ci ha scritto due volte complimenti<br />

entusiastici. Le sue lettere sono lunghe e abbiamo dovuto<br />

tagliare, ma la sostanza resta. Grazie. E grazie anche<br />

al marito: la metafora della minigonna ci ha colti di<br />

sorpresa...davvero non si smette mai di imparare!<br />

LA MELA TRENDY<br />

L’ho comprata anch’io la mela che va di moda (non c’è<br />

solo a Milano, sapete?). E ho qualcosa da dire in proposito:<br />

che sa più o meno di mela, ma costa il triplo. Bravi<br />

che l’avete un po’ presa in giro (in compenso lei ha preso<br />

in giro me!). D’ora in poi... mele e buoi...<br />

Complimenti e saluti<br />

Giorgio, Roma<br />

Ancora una volta: scrivete lettere brevi, sennò le renderemo<br />

brevi noi con le forbici. L’indirizzo è sempre quello:<br />

URBAN, via Tortona 27 - 20144 MILANO.<br />

Se siete elettronici usate la mail:<br />

redazione@urbanmagazine.it. Se usate il fax, dite al<br />

vostro dito di fare il numero 02-47716084<br />

guglielmina pauli<br />

erika pittis<br />

alessio pizzicannella<br />

cecilia rinaldini<br />

andrea scarpa<br />

p.d. sfornelli<br />

beatrice tartarone<br />

d.p. tesei<br />

cristiano valli<br />

ALESSANDRO ROBECCHI<br />

alessandro@urbanmagazine.it<br />

foto: Cesare Cicardini<br />

STUDENTI AL LUNA PARK: IDEE IN GIOSTRA<br />

La ruota e le montagne russe non bastano più, ma niente paura: arrivano i nostri (dal Politecnico)<br />

Un parco polisensoriale o una palestra per giochi di<br />

ruolo? Un campo per il calciobalilla umano o per il<br />

calcio saponato (cioè su un campo scivolosissimo)?<br />

Cosa fareste se aveste a disposizione un vero Luna<br />

Park da riconvertire? Pensateci anche solo un<br />

momento e vedrete che le idee non vi mancheranno,<br />

dopotutto il Luna Park sta conficcato nell’immaginario<br />

di tutti come un retaggio favoloso di quando si<br />

era ragazzini. E dunque: il Luna Park milanese di<br />

Novegro, piantato come un chiodo a dividere la città<br />

dal suo “fuori”, soffre del suo essere irrimediabilmente<br />

démodé. Dunque, ecco il soccorso dell’università<br />

(la Facoltà di disegno industriale del Politecnico), i<br />

cui studenti si sono esercitati sul tema. Non il classico<br />

“che fare?”, ma un più concreto “che farne?”. Del<br />

Luna Park, si intende. Detto fatto ecco quindici ipotesi<br />

in forma di progetto, che vanno dalle terme (giochi<br />

d’acqua) alla fantascienza, dai prodotti naturali alla<br />

robotica. Insomma, una vera riconversione (brutta<br />

parola) giocata sui desideri. Come cambierà<br />

(o come si vorrebbe che cambiasse) il vecchio Luna<br />

Park di Milano, che se ne sta lì da 37 anni si vedrà<br />

con la mostra dei progetti (al Luna Park, naturalmente,<br />

dal 22 febbraio al 3 marzo). Ma intanto è interessante<br />

SPETTACOLI<br />

STRETTAMENTE<br />

SORVEGLIATI<br />

A Bologna, telecamere ovunque.<br />

Gli studenti rispondono con<br />

qualche performance.<br />

Ehi, guardiano, guarda qui che<br />

spettacolino!<br />

Aveva visto giusto il Lucarelli di Almost Blue: la cittadella<br />

universitaria di Bologna è luogo di intrighi e profondi<br />

misteri. E a dimostrazione di questo sta senz’altro la solerzia<br />

dimostrata degli apparati di pubblica sicurezza cittadini,<br />

che hanno infarcito di telecamere di sorveglianza<br />

le vie che conducono alla zona degli atenei. La denuncia<br />

arriva dai Surveillance camera players (Scp), un gruppo<br />

vedere come intendono il vecchio pre-moderno Luna<br />

Park gli studenti del Politecnico, che virano al tecnologico,<br />

riscoprono la fisicità del gioco o la simulazione<br />

in scala “umana” dei giochi da tavolo, come nel caso<br />

del Risiko in carne e ossa tutto da inventare. Attacco<br />

la Kamchatka! Molto moderno. Ma resta un dubbio:<br />

e le vecchie giostre? Il pesciolino? Il tiro a segno?<br />

Si manterranno come souvenir, sotto una campana di<br />

vetro, per ricordaci come eravamo? Modernariato di<br />

un divertimento naïf, semplice-semplice, un po’ triste<br />

e dimesso come i Luna Park, appunto. Ma non era<br />

questo il bello?<br />

di performer bolognesi costituito nel maggio dell’anno<br />

scorso sulla scia dei fondatori nati a New York nel ‘96.<br />

Cricche di attori anarcoidi, che in tutto il mondo inscenano<br />

azioni recitate di fronte a questi occhi indiscreti<br />

per protestare contro la privacy violata, contro il Grande<br />

Fratello strisciante e onnivoro ma (purtroppo) largamente<br />

accettato. E i primi casini non hanno tardato a venire<br />

considerato che - come loro stessi ci hanno riferito -<br />

hanno recentemente costretto il rettore a eliminare le<br />

telecamere piazzate nella biblioteca di Scienze umanistiche<br />

di via Zamboni 36, furbescamente nascoste dietro i<br />

neon verdi che indicavano le uscite di sicurezza. Vittoria!<br />

Ma se questo è stato un blitz “investigativo”, non va<br />

dimenticata la natura artistica e non violenta della loro<br />

ispirazione. Che ha raggiunto il suo culmine quando<br />

hanno inscenato di fronte alla telecamera digitale nascosta<br />

in piazza Verdi - capace di una visione a 360 gradi e<br />

predisposta ad accogliere il software per il riconoscimento<br />

facciale - “la morte dello studente”, con un universitario<br />

che fingeva di soffocare dentro lo schermo di<br />

una tv. Così i guardiani hanno avuto qualcosa da guardare.<br />

Ma poco da reprimere.<br />

RAFFAELE PANIZZA<br />

URBAN 9<br />

foto: Robin Smith / Tony Stone - Laura Ronchi


10 URBAN<br />

la ragazza<br />

(stra)ordinaria<br />

CARMEN CONSOLI, musicista. Dice di avere una vita normale, di essere ordinaria,<br />

addirittura scialba. Ovvio che sono bugie. Perché lei, intanto, ha messo tutti in<br />

riga e ha un dono raro tra le star nazionali: quello dell’autoironia. <strong>Urban</strong> è andato<br />

a parlarle ed è rimasto con un palmo di naso. Minchia, Carmen!<br />

testo: Paolo Madeddu / foto: Alessio Pizzicannella<br />

Carmen sembra. Sembra una vocina e urla.<br />

Sembra una ragazzina e graffia. Sembrava<br />

l’ultima trovata di un mercato discografico<br />

terremotato e invece ha tenuto botta,<br />

dimostrando che non è una moda in più, ma<br />

semmai (grazie!) una truffa in meno. Brava<br />

Carmen. <strong>Urban</strong> è andato a farci una<br />

chiacchierata, partendo – va da sé – dall’ultimo<br />

disco, un live con orchestra sinfonica.<br />

Pazzesco, eh?<br />

In questo disco non è facile riconoscerti.<br />

Niente rock, canzoni quasi punk riarrangiate<br />

come boleri, accompagnate da<br />

un’orchestrona di 50 e passa elementi.<br />

Ti accuseranno di tradimento!<br />

Credo che rock sia tutto ciò che è<br />

destabilizzante. Vedendo Ani Di Franco sola<br />

con la chitarra ho capito che era più rock dei<br />

Blink 182. È questione di attitudine: Cesaria<br />

Evora è più rock di Tina Turner. Il rock è<br />

urgenza di comunicare. Un violoncello può<br />

avere la stessa tensione emotiva di un basso<br />

distorto.<br />

Nel disco c’è anche un po’ di effetto-<br />

Baglioni, col pubblico che canta le tue<br />

canzoni...<br />

Ehm… il pubblico lo abbiamo abbassato un<br />

po’. Anche perché ero particolarmente<br />

contenta della mia voce: in concerto non ho<br />

la voce da gattina morta dei miei album.<br />

Dal vivo ho un’altra voce. Da gattina malata.<br />

Vi raccomando comunque la mia stecca su<br />

Confusa e felice.<br />

Se non altro è la prova che non è il solito<br />

‘live’ preconfezionato, no?<br />

È stato un momento particolare, al Teatro<br />

Greco di Taormina, non so se mi spiego,<br />

volevano darlo solo a Dylan. Oh, ho detto<br />

Dylan, Bob! Abbiamo messo il concerto su<br />

disco perché non restasse un episodio così,<br />

fine a se stesso. Comunque niente chiasso:<br />

niente singoli, poca tv, solo due concerti…<br />

Sentiti! Uno a Santa Cecilia e uno al<br />

Leoncavallo, l’Accademia, il Centro Sociale.<br />

Un altro contrasto…<br />

Mi piaceva proprio l’idea del contrasto, per<br />

suggerire che non si può assegnare un tipo di<br />

musica a un tipo di luogo e viceversa. Ho fatto<br />

lo stesso spettacolo in un luogo popolare<br />

come il Leonka, dove ho visto alcuni tra i<br />

concerti più belli della mia vita a prezzi<br />

accessibilissimi (Suzanne Vega, 99 Posse) e in<br />

un luogo che ho sempre solo sognato…<br />

In contemporanea al disco, esce un librointervista:<br />

Quello che sento (Federico Guglielmi,<br />

ed. Giunti). Tu che ne dici, è un caso?<br />

Lo giuro!<br />

Dopo soli 4 anni di carriera, hai in giro 3<br />

biografie. La prima su Celentano è uscita<br />

dopo 8 anni che cantava… non starai<br />

esagerando?<br />

Sono stata in trasmissione da Celentano, con<br />

Giorgia. È stato terribile perché lei è un<br />

autentico usignolo, è la perfezione<br />

nell’intonazione. Immaginate il dramma di una<br />

come me con la sua voce da paracarro mentre<br />

Celentano mi dice: “Canta con noi”. Si decide di<br />

fare Mondo in Mi7. Alla fine, avverte Celentano,<br />

faremo “improvvisazione jazz”. Io penso:<br />

“cosa”? Parte il pezzo. Giorgia si mette a<br />

improvvisare. Poi lo fa lui. Mentre loro<br />

incastrano le voci come si deve, io non trovo di<br />

meglio da fare che emettere una sola nota,<br />

AAAAAH. Sembravo il traghetto Messina-Reggio<br />

Calabria.<br />

Nel libro è descritto un momento pazzesco,<br />

quando da ragazzina sei stata invitata da<br />

Santoro a un programma…<br />

Durante una puntata sulla morte di Mia<br />

Martini, con Loredana Bertè presente. Era<br />

sconvolta dalla morte della sorella, io non<br />

avevo ancora fatto un disco e fui presentata<br />

come dire: morta una stella, se ne fa un’altra.<br />

Loredana mi guardò malissimo e disse: “Vuoi<br />

fa la cantante? Sai, è meglio che cambi lavoro”.<br />

In realtà io sarei dovuta intervenire la<br />

settimana prima, in una puntata sul sud. Caso<br />

volle invece che fossi presente quella sera…<br />

Poi ci siamo riviste da Renato Zero, lei è una<br />

persona complessa, molto carina.<br />

Tu intrighi molto. Quando i giornalisti<br />

cominciano a scavare cercando particolari<br />

piccanti, ti dà fastidio o ti diverti?<br />

Non mi dà fastidio. Certo, mi piacerebbe<br />

rispondere con delle cose piccanti.<br />

Beh, in passato lo hai fatto.<br />

Sì, è capitato, ma ora dirò una cosa che non ho<br />

mai detto prima.<br />

Wow! Brivido! Sentiamo.<br />

In realtà la mia vita è abbastanza ordinaria.<br />

Ma come, detto da una che sulla copertina<br />

di un disco era vestita da merluzzo!<br />

Veramente ero vestita da sirena… Ma vorrei<br />

avere una vita più particolare. Una biografia<br />

sulla mia vita privata sarebbe abbastanza<br />

noiosa. La cosa che mi eccita davvero è<br />

riuscire a cucinare gli involtini con le<br />

melanzane e riuscire a portarli in tavola prima<br />

che la mozzarella si indurisca. La cucina è la<br />

mia passione e passo ore sulle ricette.<br />

Amo la tranquillità, passo ore con mamma<br />

e papà a casa…<br />

Dobbiamo crederci?<br />

Ho i desideri dell’Ottocento: metter su<br />

famiglia, stare in una casa in campagna… sono<br />

molto scialba. Forse l’unica trasgressione della<br />

mia vita è la musica. Quando sono nello<br />

spettacolo cerco di fare le cose che a San<br />

Giovanni da Punta non farei. Ma è un gioco,<br />

come quando a cinque anni mi mettevo il<br />

rossetto davanti allo specchio.<br />

Hai un sogno?<br />

Fare un bellissimo disco.<br />

Nah! Dài, qualcosa di più.<br />

No, davvero, sono una donna squallida, l’ho<br />

detto. La musica è la mia trasgressione.<br />

Ok, allora che tipo di disco bellissimo<br />

vorresti fare?<br />

Blue di Joni Mitchell.<br />

E cosa ti manca?<br />

Un sacco di roba. Ma sto studiando… studio il<br />

basso e l’armonia. Incredibile come un<br />

semitono può cambiare tutto. Ho letto un libro<br />

di Cotroneo, Presto con moto. Dice che ci sono<br />

facce in do maggiore: la nota base, senza<br />

troppe sfaccettature. I re minore settima sono<br />

più rari e complicati, ma destano più curiosità.<br />

Una volta hai detto di avere un progetto con<br />

Max Gazzè…<br />

Sì! Prendere canzoni di Pupo o dei Pooh e<br />

rifarle. Abbiamo nel mirino anche i Ricchi e<br />

Poveri. Io e Max somigliamo ai due mori, ci<br />

mancano due biondi.<br />

Dopo l’Ultimo Bacio farai ancora l’attrice?<br />

Non è il mio mestiere. Non è facile ripetere<br />

dieci volte la stessa battuta ed essere credibili.<br />

Io avevo problemi a essere credibile persino<br />

nel dire: “Minchia, l’Africa”.<br />

URBAN 11


LE PALLE, USATELE!<br />

Sapevate che le bocce dopo un po’ si<br />

“ovalizzano”? Che rotolare a lungo le rovina?<br />

Che sono fatte in materiali hi-tech? A Milano,<br />

una questione di bocce. Antiche e modernissime<br />

foto: Cesare Cicardini<br />

Dici bocce e pensi a palle rotonde nere o<br />

marroni, che rotolano silenziose e pesanti sulla<br />

terra. Parli con la signora Adelia, butti un’occhio<br />

alla vetrina del suo negozio, e ti viene il dubbio<br />

di essere rimasto indietro di qualche secolo.<br />

Non come quegli uomini e quelle donne che,<br />

con una palla in mano, una di quelle buone,<br />

sono capaci di disegnare percorsi improbabili,<br />

di immaginare colpi calcolati al millimetro.<br />

Alle spalle di piazza Medaglie d’Oro, a due<br />

passi dal centro-centro di Milano, il rumore del<br />

traffico e il vociare disordinato della gente<br />

sfumano lentamente. S’infrangono sulle vetrine<br />

di un negozietto. Semplice, ma a colori. Bocce<br />

gialle, bianche e nere. Certo anche marroni, ma<br />

pure rosa, maculate, azzurre, fucsia. Roba fine,<br />

materiale sintetico, colori sgargianti. Dentro, la<br />

signora Adelia e, soprattutto, loro. Le bocce.<br />

Palle rotonde che giovani e meno giovani portano<br />

qui in via Colletta quando perdono colpi,<br />

si “ovalizzano” o si usurano. Quando hanno<br />

bisogno di manicure: di essere affidate a mani<br />

esperte. Quelle della signora Adelia che, non<br />

scandalizzetevi, ma a bocce non gioca. Già.<br />

D’altra parte: vi fidereste di un arbitro di calcio<br />

che partecipa alla classifica cannonieri? Come<br />

diceva Il grande Lebowski, che di palle se ne intendeva,<br />

“questo non è il Vietnam, è il bowling:<br />

ci sono delle regole”.<br />

Qui, in questo negozietto dove nel ‘35 il papà<br />

di Adelia aveva iniziato lavorando il legno al<br />

tornio, sono passati nobili e operai, studenti e<br />

scrittori. Gente che non si accontenta di palle<br />

trovate quasi per caso a bordo campo, ma che<br />

le bocce se le coccola e se le porta da casa.<br />

URBAN 13


FOTO DI GRUPPO<br />

CON ROTELLE<br />

14 URBAN<br />

LO SKATEBOARD è una tavola con le ruote, d’accordo. Ma anche<br />

un modo diverso di guardare la città. Scale, muretti, corrimani.<br />

Dalle periferie alla stazione: un’altra Milano<br />

testo: Diana Manfredi e Luca Basilico / foto: Emmanuel Mathez<br />

A proposito della città e degli occhi che la<br />

guardano. A proposito della città e delle sue superfici.<br />

Proprio così, superfici. Ecco. Prendete<br />

una tavola. Una tavola con le rotelle. In una parola:<br />

lo skateboard. Lo skateboarding modifica<br />

indefinitamente la prospettiva con cui ci si guarda<br />

intorno. Avete mai fatto attenzione al materiale<br />

di cui è fatto il fondo di una scalinata?<br />

Avete mai notato se il passamano che scende i<br />

gradini davanti vostro ufficio è più o meno alto?<br />

Avete mai notato se il cemento del muretto dietro<br />

casa vostra è liscio o grezzo? Voi no. Gli skateboarder<br />

di sicuro si. Si possono fare mille discorsi<br />

sulla reinterpretazione delle strutture urbane,<br />

nulla è intenzionale nulla è voluto: uno skater<br />

guarda una scalinata come un bambino di<br />

sei anni vede una pista Playmobil nuova di zecca.<br />

Intanto, se ne fa un gran parlare: la pubblicità<br />

street style, i video musicali più trendy.<br />

Persino l’amministrazione milanese punta<br />

sugli skaters per riqualificare la temutissima<br />

piazza della Stazione Centrale. Facile. Meno facile<br />

dire chi sono questi ragazzi su rotelle, comprimerli<br />

in uno stile o (parolone!) in una filosofia.<br />

Bene o male l’immagine che la stragrande<br />

maggioranza della gente si fa dello skateboarding<br />

è quello di un passatempo da scavezzacollo<br />

che appassiona per lo più i giovani della<br />

scuole medie e superiori con un certa propensione<br />

per l’americanismo. Banale. In realtà gli<br />

skaters sfuggono a ogni classificazione. Ci sono<br />

quelli agonisti che non si perdono una gara,<br />

quelli che vanno “in rampa” e non gradiscono i<br />

marciapiedi; ci sono quelli che amano skateare<br />

solo con pochi fidati amici e quelli che usano la<br />

città come un “parco giochi”. Ci sono gli skaters<br />

punk e quelli che ascoltano il rap, quelli che fanno<br />

i dj e quelli che ascoltano jazz. Niente da fare,<br />

la catalogazione non regge. “La cosa che più<br />

temiamo noi skaters è quella di cadere nei cliché”,<br />

dice Marco, 23 anni di Milano, skater da<br />

10. E poi, l’autorganizzazione. Quella che<br />

Stefano (20 anni, skater da 7) chiama “l’arte di<br />

arrangiarsi”. “Si risparmia si fanno collette, si<br />

cerca in giro un appoggio dagli sponsor, ci si<br />

improvvisa fabbri e falegnami, mille sbattimenti,<br />

ma alla fine quando skatei sul tuo skatepark e<br />

vedi la gente divertirsi la soddisfazione è tanta!”,<br />

dice Marco, 23 anni, di Ravenna gestore e<br />

ideatore di uno dei migliori skatepark italiani.<br />

Persino il Campionato Italiano di Skateboard è<br />

un invenzione degli skater.<br />

In più c’è quel sogno (realizzabile!) di trasformare<br />

la passione in lavoro. Gianluca 27 anni di<br />

Milano, 14 sullo skateboard, si è inventato il<br />

marchio “Spaghetto Child”, ha cominciato a<br />

stampare magliette e felpe, ormai sono un must<br />

tra gli skaters di tutta Italia. Joe Milanese di 28<br />

anni (e skatea ancora tutti i giorni!) ha deciso di<br />

produrre t-shirt con il nome del suo spot ( il luogo<br />

in cui si va in skateboard ) preferito: “Milano<br />

Centrale (MC)”. “Puoi smettere di andare in skateboard,<br />

ma non di essere uno skater - dice<br />

Claudio - e riuscire a lavorare nel mondo dello<br />

skateboard è il compromesso migliore per non<br />

dover mai fingere la normalità!”. Filmano, fotografano<br />

le manovre migliori, qualcuno si è inventato<br />

anche editore, si è messo a pubblicare<br />

fanzine o vere e proprie riviste, come 6:00AM<br />

Skateboard Culture Magazine.<br />

Effettivamente di strada ne ha fatta lo skate da<br />

quando, dieci anni fa, i primi skaters milanesi si<br />

ritrovavano in una piazza del centro milanese,<br />

Piazza Borromeo, ribattezzata BOR e prima ancora<br />

in Piazza Leonardo da Vinci. Poi, la città ha<br />

dato la svolta. Racconta Gianluca: “Una sera intorno<br />

al ’94 ci accorgemmo che stavano rifacendo<br />

la piazza davanti alla stazione centrale…pavimentazione<br />

liscia, muretti, gradini…un sogno!”.<br />

Un parco giochi. La città come non l’avete<br />

mai vista, insomma. Bastava un pezzo di legno<br />

con quattro ruote.<br />

IL VIDEO<br />

Si chiama Skaters, dura<br />

35 minuti, ed è un<br />

documentario come<br />

purtroppo in televisione<br />

se ne vedono pochi.<br />

Regia, sceneggiatura e<br />

montaggio sono della<br />

giovane Diana Manfredi,<br />

coautrice di questo<br />

articolo. Oggetto: gli<br />

skaters, ovvio.<br />

Il corto è stato presentato<br />

all’ultimo Festival<br />

internazionale di film e<br />

video - Filmaker, che si è<br />

tenuto a Milano ai primi<br />

di dicembre del 2001.<br />

URBAN 15


C’era una volta la trattoria romana. A Piazza<br />

Renzi, quando non facevi una cena completa<br />

dall’antipasto al dolce, Augusto grugniva<br />

infuriato scuotendo la testa: “Nun se magna<br />

più come ’na vorta…”. L’unica alternativa era<br />

il ristorante del ‘generone romano’, il trionfo<br />

del kitsch con pretese di eleganza: i poveri<br />

camerieri con la marsina stretta e le tele spaventose<br />

dell’artista-amico-dell’oste in bella<br />

vista alle pareti. Il Giubileo ha portato un<br />

vento di novità: agghiaccianti catene di fastfood<br />

nostrani pronte a rimpinzare gli stomaci<br />

famelici di pellegrini. Grazie a Dio, in questa<br />

deregulation della ristorazione si è affermata<br />

un’altra tendenza che vige ormai da anni nelle<br />

grandi capitali del mondo, quella per cui il palato<br />

è importante, sì, ma anche l’occhio vuole<br />

la sua parte. C’è una classe di giovani imprenditori<br />

romani ‘colti’, che ha viaggiato per<br />

il mondo, ha imparato questa lezione e ha iniziato<br />

a investire su un’‘urbanistica del piacere’.<br />

E a Roma c’è stata un’esplosione di locali<br />

che mai si sarebbe potuta immaginare solo<br />

qualche anno fa. Ne sanno qualcosa gli architetti<br />

dello studio p+r+v lab. arch., classe<br />

1965. Dopo aver progettato parchi e piazze,<br />

si sono gettati con piacere nella mischia di<br />

questo rinascimento che è partito dal gusto<br />

(in tutte le sue articolazioni semantiche).<br />

Prima incursione: il progetto, nel cuore di<br />

Roma, dello store in Piazza di Spagna e poi<br />

del wine-bar in via delle Carrozze del fortunato<br />

Shaki. Ora stanno ultimando due grandi<br />

locali decentrati, una vera sfida: per le dimensioni<br />

inconsuete a Roma, e per l’ubicazione<br />

centrifuga rispetto al cuore della città.<br />

“L’esigenza di Shaki era avere una grande<br />

visibilità dalla strada”, dice Marco Valenti.<br />

“Il wine-bar doveva essere tutto proiettato<br />

fuori, quasi annullando il filtro interno-esterno”.<br />

Un tentativo di riqualificare una strada<br />

che è una delle poche carrabili del centro, restituendole<br />

dignità di luogo di passeggio.<br />

Shaki è stato pensato come una piacevole sosta<br />

in un ambiente domestico a metà tra il<br />

living e la cucina. Nel loro studio di Testaccio,<br />

i tre architetti aspettano ora la reazione di<br />

Roma a Retro e Greyhound, i due locali periferici<br />

che hanno progettato e quasi finito di<br />

realizzare. “In Retro – spiega Alessandro, il<br />

fratello (gemello) Valenti – c’è un edificio<br />

moderno che si è come dissolto, lasciando<br />

superstite la struttura, un grande contenitore<br />

in cui muovere degli oggetti”. Il sogno di tutti<br />

gli architetti, insomma, specie a Roma dove<br />

non si muove foglia (e sanpietrino) che Dio (e<br />

la sovrintendenza alle Belle Arti) non voglia.<br />

“Retro è l’esatto opposto di Shaki – spiega<br />

Marco – è dietro una strada, sul retro di un<br />

grande edificio nei pressi di viale Marconi, un<br />

quartiere di vocazione popolare che si sta<br />

evolvendo come tutto il polo sud di Roma, a<br />

pochi isolati dalla nuova multisala Uci e<br />

dall’India, il teatro del Comune negli ex stabilimenti<br />

industriali della Mira Lanza, a cinque<br />

minuti da Testaccio. Al ristorante si accede da<br />

una rampa che scende in un open-space di<br />

oltre 300 metri quadri, un ex garage poi<br />

riconvertito in distilleria. Anche qui abbiamo<br />

cercato di ricreare un ambiente domestico tipo<br />

cucina anni Trenta. Mi sembra un miracolo<br />

che a Roma comincino a farsi strada giovani<br />

imprenditori disposti a esportare qualità in<br />

zone di genetico degrado edilizio”. Ma pure<br />

Greyhound è il sogno di qualsiasi architetto.<br />

È un intero edificio, una unità edilizia isolata,<br />

un tempo adibita ad altra destinazione: stazione<br />

di rifornimento di benzina su una strada<br />

di grande scorrimento qual è la Tiburtina<br />

poco prima del raccordo anulare. Diventerà<br />

un bar, self-service, ristorante, edicola. “Il bello<br />

è che lì si perde ogni riferimento spaziale:<br />

potresti essere su una freeway sperduta in<br />

qualsiasi angolo del mondo”, spiega<br />

Alessandro. “C’è un’enorme pensilina che è<br />

un fuoriscala clamoroso rispetto all’edificio. Ci<br />

ha fatto pensare all’attesa nelle grandi stazioni<br />

d’autobus americane, non è un punto di<br />

partenza né di arrivo, ma di attraversamento,<br />

che è la vocazione delle periferie.<br />

La utilizzeremo per creare uno spazio per<br />

pranzare all’aperto”. Ma che significa concepire<br />

spazi adibiti al piacere? “Noi progettiamo<br />

luoghi in cui ci piacerebbe stare – dice Paola<br />

Pampini –, e cerchiamo di lasciare una grande<br />

libertà d’uso. Non siamo nati come architetti<br />

d’interni, non siamo arredatori né designer:<br />

non vogliamo appoggiare oggetti nello spazio,<br />

ci piace che siano gli spazi a generare le forme.<br />

E se quando la gente li vive, cambia la destinazione<br />

che gli avevamo attribuito, siamo anche<br />

più soddisfatti. Nella piazza Piaggio, che<br />

abbiamo realizzato al villaggio Breda, i dissuasori<br />

del traffico sono stati usati per metterci<br />

la piantina o sbatterci lo zerbino, i bambini<br />

hanno utilizzato le panchine per lanciarsi<br />

con lo skateboard e hanno sistemato il biliardino<br />

sotto la pensilina. Il nostro lavoro finisce<br />

quando la gente comincia a vivere gli spazi<br />

che noi abbiamo pensato. Se la città li fa suoi,<br />

per noi è un successo”.<br />

ROMAFUORIROMA<br />

TRE ARCHITETTI, una città, l’urbanistica del tempo libero e la voglia di sfuggire alle regole.<br />

“Il nostro lavoro finisce quando la gente comincia a viverci dentro”. Così Roma si affaccia<br />

fuori dal suo centro storico e “conquista” territori nuovi. Per mangiare fuori dai soliti cliché<br />

testo Monica Capuani / foto Guido Fuà<br />

16 URBAN<br />

URBAN 17


IL PANE E LE ROSE<br />

UNA ROSA È UNA ROSA È UNA ROSA. Ma provate a venderla al ristorante. <strong>Urban</strong> lo ha fatto, sostituendosi<br />

per una sera a uno dei tanti venditori stranieri che girano per i tavoli offrendo fiori e sorrisi disarmanti. Risultato:<br />

se comprate una rosa mentre mangiate, mangerà anche chi ve la vende. Facile, no?<br />

testo: Cristiano Valli / illustrazioni: Gibi<br />

18 URBAN<br />

“Pel bello naturale dobbiamo cercare un principio<br />

fuori di noi, pel sublime naturale invece soltanto<br />

in noi stessi e nel modo di pensare che<br />

rende sublime la rappresentazione della natura.”<br />

“Mentre il gusto del bello presuppone e mantiene<br />

l’animo in contemplazione estatica, invece il<br />

sentimento del sublime implica, come suo carattere,<br />

un movimento dell’animo congiunto<br />

col giudizio dell’oggetto.” (Immanuel Kant)<br />

Mi sarei aspettato molte cose andando per<br />

locali di Milano a vendere fiori. Certo non di<br />

passare una serata scoprendo giochi nuovi e<br />

divagando fra alcuni concetti di peso, fra i quali<br />

quello di bello e quello di sublime, che tanto<br />

colpiscono in Kant.<br />

Ma non vi preoccupate. Non è noioso come<br />

sembra.<br />

Rosarosae. Entro in un posto molto trendy a<br />

un passo da Piazza del Duomo. Secondo tavolo<br />

a sinistra. Il tavolo è occupato da una coppia<br />

sui vent’anni. Parla lui per primo, sorridendo un<br />

po’ sguaiato: “Se sai la declinazione latina di<br />

rosa, te le compro tutte io”. Ora, mi rendo<br />

conto che non è facile mettersi nei panni di<br />

uno che già a sua volta è nei panni di un altro,<br />

ma provate lo stesso, per un attimo, a mettervi<br />

nei miei panni. Forse esagero, ma un ventenne<br />

che per fare colpo se ne esce con quella frase<br />

lì, dà da pensare. Ho detto in un fiato “rosaroseroseroserosarumrosis”,<br />

sbagliando, ma con<br />

un tono abbastanza deciso da farlo sembrare<br />

giusto e lui ha salutato quarantaduemila lire<br />

ottenendo in cambio quattordici rose. Blu per<br />

giunta. Quattordici rose che nella di lui testa,<br />

aggiunte ai due cuba libre, si sommano a un<br />

capitale investito potenzialmente sufficiente a<br />

raggiungere la meta tanto ambita: la di lei<br />

virtù. Ma non può finire lì. Da una parte perché<br />

in un mondo migliore la ragazza si alza, lo<br />

abbandona con i due cuba libre da pagare e le<br />

rose le compera tutte lei in segno di spregio.<br />

Dall’altra perché magari non è la prima volta che<br />

lui dice una cosa del genere. Il che significa che<br />

altre volte ha già funzionato, ha fatto cioè colpo.<br />

Metti che invece che a me, la stessa cosa succeda<br />

a Sadi, il ragazzo cingalese che sostituisco<br />

URBAN 19


20 URBAN<br />

“SE SAI LA DECLINAZIONE LATINA TE LE COMPRO TUTTE IO”<br />

stasera, che non sa il latino e a cui quelle quarantaduemila<br />

lire servono per campare. Poi cos’è<br />

che racconta quando al telefono i parenti di<br />

Ceylon gli chiedono com’è l’Italia?<br />

Fifty fifty. I maschi, nelle coppie che incontro, si<br />

dividono in due categorie. Quelli che mi considerano<br />

un’occasione per fare i brillanti e che mi<br />

eleggono a protagonista delle loro battute più<br />

penose, e quelli che mi considerano un potenziale<br />

pericolo per la serata. Questi ultimi li si riconosce<br />

perché, come mi vedono, assumono la stessa<br />

espressione finto-consapevole di un concorrente<br />

del Quiz Show. Ce li si immagina a pensare:<br />

“Ma faccio più bella figura se la compro, la rosa,<br />

o se non la compro, o se la compro e poi dico<br />

che l’ho comprata solo perché lui ne ha bisogno,<br />

o se faccio finta di non avere il cambio, oppure<br />

gliela compro e basta, e se poi lei la considera<br />

una cafonata cosa faccio? Magari dovrei…”<br />

La tensione raggiunge livelli solidi. Appena mi<br />

allontano senza insistere il sollievo è palpabile.<br />

Primo gioco. Si individui una coppia di uomini<br />

eterosessuali e ci si avvicini loro con un mazzo<br />

di rose. Quello dei due che pensa di essere più<br />

tollerante e disinibito abbozzerà un sorriso tipo<br />

“Ehi, amico, che cosa hai capito, non sono mica<br />

omosessuale, cioè non che ci sia nulla di male,<br />

però davvero non ci servono rose”. L’altro si<br />

guarderà inorridito intorno cercando che so, una<br />

guardia, la polizia, una donna qualsiasi da baciare<br />

per ribadire la propria virilità. Assumerà pose<br />

mache, magari portandosi una mano sul pacco e<br />

chiedendo all’altro un sigaro. È sufficiente che<br />

capiti una cosa del genere due volte in una serata<br />

e poche ore dopo il primo dei due inaugurerà<br />

un ciclo di analisi quinquennale, l’altro avrà degli<br />

irrisolti sessuali per tutta la vita.<br />

Regola della bambina fra i cinque e i nove<br />

anni. Fai capire alla bambina che le rose sono<br />

blu perché un po’ magiche e che sono le preferite<br />

di Harry Potter e chiunque nel locale, pur di<br />

farla stare zitta, le comprerà una rosa blu.<br />

Regola del politically correct. Se nell’avvicinarti<br />

a un tavolo gli occupanti ti avranno fatto sedere,<br />

offerto da bere, offerto da fumare, offerto conforto,<br />

parlato di quello che gli piace della cucina del<br />

tuo paese che degustano almeno una volta la settimana<br />

nel ristorante etnico sotto casa e alla fine<br />

salutato compiacendosi fra sé e sé di quanto<br />

sono democratici e no global, sei capitato al tavolo<br />

dei politically correct. Comunque non compreranno<br />

rose “ché è così triste vederle appassire”.<br />

Postulato delle rose senza spine. Il numero di<br />

persone che faranno le spiritose ricordandoti<br />

che non c’è rosa senza spine è direttamente<br />

proporzionale al tempo impiegato vendendo<br />

rose. Nella misura di uno ogni sessanta secondi.<br />

Se va bene.<br />

Secondo gioco. Si prenda un gruppo a forte<br />

maggioranza femminile. Cinque a uno, o sei a<br />

due. Il gioco consiste nella tacita scommessa fra<br />

chi vende fiori e le ragazze, che convincere il<br />

maschietto a donare una rosa a testa sia per loro<br />

una sciocchezza. Alla fine del gioco avrete venduto<br />

un sacco di rose, il maschietto sarà convinto<br />

di essere un dio e le ragazze avranno ulteriore<br />

conferma della superiorità del genere femminile.<br />

Il sublime. Assumo la solita aria un po’ rumena<br />

e provo a entrare in un locale. In mano il<br />

consueto mazzo di rose. Bianche e blu. “Uhè,<br />

cioccolato bianco, vediamo di fare un giretto<br />

veloce nèh.” A sentire “cioccolato bianco” sono<br />

in estasi. Ma urge un’astrazione. Da una parte ci<br />

si mette un razzista che chiama “cioccolato”<br />

ogni ragazzo nero che passa dal suo locale a<br />

vendere fiori. Dall’altra ci mettiamo il passaggio<br />

mentale che porta dal cioccolato al cioccolato<br />

bianco la rara volta che a venderli è un bianco.<br />

Se, con una forzatura, si consideri la mente<br />

umana parte della natura, mi sento, come scrisse<br />

Kant, di fronte ad uno spettacolo naturale che<br />

supera il potere della mia immaginazione. Il che<br />

non riabilita certo il proprietario di quella mente,<br />

ma ricorda fino a che punto siamo in grado di<br />

mortificarla.<br />

Il bello. Il bello me lo trovo davanti più tardi,<br />

all’improvviso, dopo la frugale cena che divido<br />

con i ragazzi cingalesi che mi hanno dato le<br />

rose da vendere. Racconto di una serata<br />

tranquilla, a tratti divertente. Ci si scambiano<br />

aneddoti di proprietari un po’ rudi e di clienti<br />

bislacchi. Un po’ mi vergogno. Quella che per<br />

me è stata una gita, per Sadi e gli altri è un<br />

lavoro. Per me è stato spesso facile ciò che per<br />

loro non lo è quasi mai. Ho venduto duecento<br />

rose, pari a seicentoquarantaduemila lire.<br />

Esentasse. Però io sono bianco e parlo un buon<br />

italiano ed è fin troppo ovvio quanto mi abbia<br />

aiutato. Per le rose loro hanno investito molti<br />

soldi, i risparmi di una vita per pagare in anticipo<br />

e in contanti i fiori di un mese intero. Sono<br />

assieme a persone che vivono in cantina e che<br />

pagano per una branda cinquecentomila lire al<br />

mese. Esentasse. Di ciò che rimane, parte serve<br />

per vivere, essenzialmente cibo, niente vestiti, né<br />

telefono, né corrente elettrica, il resto viene spedito<br />

a casa. Sto per ringraziare e andare via e<br />

saluto il più anziano. Sival. Ha sessant’anni, è in<br />

Italia da quindici e mi chiede un favore. Mi chiede<br />

di dargli del lei. Capisce che non capisco, che<br />

lo prendo per un gesto di allontanamento.<br />

“Delle cose che potete fare per fare sentire<br />

accettato uno straniero – mi spiega – è la più<br />

bella. Non ti rivolgeresti mai ad un anziano con<br />

il tu. A me danno del tu tutti quelli che incontro<br />

per strada. Il tuo dare del tu è diverso da quello<br />

degli altri, ma per noi sarebbe bellissimo essere<br />

rispettati da tutti nella maniera più semplice,<br />

quella che usate fra di voi, come primo segno di<br />

rispetto”. Magari non è così importante, magari<br />

è una fissa dei cingalesi e basta, o, ancora meno,<br />

un vezzo di Sival. Però è stato bello imparare<br />

una cosa che nessun corso di politically correct<br />

avrebbe mai insegnato. Buonasera, signor Sival


SHIRIN, LA DONNA<br />

CHE HA VINTO<br />

SHIRIN NESHAT, artista iraniana. Fotografa donne libere. Con poesie sulle mani, negli occhi,<br />

sulle parti “consentite” del corpo, armate di fucile, dure e bellissime. Con i suoi scatti ha<br />

fatto guerra all’integralismo. E ha vinto. Grande donna, Shirin. E grande mostra. A Torino<br />

testo: Guglielmina Paoli / foto: Shirin Neshat<br />

Ci devo riuscire! Così si sarà detta l’artista<br />

iraniana più famosa al mondo. E tanto ha<br />

pensato, ha studiato, s’è arrovellata che alla<br />

fine ce l’ha fatta: è riuscita a far parlare le<br />

donne che l'Islam vuole coperte dal chador e<br />

mute, sottomesse all'uomo: le donne del suo<br />

paese. Come? Con la pelle. Le ha prese, fotografate<br />

e ha scritto sulle parti del corpo che il<br />

codice obbligatorio di comportamento islamico<br />

permette di lasciare scoperte, antichi versi<br />

di poeti persiani o versi ribelli di pionieristiche<br />

poetesse. Le ha fatte parlare con i volti, le<br />

mani e i piedi. Semplice no? Bisognava arrivarci<br />

però e non era facile. E così ha sfidato<br />

l’integralismo di Teheran.<br />

Shirin Neshat è nata a Qazvim, in Iran, nel<br />

1957 ed è andata a studiare arte all’Università<br />

di Berkley, in California, nel 1974. In quel momento<br />

l’Iran è al culmine della sua spinta di<br />

modernizzazione, il velo, che non è obbligatorio<br />

dal 1936, lo porta solo chi vuole. È un<br />

paese moderno nel quale le donne fanno tutto<br />

quel che noi troviamo normale, cose banali<br />

come stare in un bar, andare al cinema, andare<br />

a ballare, uscire con la minigonna.<br />

Nel 1990 Shirin torna e rimane sconvolta dagli<br />

spaventosi cambiamenti imposti dalla rivoluzione<br />

integralista di Khomeini: una forte ricostruzione<br />

dell'identità islamico-iraniana e le<br />

24 URBAN<br />

donne obbligate a rimettere il velo dal 1983.<br />

La distanza tra quello che sa e ricorda della<br />

straordinaria e antichissima cultura della sua<br />

terra e quel che trova soltanto sedici anni dopo<br />

la annichilisce. Alla fine del suo corso di<br />

studi non pensava di “diventare”, di “fare”<br />

l’artista ma quel che vede la spinge di nuovo<br />

da quelle parti, a cercare moduli espressivi,<br />

“modi di dirlo”. L’arte, appunto.<br />

In Iran il corpo femminile è considerato alternativamente<br />

bandiera e simbolo dell’orgoglio<br />

nazionale, emblema di vergogna e umiliazione.<br />

Shirin non ci sta, vuole fare qualcosa e<br />

comincia a fotografare se stessa coperta dal<br />

velo, desiderosa di capire, di comprendere<br />

quello che sta accadendo, di immaginare quel<br />

che succederà in futuro.<br />

Le sue donne velate, una serie di foto raccolte<br />

sotto il titolo The Woman of Allah, spesso oltre<br />

al chador (che letteralmente significa tenda), e<br />

alla pelle che parla, “indossano” anche fucili o<br />

pistole, che stanno a testimoniare la necessità,<br />

la voglia e la forza di opporsi all'oppressione.<br />

Dopo tante bellissime foto, a un certo punto<br />

a Shirin non basta più l’immagine fissa della<br />

fotografia, sente il bisogno di nuovi mezzi<br />

espressivi, nuovi linguaggi. Studia cinema e<br />

diventa assistente del più famoso regista<br />

iraniano, Abbas Kiarostami. Da quel momento<br />

realizza piccoli capolavori, film essenziali,<br />

taglienti, di rara intensità e sensibilità, grande<br />

rigore espressivo e incisività, proiettati in gallerie<br />

d’arte e musei. Con uno di questi,<br />

Turbulent, ha anche vinto un premio alla<br />

Biennale di Venezia (su due schermi contrapposti<br />

scorre l’antitesi tra il mondo maschile e<br />

quello femminile: da una parte violenza e<br />

disordine, dall’altra il sogno e il desiderio di<br />

libertà). Persino Philip Glass, grande compositore<br />

minimalista americano, gliene ha commissionato<br />

uno da presentare durante un tour<br />

di concerti live. Chi li ha visti ammette che la<br />

figura maschile, beh ecco, non fa proprio quella<br />

che si definisce una bella figura.<br />

Esile e minuta, ma forte come l’acciaio, due<br />

grandi occhi scuri di velluto resi ancor più<br />

profondi dal kajal, Shirin vive in una casa-studio<br />

in una stradina di Soho, a New York, un<br />

pezzetto di Iran odoroso come il banco di un<br />

profumiere in un souk: alle pareti tante foto e<br />

decorazioni, per terra tappeti, fiori sempre<br />

freschi, un figlio di otto anni che guarda continuamente<br />

cartoni animati alla tv e un gattone<br />

che si stiracchia sopra i libri. Il governo di<br />

Kathami l’ha riabilitata. Non è più un mostro,<br />

Shirin, e presto ci sarà una sua mostra al<br />

Museo d’Arte Contemporanea di Teheran.<br />

A suo modo, ha vinto.<br />

LA MOSTRA<br />

Per chi vuole conoscere<br />

l’opera di Shirin Neshat,<br />

ma non può andare fino<br />

a Teheran, ecco<br />

l’occasione giusta: la<br />

sua prima grande mostra<br />

pubblica nel nostro<br />

paese, un’antologica<br />

ampia e completa con<br />

le foto e i video, curata<br />

da Giorgio Verzotti.<br />

Ospita il Museo d'Arte<br />

Contemporanea<br />

del Castello di Rivoli,<br />

a due passi, ma proprio<br />

due, da Torino. Dal 28<br />

gennaio al 5 maggio<br />

2002. Il catalogo è<br />

realizzato da Charta.<br />

Per l’occasione,<br />

al Castello di Rivoli<br />

troverete anche <strong>Urban</strong>.<br />

URBAN 25


ABORIGENO<br />

URBANO<br />

Suona un tubo. Cioè: un ramo di eucalipto scavato<br />

dalle termiti. Insomma, un didgeridoo, atavico<br />

strumento aborigeno. Bellissimo, certo, ma andateci<br />

piano con quella roba: vi ruba l’anima<br />

testo: Viola Chandra<br />

foto: Emmanuel Mathez<br />

Cosa fa un australiano, di notte, a Milano, in<br />

via Martinetti? Si sbronza? Difficile, se si trova<br />

nel Centro tibetano. No: Phil Drummy, nato 33<br />

anni fa vicino a Melbourne, insegna didgeridoo<br />

e cultura del popolo aborigeno australiano.<br />

Pur essendo un viso pallido.<br />

Compositore e musicista di vari tipi di strumenti,<br />

a fiato o a percussioni, dice: “Il didgeridoo per<br />

me rappresenta l’origine di qualsiasi strumento<br />

a fiato. Questo ramo di eucalipto scavato dalle<br />

termiti, grezzo e rudimentale, produce un suono<br />

dalle frequenze e dai toni molto bassi, che imita<br />

i versi degli animali selvatici e che agisce<br />

sul lato più istintivo degli uomini. È una musica<br />

profondamente legata alla terra e all’anima.<br />

Secondo gli aborigeni il suo suono, modulato<br />

dagli antenati creativi, ha dato forma ai vari<br />

aspetti della natura. Ed è proprio la natura, dove<br />

gli antenati creativi oggi vivono, a farne nuovamente<br />

dono agli indigeni”. Che lo cercano,<br />

lo trovano, lo puliscono e lo suonano seguendo<br />

rituali arcaici.<br />

Phil Drummy è entrato lentamente nel loro mondo,<br />

da bambino: incantato, attratto e traghettato dai<br />

suonatori di didgeridoo che incontrava nei mercati<br />

o in campagna. Loro lo hanno accolto, si sono<br />

fidati e gli hanno insegnato le tecniche e i segreti<br />

dello strumento.<br />

Non tutti i segreti, però: le canzoni sacre, che si<br />

basano su note immutate da secoli, sono “proprietà”<br />

esclusiva degli iniziati e vengono suonate<br />

esclusivamente nelle cerimonie religiose tribali.<br />

“Secondo la tradizione indigena, un esterno, un<br />

non iniziato, non può avvicinarsi a questa musica<br />

perché la sua energia può distruggerlo.<br />

E distruggere chi gliel’ha trasmessa: cioè l’indigeno<br />

eretico”. Una strage, insomma. La sola<br />

musica che può essere ascoltata, conosciuta e<br />

suonata da tutti è un’altra: quella profana,<br />

da relax. Sono questi i suoni che Phil Drummy<br />

usa, rielabora e contamina: mixandoli con le<br />

canzoni tradizionali di altri paesi e introducendo<br />

delle componenti elettroniche. Una ricerca che<br />

lo ha portato a lavorare molto: con Randy<br />

Crawford e David Lee Roth, per esempio.<br />

In Italia, con Antonella Ruggiero, la PFM e<br />

Eugenio Finardi; nel 1996 è stato in tourné con<br />

Sting e due anni fa ha dato vita al progetto musicale<br />

SongLine, a cui partecipano anche quattro<br />

aborigeni australiani (tra cui Rrurrambu<br />

Burarrawaaanga, uno dei pionieri della musica<br />

indigena). E quindi il disco: Desert Rainbow<br />

(Tropical Music). Intanto lui, che continua<br />

a tenere in tutta Europa stage, corsi e seminari<br />

sul didgeridoo e sulla cultura aborigena (info:<br />

pdrummy@libero.it), è in partenza per<br />

l’Australia: “Ho bisogno di spazi aperti. Qui è<br />

tutto troppo affollato”. Certo, gli immensi spazi<br />

aperti del deserto australiano sono un’altra cosa.<br />

“Ma c’è una cosa qui che laggiù non hanno:<br />

le brioche calde, comprate alle tre di notte,<br />

riesco a mangiarne anche dieci, una dopo l’altra.<br />

Il giorno dopo sto da cani, ma non importa”.<br />

Maledizione aborigena?<br />

URBAN 27


28 URBAN<br />

Sono la misura della velocità del teatro di ricerca italiano.<br />

Indugiano sul quotidiano nelle forme del glamour per<br />

svelarne le potenzialità al di fuori della tendenza del<br />

momento. Amano e contaminano il cinema di Ferrara e di<br />

Wong Kar-Wai, i romanzi di Ballard, la musica pop ma<br />

anche le canzoni politiche anni’60 e il liscio di Castellina<br />

Pasi. Si ispirano tanto al teatro di Pinter che a quello di<br />

Sarah Kane. Fotografano e danno voce alla realtà culturale<br />

attraverso linguaggi scenici che attirano i giovani, anziché<br />

respingerli. Sono di moda e usano le mode. Corteggiati<br />

dai festival all’estero si esibiscono nei musei d’arte<br />

contemporanea. I Motus, insomma. Dalle origini riminesi,<br />

agli inizi dei ’90, sono oggi una realtà teatrale – e più che<br />

teatrale – che dice la sua all’inizio del nuovo millennio, e<br />

che sa come dirla.<br />

Fanno parte della leggenda che aleggia intorno al<br />

gruppo le prime performance, alla discoteca Cocoricò di<br />

Riccione. Qui si è formata l’estetica dei Motus, qui hanno<br />

conquistato il pubblico, qui hanno deciso come operare.<br />

Una di quelle discoteche-massa, divertimentifici della<br />

Riviera, cose che lo spettacolo colto guarda con<br />

sufficienza. E fa male. “Ma è bene non mitizzare troppo<br />

quel periodo”, dicono loro. “Era un momento di forte<br />

teorizzazione, in cui si cercavano nuovi luoghi e spettatori<br />

differenti: le discoteche erano posti ideali. A posteriori e<br />

senza rinnegare nulla possiamo dire che è stato un<br />

esperimento fallito. Una volta la nostra Daniela Nicolò<br />

fu scritturata come attrice solo per stare nuda per quattro<br />

ore tra la gente: una situazione deludentissima e molto<br />

violenta”. Vatti a fidare… “Però fu un momento<br />

formativo… per quel po’ di lire di sopravvivenza e per<br />

partire con il vero teatro”.<br />

Ai Motus è bastata una decina di spettacoli per imporsi<br />

nel panorama nazionale e internazionale e per arrivare fino<br />

al Premio Ubu, l’oscar del teatro italiano. Per il loro modo<br />

spregiudicato di utilizzare le fonti di ispirazione si è parlato<br />

FARE TEATRO senza respingere la gente. Usare tutti i mezzi espressivi. Sperimentare, cambiare, ri-recitare.<br />

E diventare grandi. Storia di un piccolo gruppo partito dal basso che è ormai un grande culto, non solo in Italia.<br />

SEMPREINMOTUS<br />

testo: Sandro Avanzo<br />

foto: Aldo Buscalferri<br />

di post-post-moderno, ma loro non ci stanno: “È più un<br />

metodo di lavoro che non una riflessione estetica. Deriva<br />

dai nostri costanti rapporti con il mondo musicale e delle<br />

arti figurative contemporanee, come pure con quello della<br />

tecnologia”. Così in Catrame facevano agire l’interprete<br />

solista in situazioni violente dentro una vetrina-prigione<br />

all’interno della quale erano posti microfoni che<br />

amplificavano ogni più leggero rumore o respiro. In O.F.,<br />

ispirato all’Orlando dell’Ariosto, recitavano su una<br />

piattaforma rotante alla velocità della luce. In Orpheus<br />

Glance sperimentavano innovative illusioni ottiche.<br />

Ogni volta arrivando alla messa in scena definitiva<br />

attraverso tappe di avvicinamento che erano a loro volta<br />

spettacoli autonomi.<br />

In uno dei primi allestimenti di O.F. lo spettatore doveva<br />

assistere alle azioni sceniche guardando attraverso una<br />

feritoia come in un peepshow. Nella primitiva proposta<br />

dell’Orpheus si veniva accolti in una camera da pranzo anni<br />

’60 circondata da specchi che diventavano trasparenti e<br />

permettevano di assistere alle varie scene. “Il procedere<br />

per fasi ci piace molto, anche se è un modo di lavoro<br />

rischioso. Ci permette però di capire cosa si vuole<br />

veramente fare, quali dei segni che si usano devono finire<br />

nello spettacolo”. Ma questo “procedere per fasi” permette<br />

ai Motus di divertirsi con giochi originali, di portare in<br />

scena animali come il loro cane di casa (il nero Machita),<br />

pesci rossi o pennuti esotici come galli messicani e<br />

pappagalli rari. “Amiamo l’apporto inatteso che comporta<br />

l’animale vivo in scena, la sua scelta casuale di occupare<br />

lo spazio”. Permettono anche di calibrare l’effetto sullo<br />

spettatore delle provocazioni omosex o dei frequenti<br />

nudi integrali. “Ma ogni nostro nudo ha avuto una<br />

contestualizzazione precisa. In O.F. era la citazione di un<br />

quadro rinascimentale, nell'ultimo lavoro, Twin Rooms i<br />

nudi sono disarmanti, di persone che entrano nella<br />

vasca da bagno o si siedono sulla tazza del water”.<br />

Attualmente sono impegnati nel Progetto Rooms iniziato<br />

all’ultimo Festival di Santarcangelo, alle porte di Rimini, e<br />

che si chiuderà l’estate prossima al Grand Hotel di Rimini.<br />

Come dire: da Rimini a Rimini, senza passare per Fellini.<br />

STANZE GEMELLE<br />

Prossimo appuntamento<br />

con i Motus e la loro<br />

stanza-scena-costruzioneiperrealista<br />

al Teatro<br />

Piccolo Arsenale, sabato 9<br />

e domenica 10 febbraio<br />

alle ore 20,30 nel<br />

cartellone del Carnevale<br />

di Venezia (organizza la<br />

Biennale).<br />

Nello spettacolo Twin<br />

Rooms la stanza reale<br />

diventa un set<br />

cinematografico e viene<br />

riprogettata in scala 1:1<br />

su uno schermo-specchio.<br />

Sembra difficile, eh?<br />

Invece è bello. Andateci.<br />

URBAN 29


CHE STORIA!<br />

IL MODELLO FAMOSO, L’ATTORE CELEBRATO, IL SEX SYMBOL DEL MOMENTO. LA MODA SI SFORZA DI TROVARE<br />

TESTIMONIAL SEMPRE NUOVI. URBAN NON CI STA E CHIEDE AIUTO AI GRANDI DEL PASSATO. MOLTO SIMPATICI<br />

FOTO ALDO BUSCALFERRI / STYLING WILLI HASE / MODEL AGENCY MUSEO DELLE CERE, ROMA<br />

GIUSEPPE VERDI, COMPOSITORE DI HIT DA CLASSIFICA , PATRIOTA: GILET DI COTONE, SWEATSHIRT E PANTALONI DI NYLON D&G<br />

URBAN 31


32 URBAN<br />

CAMILLO BENSO CONTE DI CAVOUR, STATISTA, STAR DEL RISORGIMENTO: GIACCA DI COTONE ANDREW MCKENZIE, T-SHIRT D&G MAO TSE TUNG, GRANDE TIMONIERE, AUTORE DEL BEST-SELLER LIBRETTO ROSSO: MAGLIA E T-SHIRT E COLLANE FRANKIE MORELLO<br />

URBAN 33


34 URBAN<br />

PABLO PICASSO, PITTORE DI SUCCESSO: CAMICIA FAKE LONDON, GILET VERSUS NAPOLEONE BUONAPARTE, STRANIERO DELLA NAZIONALE FRANCESE: CAMICIA MALCOM MCINNES, GILET ANDREW MCKENZIE, PANTALONI VERSUS, MEDAGLIE D-SQUARED<br />

URBAN 35


Wolfgang Tillmans, Bania II, 1999, Courtesy Maureen Paley, Interim Art<br />

GUIDA|FEBBRAIO<br />

MUSICA 38<br />

MEDIA 41<br />

LIBRI 43<br />

FILM 44<br />

La star del mese: Wolfgang Tillmans.<br />

Rivoli (To), Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea.<br />

20 febbraio - 5 maggio 2002<br />

CAPOLAVORO<br />

Oh mio Dio! Come ho fatto senza, finora?<br />

GRANDE<br />

Come sarebbe già finito!? Ancora! Ancora!<br />

BUONO<br />

Non ci cambierà la vita, ma funziona<br />

VABBÈ<br />

Coraggio, consideriamola una prova generale<br />

BLEAH!<br />

Complimenti! Fare peggio era davvero difficile<br />

PRO E CONTRO<br />

I VOTI DI URBAN<br />

BUONI E CATTIVI<br />

AFFOLLATO<br />

Be’, tutti qui stasera?<br />

ETNICO<br />

Qui nessuno è straniero<br />

FLIRT<br />

Uno ci spera sempre /1<br />

GAY<br />

Uno ci spera sempre /2<br />

ROMANTICO<br />

Due cuori e un tavolino<br />

VEGETARIANO<br />

Il silenzio delle zucchine<br />

VIP<br />

C’era questo, c’era quello...<br />

TEATRO 46<br />

ARTE 49<br />

SHOPPING 51<br />

CLUB 52<br />

SIATE MULTIMEDIALI,<br />

SHAKERATE LA CITTA<br />

Il cinema, la musica, la lettura, il cibo, il tempo libero. Il consumatore a una<br />

dimensione non c’è più, si mischia tutto. Bene! Siamo qui per questo...<br />

L’arte (il mestiere, forse?) di mischiare è una delle caratteristiche<br />

di <strong>Urban</strong>. Si mischia il teatro con il cinema, e il cinema<br />

con la musica, e la lettura con tutto il resto. Vista, udito<br />

eccetera eccetera, senza dimenticare il gusto. Di mese in<br />

mese ci siamo accorti che l’arte (il mestiere?) del mischiare<br />

si diffonde sempre più. Al ristorante si può ballare e leggere,<br />

l’aperitivo è passato in pochi anni da rito pre-cena a rito<br />

quasi-cena, la notte si è allungata. Le librerie sono diventate<br />

media-store dove si trova di tutto dal videogioco al saggio,<br />

dal giornale straniero all’aggeggio elettronico, certi negozi<br />

servono colazioni, alcuni bar sembrano negozi. La<br />

sensazione è che il tempo libero, il consumo non abbiano<br />

più frontiere e mischino anche loro – soprattutto loro – generi<br />

e stili, e quindi finiscano per shakerare il pubblico.<br />

Dunque, con un po’ di sorpresa, ci ritroviamo a tracciare<br />

FOOD: Milano 57<br />

Roma 61<br />

Bologna 64<br />

Torino 67<br />

questa guida seguendo l’aria che tira, sapendo che la nuova<br />

filosofia è, per così dire, multimediale e disposta alla variazione.<br />

Il cliente è più curioso: si può trovare la coda alla<br />

mostra off-off e magari il cabaret al ristorante, o il thè in libreria.<br />

E del resto chi vende cultura (librai, discografici, gestori<br />

di cinema e teatri) tende sempre più a “far succedere”<br />

qualcosa. Il pubblico – noi, voi – si aspetta sempre più questo,<br />

dal mini-evento alla performance. Vivacità, inventiva e,<br />

alla fine, capacità di mischiare. Proprio come queste pagine<br />

di <strong>Urban</strong> che mischiano, appunto, quel che c’è da fare, vedere,<br />

leggere, ascoltare. Senza passività, costruendosi giorno<br />

per giorno il proprio menu, fosse gastronomico o culturale.<br />

Ci sembra che questo “sapersi muovere” sia un valore<br />

nuovo, <strong>Urban</strong> lo guarda e lo racconta. Buona lettura.<br />

A.R.<br />

A Milano le palme non ci sono, ma c’è la Tattoo Convention. 8, 9, 10 febbraio 2002, Pala Aquatica, via Airaghi 61<br />

IL CARNEVALE E LA LIBRERIA DA SENTIRE<br />

MILANO / Feltrinelli libri e musica<br />

Ascoltare liberamente qualsiasi cd tra<br />

quelli presenti nel negozio. Sogno?<br />

Realtà, sembrerebbe. Lo promette infatti<br />

il nuovo megastore Feltrinelli<br />

(P.za Piemonte 2) grazie a 50 postazioni<br />

audio dotate di un lettore ottico<br />

in grado di leggere i 30.000 cd in<br />

assortimento. Il megastore, 1600 mq<br />

su tre piani, offre anche 55.000 libri,<br />

500 riviste e un’area ragazzi.<br />

Inaugurazione il 7 febbraio<br />

MI – ROMA – BO / Dream Theater<br />

Il metal è in calo? Il progressive è in<br />

disarmo? Andate a controllare se è<br />

vero con questo gruppo che incrocia<br />

due generi supposti démodé e in realtà<br />

seguiti più di quanto non si pensi.<br />

Un’orgia di chitarre e tastiere per chi<br />

ama i kolossal sonori. Loro fanno gli<br />

elegantoni un po’ mistici: per una<br />

sera, perché no? Prezzi alti (tra i 25 e<br />

i 30 euro). A Milano (il 14), Roma (il<br />

15) e Bologna (il 16 febbraio)<br />

VENEZIA / Temps d’Images<br />

Carnevale. Tempo di corpi, immagini,<br />

danza e teatro, musica, cinema e televisione.<br />

Dove? A Venezia, che domande!<br />

Temps d’Images – Smascheramenti<br />

di immagini e corpi in tempo di<br />

Carnevale è il festival europeo, programmato<br />

contemporaneamente anche<br />

a Parigi e Bruxelles, che a Venezia<br />

prevede video, installazioni, film, spettacoli<br />

di vario genere (wwww.labiennale.org).<br />

Dall’1 al 10 febbraio<br />

URBAN 37<br />

foto: Jason Dewey - Stone/Laura Ronchi


SNOWBOARD<br />

Da sentire in cuffia, al volume<br />

massimo, durante i fuoripista.<br />

Se arriva la neve...<br />

1.<br />

2.<br />

3.<br />

4.<br />

5.<br />

6.<br />

7.<br />

8.<br />

9.<br />

10.<br />

38 URBAN<br />

PUNK IN DRUBLIC<br />

NoFx - Epitaph<br />

PENNYBRIDGE<br />

PIONEERS<br />

Millancolin - Burningheart<br />

I DON'T WANT<br />

TO GROW UP<br />

Descendents - SST Records<br />

ALL BORO KINGS<br />

Dog Eat Dog - Roadrunner<br />

SKATE TO HELL<br />

Satanic<br />

SurfersBurningheart<br />

ASTRO LOUNGE<br />

Smash Mouth - Universal<br />

RAGE AGAINST THE<br />

MACHINE<br />

Rage Against the Machine<br />

Sony Music<br />

A PLACE IN THE SUN<br />

Lit - BMG<br />

QUEENS OF<br />

THE STONE AGE<br />

Queens of the Stone Age<br />

Universal<br />

THE ANIMAL HOUSE<br />

SOUNDTRACK<br />

Artisti Vari - Universal<br />

URBAN HITS<br />

Non è una classifica. È quello<br />

che abbiamo ascoltato facendo<br />

questo numero di <strong>Urban</strong>.<br />

Questo spiega molte cose…<br />

1.<br />

2.<br />

3.<br />

4.<br />

5.<br />

6.<br />

7.<br />

8.<br />

9.<br />

10.<br />

LA REVENCHA<br />

DEL TANGO<br />

Gothan Project - PIAS<br />

IL CONCERTO II<br />

Fabrizio De André - Ricordi<br />

GENETIC WORLD<br />

Télépopmusik - EMI<br />

MY HOUSE IN<br />

MONTMARTRE<br />

Artisti Vari - Virgin<br />

BRAZUCA MATRACA<br />

Wagner Pà - Virgin<br />

TARANTULAE<br />

Nidi D'Arac - CNI<br />

BODY AND SOUL<br />

Nusrat Fateh Alì Khan<br />

& Party - Real World<br />

NOT SO HAPPY<br />

TO BE SAD<br />

Shandon - Virgin<br />

THE REBEL YEARS<br />

The Black Halos - W’n’B<br />

PLANETA ESKORIA<br />

Ska-P - BMG<br />

MUSICA<br />

SEGNALI ELETTRONICI,<br />

SUADENTE OSSESSIONE<br />

TÉLÉPOPMUSIK<br />

Genetic world – EMI<br />

Le buone notizie continuano<br />

ad arrivare dalla Francia.<br />

Télépopmusik nasce dall'unione<br />

di Stephan Haeri,<br />

Christophe Hétier e Fabrice<br />

Dumont, già protagonisti delle<br />

compilation Sourcelab con la<br />

sigla Sonic 75. A loro, impegnati<br />

nella costruzione architettonica<br />

e sonora dell'album,<br />

si aggiungono, come uno<br />

splendido cast di ospiti, le voci<br />

che colorano le parole di<br />

Genetic world: Angela<br />

Puntuale come l’influenza, ecco<br />

un altro classico di inizio d’anno:<br />

i lamenti dei discografici. I<br />

dischi si vendono poco, non si<br />

vendono, in classifica dominano<br />

i greatest hits, la gente si<br />

Mac Clusky, Unhook the stars,<br />

Soda-pop (già negli Earthling),<br />

Juice Aleem, Chilly Gonzales e<br />

Peaches.<br />

Il risultato, lungi dal mettere in<br />

mostra incongruenze e dislivelli,<br />

è un capolavoro, capace di<br />

mescolare elettronica, jazz della<br />

nuova generazione, hip hop<br />

della vecchia e della nuova<br />

scuola, astrattismi rock, rumori<br />

di fondo, scratches da dj consumati,<br />

voci e richiami dal<br />

mondo dell’etere televisivo e<br />

scienza applicata alla musica.<br />

Ascoltate l’incipit del disco,<br />

butta sulle offerte low-price e<br />

snobba i bei cd nuovi da 20 e<br />

passa euro. Insomma, niente di<br />

nuovo sotto il laser, a parte le<br />

cifre: secondo l’Afi (l’Associazione<br />

dei fonografici italiani)<br />

Breathe, e basterà per darvi<br />

un’idea sul resto: è come se i<br />

Portishead, o meglio, i Lamb,<br />

fossero passati per un nuovo<br />

minimalismo dove la magia<br />

elettronica ha preso il sopravvento<br />

sulle tinte dark e oscure<br />

che prima coloravano il loro<br />

blues. I Télépopmusik sanno<br />

essere suadenti, profondi, ossessivamente<br />

leggeri e leggermente<br />

ossessivi.<br />

12 brani da consumare, perfetta<br />

colonna sonora dello spostamento<br />

urbano, da gustare in<br />

metro come dietro i finestrini<br />

MENO VENTI PER CENTO:<br />

IL DISCO NON GIRA PIU<br />

I giovani comprano meno, resistono le compilation e le offerte<br />

speciali. E in primavera arriva il nuovo trucchetto: il supercd che si<br />

sente meglio (forse) e non si può masterizzare (di sicuro)<br />

siamo al meno 20 per cento.<br />

Non male: significa che su cinque<br />

persone che compravano<br />

un disco l’anno scorso, una,<br />

quest’anno, non l’ha comprato.<br />

Ach! Tra i motivi, viene indicata<br />

Arriva dalla<br />

Francia un<br />

nuovo suono<br />

urbano. Hiphop<br />

ed<br />

elettronica,<br />

jazz e rumori<br />

rubati dal<br />

sonoro dei<br />

nostri tempi.<br />

Così Télépopmusik<br />

gioca al<br />

rilancio, tra<br />

Lamb e<br />

Portishead.<br />

Ben fatto!<br />

di un tram, oppure al chiuso di<br />

una camera con vista sui palazzi<br />

illuminati dalle luci della notte.<br />

Suoni per la città.<br />

Questa è la musica che vorremmo<br />

trovare più spesso (sui<br />

giornali e sugli scaffali, sotto i<br />

nostri laser), questa è la musica<br />

cui andrebbe rivolta attenzione<br />

adesso: è parte di una<br />

nuova colonna sonora, parte<br />

del suono dei tempi che ci circondano<br />

e che dischi come<br />

questo servono a raccontare.<br />

LUCA BERNINI<br />

la “disaffezione dei giovani per<br />

il prodotto disco”, che coincide<br />

forse con lo scarso entusiasmo<br />

con cui ci si separa ogni volta<br />

da una bella sommetta. E dunque?<br />

Dunque il mercato spera<br />

nel nuovo barbatrucco inventato<br />

da Universal, i nuovi supercd,<br />

i Sacd. Avranno un effetto<br />

surround, dicono, però costeranno<br />

di più e non saranno copiabili.<br />

Sfugge come questo<br />

possa riavvicinare i giovani al<br />

“prodotto cd”, ma tant’è, come<br />

si sa è un campo in cui non ci<br />

sono sicurezze. Anzi, una c’è:<br />

l’Iva sui prodotti discografici rimane<br />

al 20 per cento. Così imparano,<br />

i famosi giovani!<br />

OZOMATLI- EMBRACE THE CHAOS INTERSCOPE<br />

CHEMICAL BROTHERS<br />

Come with us - Virgin<br />

Cari Chemical Brothers, non ci<br />

fregate. Avevamo gridato al<br />

miracolo ispirati dal vostro Exit<br />

planet dust, uno degli esordi<br />

più spettacolari degli anni ’90,<br />

apriporta al big beat e a buona<br />

parte della elettrodance in voga<br />

anni dopo, il giusto matrimonio<br />

tra il cyberpunk e la<br />

grazia architettonica di Bach.<br />

Avevamo gioito per il successo<br />

anche di pubblico arrivato con<br />

il successivo Dig your own hole<br />

ma poi, parafrasando quello<br />

stesso titolo, la fossa avete iniziato<br />

a scavarvela da soli.<br />

Surrender era un piacevole<br />

niente di nuovo, e adesso<br />

Come with us è una innocua<br />

voglia di vecchio. C’era più forza<br />

nei primi due minuti di Exit<br />

planet dust, anno di grazia<br />

1995, che in tutto questo nuovo<br />

capitolo della vostra avventura.<br />

Le vostre tute da eternauti<br />

ci stanno strette, per cui,<br />

gentilmente, accostate un attimo<br />

l’astronave: noi scendiamo<br />

qui.<br />

LUCA BERNINI<br />

OZOMATLI<br />

Embrace the chaos<br />

Interscope - Records<br />

Il nome del gruppo, Ozomatli,<br />

viene da quello del dio Azteco<br />

della danza; l’album, Embrace<br />

the chaos, è il “secondo passo<br />

nel progetto che gli Ozomatli<br />

hanno di mostrare al mondo<br />

che la futura musica urbana<br />

BILLY COBHAM - DRUM’N’VOICE<br />

d’America è già qui, e canta e<br />

balla salsa su una samba hip<br />

hop”, per dirla con le parole<br />

del loro sito. Niente di più vero:<br />

impegnati politicamente,<br />

esuberanti musicalmente, i sette<br />

dell’Apocalisse mescolano<br />

con gioia e violenza Los Lobos<br />

e De La Soul, Rage Against the<br />

Machine e Tito Puente, in un<br />

crossover stradaiolo ed eccitante.<br />

Reduci da tre anni trascorsi<br />

in tour per il mondo,<br />

con Embrace the chaos gli<br />

Ozomatli sono adesso pronti<br />

per conquistarlo e, a giudicare<br />

dai risultati, hanno frecce al loro<br />

arco più che sufficienti.<br />

LUCA BERNINI<br />

BILLY COBHAM<br />

Drum’n’voice - Nicolosi<br />

Productions<br />

A quasi 60 anni non si smentisce<br />

e disco dopo disco sorprende<br />

sempre con qualcosa di<br />

nuovo e affascinante.<br />

Panamense di nascita ma newyorkese<br />

d’adozione, Billy<br />

Cobham con questo album<br />

conferma il suo talento compositivo<br />

e strumentale e la sua<br />

straordinaria capacità di coinvolgere<br />

ed emozionare, realizzando<br />

un immaginario ponte<br />

fra la tradizione e un futuro<br />

che grazie a lui è sempre e comunque<br />

trascinante. L’ha fatto<br />

con Max Roach e Tony<br />

Williams, controllando per primo<br />

la batteria elettronicamente,<br />

e poi in mille altri modi con<br />

Thelonius Monk, Stan Getz,<br />

NITIN SAWHNEY,<br />

ELETTRICO,<br />

ETNICO E POP<br />

CI PROVA IN DVD<br />

Un flusso continuo audio-video per il<br />

guru dell’elettro-pop. Un documentario, più<br />

o meno: un po’ poco per un innovatore<br />

SUBSONICA - AMOREMATICO<br />

Miles Davis e decine di gruppi<br />

e orchestre. Il segreto? Sempre<br />

lo stesso: gran cuore e gran<br />

tecnica. Semplice, vero?<br />

ANDREA SCARPA<br />

ARTISTI VARI<br />

PAZ! Colonna Sonora<br />

Originale - Nun<br />

Se muori, le tue possibilità di<br />

diventare un mito salgono<br />

dell’84,5%. Se sopravvivi però<br />

hai il 32,6% di possibilità di<br />

impedire che le tue storie e i<br />

tuoi personaggi vengano veltronizzati.<br />

Andrea Pazienza è<br />

morto. Perciò, anche se nei<br />

suoi fumetti c’erano già tutte le<br />

immagini e le musiche che riteneva<br />

opportune (dai Residents<br />

di Commercial album ai<br />

Rockets di Ontheroadeghein –<br />

roba tosta), mo’ si becca il filmtributo<br />

con la sua brava colonna<br />

sonora “filologically correct”<br />

a opera di un tot di ex-C.S.I.,<br />

Tiromancino, alcuni “alternativi”<br />

raccogliticci e – udite udite<br />

– Lucio Dalla. Il che dimostra<br />

che alla fine sopravvivere ha il<br />

suo bel perché.<br />

PAOLO MADEDDU<br />

SUBSONICA<br />

AMOREMATICO - Mescal<br />

Trascurate i testi, che sono roba<br />

da cannoneggiarsi i maroni<br />

(“Flusso, derive, parole sugli<br />

edifici e sui cieli di noi, sulle<br />

stagioni e sui nostri perché”: e<br />

dire che sono ragazzi simpatici).<br />

Concentratevi sulla musica,<br />

che è esattamente quanto i<br />

NITIN SAWHNEY<br />

Prophesy - V2<br />

Trasposizione su Dvd per il<br />

fortunato quinto album di una<br />

delle rivelazioni della musica<br />

elettro-etno-ambient degli anni<br />

’90, l’angloindiano Nitin<br />

Sawhney. Prophesy è un album<br />

nato e registrato in viaggio, e<br />

così viene illustrato, grazie all’abbinamento<br />

con immagini girate<br />

tra Sudafrica, India,<br />

Australia, Stati Uniti, in una riserva<br />

dei nativi americani, e a<br />

Londra.<br />

Il risultato è un flusso continuo<br />

di audio&video, che non can-<br />

ARTISTI VARI- PAZ!<br />

Subsonica volevano fare: un disco<br />

di club music italiana credibile.<br />

Ok, anche loro sono iscritti<br />

a quella confraternita dell’eterno<br />

ritorno agli anni ’80 che<br />

da anni ci sta ossigenando i<br />

timpani, ma vi sfidiamo a trovare<br />

un disco italiano altrettanto<br />

palpitante, vibrante, tremante,<br />

fremente, martellante, sussultante.<br />

Eccetera. Insomma un<br />

buon disco italiano. Rarità.<br />

Bravi.<br />

PAOLO MADEDDU<br />

WU-TANG CLAN<br />

Wu-Tang iron flag - Sony<br />

Music<br />

In America è uscito a metà dicembre<br />

e ha fatto subito sfracelli<br />

conquistando le posizioni<br />

alte delle varie classifiche. Da<br />

noi, un mese dopo, non sarà la<br />

stessa cosa ma di sicuro i veri<br />

appassionati di hip-hop non<br />

esiteranno a gustarsi questo<br />

quarto album dell’ensemble<br />

più carismatico, incazzato e autentico<br />

della scena afroamericana.<br />

Senza Ol’ Dirty Bastard<br />

ma con uno scatenato Method<br />

Man e un rigoroso Flavor Flav<br />

(già con i Public Enemy), Rza e<br />

soci non cedono al pop, citano<br />

Moby, il jazz e Jingle bells, cercano<br />

il legame con il jazz e<br />

quando serve colpiscono dritto<br />

sul naso, confermandosi gli incontrastati<br />

numeri uno. E in<br />

Back in the game hanno chiamato<br />

anche Ron Isley degli<br />

Isley Brothers!<br />

ANDREA SCARPA<br />

cella però l’idea di una certa ripetitività<br />

nell’uso del materiale.<br />

E in effetti, date le straordinarie<br />

capacità del supporto, questo<br />

Dvd di Nitin Sawhney non si<br />

spreca molto: oltre alle sequenze<br />

scelte per illustrare le canzoni,<br />

ci sono alcune interviste a<br />

persone che hanno ispirato i<br />

pezzi dell’album, il video di<br />

Sunset e una galleria fotografica<br />

che si snoda lungo le note di<br />

Breathing light.<br />

Un po’ poco, per motivare all’acquisto:<br />

meglio il semplice<br />

cd, le immagini, una volta tanto,<br />

mettetecele voi.<br />

LUCA BERNINI<br />

ON STAGE<br />

MILANO<br />

01.02.2002<br />

MARC RIBOT<br />

Salumeria della Musica<br />

L’album di sola chitarra<br />

Saints e tanto altro, nella<br />

performance<br />

dell'Imprevedibile.<br />

03.02.2002<br />

BAD RELIGION - Rolling Stone<br />

Uno dei nomi storici del rock<br />

alternativo made in USA. Se<br />

volete un tuffo nella melodia<br />

furente. Bollenti.<br />

11.02.2002<br />

STAIND - Alcatraz<br />

La rivelazione nu metal del<br />

2001, finalmente in Italia.<br />

Potenti, con giudizio.<br />

ROMA<br />

4 e 5.02.2002<br />

LUCA CARBONI<br />

Teatro Olimpico<br />

Il buon Lu.ca porta le sue canzoni<br />

pastellate in giro per<br />

l'Italia. Mah!<br />

6 e 7.02.2002<br />

NINE BELOW ZERO<br />

Big Mama<br />

Inossidabili. Facevano boogie<br />

quando la redazione di <strong>Urban</strong><br />

era nella culla, un quarto di secolo<br />

dopo ancora spingono. E<br />

bene.<br />

11.02.2002<br />

MAX GAZZÈ - Teatro Sistina<br />

È tornato con un nuovo album,<br />

Gazzilla, e adesso riarrangia<br />

tutto dal vivo. Talentuoso.<br />

15.02.2002<br />

ADDICTION<br />

Black Out Rock Club<br />

Fanno rock di confine con il<br />

crossover, sono potenti e affamati<br />

di palco. Se avete voglia<br />

di pogo...<br />

BOLOGNA<br />

1.02.2002<br />

SHANDON<br />

Estragon<br />

Uno dei migliori nomi del<br />

punk nostrano. Sceglieteli, e<br />

non ve ne pentirete. Sfrenati.<br />

12.02.2002<br />

WATERBOYS<br />

Teatro delle Celebrazioni<br />

Un grande ritorno, per il glorioso<br />

folk-rock inglese, ormai sempre<br />

più contaminato. Etilico.<br />

TORINO<br />

06.02.2002<br />

SAINKHO NAMTCHYLAK<br />

Hiroshima Mon Amour<br />

Leggendaria vocalist di origine<br />

mongola, poetessa e tanto<br />

altro. Più che un concerto,<br />

una performance.<br />

08.02.2002<br />

LOU DALPHIN<br />

Hiroshima Mon Amour<br />

La musica occitana più famosa<br />

d'Italia. Per chi non li ha<br />

mai visti, un piccolo evento.<br />

URBAN 39


MEDIA<br />

LOOK E DESIGN,<br />

FORSE E SOLO<br />

ROCK , N , ROLL<br />

È probabile che non sapremo<br />

mai perché Elvis Presley prese ad<br />

andare nel negozio di Beale<br />

Street, a Memphis, prima ancora<br />

di diventare The King e di “inventare”<br />

il rock’n’roll. Insomma, lì, nel<br />

negozio di sartoria e creazioni di<br />

moda dei fratelli Lansky, ci andavano<br />

più o meno solo malavitosi<br />

e parvenu. Però sappiamo perché<br />

i fratelli Lansky divennero poi<br />

Video, Internet, radio e testi<br />

scritti. Tutto “in rete”, in un network<br />

che si propone di integrare<br />

media diversi che “nascono dal<br />

basso”, che sperimentano nuove<br />

forme di comunicazione e di arte.<br />

Insomma, Making art doing multimedia,<br />

come promette il progetto-mostra<br />

Activism–Hacking–<br />

Artivism che si terrà al Museo<br />

Laboratorio Arte Contemporanea<br />

(06-49910365) dell’Università<br />

La Sapienza dall’8 febbraio al 1<br />

marzo. Un evento che mischia<br />

politica, arte, cultura e nuove tec-<br />

delle star: perché vestirono Elvis,<br />

e con lui tutto il rock’n’roll anni<br />

’50. Ovvio che se volete un altro<br />

caso clamoroso dovete ripiegare<br />

su Dougie Millis, che si inventò<br />

quei colletti rotondi per i Beatles<br />

e, da allora, passò anche lui come<br />

un inventore di rock. Oppure<br />

(ma non staremo esagerando?)<br />

c’è sempre il caso di Malcom<br />

McLaren, che da un negozio di<br />

Come per molte<br />

altre cose, in<br />

principio fu Elvis.<br />

Poi vennero i<br />

Beatles. Ma sapete<br />

com’è: le star<br />

passano, i sarti<br />

restano. E la moda<br />

di oggi viene da lì<br />

I MEDIA FATTI IN CASA,<br />

GLI HACKER IN VETRINA<br />

nologie e che, al di là di alcune<br />

considerazioni improntate a un...<br />

facile ottimismo (“l’arte è facile, la<br />

tecnologia è facile”), raccoglie<br />

realtà importanti che da tempo<br />

vestiti (li disegnava Vivianne<br />

Westwood) cavò fuori come da<br />

un cilindro la tellurica meteora<br />

dei Sex Pistols. Bene. Se ora<br />

pensate ancora che la moda<br />

(pardon: la Moda) sia una cosa<br />

che discende dai piani alti (Place<br />

Vandôme, Regent Street,<br />

Montenapoleone) verso il basso<br />

(la gente) non avete capito bene,<br />

meglio che studiate un po’. Per<br />

sperimentano nuove forme di comunicazione<br />

(Indymedia Italia,<br />

Decoder e Hackmeeting, giusto<br />

per fare qualche nome).<br />

Termina invece il 2 febbraio la<br />

esempio su questo testo fondamentale,<br />

Look (di Paul Gorman,<br />

Arcana Editore, 28 euro e 41<br />

spesi bene), che analizza il rapporto<br />

tra rock e moda, diciamo –<br />

per dare l’idea – dal re di<br />

Memphis ai giorni nostri. Perché<br />

prima di finire nelle grinfie delle<br />

griffe, di solito, il tutto nasceva<br />

dal basso, quasi sempre dalla<br />

strada, proprio il posto dove fibrillava<br />

il rock. Agli stilisti, magari<br />

non ditelo che da trent’anni copiano<br />

“la musica di tutti gli assassini<br />

sulla faccia della terra” (come<br />

disse Sinatra). Ma voi, ragazzi,<br />

meglio che lo sappiate.<br />

ALESSANDRO ROBECCHI<br />

Politica, arte, cultura. Comunicare “dal basso”. Mostra-evento a Roma<br />

Rassegna di narrativa e poesia<br />

organizzata dal sito culturale<br />

www.arpanet.org insieme al<br />

Gruppo Mondadori.<br />

Informatevi e scrivete.<br />

TORMENTONI<br />

IL PAPA, GEORGE CLOONEY<br />

E LO SPOT DIVENTA CULT<br />

Le celebrazioni di Natale in<br />

Vaticano annullate per l’assenza<br />

del cardinale Martini.<br />

Il Papa ha dichiarato: “No<br />

Martini, no party”. Era la vigilia,<br />

e in meno di ventiquattrore<br />

la barzelletta si è propagata<br />

come un’epidemia, raccontata<br />

o spedita in decine di migliaia<br />

di e-mail e sms. Al punto da<br />

approdare sulle prime pagine<br />

dei quotidiani e in apertura<br />

dei telegiornali. Era dai tempi<br />

dell’agente 007 con la sua<br />

vodka-Martini “agitata, non<br />

mescolata”, che un aperitivo<br />

non si beccava tanta pubblicità<br />

gratis, ed era dal “Nuovo?<br />

No, lavato con Perlana” e dal<br />

“liscia, gassata o Ferrarelle”<br />

che uno slogan non entrava<br />

come un riflesso condizionato<br />

nel parlare comune moltiplicandosi<br />

di bocca in bocca.<br />

Se il buontempone che per<br />

primo ha messo in giro la<br />

battuta è rimasto ignoto, l’ideatore<br />

del motto festaiolo<br />

ha invece nome e cognome.<br />

Si chiama Leonardo Manzini,<br />

modenese, 43 anni e 45 di<br />

scarpe, patito del vinile e di<br />

un “avvincente romanzo” intitolato<br />

La Bibbia. E mentre il<br />

George Clooney dello spot è<br />

brizzolato, scapolo, centauro<br />

e tifa per i Cincinnati Reds,<br />

Leonardo è interista, separato<br />

e sfidanzato, calvizie avanzata,<br />

e gira con una Tipo ammaccata<br />

dell’89 (ma in garage<br />

conserva un Maggiolino<br />

del ’63, protagonista della<br />

più famosa campagna pubblicitaria<br />

del XX secolo). Lavora<br />

in tandem con l’art Sergio<br />

Mascheroni per l’agenzia<br />

Armando Testa, la numero<br />

uno in Italia davanti a quindici<br />

multinazionali della persuasione,<br />

quella di Pippo e<br />

Calimero e in tempi più recenti<br />

delle veliste di Telecom.<br />

Allora, Leonardo il genio,<br />

Manzini più citato di<br />

Manzoni… “Non bestemmiamo”<br />

fa lui “noi cerchiamo solo<br />

di vendere un prodotto, io<br />

di raggiungere il massimo col<br />

minimo delle parole.<br />

Certo fa un bell’effetto quando<br />

il tuo lavoro va al di là del<br />

previsto e diventa un tormentone.<br />

Fortuna, anche.” C’è di<br />

che festeggiare. Cosa prendi<br />

Leonardo? “Un cuba libre, grazie,<br />

ne vado matto.” Cuba libre?!!<br />

E il Martini? “Beh, quando<br />

non sono in servizio…”<br />

VITTORIO MONTIERI<br />

URBAN 41


LIBRI<br />

CANDIDA E FEROCE,<br />

L , ODISSEA GIOVANE<br />

Tono picaresco e romanzo di formazione. Un quasi-esordio per Giuseppe Casa, una<br />

piccola éducation sentimentale divertente, furibonda e precaria tra Roma e l’Europa<br />

LA NOTTE È CAMBIATA<br />

Giuseppe Casa<br />

Rizzoli, 300 pp., 13,50 euro<br />

La notte è cambiata ha la forza e<br />

la novità d’un romanzo d’esordio<br />

ma in realtà Giuseppe Casa è già<br />

autore d’una prova narrativa di<br />

culto, Veronica dal vivo, uscita<br />

qualche tempo fa per i tipi<br />

Transeuropa. In questo nuovo libro,<br />

diviso in tre parti che danno<br />

conto di tre diversi giri dell’esistenza<br />

d’un giovane uomo, Casa<br />

ha probabilmente messo molto di<br />

autobiografico: pure lui arriva giovanissimo<br />

dalla Sicilia a Roma,<br />

frequenta l’Isef, si “forma” in quegli<br />

stessi anni e cioè fra gli<br />

Ottanta e i Novanta.<br />

All’inizio c’è dunque molta Sicilia,<br />

una venerazione infantile per<br />

Bruce Lee, il rapporto fisiologicamente<br />

conflittuale col padre, il<br />

conseguimento del diploma di<br />

geometra con le iniziali, volenterose<br />

e poi farsesche, mosse nel<br />

mondo del lavoro – nell’ambiente<br />

dell’edilizia, si vuol dire, in quel<br />

posto e a quell’epoca! –, la prima<br />

esperienza sessuale fornito di<br />

preservativi costosissimi, la prima<br />

delusione sentimentale (gli viene<br />

preferito un vigile urbano), la frequentazione<br />

di un tossico “un<br />

drogato che si drogava, che era<br />

stato su a Roma ed era tornato<br />

drogato” che lo inizia alle canne<br />

(passaggio davvero molto bello<br />

ed efficace), e poi l’amicizia col famoso<br />

“poeta ricchione” Jacopo<br />

Snello venuto giù dalla Capitale (e<br />

Roma è proprio la seconda tappa<br />

importante di questa storia asso-<br />

GIOVANI SENZA TEMPO<br />

Autori vari, Ombre Corte,<br />

230 pp., 14,46 euro<br />

Giovani, meno giovani, non più<br />

giovani: avete quarant’anni e,<br />

dentro, ve ne sentite sedici?<br />

Trenta e siete nello stesso posto<br />

di quando ne avevate dodici, cioè<br />

a casa con mamma e papà?<br />

Ottanta e ancora vi propongono<br />

un’assunzione con contratto di<br />

lutamente picaresca che poi si<br />

sposterà a Londra passando per<br />

un memorabile viaggio ad<br />

Amsterdam al fianco d’un compagno<br />

di corso maniaco sessuale,<br />

entusiasta shit-lover).<br />

A Roma non c’è solo Jacopo<br />

Snello con la casa bohémienne di<br />

Trastevere: c’è soprattutto la sua<br />

sexy segretaria Jole che circuisce<br />

il ragazzino fuggito dalla Sicilia<br />

procurandogli la quasi immediata<br />

espulsione dalle grazie del “poeta<br />

ricchione”. Segue seconda parte<br />

con la comparsa di vari personaggi<br />

femminili (le coinquiline stiliste<br />

de tendenza, l’avida Vera, la pazza<br />

Assunta che dai deliri mistico-<br />

formazione? Niente paura, non<br />

siete dei ritardati. E soprattutto<br />

non siete soli. Oppure siete giovani<br />

davvero e vi sareste rotti i<br />

coglioni di sentir parlare solo di<br />

Mostri, Psicopatici e Devastatori<br />

e solo a firma dei giovanologhi<br />

ufficiali del Rotary Club? Bene, allora<br />

siete pronti per qualcosa di<br />

serio, per un po’ di storia, politica<br />

e critica. Giovani senza tempo,<br />

religiosi cade dritta nel punk metal)<br />

e dominata dalla figura di<br />

Calzerosse, universitaria conosciuta<br />

alla Sapienza che lo motiva<br />

nell’okkupazione, concerti e film<br />

al Forte Prenestino, focosi rendez-vous<br />

nella Casa dello<br />

Studente che finiranno con un involontario<br />

ingravidamento. Da qui<br />

la costrizione nel ruolo di marito<br />

e padre d’un bimbo spastico, la<br />

tristezza della periferia e del mutuo,<br />

la disoccupazione e la depressione.<br />

La fuga. Però a<br />

Frosinone. La terza parte diventa<br />

gelida e rarefatta, i compagni di<br />

strada sembrano trentenni svuotati<br />

e si dibattono fra high-tech,<br />

PENA: ADOLESCENTI PER SEMPRE<br />

una raccolta di saggi di autori vari<br />

(e giovani viene da dire, perché<br />

chi esercita una professione “intellettuale”,<br />

al contrario degli<br />

atleti o dei calciatori bolliti già a<br />

ventott’anni, forever young resta<br />

non per fantomatici elisir ma come<br />

una specie di condanna), cerca,<br />

con un taglio sociologico, di<br />

capire un po’ meglio cos’è, nella<br />

società globale, questo mito del-<br />

740 e macchine da palestra: la<br />

tristezza si fa ancor più agghiacciante.<br />

Romanzo picaresco, si diceva,<br />

per accumulo di episodi e<br />

ricchezza d’incontri formativi, politicamente<br />

scorretto, acido ma<br />

pure candido, un notevole tour de<br />

force che per trecento pagine segue<br />

ora docilmente, ora ferocemente,<br />

i gorghi d’una giovinezza<br />

italiana dell’oggi, con le sue puntate<br />

europee, i penosi contatti<br />

con gli sciocchezzai sottoculturali,<br />

il nero della precarietà. Una nostra<br />

“Morte a credito” come non<br />

se ne vedevano da molto tempo.<br />

SILVIA BALLESTRA<br />

Giovani, carini e disoccupati. Il mercato li vuole proprio così: piccolini e flessibilissimi<br />

la giovinezza. Dopo una doverosa<br />

sintesi sull’idea di giovinezza<br />

nella storia, si passa a parlare, oltre<br />

che di consumi, della produzione<br />

culturale (hacker, graffittari<br />

e musicisti) e, facendo visita anche<br />

agli stadi e alle palestre, si riflette<br />

su cittadinanza e nuovo ordine<br />

sociale. Un libro necessario<br />

a cura di Alessandro Dal Lago e<br />

Augusta Molinari.<br />

illustrazione: Gabriella Giandelli<br />

STORIE<br />

Il romanzo in versi<br />

dall’Australia e la<br />

favolaccia splatter<br />

con uso di<br />

porcello. Niente di<br />

nuovo in libreria<br />

CHE GRAN<br />

CAPOLAVORO…<br />

Dorothy Porter<br />

Fandango, 228 pp.,<br />

14,46 euro<br />

Era stato davvero sorprendente,<br />

la Maschera di scimmia,<br />

romanzo giallo in versi<br />

ambientato nel mondo più o<br />

meno accademico della poesia,<br />

primo libro della poetessa<br />

australiana Dorothy<br />

Porter tradotto da<br />

Fandango. Pure qui reggono<br />

tutte, le poesie, leggibili anche<br />

se scorporate dal filo<br />

della narrazione romanzesca,<br />

ma il protagonista di<br />

quest’ultimo libro, uno psichiatra<br />

con un passato incestuoso,<br />

sembra invece un<br />

poco banalotto. Sarà il<br />

disagio per l’ambientazione<br />

manicomiale, sarà che si<br />

procede per accenni (benissimo,<br />

ma i romanzi richiedono<br />

forse più articolazione e<br />

l’altra volta era fornita dalla<br />

trama thrilling) o sarà che<br />

quest’uomo non è affatto un<br />

capolavoro di personaggio…<br />

Fatto sta, che gran<br />

delusione!<br />

IL RAGAZZO<br />

CHE PRENDEVA<br />

A CALCI I PORCELLI<br />

Tom Baker<br />

Fazi, 135 pp.,<br />

8 euro<br />

Splatter corredato dalle<br />

belle illustrazioni di David<br />

Roberts, questo romanzetto<br />

parte lentamente, anzi fiaccamente,<br />

e poi cresce in<br />

crudeltà e disastri pagina<br />

dopo pagina, disegno dopo<br />

disegno. Robert Caligari è<br />

un ragazzino terribile, che<br />

comincia la sua carriera di<br />

cattivo dando calci a un<br />

porcellino di latta per poi<br />

finire, non solo col morire<br />

giovane e di una brutta<br />

morte, ma anche col causare<br />

un casino epico. Stile naïf<br />

da favolaccia nera, resta<br />

confinato nel suo genere<br />

senza particolari sussulti. In<br />

patria ha probabilmente un<br />

senso, il gioco con la letteratura<br />

per ragazzi: qui, dove<br />

il genere si sta affermando<br />

solo ora (e lentamente),<br />

molto meno.<br />

URBAN 43


44 URBAN<br />

KOLOSSAL<br />

IL SIGNORE DEGLI ANELLI<br />

C’era una volta il capolavoro di<br />

Tolkien. Ora è giunto il momento<br />

del film di Peter Jackson.<br />

O meglio dei tre film che ci accompagneranno<br />

per tre anni. Si<br />

comincia con La compagnia dell’anello,<br />

poi seguiranno Le due<br />

torri e Il ritorno del re, tutti già girati<br />

in Nuova Zelanda, ma centellinati<br />

per ottenere il massimo da<br />

una produzione faraonica che<br />

promette di fare rientrare dall’investimento.<br />

Ovunque nel mondo<br />

i fan di hobbit, terre di mezzo e<br />

quant’altro sono rimasti in trepida<br />

attesa. Una saga che ha coinvolto<br />

un’infinità di attori per le<br />

lunghissime riprese. Trionfo di effetti<br />

speciali e racconto davvero<br />

fantastico, in grado di catturare<br />

anche chi, sulla carta, non si dovesse<br />

schierare tra i fan di questo<br />

genere cinematografico. In fondo<br />

si tratta pur sempre dell’eterno e<br />

universale scontro tra bene e<br />

male. Su scenario eccentricamente<br />

inventato. Anche se il regista<br />

Peter Jackson è convinto che “il<br />

vero cattivo del film” sia “l’anello”,<br />

l’elemento che attraversa e<br />

segna costantemente la trilogia.<br />

Quindi non lasciatevi fuorviare<br />

dai minacciosi cavalieri neri e orchi<br />

vari. È quel benedetto o maledetto<br />

anello la chiave per salvare<br />

la terra di mezzo. Tutti gli altri<br />

sono solo comparse.<br />

ANTONELLO CATACCHIO<br />

GARZANTINA<br />

Il sesso allevia la tensione e l’amore<br />

la provoca. (Woody Allen,<br />

Commedia sexy in una notte di<br />

mezza estate)<br />

Eh, il sesso. Anche a me mi<br />

hanno rovinato le donne.<br />

Troppo poche... (Roberto<br />

Benigni, Tuttobenigni)<br />

Vedi caro, un uomo completo è<br />

una tale rarità... Allora una donna<br />

deve scegliere il bambino<br />

che le va più a genio. (Eva<br />

Dahlbeck, Una lezione d’amore)<br />

C’è chi fa acrobazie sul trapezio<br />

volante, c’è chi diventa presidente<br />

della repubblica. Io so<br />

bere il cognac. (Toulouse<br />

Lautrec, Moulin Rouge)<br />

Spara cazzate, spara cazzate...<br />

Siamo nelle pubbliche relazioni,<br />

è questo il nostro lavoro.<br />

(Gwyneth Paltrow, Sliding<br />

doors)<br />

Metterò un disco di Gino Paoli.<br />

Lo sento spesso in questo periodo,<br />

per rivivere i traumi di<br />

quindici anni fa. (Ecce Bombo)<br />

FILM<br />

UNA FIABA FELICE:<br />

AMELIE IN TRIONFO<br />

Una francesina con gli occhioni sgranati (Audrey Tautou) ha sbancato i botteghini in<br />

patria oscurando le megaproduzioni hollywoodiane. Ora minaccia di fare lo stesso da noi.<br />

Con una favola gentile a base di nani, giochi, scherzi e un obiettivo: dare felicità a tutti<br />

IL FAVOLOSO MONDO<br />

DI AMÉLIE<br />

di Jean-Pierre Jeunet<br />

31 agosto 1997. Nel momento<br />

in cui la tv annuncia l’incidente<br />

mortale di lady Diana la<br />

vita di Amélie cambia. Per un<br />

incidente più banale. La notizia<br />

le fa scivolare il tappo del profumo<br />

che sbatte contro la parete<br />

rivelando un nascondiglio.<br />

Dentro c’è un tesoro. Affettivo.<br />

Una scatola di latta con alcuni<br />

giochi di bimbo d’altri tempi.<br />

Amélie comprende il segnale.<br />

Cercherà l’uomo cui appartenevano<br />

quei giochi, gli farà<br />

avere la scatola e da quel momento<br />

cercherà di portare felicità<br />

nella vita degli altri. Con<br />

piccoli gesti, piccole bugie volte<br />

a far ritrovare un sorriso e<br />

un’emozione ormai persi. Così,<br />

la cameriera del bar Due mulini<br />

di Montmartre (esiste davvero<br />

ed è diventato meta turistica)<br />

si trasforma in una sorta di fatina,<br />

senza poteri magici, ma<br />

dal cuore d’oro. Le rimane solo<br />

un problema: l’amore. Per lei<br />

stessa. È timida sino all’esasperazione.<br />

Sin dall’infanzia ha paura del<br />

mondo. Per babbo, medico, era<br />

solo un corpicino malaticcio.<br />

Mamma è stata esaudita nel<br />

suo desiderio di segno divino:<br />

un suicida l’ha portata con sé,<br />

schiantandosi su di lei dopo<br />

essersi gettato da Notre Dame.<br />

Così, Amélie ama solo rompere<br />

la crosta della crema bruciata e<br />

lanciare sassi piatti sull’acqua<br />

facendoli rimbalzare. Ha provato<br />

il sesso, ma senza grandi risultati.<br />

C’è però Nino, quel giovanotto<br />

che colleziona foto<br />

tessera gettate sotto le macchinette<br />

delle stazioni del metro…<br />

Chissà?<br />

Jean-Pierre Jeunet, dopo avere<br />

firmato Delicatessen e La cité<br />

des enfants perdus in coppia<br />

con Marc Caro, e l’ultimo episodio<br />

di Alien, reinventa la<br />

commedia fantastica. Bandito<br />

dai festival più importanti, Il favoloso<br />

mondo di Amélie si è<br />

vendicato al botteghino. Oltre<br />

otto milioni di spettatori in<br />

Francia e successo travolgente<br />

ovunque sia stato presentato.<br />

Un successo meritato. Grazie<br />

all’interpretazione sublime e<br />

perfetta di Audrey Tautou, occhi<br />

sgranati e sorriso disarmante<br />

e soprattutto per l’infinità<br />

di trovate che Jeunet ha disseminato<br />

lungo il racconto.<br />

Un racconto magico e fiabesco,<br />

eppure anche sarcastico<br />

sino a sfiorare il grottesco. Tra<br />

le tante invenzioni del film ne<br />

raccontiamo solo una, giusto<br />

per non rovinare il piacere della<br />

scoperta. Il babbo di Amélie,<br />

rigidone e avaro di parole,<br />

continua a vivere in provincia<br />

come pensionato e vedovo. Il<br />

suo trip consiste nell’ingrandire<br />

il monumento funebre alla<br />

moglie che ha allestito in giardino.<br />

Un guazzabuglio kitsch,<br />

dominato da un nanetto di terracotta.<br />

Non si muove da lì,<br />

nonostante avesse sempre sognato<br />

di viaggiare.<br />

Amélie gli ruba il nano, lo affida<br />

a un’amica hostess che lo<br />

porta con sé in giro per il mondo,<br />

fotografandolo presso i<br />

monumenti più famosi.<br />

Dopodiché la foto del nanetto<br />

viaggiatore viene inviata a papà,<br />

come se fosse spedita dal<br />

nano stesso. Babbo non sa<br />

darsi una spiegazione, ma, alla<br />

lunga, comprende la lezione e<br />

fa finalmente le valigie. Insert<br />

di trasmissioni televisive bislacche,<br />

dissertazioni pittoriche,<br />

sensi di colpa fotografici, misteri<br />

da fototessera, gelosie e<br />

ripicche, dispetti al grezzo<br />

commerciante che maltratta il<br />

commesso immigrato, tutto<br />

concorre a rendere poderoso e<br />

godibile l’affresco di Amélie<br />

Poulain, trasformandolo in un<br />

film favolosamente magico.<br />

ANTONELLO CATACCHIO<br />

BIRTHDAY GIRL<br />

BIRTHDAY GIRL<br />

Jez Butterworth<br />

Ben Chaplin è un giovanotto timido<br />

e solitario. Via Internet fa<br />

arrivare una ragazza dall'est europeo<br />

scopo matrimonio, ma soprattutto<br />

per poter parlare con<br />

qualcuno. E la ragazza arriva:<br />

Nicole Kidman. È bellissima. Lui<br />

prima vorrebbe cacciarla perché<br />

non sa una parola di inglese, poi<br />

scopre che la ragazza ha un suo<br />

talento particolarmente apprezzabile.<br />

Tutto bene, sino all’arrivo<br />

di quei due amici-cugini di lei<br />

(Mathieu Kassovitz e Vincent<br />

Cassel estremamente efficaci)<br />

che arrivano inaspettati a casa,<br />

in occasione del compleanno, e<br />

sembrano intenzionati a non andarsene<br />

più. Una trama forse<br />

non originalissima - il trucco è<br />

intuibile - ma ottimamente condotta<br />

dal regista Jez Butterworth<br />

e soprattutto magnificamente interpretata<br />

da Nicole che nella<br />

versione originale biascicava<br />

qualche parola inglese misto russo<br />

con un sorriso disarmante,<br />

rendendo godibile l’intero film.<br />

ANTONELLO CATACCHIO<br />

L’AMORE È CIECO<br />

Bobby e Peter Farrelly<br />

Bobby e Peter Farrelly avevano<br />

già firmato Tutti pazzi per Mary.<br />

Quindi da loro c’è sempre da<br />

aspettarsi qualcosa di originale<br />

Tobias ha cambiato nome e<br />

paese. Di origine ceca, figlio<br />

della prostituta del paese, ancora<br />

bimbo ha accoltellato il<br />

presunto padre ed è fuggito.<br />

Via. Lontano. Lo ritroviamo<br />

adulto in Svizzera. È operaio<br />

presso una fabbrica di orologi.<br />

Fa vita grama e solitaria.<br />

Sognando di rivedere Line, la<br />

sorellastra che nel frattempo lui<br />

ha trasformato in mito. E Line<br />

arriva. Il grigiore si trasforma in<br />

un’euforia quasi malata eppure<br />

inebriante. Tra i due è amore,<br />

con tutte le sue contraddizioni<br />

L’AMORE È CIECO<br />

e anche di irriverente. Questa<br />

volta hanno preso un ragazzotto<br />

che viene ipnotizzato da un guru.<br />

L’intenzione del santone è<br />

quello di far capire al giovinotto<br />

che anche in donne apparentemente<br />

poco seducenti c’è del<br />

bello. Risultato: è talmente intortato<br />

che si innamora pazzamente<br />

di Rosemary, una cicciona debordante<br />

che lui “vede” bellissima.<br />

Toccherà a un amico svegliarlo<br />

e riportarlo alla realtà.<br />

Farcito di situazioni decisamente<br />

scorrette, il film ha un grande<br />

merito: quello di avere gonfiato<br />

a dismisura Gwyneth Paltrow.<br />

Saranno anche effetti speciali e<br />

imbottiture, ma la ragazza dovrebbe<br />

farci un pensierino perché<br />

così risulterebbe meno antipatica.<br />

Con buona pace dei suoi<br />

ammiratori.<br />

SELVAGGIA CONTI<br />

VANILLA SKY<br />

Cameron Crowe<br />

C’era una volta Abre los ojos di<br />

Alejandro Amenabar. Ora c’è il remake,<br />

firmato da Cameron Crowe<br />

che ha voluto come protagonista<br />

Tom Cruise dopo il successo che<br />

avevano ottenuto in coppia con<br />

Jerry Maguire. E c’è pure<br />

Penelope Cruz, che aveva interpretato<br />

anche la versione spagnola.<br />

Oltre a Cameron Diaz.<br />

Sono infatti loro le due donne<br />

K PAX<br />

che si contendono fantasticamente<br />

il pupone. Trasferita la vicenda<br />

a Manhattan, con una<br />

spruzzata di rock nella colonna<br />

sonora (Peter Gabriel, Rem,<br />

Radiohead, oltre a McCartney per<br />

il titolo), il film gioca sul registro<br />

della suspense tra finzione e realtà.<br />

Per la finzione non è il caso di<br />

rivelare troppo il marchingegno,<br />

per la realtà Tom e Penelope sono<br />

finiti l’uno nelle braccia dell'altra.<br />

Col vantaggio che lei non deve<br />

neppure cambiare la pronuncia<br />

del cognome che in inglese è<br />

analogo a quello di lui.<br />

SELVAGGIA CONTI<br />

K PAX<br />

Iain Softley<br />

Prot è un personaggio singolare.<br />

All’apparenza è assolutamente<br />

tranquillo. Fatto che non gli impedisce<br />

di essere fermato dalla<br />

polizia dopo un’aggressione. E a<br />

quel punto ecco la rivelazione:<br />

sarebbe un alieno. Viene così immediatamente<br />

dirottato verso lo<br />

strizzacervelli. Potrebbe sembrare<br />

una scusa originale quella di<br />

dichiararsi alieno per giustificare<br />

i propri comportamenti. Ma Prot<br />

è piuttosto convincente, al punto<br />

da far vacillare le convinzioni del<br />

medico. Una commedia firmata<br />

da Iain Softley, ma soprattutto<br />

interpretata da Kevin Spacey, che<br />

si conferma uno dei più smodati<br />

VANILLA SKY<br />

talenti di Hollywood. I duetti con<br />

Jeff Bridges, nei panni del malcapitato<br />

psicanalista, sono notevoli.<br />

Poi c’è il giochino. Ma Prot ci<br />

fa o ci è? Un giochino semplice<br />

che funziona, rendendo sufficientemente<br />

garbato il racconto.<br />

SELVAGGIA CONTI<br />

HEIST – IL COLPO<br />

David Mamet<br />

Heist, “il colpo”: ovvero, come<br />

rendere interessante un meccanismo<br />

vecchio quanto il mondo – la<br />

preparazione e la realizzazione di<br />

una rapina – trasformandolo in un<br />

gioco di scatole cinesi, in cui ogni<br />

soluzione è contemplata e, al<br />

tempo stesso, ribaltata nel proprio<br />

contrario. Nessuno meglio di<br />

David Mamet poteva riuscirci; e<br />

grazie all’aiuto di una fenomenale<br />

squadra di interpreti (nella quale<br />

spiccano Gene Hackman e Danny<br />

De Vito), l’ingranaggio risulta godibilissimo.<br />

Paragonatelo al super-pubblicizzato<br />

Ocean’s Eleven:<br />

là è il trionfo della tecnologia e<br />

dell’inverosimiglianza, qui comandano<br />

due organi nobili come il<br />

cuore e il cervello. Mamet ci prende<br />

per il naso con tale sagacia che<br />

alla fine siamo disposti a credergli:<br />

sì, l’oro della rapina dev’essere<br />

proprio lì, nascosto su quel… ma<br />

cosa stiamo dicendo? Buona rapina,<br />

e buon divertimento.<br />

ALBERTO CRESPI<br />

SOLDINI: LA VITA TRISTE<br />

BRUCIO NEL VENTO<br />

di Silvio Soldini<br />

e con retrogusto incestuoso.<br />

Silvio Soldini prende il romanzo<br />

di Agota Kristof (“duro come un<br />

sasso” secondo Lodoli) e lo trasforma<br />

in un film aspro, dalle<br />

emozioni forti.<br />

Per farlo si affida al volto magnificamente<br />

intenso di Ivan<br />

Franek, supportato da Barbara<br />

Lukesova, alla voce fuori campo<br />

che propone frammenti del libro<br />

e al bilinguismo, ceco e francese<br />

(anche se in Italia uscirà prevalentemente<br />

doppiato). Un film<br />

crudo sulla tristezza, l’esilio e<br />

l’aridità, che lascia filtrare una<br />

sola flebile lama di speranza.<br />

Sufficiente per illuminare magnificamente<br />

il racconto.<br />

Il regista milanese alle prese con una storia<br />

dura: esilio, solitudine e poca speranza<br />

MADE IN ITALY<br />

LIGABUE<br />

DA 0 A 10<br />

Aveva detto che Radiofreccia<br />

sarebbe stata un’esperienza<br />

unica perché lui è un cantautore<br />

(e uno scrittore) non un regista.<br />

Ma Liga è una persona<br />

seria. Non perché non abbia<br />

mantenuto fede a quella dichiarazione,<br />

ma proprio perché<br />

ci è passato sopra. In fondo,<br />

per dirigere Radiofreccia ci<br />

si era messo di impegno, studiando<br />

come si fa il regista. E<br />

il risultato era stato piuttosto<br />

lusinghiero, sia per la critica<br />

che per il pubblico. Per questo<br />

oggi può riprovarci con Da zero<br />

a dieci. Una storia che porta<br />

dritta a Rimini, dove un gruppetto<br />

di quarantenni si ritrova<br />

per cercare di ritessere i fili, ormai<br />

aggrovigliati, di un fine<br />

settimana interrotto quando<br />

erano ancora adolescenti.<br />

UN AMORE<br />

PERFETTO<br />

Se Liga dirige, Cesare<br />

(Lunapop) Cremonini si limita<br />

a interpretare. Il cinema lo ha<br />

infatti reclutato per questo film<br />

che racconta di Ceghe, di<br />

Bernie e di Laura. Un terzetto<br />

inossidabile di amici, capaci di<br />

attraversare il mondo e le sue<br />

contrarietà. Una storia senza<br />

eccessive pretese che Valerio<br />

Andrei ha realizzato prendendo<br />

due nomi amati dal pubblico<br />

giovane. Oltre a Cremonini<br />

troviamo infatti anche Martina<br />

Stella, la ragazzetta che ha fatto<br />

sbandare Stefano Accorsi<br />

ne L'ultimo bacio. Nella vita ha<br />

un forte accento toscano ed è<br />

stata bocciata a scuola, ma<br />

sullo schermo si trasforma.<br />

Anche Gabriele Salvatores l’ha<br />

trasformata, visto che nel suo<br />

nuovo film Amnesia Martina<br />

ha un caschetto di capelli neri.<br />

LE ORIGINI<br />

DEL PORNO<br />

La data di inizio del cinema<br />

porno è piuttosto incerta.<br />

Quel che è certo, invece, è<br />

che le proiezioni di Hard shot<br />

– Il cinema porno delle origini<br />

(23 febbraio, Spazio<br />

Oberdan, v.le Vittorio Veneto<br />

2, Milano) saranno rigorosamente<br />

vietate ai minori di 18<br />

anni. Una carrellata di cortometraggi<br />

muti degli anni ’20,<br />

comprese alcune chicche come<br />

un cartoon americano, accompagnate<br />

dal vivo al pianoforte<br />

da Antonio Zambrini.<br />

URBAN 45


46 URBAN<br />

RI-VEDERE<br />

Manzoni formato<br />

Broadway, bambini<br />

cattivi e cavalli<br />

marci. E c’è pure<br />

l’avanguardia<br />

GIOCHI DI FAMIGLIA<br />

Milano, Teatro dell’Elfo<br />

Bambini crudeli e violenti come<br />

solo i bambini sanno essere,<br />

che recitano i ruoli di figli-servi<br />

nei panni di genitori-padroni.<br />

Il testo di Biljana Srbljanovic è<br />

una drammatica allegoria della<br />

vita quotidiana a Belgrado durante<br />

la guerra balcanica. Elio<br />

De Capitani affida tutti i ruoli<br />

solo ad attrici. Fino a scoprire<br />

che la Serbia di Milosevic rischia<br />

di assomigliare alla<br />

Romagna di Forlì o alla Brianza<br />

di Monza. Fino al 10 febbraio<br />

ALLUCE BILLUCE<br />

E TRILLUCE<br />

Torino, Teatro Colosseo<br />

I Cavalli Marci compaiono in<br />

scena diretti da Claudio<br />

Nocera sulle note del loro storico<br />

inno musicale Piedi in uno<br />

spettacolo a metà tra il recital<br />

demenziale e il musical da cabaret.<br />

Poi, diretti da Fabrizio<br />

Pippo Liberti, si scatenano nei<br />

loro celebri medley di canzoni.<br />

Mille motivi della storia musicale<br />

italiana di sempre sbucano<br />

dal cilindro del prestigiatore<br />

e si mescolano alle idee e ai<br />

temi comici più disparati.<br />

Dal 15 al 17 febbraio<br />

I PROMESSI SPOSI<br />

Bologna, Arena del Sole<br />

Punti di forza di questo musical<br />

firmato per testi e musiche<br />

da Tato Russo: la trentina<br />

di spettacolari cambi di scena<br />

di Umberto Bertacca e le voci<br />

di Barbara Cola e Michael<br />

Altieri. Un tentativo made in<br />

Italy in parte riuscito di rispondere<br />

agli analoghi kolossal<br />

d’oltreconfine come I miserabili<br />

o Notre Dame appellandosi<br />

al massimo romanzo<br />

nazional-popolare della nostra<br />

letteratura ottocentesca.<br />

Dal 7 al 17 febbraio<br />

NIHIL<br />

Roma, Teatro Valle<br />

Dopo 13 anni di ricerca con i<br />

detenuti di Volterra,<br />

Armando Punzo esce dal carcere<br />

e dirige un gruppo di<br />

aspiranti attori in Nihil, ispirato<br />

all'Hamletmachine di H.<br />

Mueller nel quale Amleto è<br />

continuamente evocato e rifiutato,<br />

in un meccanismo che<br />

denuncia la caduta di ogni<br />

utopia. Dal 5 al10 febbraio<br />

illustrazione: Gabriella Giandelli<br />

TEATRO<br />

LA NOTTE IN SCENA,<br />

FAR TARDI IN PLATEA<br />

Dietro Piazza Navona, il teatro insegue<br />

il suo pubblico. Macchine Teatrali si riprende<br />

la notte e alza il sipario sui giovani autori<br />

TARTUFO<br />

Milano, Teatro Studio<br />

Toni Servillo torna a confrontarsi<br />

con Molière e, dopo il successo<br />

ottenuto qualche stagione fa con<br />

SERVE, SUORE, MIRACOLI E UN SALTO MORTALE<br />

SISTER ACT 2<br />

Milano, L.G. Palace<br />

Sfruttando il titolo e i song di un<br />

film di successo lo spettacolo originale<br />

spacciava come musical un<br />

semplice concerto gospel. Si salvava<br />

solo per la splendida voce di<br />

Theresa Thomason. Adesso lo<br />

spettacolo torna arricchito da autentici<br />

numeri di ballo e coreografie<br />

e regia di André de la Roche.<br />

Dal 29 gennaio al 17 febbraio<br />

la sua lettura registica de Il misantropo,<br />

affronta ora Tartufo (13-20<br />

febbraio), che nell’idea dell'attore<br />

e regista è lavoro gemello al precedente.<br />

"I due testi sembrano<br />

ANNA DEI MIRACOLI<br />

Bologna, Teatro Duse<br />

Mariangela D'Abbraccio accetta la<br />

sfida con interpretazioni memorabili<br />

come quelle di Anne Bancroft,<br />

Anna Proclamer e Mariangela<br />

Melato e porta di nuovo in scena<br />

la vicenda dell'istitutrice di fine<br />

’800 in lotta fisica e affettiva con<br />

la violenta ragazzina muta e cieca.<br />

Regia di Francesco Tavassi.<br />

Dal 5 al 10 febbraio<br />

Per le principesse lasciate in<br />

stracci dal dodicesimo rintocco<br />

che, scarpetta e zucca sottobraccio,<br />

non ne vogliono sapere di<br />

tornarsene davanti al camino, per<br />

quelli che “le ore piccole non sono<br />

fatte per dormire”, per chi pur<br />

sapendo che a mezzanotte tutti i<br />

sipari sono chiusi una vogliuzza<br />

di teatro ancora ce l’avrebbe.<br />

Sotto terra, dietro P.za Navona, la<br />

tenda di velluto rosso si apre tutti<br />

i fine settimana in quella che nel<br />

secondo secolo avanti Cristo era<br />

una villa romana e oggi è un famoso<br />

locale della capitale:<br />

l’Arciliuto. Lo spazio, dove da oltre<br />

30 anni tra un bicchiere e uno<br />

sfizio si fa musica e poesia, ospita<br />

da gennaio a maggio ogni sabato<br />

e domenica Teatro a mezzanotte.<br />

Se, a dispetto delle decine di sale,<br />

la gente a teatro non ci va, allora i<br />

teatranti vanno dove sta la gente.<br />

L'idea è di Macchine Teatrali,<br />

società di produzione e distribuzione<br />

affacciatasi nel mondo del<br />

teatro poco più di un anno fa<br />

con Radio clandestina, il fortunato<br />

monologo di Ascanio Celestini<br />

su via Rasella e le Fosse<br />

Ardeatine. Ed è proprio Ascanio<br />

che ha aperto la rassegna con<br />

La gallina canta, storie, racconti<br />

e fiabe della tradizione popolare.<br />

ARRIVA UN TARTUFO GIOVANE GIOVANE<br />

Dopo Il Misantropo, Toni Servillo gioca ancora con Molière<br />

nascere l’uno dall’altro. Dove<br />

Alceste di Le misanthrope urla,<br />

ama e combatte, Tartufo finge,<br />

desidera e minaccia. Due differenti<br />

modi di vivere la giovinezza che<br />

LE SERVE<br />

Torino, Teatro Gobetti<br />

Alessandro Adriano, Giuseppe<br />

Loconsole e Fabio Troiano, giovani<br />

attori usciti dalla scuola del<br />

Teatro Stabile, scelgono impavidi<br />

il testo del più maledetto autore<br />

francese del ’900 e firmano interpretazione,<br />

adattamento e regia.<br />

Rigorosamente en travesti, come<br />

da esplicita indicazione di Genet.<br />

Dal 12 al 17 febbraio<br />

L’intento di Teatro a mezzanotte<br />

è offrire visibilità a giovani attori e<br />

autori come Michele Santeramo,<br />

ma anche a professionisti noti come<br />

Paolo Pietrangeli e Lucilla<br />

Giagnoni (Risaia, 15 e 16 marzo),<br />

attrice storica e co-fondatrice di<br />

Teatro Settimo, compagnia torinese<br />

che produce altri due spettacoli<br />

in calendario: A come<br />

Srebrenica, di Roberta Biagiarelli<br />

(22 e 23 marzo) e Un giorno di<br />

fuoco di Beppe Rosso (15 e 16<br />

marzo).<br />

La narrazione è uno degli elementi<br />

che ritornano nel cartellone<br />

dell’Arciliuto, così come la scelta<br />

della cultura e dei modi popolari<br />

che ritroviamo in Micro storia di<br />

Marcella Tersigni e Flavio Monaco<br />

(7 e 8 marzo), storia raccontata<br />

suonata e cucinata di una famiglia<br />

di paese che approda a Roma.<br />

Tradizione e memoria orale anche<br />

in Kalatrasi di Alberto Nicolino<br />

(26 e 27 aprile), viaggio tra musica<br />

e parole in un paesino della<br />

provincia palermitana. Da vedere,<br />

infine, Genova ‘01 Gi.otto (1 e 2<br />

marzo) di Fausto Paravidino, premio<br />

Ubu-giovane drammaturgia<br />

per Due Fratelli.<br />

CECILIA RINALDINI<br />

si riflettono l’uno nell’altro e sulle<br />

nostre esperienze". Per questo ha<br />

affidato la difficile parte dell’imbroglione<br />

ipocrita a Peppino<br />

Mazzotta, attore under 30. Per se<br />

stesso Servillo ha riservato il ruolo<br />

di Orgone e ha richiamato al<br />

proprio fianco Licia Maglietta,<br />

Andrea Renzi e Monica Nappo.<br />

SANDRO AVANZO<br />

SALTO MORTALE<br />

Roma, Teatro della Cometa<br />

Una storia d’amore tra persone<br />

non più giovani: il gusto della vita<br />

e del gioco si mescola all'incoscienza<br />

dell’età e al piacere di<br />

concedersi. Valeria Valeri e<br />

Mauro Marino sono i protagonisti<br />

di Salto mortale, testo brioso<br />

e poetico di Daniel Horowitz.<br />

Traduzione e regia di Claudia<br />

Della Seta. Fino al 10 febbraio


foto: Tokyo, 1994<br />

ARTE<br />

SCATTI ON THE ROAD<br />

L’ambiente domestico e gli uomini da marciapiede. Una personale di Philip Lorca DiCorcia<br />

Philip Lorca DiCorcia è un anticipatore.<br />

Perché? Perché negli anni<br />

’80 fotografa i suoi familiari e trasforma<br />

l’ambiente domestico in un<br />

set cinematografico. E, dopo di lui,<br />

molti artisti hanno coinvolto sempre<br />

più nelle proprie opere i familiari<br />

e il proprio quotidiano.<br />

L’inglese Richard Billingham, per<br />

esempio, riporta nelle sue fotogra-<br />

fie la way of life dei suoi genitori e<br />

delle persone che lo circondano.<br />

Nel 1990, DiCorcia realizza la serie<br />

di foto scattate sul Boulevard di<br />

Santa Monica a prostituti, sbandati<br />

e disoccupati. Il fotografo va per<br />

strada alla ricerca degli uomini che<br />

poi fotograferà, offrendo loro un<br />

compenso per la “prestazione”. La<br />

formula di remunerare disoccupati<br />

OFFICINA YANKEE<br />

SULLA VIA EMILIA<br />

Una mega collettiva che riunisce artisti di<br />

fama internazionale. In diverse città emiliane<br />

sbarcano decine di opere dall’America<br />

La mostra Officina America, curata<br />

da Renato Barilli, adotta la<br />

stessa formula delle precedenti<br />

officine: invitare numerosi artisti a<br />

esporre in diverse città dell’Emilia<br />

Romagna. Divisa in tre sezioni –<br />

AVVISTAMENTI<br />

Torino, 011-5629911<br />

Prosegue con il cubano Kcho alla<br />

Gam la serie di mostre dedicata<br />

alla ricerca di giovani artisti e<br />

coordinata da Alessandra Pace.<br />

Le opere di Kcho, sculture composte<br />

a volte da oggetti espropriati<br />

agli emigrati clandestini e<br />

recuperati nei distretti di polizia<br />

e disegni, mettono a confronto<br />

sogno e realtà, mondo infantile<br />

e mondo adulto.<br />

Dall’8 febbraio al 7 aprile<br />

Una nuova casa per l’uomo (Villa<br />

delle Rose, Bologna); Per una<br />

nuova sensibilità pittorica (ex convento<br />

di San Domenico, Imola);<br />

L’iper-oggetto (ex pescheria di<br />

Cesena e Palazzo dell’Arengo di<br />

HAIM STEINBACH<br />

Torino, 011-8125935<br />

Su delle mensole, in legno o acciaio,<br />

sono collocati vari oggetti.<br />

Non è l’immagine di una vetrina<br />

qualunque bensì la cifra stilistica<br />

di Haim Steinbach, la cui produzione<br />

artistica si confronta con<br />

oggetti, luoghi e non luoghi, relazioni<br />

sociali. La galleria The<br />

Box Associati ospita una serie di<br />

suoi nuovi lavori, realizzati per<br />

la prima mostra personale torinese.<br />

Fino al 23 febbraio<br />

per svolgere azioni, come masturbarsi<br />

di fronte a una macchina fotografica<br />

o farsi colorare i capelli, è<br />

una delle ragioni, un decennio più<br />

tardi, alla base del successo dell’artista<br />

madrileno Santiago Sierra.<br />

La mostra (tel. 02-29010068),<br />

con la serie Heads e una selezione<br />

di opere da Streetwork e<br />

Hollywood, è un’ottima occasione<br />

Rimini) – la mostra passa dai petali<br />

variopinti di Polly Apfelbaum<br />

ai corpi di giovani donne delle fotografie<br />

di Naomi Fisher alle atmosfere<br />

inquietanti di Julian<br />

LaVerdiere. Un’ampia prospettiva,<br />

che però solleva anche qualche<br />

perplessità. Se proprio non si<br />

vuole rinunciare a queste mega<br />

collettive, perché non ricercare<br />

nuove creatività mettendo a confronto<br />

punti di vista diversi, invece<br />

che riunire artisti di fama il cui<br />

unico trait d’union è la provenienza<br />

geografica?<br />

ROMA 1948-1959<br />

DAL NEOREALISMO<br />

ALLA DOLCE VITA<br />

Roma, 06-4745903<br />

Sono anni vitali quelli che segnarono<br />

il passaggio dal dopoguerra<br />

al boom economico. Cronaca,<br />

arti visive, moda, teatro e cinema,<br />

musica, letteratura e architettura<br />

si intrecciano nella mostra<br />

al Palazzo delle Esposizioni,<br />

ideata da Maurizio Fagiolo<br />

dell’Arco.<br />

Fino al 27 maggio<br />

per comprendere le ragioni dell’influenza<br />

che il fotografo ha avuto<br />

sulle nuove generazioni.<br />

D.P. TESEI<br />

Philip Lorca DiCorcia<br />

Milano, Galleria Monica<br />

De Cardenas<br />

Dall’8 febbraio al 23 marzo<br />

Officina America<br />

Tel. 051-502859<br />

Dal 25 gennaio al 31 marzo<br />

OGGETTI CLANDESTINI GRAFFITI E DOLCE VITA<br />

JEAN MICHEL BASQUIAT<br />

Roma, 06-68809035<br />

Jean Michel Basquiat. Ovvero uno<br />

dei più brillanti protagonisti della<br />

scena artistica newyorkese degli<br />

anni ’80. Una buona occasione<br />

per conoscerlo e osservare le sue<br />

opere, alcune delle quali esposte<br />

per la prima volta in Italia, è<br />

quella offerta dal Chiostro del<br />

Bramante che, dopo l’esposizione<br />

dedicata a Keith Haring, rende<br />

omaggio a questo altro grande<br />

artista. Fino al 7 aprile<br />

foto: M.Bevilacqua, Hi, 2001<br />

IN MOSTRA<br />

Da Godard e<br />

Moravia alla<br />

Palestina. E gli<br />

artisti parlano<br />

JIRI DOKOUPIL<br />

Bologna, 051-230727<br />

Prima ampia mostra dedicata<br />

all’artista cecoslovacco curata<br />

da Vittoria Coen e ospitata<br />

presso San Giorgio in<br />

Poggiale. Sono raccolte opere<br />

recenti che, attraverso l’uso<br />

di vari materiali, dai pigmenti<br />

naturali alla fuliggine e<br />

alle bolle di sapone, affrontano<br />

i temi della natura morta,<br />

del ritratto e dell’autoritratto.<br />

Dal 26 gennaio al 28 aprile<br />

NUVOLE DA OLTRE<br />

FRONTIERA<br />

Ravenna, 0544-482568<br />

Avvicinarsi alla “questione<br />

palestinese” attraverso il fumetto.<br />

Questo l’obiettivo<br />

del giornalista e fumettista<br />

Joe Sacco e delle sue “strisce”,<br />

alle quali la Loggetta<br />

Lombardesca dedica una<br />

mostra curata da Daniele<br />

Brolli. Le “strisce” sono il<br />

frutto dei due mesi trascorsi<br />

da Sacco in Israele e nei<br />

Territori Occupati.<br />

Dall’1 al 23 febbraio<br />

LA GENERAZIONE DELLE<br />

IMMAGINI<br />

Milano, 02-724341<br />

Qual è il modo migliore per<br />

comprendere l’arte contemporanea<br />

se non incontrare i suoi<br />

artefici? È una formula vincente<br />

quella adottata da Roberto<br />

Pinto, che ha curato quest’anno<br />

l’8° appuntamento dal titolo<br />

Reality’s Desire. Ospiti alla<br />

Triennale alcuni artisti di fama<br />

internazionale: per esempio il<br />

30 gennaio c’è Shirin Neshat.<br />

Si prosegue poi fino all’11<br />

marzo con Marko Peljhan,<br />

Nedko Solakov, Fabrice<br />

Hybert, Zoe Leonard, Cai Guo<br />

Qiang e Carlos Garaicoa.<br />

IL DISPREZZO<br />

Milano, 02-29060171<br />

La galleria Antonio Colombo<br />

ospita la mostra di Andrea<br />

Salvino il cui titolo è ispirato a<br />

un film di Godard e all’omonimo<br />

romanzo di Moravia. Il giovane<br />

artista romano attua una<br />

rilettura, sotto forma di dipinti,<br />

disegni e un video in bianco e<br />

nero, degli avvenimenti italiani<br />

dalla metà degli anni Sessanta<br />

a oggi. Immagini che fanno<br />

della memoria personale e sociale<br />

uno strumento d’indagine<br />

artistica. Fino all’8 marzo<br />

URBAN 49


foto: Cesare Cicardini<br />

SHOPPING<br />

SESSO E VOLENTIERI:<br />

FATELO PER GIOCO<br />

Non esattamente un sexy shop. Ma nemmeno<br />

un negozio per educande. A Milano<br />

(e in Rete), autoironia per San Valentino<br />

Ditelo con un fiore. E perché non<br />

con un orsacchiotto di peluche<br />

superdotato? O un bel bambolo<br />

gonfiabile? Se i vostri acquisti in<br />

fatto di eros sono fermi allo “stimolante<br />

per lei, ritardante per<br />

lui”, da Love City avete molto da<br />

imparare, senza per questo dover<br />

arrossire come le luci rosse di un<br />

sexy-shop. Perché non lo è. La<br />

pornografia da tripla X resta fuori,<br />

e in compenso entra ed esce gente<br />

di ogni età, sesso, ceto, taglia,<br />

per chiedere a Laura e Anita se<br />

sono arrivate le manette di pelliccia<br />

o le formine sexy per il ghiaccio.<br />

Diciamo che è il posto giusto<br />

per un San Valentino non esattamente<br />

alla Peynet, ma nemmeno<br />

alla Rocco Siffredi. Per una seratatipo<br />

si comincia col farsi una cultura,<br />

dai classici del tantra e del<br />

kamasutra, compreso Lo Zen e<br />

l’arte della manutenzione del maschio<br />

(fa niente se prima non avete<br />

letto Pirsig), fino alla saggistica<br />

più impegnata tipo Willy Pasini o<br />

la Graziottin: il best seller è Che<br />

stronzo! Il libro verità sul fidanzato<br />

italiano. Si prosegue con una ce-<br />

netta al lume di una candela a forma<br />

di fallo o di bacio perugina. Si<br />

passa ai preliminari trastullandosi<br />

col Gioco dei Porcellini, versione<br />

softcore del gioco dell’oca. E<br />

quando si arriva al dunque le metafore<br />

dell’amore si materializzano.<br />

Esempio: “Ti mangerei tutta”,<br />

“Sei un bocconcino”. Detto fatto:<br />

con la linea di lingerie commestibile<br />

non devi più sfilarle gli slip, te<br />

li magni! Altro esempio:<br />

“Inzuppare il biscottino”. Ecco a<br />

voi il pisellone del Mulino Bianco<br />

che si ammoscia nel caffelatte.<br />

“Sei la luce dei miei occhi”? Come<br />

no, con l’intimo luminescente la<br />

trovi anche al buio. Tra saponette<br />

che portano la quarta, fischietti<br />

con le gonadi, scalda-attributi in<br />

morbida lana e mini-bilancieri per<br />

chi fa culturismo “lì”, da Love City<br />

si può comprare anche su Internet<br />

(www.lovecity.it). E adesso dite che<br />

non sapete che c… regalare!<br />

VITTORIO MONTIERI<br />

Love City<br />

Milano, c.so di P.ta Ticinese 105<br />

LUNA E STELLE CON CREDIT CARD<br />

Lasciatela con un palmo di naso: regalatele una stella (100 euro!) o uno spicchio di luna<br />

“Cara, guarda che stella laggiù…<br />

La vuoi? Te la regalo!” Altri tempi,<br />

quando potevi fare il cascamorto a<br />

buon mercato! Oggi non vale più.<br />

A qualcuno, negli States, è venuto<br />

in mente che si potevano vendere<br />

astri e pianeti, forse per vendicarsi<br />

VECCHI JEANS DA COLLEZIONE E VINO DA GUINNESS<br />

B-FLY<br />

Milano, c.so di P.ta Ticinese 46<br />

Un paio di Levi’s a 430 euro e<br />

passa?!? Non ve ne andate,<br />

adesso vi diciamo perché. Tre anni<br />

fa un tizio del Nevada, scavando<br />

nella sua proprietà, portò alla<br />

luce il più vecchio blue-jean della<br />

storia, un Levi’s datato 1880 e<br />

appartenuto a un minatore.<br />

Messo all’asta su eBay fu aggiu-<br />

di tutte le fontane di Trevi che gli<br />

abbiamo rifilato. E così adesso, se<br />

vuoi fare il romanticone, devi metter<br />

mano al portafogli e collegarti<br />

al Web. Su www.starregistryitalia.it,<br />

per la modica cifra di 100 euro circa,<br />

puoi battezzare un puntino<br />

dicato alla Levi Strauss per qualcosa<br />

come 45.000 dollari. Ora<br />

quel modello è stato riprodotto a<br />

mano in ogni dettaglio e messo<br />

in vendita in soli 500 esemplari<br />

numerati in tutto il mondo. I 50<br />

pezzi per l’Italia si trovano esclusivamente<br />

da B-Fly, a Milano, in<br />

corso di Porta Ticinese. Altro che<br />

un pantalone in denim, un monumento<br />

pop. Capito perché...?<br />

della Via Lattea col nome dell’amata/o.<br />

In cambio, hai un certificato<br />

con le coordinate astronomiche,<br />

ma senza il telescopio per riuscire<br />

a vedere il tuo omonimo celeste.<br />

Invece su www.lunarembassy.com,<br />

la prima agenzia immobiliare inter-<br />

ORNELLAIA<br />

Nelle migliori enoteche<br />

Il vino più buono del mondo è<br />

diventato una questione di famiglia.<br />

Lo scorso anno la rivista<br />

Wine Spectator, bibbia dell’enologia<br />

internazionale, nominò per<br />

la prima volta un vino italiano<br />

quale “vino dell’anno”: era il<br />

Solaia 1997 di Piero Antinori.<br />

Quest’anno le vigne toscane<br />

planetaria, con 27 dollari diventi<br />

proprietario di mezzo ettaro di<br />

Luna: ci sta una villa con giardino!<br />

Garanzia “soddisfatti o rimborsati”.“Cara,<br />

guarda che Luna, te ne<br />

ho comprato un lotto…” Che<br />

mondo!<br />

hanno fatto il bis ed è toccato<br />

al fratello Lodovico e al suo<br />

Ornellaia 1998 fregiarsi del prestigioso<br />

titolo. Il miglior vino del<br />

mondo costa sui 100 euro e per<br />

trovarne una bottiglia non c’è<br />

che da prendere le Pagine Gialle<br />

e battere a tappeto le enoteche<br />

della vostra zona. Se lo regalate<br />

a un appassionato, potrebbe<br />

commuoversi fino alle lacrime.<br />

SPENDI-SPANDI<br />

Street style, bimbi<br />

firmati e infuso<br />

di mate. Andateci<br />

puntuali con la<br />

meridiana da tasca<br />

GUAYTAMELLI<br />

Roma, via del Moro 59<br />

Non saranno l’ideale per arrivare<br />

puntuali a un appuntamento,<br />

ma le meridiane tascabili<br />

o a medaglione create in<br />

questa bottega di Trastevere<br />

non mancano certo di fascino.<br />

Il laboratorio produce artigianalmente<br />

anche clessidre,<br />

candele segnatempo e vecchi<br />

modelli di orologio. Tutto<br />

fuorché il quarzo.<br />

SETTIMIO MIELI<br />

Roma, via San Claudio 70<br />

La protagonista di Shopgirl, il<br />

fortunato romanzo d’esordio<br />

dell’attore Steve Martin, è<br />

una commessa di un negozio<br />

che vende cose che nessuno<br />

compra più: guanti. Sarà così<br />

a Los Angeles, ma non a<br />

Roma da Settimio Mieli:<br />

guanti d’ogni forma e colore<br />

e un sacco di clienti.<br />

BOTTEGA DEL MONDO<br />

Bologna, via Altabella 2<br />

Mai provato il mate? È la<br />

bevanda più diffusa nel<br />

Sudamerica: un infuso estratto<br />

da una foglia secca, servito<br />

in una particolare coppa e<br />

sorseggiato attraverso una<br />

cannuccia d’argento detta<br />

“bombilla”. Un vero rituale. Si<br />

trova, tra mille altri prodotti<br />

del Sud del mondo, in questo<br />

negozio del commercio<br />

“equo e solidale”.<br />

BABY BOOM<br />

Bologna, via Canova 21<br />

Baby Boom compie un anno e<br />

promette bene. È una boutique<br />

dell’usato premaman e per l’infanzia,<br />

con capi firmati e tutta<br />

l’attrezzatura per il bebè: passeggini,<br />

seggiolini e oni, giochi.<br />

Oltre a pagare metà prezzo rispetto<br />

al nuovo, a febbraio ci<br />

sono i saldi. E potete lasciare in<br />

conto vendita il vostro usato,<br />

se in buono stato.<br />

X-COAST<br />

Torino, via Bogino 3/A<br />

Fatevi pure consigliare da<br />

Jaman. Quando non gioca a<br />

football americano è tranquillo<br />

e disponibile. Nel suo negozio,<br />

a due passi da Piazza Castello,<br />

trovate i marchi più groovy in<br />

fatto di street-style e moda<br />

snowboard e surf: Rip Curl,<br />

Rusty, Mambo, No Fear, Kangol.<br />

URBAN 51


TIRAR TARDI<br />

CAFÉ REAL<br />

Milano<br />

Anno nuovo locali nuovi.<br />

A Milano, tra gli ultimi nati c’è il<br />

Café Real, partorito dal creativo<br />

per eccellenza, in fatto di vita<br />

notturna, Philippe Renault. Il locale<br />

è uno spazio creativo e<br />

polifunzionale che si propone<br />

sia come disco bar che come ristorante<br />

con cucina francese e<br />

italiana. Il Café Real è diviso in<br />

una zona ristorante, una zona<br />

lounge bar, due privé rialzati e<br />

una cabina per il dj. L’atmosfera<br />

è stile Secondo Impero e insomma<br />

tira aria di Napoleone<br />

III con arredamento di boiserie,<br />

velluti, parquet e colonne in<br />

mogano… La musica è curata<br />

dal dj Luis Ferri. Tra i frequentatori<br />

vip, il fenomeno Ronaldo,<br />

lo stilista Roberto Cavalli, stelle<br />

e stelline varie.<br />

Tel. 02-76316505<br />

LA PALMA<br />

Roma<br />

Nel punto in cui il quartiere<br />

popolare di Casal Bertone finisce<br />

improvvisamente nella<br />

campagna (cose che riescono<br />

solo a Roma), un casale in pietra<br />

da poco rimesso a nuovo.<br />

Con davanti una palma. La<br />

Palma. Il locale in cui andare<br />

se volete ascoltare jazz, elettronica<br />

e sonorità meno convenzionali<br />

(dal vivo naturalmente)<br />

comodamente seduti<br />

ai tavolini del wine bar. E se<br />

non vi bastano musica & vino,<br />

La Palma ospita pure mostre e<br />

presentazioni di libri, seminari<br />

e workshop. In tutti i casi, ci si<br />

sta sempre a proprio agio.<br />

Tel. 06-43599029<br />

MOEBIUS<br />

Bologna<br />

Rinato sulle ceneri del<br />

Motoroil (mitica la cadillac<br />

piantata nel muro), il Moebius<br />

ora propone musica di ottima<br />

qualità che spazia dal classico<br />

blues all’afro-latin-funky-reggae.<br />

Il locale funziona anche<br />

di giorno come scuola di musica<br />

e corsi di danza del ventre<br />

e di capoeira brasiliana.<br />

Tel. 051-444772<br />

HIROSHIMA<br />

MON AMOUR<br />

Torino<br />

Locale culto della Torino alternativa,<br />

propone il festivaltecnoteatro.<br />

Un’imperdibile rassegna<br />

per gli amanti delle contaminazioni<br />

musicali e teatrali.<br />

Molto interessanti anche l’esibizione<br />

dei The Young Gods,<br />

contaminazioni tecno e musica<br />

classica, e dell’artista arabaisraeliana<br />

Maira Asher.<br />

Tel. 011-3176636<br />

52 URBAN<br />

illustrazione: Gibi<br />

CLUB<br />

SAPONERIA<br />

ROMA club-Saponeria- articolo apertura<br />

PER<br />

13X9cm<br />

VIP<br />

LA SAPONERIA<br />

Roma<br />

I giornali inglesi specializzati come<br />

Muzik lo inseriscono nella top<br />

ten dei locali più trendy italiani. E<br />

in effetti, a giudicare dalla programmazione<br />

e dalla frequentazione,<br />

La Saponeria merita questo<br />

giudizio. Da questo ex opificio<br />

Voglia di musica e di arte in<br />

compagnia. Qualcosa di diverso<br />

dal solito, che in città è difficile<br />

trovare. Un’atmosfera amichevole,<br />

un luogo per fare due chiacchiere,<br />

ascoltare giovani cantastorie o<br />

gruppi rock, assistere al cabaret.<br />

Ballare fino a notte fonda, senza<br />

limiti d’orario. I classici locali non<br />

arrivano dove può un circolo culturale,<br />

svincolato da permessi e<br />

logiche di mercato. Alla Casa di<br />

via Ripamonti 139 non esistono<br />

di inizio secolo adibito a saponeria,<br />

nella zona di viale Ostiense,<br />

vicino ai mercati generali, sono<br />

passati infatti tutti i più seguiti dj<br />

dell’house music. Giusto per dare<br />

l’idea, si sono visti da queste parti<br />

Tony Humpries, padre del garage<br />

americano, e Danny Budda<br />

Morales, uno dei preferiti di<br />

Un circolo Arci che non ti aspetti: luogo<br />

multimediale per bersi in relax tutte le arti<br />

clienti, solo tesserati Arci (13 euro).<br />

Fuori un portone anonimo e<br />

un nome sul citofono, dentro un<br />

altro mondo: calda atmosfera da<br />

camino, tappeti e cuscini per<br />

sdraiarsi, divani e poltrone per<br />

sorseggiare comodamente i<br />

cocktail di Frog (euro 5,50).<br />

Al piano superiore, in un ambiente<br />

raffinato, spazio sufficiente a<br />

ospitare gruppi musicali (lunedì e<br />

mercoledì) o spettacoli comici (domenica):<br />

i poeti e gli attori del laboratorio<br />

Caravanserraglio qui sono<br />

di “casa”. La musica non manca<br />

mai e, in un attimo, ci si trova in<br />

Madonna. La Saponeria, però, è<br />

anche un ristodisco, genere oggi<br />

molto alla moda: è infatti possibile<br />

cenare, bene, e poi magari ballare<br />

sui ritmi più veloci dell’house.<br />

La serata considerata più cool è<br />

quella del giovedì, quando il dj residente<br />

Stefano Gamma propone<br />

house di ispirazione inglese e ci<br />

un disco pub. Si parte tardi, dalle<br />

23.30 nel weekend, si finisce tardissimo.<br />

In programma (www.lacasa139.com),<br />

il 9 febbraio, la per-<br />

sono ospiti del calibro di Jazzy M,<br />

del gruppo londinese Ministry of<br />

Sound, e dj residente per tutta l’estate<br />

del Pacha di Ibiza.<br />

FABIO LEBO<br />

La Saponeria<br />

Via degli Argonauti, 20<br />

06-5746999<br />

ARTE, MUSICA E CABARET: USCITE,<br />

ANDATE A CASA<br />

LA CASA 139<br />

Milano<br />

Le bibbie<br />

londinesi<br />

del fashiontrend<br />

lo<br />

mettono<br />

nelle loro<br />

top ten.<br />

Mangiare,<br />

bere,<br />

ballare, con<br />

l’ossessione<br />

del jet set<br />

formance Motorcity di Cato e<br />

Parpaglione degli Africa Unite.<br />

CHRISTIAN CAROSI<br />

foto: Beatrice Tartarone


illustrazione: Gibi<br />

RISTORANTI-BAR<br />

»»»» MILANO<br />

NATURA IN TAVOLA:<br />

COME BIO COMANDA<br />

MILANO food- apertura bio 14X10cm<br />

In principio era la frutta. Poi venne il pane. Poi tutto il resto. Il cibo<br />

biologico passa da moda ad abitudine. Con Milano capitale<br />

Diserbanti, coloranti, conservanti,<br />

antiparassitari: alzi la mano chi<br />

non se li è mai trovati nel piatto<br />

(senza saperlo, certo). Davanti alla<br />

chimica in cucina c’è chi fa finta<br />

di niente, chi preferisce non pensarci,<br />

chi dice: “Tanto è tutta la<br />

stessa roba”, chi non è convinto<br />

dei controlli, chi trova il mangiare<br />

biologico troppo caro.<br />

Eppure il popolo dei bioconsumatori<br />

cresce senza conoscere<br />

pause. Una tribù quanto mai variegata,<br />

composta di vecchi fricchettoni<br />

e nuovi igienisti, vege-<br />

NATURASÌ<br />

02-58100567<br />

Una catena di supermarket interamente<br />

dedicata al biologico.<br />

Lunghi corridoi e alte scaffalature<br />

“all bio long” con prodotti<br />

per casa e alimentari fra<br />

cui cioccolato, paste e perfino<br />

vini (sempre più interessanti).<br />

L’offerta è importante anche in<br />

settori di solito trascurati: vedi<br />

le carni, in bell’assortimento e<br />

tariani e intolleranti (a qualche<br />

alimento), gastrosensibili e innamorati<br />

della natura: tutti uniti<br />

appassionatamente in nome<br />

dell’alimentazione senza additivi<br />

di qualsiasi genere.<br />

Milàn, da questo punto di vista,<br />

è veramente “un gran Milàn”: la<br />

città della Borsa, del terziario superavanzato,<br />

delle passerelle fashion<br />

straripa di negozi, centri, ristoranti,<br />

supermarket (in testa<br />

IperCoop ed Esselunga) più o meno<br />

interamente dedicati al biologico.<br />

Che troverete preparato, se-<br />

lezionato, offerto in mille modi e<br />

confezioni: oseremmo dire per<br />

tutti i prezzi, pur sapendo che i<br />

pomodori coltivati in un’“idro-serra”<br />

olandese piuttosto che in piena<br />

campagna sarda si assomigliano<br />

come Moratti e Galliani (ma<br />

non come Inter e Milan).<br />

Ormai tutto può essere Bio, perché<br />

tutto può essere coltivato, allevato,<br />

preparato senz’altri interventi<br />

che quelli permessi dalle<br />

leggi europee, cioè il buon vecchio<br />

solfato di rame e pochissimo<br />

altro. Da dove cominciare? Dal<br />

NIENTE CHIMICA NEL CARRELLO: PICCOLA MAPPA<br />

tutte rigorosamente certificate.<br />

Viale Cassala, 61. Chiuso la<br />

domenica. Altre sedi: via G.<br />

Fara 35 e via Millelire 14.<br />

ACQUABIANCA<br />

02-89407871<br />

Un mix affascinante di erboristeria<br />

e ricerca bio: in pratica,<br />

un’erbioristeria.<br />

Per un appuntamento da<br />

Magda Mastellani, richiestissi-<br />

ma naturopata e dietista, i<br />

tempi d’attesa sono biblici. Al<br />

di là dei suoi preziosi precetti,<br />

troverete sugli scaffali il meglio<br />

della produzione biologica e<br />

biodinamica, dalle prugne<br />

giapponesi Umeboshi ai biscotti<br />

di farina kamut, dai croccanti<br />

di sesamo ai succhi di<br />

frutta. Bella la scelta di tè e infusioni.<br />

Via Vigevano, 41.<br />

Chiuso domenica.<br />

pane per esempio, che può essere<br />

di farina bianca o totalmente<br />

integrale, con o senza cereali. Ma<br />

sempre e comunque lievitato in<br />

modo naturale e cotto nel forno a<br />

legna. Basta annusarlo per capire<br />

la differenza, anzi ritrovare il profumo<br />

inconfondibile di una volta!<br />

In più, mentre le micidiali michette<br />

dei forni finto-rustico (forme<br />

precotte, impasti surgelati, ecc.)<br />

nel giro di due ore si trasformano<br />

in simpatici fermaporta, il pane<br />

naturale dura anche una settimana:<br />

basta avvolgerlo in un panno<br />

e piazzarlo nel ripiano più basso<br />

del frigo. Per frutta e verdura bio il<br />

discorso è più complicato perché,<br />

essendo prive di schifezze, seguono<br />

il loro corso naturale: dopo<br />

qualche giorno in casa, le patate<br />

germogliano, l’insalata avvizzisce,<br />

le pere marciscono.<br />

Per fortuna, molti centri Bio – supermercati<br />

compresi – si sono attrezzati<br />

per ripristinare la stupenda<br />

abitudine della consegna a domicilio:<br />

si ordina al telefono (o su<br />

Internet) quel che serve, senza<br />

pretendere che tutto duri per mesi.<br />

Dalla spesa al pronto-in-tavola,<br />

il passo è brevissimo: nei centri<br />

Bio, i reparti di gastronomia o i<br />

ristoranti annessi sono ormai diventati<br />

luoghi golosi. Dove la parola<br />

“sano” non fa rima con “insipido”<br />

e biologico non suona come<br />

punitivo. Anzi. Basta ordinare<br />

un pollo arrosto nutrito e allevato<br />

come si deve per capire che sano<br />

è bello, ma anche buono.<br />

Addentare per credere.<br />

P.D. SFORNELLI<br />

IL NAVIGLIO BLUVERDE<br />

02-8323693<br />

Un po' minimarket un po' bottega<br />

artigiana, qui c'è tutto o quasi il<br />

biologico da casa (certificato),<br />

compresi pane e bibite, verdure e<br />

brioche. Nel banco gastronomia<br />

spiccano formaggi, salumi, torte.<br />

Carne su ordinazione. Per i bio-telematici,<br />

c’è pure lo shopping on<br />

line (www.ilnavigliobluverde.it). Via<br />

Casale, 5. Chiuso domenica.<br />

RISTO-BIO<br />

Uno svizzero, un<br />

americano e un<br />

vegetariano-vegano<br />

di casa nostra.<br />

Da leccarsi le dita<br />

JOIA<br />

02-29522124<br />

Pietro Leeman è il riconosciuto<br />

genio svizzero della cucina<br />

bio-vegetariana. Il migliore a<br />

Milano e in Italia. Solo il rigore<br />

(svizzero) gli impedisce di definire<br />

il suo locale biologico tout<br />

court. La cucina è del tutto raffinata<br />

ed eterea, i piatti sono<br />

quadri da mangiare, il menu<br />

completo vale poco più di 50<br />

euro. Via Panfilo Castaldi, 18.<br />

Chiuso sabato e domenica.<br />

UN MONDO LEGGERO<br />

02-70608496<br />

Metti un americano a cena<br />

(bio). Colto, curioso, innamorato<br />

del cibo (bio), si chiama<br />

Martin Halsey e il suo nuovo<br />

locale è un mix di tradizioni e<br />

ricerca (bio). Si pranza (bio) al<br />

bancone, si cena (bio) nelle<br />

due semplici salette, si approfitta<br />

del take-away (bio). E<br />

non si spendono più di 25<br />

euro (bio?). Via Pacini, 39.<br />

Chiuso domenica.<br />

BIOPIZZA<br />

02-86452131<br />

La farina è senza additivi e<br />

macinata a pietra, la passata<br />

di pomodoro Bio-doc, la<br />

mozzarella verace e l’olio extravergine:<br />

ecco la miglior<br />

biopizza in città, anche da<br />

portarsi a casa. Le altre due<br />

sedi (via Moscova 39 e via<br />

Terraggio 20) offrono servizio<br />

a domicilio. Corso Italia,<br />

16. Chiuso domenica.<br />

IKOS<br />

02-460616<br />

A due passi da Piazza<br />

Cadorna, trovate sotto lo stesso<br />

tetto un fornito biomarket,<br />

bar-buffet e ristorante. Si mangia<br />

solo a pranzo, con scelta di<br />

piatti che pescano nella cucina<br />

macrobiotica, vegetariana e<br />

vegana. Spesa intorno ai 15<br />

euro. Via Boccaccio, 4.<br />

Chiuso domenica.<br />

DESIDERATA<br />

02-3360303<br />

Piccolo, semplice, smaccatamente<br />

bio-vegetariano. Da assaggiare<br />

le praline di ceci e<br />

mandorle e il pâté di lenticchie.<br />

Meglio prenotare, conto<br />

intorno ai 25 euro. Via<br />

Cagnola, 6. Chiuso domenica<br />

a pranzo e lunedì sera.<br />

URBAN 57


VISTI DA FUORI<br />

Strana Milano. Ecco<br />

com’è secondo<br />

le guide turistiche<br />

“La cucina lombarda è per<br />

gente che non ha tempo da<br />

perdere”. Lo sostiene non uno<br />

straniero qualunque di passaggio<br />

a Milano, ma la Lonely<br />

Planet, mitica guida dei viaggiatori<br />

zaino in spalla, bibbia<br />

laica di quelli che amano gironzolare<br />

lontano da casa.<br />

Già. Vi siete mai chiesti dove<br />

consigliano di mangiare a<br />

Milano le guide turistiche<br />

straniere? Qualunque viaggiatore<br />

(ma anche i residenti,<br />

sennò noi che ci staremmo a<br />

fare?) deve fidarsi, a meno<br />

che non abbia un buongustaio<br />

per amico, dei consigli delle<br />

guide. Che a volte sono buoni,<br />

spesso influenzati da luoghi<br />

comuni. Sappiate, comunque,<br />

che secondo la Lonely i frettolosi<br />

residenti di Milano possono<br />

essere intercettati mentre<br />

ingurgitano un panzerotto da<br />

Luini (via S. Radegonda, 6) o<br />

schizzano da The Break (via<br />

Camperio, 11). Al limite, sostano<br />

qualche istante nella<br />

“favolosa, autentica e senza<br />

pretese” Trattoria da Pino (via<br />

Cerva, 14). Se invece volete<br />

farvi una buona pizza, a parlare<br />

adesso è il National<br />

Geographic Traveler, il posto<br />

giusto è Charleston (Piazza<br />

Liberty, 8). Salvo però dovervi<br />

adattare alla confusione, che<br />

nelle pizzerie è data per scontata.<br />

Più “affidabile” il ristorante<br />

Olivia (v. G. D’Annunzio,<br />

7/9) dove la cucina può addirittura<br />

essere avventurosa.<br />

Tipo la pasta ripiena di tacchino<br />

(ossia i ravioli di faraona...).<br />

Se poi lo straniero ha pretese<br />

superiori, deve assolutamente<br />

provare il miglior ristorante<br />

della città, Aimo e Nadia (via<br />

Montecuccoli, 16), “conosciuto<br />

per l’uso fanatico dei migliori<br />

ingredienti e un’inventiva<br />

interpretazione della cucina<br />

milanese e lombarda”: crostini<br />

con olio extravergine d’oliva e<br />

pomodori dolci (nà bruschetta)<br />

o melanzane all’aragosta<br />

(lombardissime!). La cotoletta<br />

o l’osso buco richiedono invece<br />

la carta di credito perché<br />

sembrano esclusiva dei vari<br />

Savini, Peck o Bistrot di<br />

Marchesi. Alle stesse condizioni<br />

si può però fare un salto<br />

anche al Sadler (via Troilo,<br />

14), “superlativo e stimatissimo<br />

dai gastronomi italiani”.<br />

Peccato che per arrivarci “si<br />

debba prendere il taxi”!<br />

58 URBAN<br />

CHRISTIAN CAROSI<br />

RISTORANTI-BAR<br />

»»»» MILANO<br />

LARDO DI COLONNATA, JAZZ E LOFT ALLA MODA<br />

SEVEN<br />

02-58101669<br />

Finalmente un locale veramente<br />

poliforme in zona Navigli: aperto<br />

tra le 18 e l’una, questo “Steak<br />

and Wine” si può usare come bar,<br />

sala lettura, ristorante, locale dopo-cena,<br />

enoteca. Se siete da<br />

aperitivi robusti, insieme a un<br />

buon bicchiere potete ordinare<br />

lardo di Colonnata con miele e<br />

noci, fois gras con marmellata di<br />

pere e pan brioche, ma anche<br />

onion rings o alette di pollo speziate.<br />

Poi non baciate nessuno,<br />

però! Di sapore italo-americano<br />

(medium, cioè così così) anche il<br />

Tex Hamburger, in alternativa allo<br />

Spiedo di Norcia (salsiccia alla<br />

brace) o al galletto, schiacciato<br />

con limone e aromi. Per finire, una<br />

bella idea: il “doggy bag”, il sacchetto<br />

degli avanzi da portare a<br />

casa per il cane (o per girl/boyfriend),<br />

qui è esteso anche alla<br />

bottiglia di vino che non avete ultimato.<br />

Non datela al cane. Spesa<br />

sotto i 25 euro. Corso Colombo,<br />

11. Chiuso domenica.<br />

LIGHT<br />

02-62690631<br />

Un loft. Anzi, un maxi loft di 400<br />

metri quadri, ricavato in un’ex<br />

falegnameria e diviso in tre zone:<br />

bar, lounge e ristorante. Ma<br />

non è per i soffitti altissimi, gli<br />

archi a volta, i mattoni a vista o<br />

gli eleganti divanetti in pelle che<br />

questo locale è diventato di moda.<br />

Piuttosto perché è dietro<br />

C.so Como, e perché qui si va<br />

per vedere ed essere visti. E poi,<br />

certo, anche per bere e mangiare.<br />

What? Cinquanta etichette di<br />

vini a un bancone, altrettanti<br />

cocktail all’altro. E cucina fusion<br />

molto trendy. Un consiglio?<br />

Andateci verso mezzanotte (la<br />

cucina chiude alle 0,30) quando<br />

la ressa si dirada. Prezzi altini,<br />

brunch la domenica. Via<br />

Maroncelli, 8. Chiuso lunedì.<br />

TAVERNA VISCONTI<br />

02-795821<br />

Il locale, su due piani, è molto<br />

elastico: funziona per una puntata<br />

rapidissima (magari pre-ci-<br />

nema, visto che Largo Augusto<br />

è a un isolato) come anche per<br />

passarci la serata intera (concertino<br />

compreso, vista la passione<br />

dello chef-trombettista jazz Nico<br />

Carleo). Appena entrati trovate il<br />

bistrot caldo, legnoso e specchioso,<br />

con grande offerta di vini<br />

e stuzzichini. Al piano underground,<br />

passando davanti a una<br />

bella affettatrice d'epoca, potete<br />

godervi, in un ambiente più sobrio<br />

piatti sfiziosi quali risotto al<br />

Castelmagno e vino rosso, code<br />

di scampi con polenta di mais<br />

agli spinaci, petto d’anatra all’arancia<br />

con cipolline agrodolci. Si<br />

spendono 20 euro al bistrot,<br />

quasi il doppio al ristorante<br />

aperto fino a mezzanotte.<br />

Via Marziale, 11.<br />

Chiuso domenica.<br />

PICCOLO SOGNO<br />

02-2046003<br />

UN MONDO DI DOLCI:<br />

IL DESSERT GLOBALE<br />

Eurodolce? Troppo poco. Torte<br />

di qui, torte di là? Già meglio.<br />

United Pastries of the World però<br />

rende in modo più accurato<br />

l’idea. Di che? Di quello che offre<br />

una pasticceria unica nel suo ge-<br />

Prima, già all’ingresso, bisogna<br />

affrontare il fumo della brace<br />

dove sfrigolano salsicce e fiorentine;<br />

quindi la cappa di fu-<br />

L’Europa, gli States, ma anche il Sud America. Paese che vai, dolce<br />

che trovi. Oppure vai da Jenny Sugar. Un nome, un programma...<br />

nere a Milano, in grado di preparare<br />

le più tipiche prelibatezze di<br />

Europa (anche mittel), Stati Uniti<br />

e Sudamerica. Dove, si chiederanno<br />

i golosi? Calma: dalle parti<br />

di Porta Venezia. Per la precisio-<br />

ne in una traversa di viale Piave,<br />

e cioè via Bellotti al numero 11.<br />

Dietro la recente insegna<br />

Sugartree e dentro un negozietto<br />

invitante quanto profumato<br />

infatti si nascondono (ma spesso<br />

illustrazione: Mattia Elfo Ascari<br />

mo (di sigaretta) in sala; per finire<br />

il pro-fumo d'ascella del<br />

cameriere che vi porge il menù.<br />

Solo così vi potrete sedere ai<br />

tavoli, dove fanno la loro bella<br />

figura ceramiche capodimontesche<br />

ultrakitsch, di quello che<br />

viene considerato uno dei migliori<br />

ristoranti in città.<br />

Affollato comme-il-faut di signore<br />

in ghingheri e signori in<br />

vena di spese, arredato da salotto<br />

buono Aiazzone, il<br />

Piccolo Sogno propone piatti<br />

buoni ma non certo eccelsi di<br />

cucina tradizionale, tipo un misterioso<br />

lardo “d’Anard” (peccato<br />

che si chiami e si scriva<br />

“d’Arnad”…) con polenta, lasagnette<br />

al ragù di fagianella, rognoncino<br />

trifolato, branzino in<br />

fumetto o mousse di castagne<br />

in salsa cachi (cioè mimetica). Il<br />

tutto per un conto decisamente<br />

profumato, sui 50 euro. E il<br />

profumo d'ascella? Niente paura:<br />

quello è gratis. Via<br />

Zambelletti, 4. Chiuso sabato<br />

a pranzo e domenica.<br />

sono in bella vista, al banco o in<br />

vetrina) torte, muffins, pie, brownies,<br />

cheese cake, semifreddi decisamente<br />

buoni e curiosi. Qui<br />

infatti trovate pronte o su ordinazione<br />

(tel. 02-795350), anche<br />

la domenica mattina, specialità<br />

non così frequenti come l'Apple<br />

o la Lemon Pie americana, la<br />

Tarte Tatin (torta di mele caramellate)<br />

francese, il Plum Cake<br />

inglese, il Merengòn (meringa<br />

con frutta e panna) venezuelano,<br />

la Torta dell'Angelo bavarese, la<br />

Rigó Jancsi ungherese, la<br />

Czuszatott Palacsinta (una pila di<br />

crêpes al cioccolato) polacca.<br />

Senza dimenticare<br />

un’Apfelstrudel o una<br />

Sachertorte made in Austria da<br />

euro-urlo, mousse varie, clafoutis,<br />

Scones, Linzertorte e anche<br />

specialità salate: quiche, torte<br />

pasqualine, strudel di verdure,<br />

prasopita (una torta salata greca<br />

a base di porri e formaggio), pizza<br />

e focaccia.<br />

Il tutto realizzato con assoluta<br />

coscienza (e materia prima) bio.<br />

Capito perché qui si servono alcuni<br />

dei migliori ristoranti in città?<br />

Perché la vulcanica, colta e<br />

appassionata pasticciera Jenny<br />

Sugar (un nome, vero, un programma)<br />

è in grado di sfornare<br />

praticamente tutto. A prezzi non<br />

certo economici (fra i 25,82 e<br />

39,25 euro al chilo), va bene, ma<br />

assolutamente adeguati alla<br />

qualità. Slurp.<br />

P.D. SFORNELLI


illustrazione: Mattia Elfo Ascari<br />

RISTORANTI-BAR<br />

»»»» ROMA<br />

Il consumo è altissimo. Quasi<br />

quanto a Napoli, dove la “tazzulella”<br />

è un pezzo essenziale dello<br />

stile di vita e la qualità media nei<br />

bar (il metro di giudizio? La consistenza<br />

e l’intensità del sapore)<br />

decisamente alta. A Roma non è<br />

così: il buon caffè si fa ancora desiderare.<br />

Un esempio? Tutti quei ristoranti<br />

anche importanti che lo trascurano<br />

come se fosse un dettaglio, incuranti<br />

del fatto che invece rappresenta<br />

insieme al conto l’ultima<br />

impressione forte, digestiva e tonificante<br />

con cui ci si alza dal tavolo.<br />

Per fortuna però esiste una<br />

meravigliosa, fumante e bollente<br />

carboneria capitolina dell’espresso.<br />

Fatta per metà di locali tradizionali,<br />

bar e torrefazioni con degustazione<br />

(legati per lo più alla<br />

Nel quartiere bene di Prati, un<br />

punto di riferimento da sempre.<br />

Il bar è elegante e accogliente,<br />

il laboratorio di pasticceria<br />

sforna a più riprese ottimi<br />

cornetti classici ma anche i celebri<br />

quaresimali (maritozzi all’uvetta),<br />

veneziane e “bombe”<br />

alla visciola. Vassoi da asporto<br />

e bella scelta di caffè, incluso<br />

un superbo Blue Mountain dal-<br />

formula miscela, cioè il taglio di<br />

qualità arabica più robusta che<br />

rende l’infuso più forte e amaro,<br />

meno elegante ma anche meno<br />

acido) e per metà di indirizzi innovativi,<br />

quelli del cru giamaicano<br />

o brasiliano, del 100% arabica, o<br />

addirittura del menu del caffè.<br />

Ma c’è anche un’altra linea di consumo.<br />

Una linea semiclandestina,<br />

perché ufficialmente non aperta al<br />

pubblico, ma che gran parte dei<br />

romani riesce ogni tanto a utilizzare.<br />

I posti segreti del caffè, a<br />

Roma, si chiamano spacci.<br />

No, niente di illegale: sono solo i<br />

bar interni ai grandi uffici pubblici<br />

che, nella Città dei Ministeri, delle<br />

Autorità, delle Corti e degli annessi<br />

al Parlamento, sono una miriade.<br />

Non c’è quasi grande ufficio<br />

che non abbia il proprio, a dispet-<br />

to della ormai dilagante macchinetta<br />

automatica al piano: è qui<br />

che si sorbisce ogni giorno – in<br />

piedi, com’è costume a Roma, dove<br />

i caffè “seduti” sono una minoranza<br />

– una parte massiccia dei<br />

caffè di mezza mattina, cioè un<br />

must quasi quanto quello aprigiornata<br />

e quello dopo-pranzo.<br />

La – sussurrata – hit parade di<br />

questi spacci vede ai primi posti,<br />

in base al gradimento dei visitatori,<br />

il poco accessibile bar del<br />

Senato e quello del ministero del<br />

Tesoro. Se trovate una scusa per<br />

infilarvi lì, in via XX Settembre,<br />

non ve ne pentirete: il brivido della<br />

tazzina ministeriale vale bene<br />

una piccola bugia.<br />

Se invece vi interessa la vera tradizione<br />

del caffè alla romana, potete<br />

passare dai locali per intendi-<br />

CORNETTI E MARITOZZI: LA MAPPA DEL TESORO<br />

Colpo di<br />

scena: nella<br />

capitale della<br />

colazione,<br />

nell’impero<br />

del cornetto, il<br />

caffè non è dei<br />

migliori. Ma<br />

provate negli<br />

angoli per<br />

intenditori, nei<br />

ministeri,<br />

negli spacci.<br />

Buone notizie<br />

per chi si fa di<br />

caffeina<br />

LA VITA IN UNA TAZZINA:<br />

L , ELISIR DI OGNI MATTINO<br />

FAGGIANI<br />

06-39739742<br />

la Giamaica. Prezzi medio-alti.<br />

Via G.B. Ferrari, 23. Chiuso<br />

mercoledì.<br />

LA CAFFETTIERA<br />

06-6798147/06-3213344<br />

Qui la colazione è un lusso dichiarato.<br />

Nei due locali (quello<br />

originario, vicino al Corso, e<br />

quello più recente, in via<br />

Margutta) trovate non solo cornetti,<br />

e buoni, ma anche veraci<br />

sfogliatelle napoletane e golosi<br />

pasticciotti. Peccato che la “tazzulella”<br />

non sia il massimo.<br />

L’ambiente è deluxe, con politici<br />

e primedonne, attori e giornalisti<br />

televisivi in un tripudio di raso<br />

e specchi. Prezzi alti. P.za di<br />

Pietra 65 e via Margutta 61a.<br />

Sempre aperto.<br />

PANNOCCHI<br />

06-8552109<br />

Un vero classico romano del<br />

breakfast, con cornetti fragran-<br />

tori che vi segnaliamo. Oppure<br />

dalle classiche torrefazioni con<br />

bancone: Castroni in via Cola di<br />

Rienzo e via Ottaviano, l’affollata<br />

Tazza d’Oro a un passo dal<br />

Pantheon, Palombini all’Eur.<br />

Ma anche il cosiddetto “caffè del<br />

Papa”, l’Antico Caffè del Brasile di<br />

via dei Serpenti, dove un Woytila<br />

apprendista pontefice e studente<br />

di alta teologia andava a farsi il<br />

pieno di caffeina. Qui, nel locale<br />

con i sacchi di juta a vista e atmosfera<br />

d’altri tempi, vengono proposte<br />

al banco le miscele “famiglia”,<br />

“risparmio” e le “gemme do<br />

Brasil”: se ambite anche voi a una<br />

lunga e brillante carriera pontificia<br />

(ma anche da guardia svizzera),<br />

fatevi sotto.<br />

PAUL DE CELLAR<br />

ti e farciti in mille modi. Se la<br />

fama del posto si deve innanzitutto<br />

ai krapfen alle visciole,<br />

buoni sono anche i maritozzi<br />

con panna, ormai a rischio altrove,<br />

e le torte (Sacher, crostate)<br />

in formato maxi o mini.<br />

Caffè okay, idem i vaporosi<br />

cappuccini a schiuma alta.<br />

Prezzi medio-alti e niente tavoli:<br />

si consuma solo al banco.<br />

Via Bergamo, 56.<br />

Chiuso lunedì.<br />

BUON GIORNO!<br />

Quattro indirizzi<br />

per cominciare<br />

bene la giornata.<br />

Con o senza latte<br />

ANDREOTTI<br />

06-5193198<br />

06-5750773<br />

Due indirizzi, un’unica qualità<br />

per questa casa attiva a<br />

Roma dagli anni ’20. La sveglia<br />

la danno caffè e cappuccini<br />

di livello, con tanto di<br />

cioccolatino, notevoli e fantasiosi<br />

poi le paste e i dolci (ottimi<br />

quelli da asporto), ad<br />

esempio un cornetto estivo<br />

alla frutta. Si consuma al banco<br />

o ai (rari) tavoli interni.<br />

Ultimo espresso alle 22. Via<br />

Meldola 388 e via Ostiense<br />

54b. Sempre aperto.<br />

BAR PERÙ<br />

06-6861310<br />

Alfredo e i suoi boys hanno<br />

trasformato questo piccolo<br />

ma affollatissimo locale in un<br />

vero must del centro. Merito<br />

degli ormai celebri “special”,<br />

espresso e cappuccino arricchiti<br />

con crema di latte, profumo<br />

di cacao e una goccia di<br />

additivo (anice o Irish Cream)<br />

battuti al cucchiaio, decorati<br />

con cuoricini. Mentre li gustate,<br />

Alfredo vi intratterrà intonando<br />

i motivi più in voga, ma<br />

con testi liberamente cambiati.<br />

Servizio lampo, sia al banco<br />

sia ai due tavolini esterni.<br />

Prezzi modici. Via Giulia, 84.<br />

Chiuso domenica.<br />

GRAN CAFFÈ<br />

SANT’EUSTACHIO<br />

06-6861309<br />

L’irresistibile profumo del caffè<br />

si sente anche a trenta metri di<br />

distanza. Nel retrobottega una<br />

piccola, collaudata torrefazione<br />

sforna cru selezionatissimi.<br />

Così non c’è da stupirsi se, per<br />

gustare il “doppio” (cremosissimo<br />

caffè in tazza, vanto del locale)<br />

o la colazione alla siciliana,<br />

frotte di romani affrontano<br />

il viaggio dalla periferia. Prezzi<br />

altucci. P.za Sant’Eustachio,<br />

82. Chiuso lunedì.<br />

IL GELATO DI<br />

SAN CRISPINO<br />

06-6793924<br />

Una gelateria? Sì, la number<br />

one a Roma e tra le migliori<br />

d’Italia. Ma anche, da quando<br />

ha varato questo secondo indirizzo,<br />

un’ottima caffetteria dove<br />

gustare una tazzina di straordinario<br />

Blue Mountain giamaicano.<br />

Costa 1,55 euro, ma le vale<br />

davvero. Via della Panetteria,<br />

42. Chiuso martedì.<br />

URBAN 61


VERA PIZZA<br />

No trendy, no<br />

moda, no fashion.<br />

Solo pizza. Che<br />

dite, vi pare poco?<br />

Siete stufi del solito sushi-bar<br />

o del concept-restaurant del<br />

momento? Spossati dall’alimentazione<br />

chic e decisamente<br />

non cheap di ristoranti vegetariani<br />

e macrobiotici? Allora dirigetevi<br />

verso la zona a sud-est<br />

di Roma e andate a fare visita<br />

alla Trattoria Pizzeria (sic), meglio<br />

conosciuta dalla leggenda<br />

metropolitana col nome di<br />

Quagliettaro, in via<br />

Manfredonia 17. Il Quagliettaro<br />

del Quarticciolo, una delle ultime<br />

osterie romane rimaste intatte.<br />

Oltre a ricordare le gesta<br />

del Robin-Hood – resistente<br />

antinazista di borgata, il Gobbo<br />

del Quarticciolo, che negli anni<br />

’40 con la sua banda attaccava<br />

i forni per distribuire gratuitamente<br />

la farina, vi renderete<br />

conto che con le sue casette di<br />

quattro piani e i vialetti alberati<br />

(parafrasando Moretti) “il Quarticciolo<br />

non è affatto male!”.<br />

Alla Trattoria Pizzeria non<br />

aspettatevi però il menu.<br />

Come dice il suo soprannome,<br />

dovrete essere disposti a<br />

farvi pazientemente pestare i<br />

piedi facendo la fila davanti<br />

all’ingresso (ogni giorno della<br />

settimana!), per la quaglietta.<br />

Se sarete abbastanza<br />

simpatici con la signora che<br />

vi serve il vino della casa nelle<br />

bottiglie della conserva del<br />

pomodoro (e soprattutto se<br />

farete finta di non notare il<br />

camice azzurro infermierastyle<br />

che indossa) riuscirete a<br />

farvi dire cos’altro potete<br />

mangiare. Un onesto menu<br />

da osteria, qualche primo,<br />

bruschette e pizza.<br />

Ma non lasciatevi confondere<br />

dall’aspetto kitsch dei murales<br />

finto rustici e dai versi “der<br />

poeta” (Trilussa) dipinti sulle<br />

pareti del locale: Tiberio<br />

Picarelli, il padrone, la sa lunga<br />

in fatto di pizza. Nel 1982<br />

è partito per Mosca con 50<br />

chili di mozzarella (chiamato<br />

nientemeno che dall’amministrazione<br />

pubblica sovietica,<br />

come recita un articolo in cirillico<br />

dell’agenzia di stampa<br />

Tass attaccato a un muro), per<br />

insegnare ai moscoviti a fare<br />

la pizza. Il segreto del successo?<br />

Basta guardare il cartello<br />

del prezzo. 5000 lire (pardon<br />

2,60 euro) a portata.<br />

62 URBAN<br />

LUCREZIA CIPPITELLI<br />

RISTORANTI-BAR<br />

»»»» ROMA<br />

CACIO, PEPE, PIZZA E BISTECCA< A PIACERE<br />

TUPI<br />

06-57288794<br />

Ambiente più che minimalista<br />

per questo spazio emergente<br />

del Testaccio: vi accoglie in<br />

uno spazio scandito da tubi<br />

metallici e tavoli dal piano trasparente<br />

che svela, sotto, viti e<br />

bulloni. Minimalista anche la<br />

carta, ridotta per numero di<br />

piatti, ma tutt’altro che scarsi<br />

sono cura e sapore. Belle carni,<br />

qualche proposta creativa ma<br />

senza strafare, pasta di tradizione<br />

(vedi “cacio e pepe”) cucinata<br />

a dovere. Poi, voli di fantasia<br />

sui dolci. È così che Tupi<br />

e il suo chef stanno conquistando<br />

un seguito sempre più<br />

fedele e un bel pubblico giovane,<br />

attirato anche dalla proposta<br />

di vini, disegnata con un<br />

occhio ai prezzi. Si spendono<br />

infatti dai 25 ai 32 euro per<br />

una serata divertente in un<br />

quartiere da movida.<br />

Via A. Volta, 36. Chiuso a<br />

pranzo e lunedì.<br />

OMBRE ROSSE CAFÉ<br />

06-5884155<br />

Jazz in sottofondo, muffins,<br />

cous cous e ambiente divertente.<br />

Non ha impiegato molto,<br />

questo locale multiuso nel<br />

cuore di Trastevere e aperto<br />

dalle 7 del mattino alle 2 di<br />

notte, a guadagnarsi un posto<br />

nella hit parade modaiola.<br />

Merito anche dei cocktail: molto<br />

amati i long drink a base di<br />

frutta fresca. Piazza<br />

Sant'Egidio, 12. Sempre<br />

aperto.<br />

SPACCANAPOLI<br />

06-7847174<br />

Un nome, un programma. Perché<br />

piano di battaglia e menu di questa<br />

pizzeria dell’Appio sono risolutamente,<br />

dichiaratamente partenopei.<br />

Così, alle pizze col cornicione<br />

alto, tra cui l’aversana (con<br />

mozzarella di bufala) o l’arciclassica<br />

con salsiccia e friarielli, vengono<br />

affiancati primi piatti di tradizione<br />

tipo gnocchi alla sorrenti-<br />

na o schiaffoni (la pasta tipica<br />

campana, che ve credete?). Per finire,<br />

inevitabilmente, pastiera e<br />

babà. Il tutto, per fortuna, senza<br />

aria di “finto” e in un ambiente<br />

semplice ma accogliente.<br />

Pubblico giovane, con molti teenager<br />

in libera uscita, facilitati anche<br />

da prezzi che quasi mai superano<br />

i 16-17 euro. Più birre<br />

che vino, qualche discreta bottiglia<br />

regionale. Via Eurialo, 110.<br />

Chiuso lunedì.<br />

CAFFÈ NOVECENTO<br />

06-68807727<br />

Tavolini eleganti, tovagliette<br />

di pizzo, stampe alle pareti,<br />

gran bancone. E, oltre a insalate,<br />

gelato artigianale, torte<br />

salate e dolci, cocktail molto<br />

speciali: analcolici, a base di<br />

tè verde, o profumati ai fiori<br />

d'arancio. Posto non inebriante,<br />

ma molto new romantic.<br />

Via Governo<br />

Vecchio, 112. Chiuso domenica<br />

(in estate).<br />

T-BONE STATION<br />

06-6787650<br />

Per i reduci dallo shock da mucca<br />

pazza questo T-bone, sottotitolo<br />

“The original american steakhouse”,<br />

dovrebbe essere il posto giusto<br />

per uscire dal tunnel e riassuefarsi<br />

a filetti, ribeye e sirloin.<br />

Magari con qualche variante Mex<br />

su tacos e chili. Il manzo è però<br />

privo di carattere, le quesadillas<br />

arrivano lucide di grasso, non proprio<br />

profumate e accompagnate<br />

da un macinato diverso dal ragù<br />

di supermercato solo per la presenza<br />

di fagioli neri e una maschera<br />

di piccante. Persino la patata<br />

al cartoccio ha l’aria di emergere<br />

dal prepensionamento grazie<br />

a continui riscaldi. Non illuda neppure<br />

l’idea di prezzi modici: uno<br />

starter, un piatto dal grill, una birra<br />

e un caffè fanno quasi 30 euro.<br />

E l’unica carne (con l'osso) a meritare<br />

nostalgia è quella di ragazze<br />

e ragazzi in t-shirt griffata, gentili<br />

e attenti, che svolazzano in sala.<br />

Via Crispi, 29. Chiuso domenica.<br />

FOCACCE, KRAPFEN, FALAFEL,<br />

IL MONDO COTTO AL FORNO<br />

Non siamo ancora all’assalto ai forni, ma<br />

poco ci manca. Specie se si scopre che ogni<br />

popolo ha il suo pane & derivati. Buonissimi<br />

L’insegna è simpatica ma impegnativa:<br />

Mix & Match Fornobar.<br />

Così, il nome di questo locale<br />

inaugurato da poco ricorda da<br />

vicino uno di quei simpatici elettrodomestici<br />

per sfornare cornetti<br />

e tramezzini caldi che ci propina<br />

abitualmente la tv.<br />

Eppure, Mix & Match Fornobar<br />

rende bene l'idea. Però la renderebbe<br />

ancora meglio avvicinando<br />

solo un altro aggettivo, indispensabile<br />

per rendere del tutto giustizia<br />

a tutte le sue potenzialità.<br />

Fornobar okay, va benissimo. Ma<br />

andrebbe aggiunto “multietnico”.<br />

Perché il Mix & Match svolazza<br />

con disinvoltura su un panorama<br />

cosmopolita di prodotti<br />

da forno, con le mani bene in pasta<br />

nei krapfen teutonici come<br />

nelle falafel mediorientali, proponendo<br />

quotidianamente una<br />

scelta di focacce (basse, alte,<br />

lunghe, strette, larghe) così variegata<br />

da lasciar immaginare, a<br />

ogni morso, un viaggio gastronomico<br />

fra dolcezze e squisitez-<br />

ze di Europa e Africa, Asia e<br />

Sudamerica. Il tutto in una cornice<br />

modernista e divertente fatta<br />

di cromature e tinte arancio, con<br />

atmosfera assolutamente easy e<br />

piacevole. Scoperto prestissimo<br />

dal pubblico più attento e trendy<br />

del quartiere, il M&M di via<br />

Savoia 6 (06-8840876, chiuso<br />

domenica) già richiama lungo le<br />

dodici ore di apertura (8-20, al<br />

sabato diventa 11-17) aficionados<br />

da tutta la città che affollano<br />

i tavoli interni, destinati nella<br />

bella stagione a crescere anche<br />

all'aperto. E questo grazie anche<br />

ai prezzi, sui 13-14 euro, più<br />

che onesti data la qualità dei<br />

prodotti.<br />

Peccato solo che al Fornobar<br />

manchi un’appendice serale, destinata<br />

a sicuro successo: per ora<br />

è così, ma la speranza è l’ultima<br />

a morire, la saporita craquotte<br />

dopo-cinema è destinata a restare<br />

il sogno di ogni nottambulo<br />

goloso.<br />

PAUL DE CELLAR<br />

illustrazione: Mattia Elfo Ascari


RISTORANTI-BAR<br />

»»»» BOLOGNA<br />

DOLCE E LA NOTTE<br />

(MA ANCHE SALATA)<br />

La piadina, il panino, la pastarella dolce, la brioche appena sfornata. Tutte cose buone<br />

che sono più buone quando si tira mattina. Piccola mappa per i golosi delle tenebre<br />

Metti un bombolone caldo caldo<br />

straripante di crema. O un bel<br />

cornetto ripieno di nutella. O ancora<br />

un calzone prosciutto e formaggio,<br />

magari in abbinata a un<br />

bel cappuccio fumante. Il classico<br />

rito della colazione mattutina?<br />

No, ingenui: quello più perverso<br />

della pasta di notte. Cioè un vero<br />

boom, a Bologna e dintorni, come<br />

dimostra la ressa che affolla<br />

panetterie e pasticcerie, vere<br />

mecche golose, alle 3-4 del mattino.<br />

E anche oltre: in alcuni casi<br />

è possibile tuffarsi nel mare magnum<br />

di pasticcini e torte salate<br />

anche fino alle 8 del mattino.<br />

Sono uno sfracello i ragazzi –<br />

ma pure mamme, papà o attempati<br />

signori – che fanno la fila<br />

per gustarsi cornetti e bomboloni<br />

caldi, leccandosi i baffi. Oggi<br />

infatti la pasta by night non è più<br />

un rito esclusivo dei discotecari<br />

incalliti: comprende anche chi<br />

esce dal cinema con un pizzico<br />

di appetito o chi (sempre di più)<br />

addirittura parte da casa appositamente<br />

per farsi la pasta under<br />

the moon.<br />

Fra le pasticcerie all night long,<br />

c’è chi si adegua ai nuovi ritmi e<br />

apre in tempo per ricevere i primi<br />

biassanot (è per esempio il caso<br />

di Galli, in via Murri), chi può<br />

vantare il laboratorio annesso e<br />

propone una bella varietà di dolce<br />

e salato (come i Fratelli<br />

Pollacci a Idice), chi di professio-<br />

ne fa il fornaio e non lo nasconde<br />

(Al Mi Furner di via Saffi).<br />

Tutto per un fenomeno nato nel<br />

brulicante divertimentificio della<br />

Riviera romagnola e riversatosi<br />

sotto le due torri con immediato<br />

successo. L’elenco aggiornato di<br />

questi posti da paste è ricco e in<br />

continuo sviluppo. Dunque, se<br />

ALL NIGHT LONG: DATE BOMBOLONI AGLI INSONNI<br />

AL MI FURNER<br />

051-550054<br />

Minimalista, in posizione strategica<br />

e orario pure, visto che sta<br />

aperto fino alle 6: lo trovate all’incrocio<br />

tra via Saffi e i viali, incollato<br />

al Tennent’s Pub. C’è solo il<br />

bancone e un sacco di pasticcini<br />

dolci e salati a cifre decisamente<br />

ragionevoli (1 euro o poco più).<br />

Se la qualità generale non è suprema,<br />

pizzette incluse, molto validi<br />

sono invece i cannoli alla crema:<br />

l’importante è accontentarsi.<br />

Via Saffi, 1. Chiuso domenica.<br />

IL KROFFO<br />

051-6330441<br />

In ordine di tempo è l’ultimo arrivato<br />

nella vendita notturna di<br />

sfiziosità; in realtà sono 15 anni<br />

che le produce. Di recente ha<br />

aperto anche il bar, quindi è fra<br />

i pochi a garantire sia paste sia<br />

cappuccini di produzione propria.<br />

C’è di tutto un po’, anche<br />

tramezzini e pizze “coperte”.<br />

Qualità discreta, prezzi buoni<br />

ma… zero tavolini.<br />

Via Rimesse, 33b. Chiuso lunedì.<br />

non siete tra quelli in grado di<br />

controllare gli improvvisi e spesso<br />

golosi appettiti notturni, non<br />

vi resta che prendere carta e<br />

penna. La lista per ora comprende<br />

le pasticcerie “storiche”<br />

Girotti (via Mazzini), Oasi (via<br />

Andrea Costa), Senese (via Bassa<br />

dei Sassi) e Fratelli Pollacci (fuori<br />

città), le new entry Galli (via<br />

FRATELLI POLLACCI<br />

051-6255108<br />

Un mito, da queste parti. E anche<br />

se non esattamente in città, ma a<br />

pochi passi sulla via Emilia, merita<br />

una capatina a tutti i costi. Il<br />

bancone, enorme, è pieno di prelibatezze<br />

dolci e salate. E non<br />

mancano neppure bibite calde e<br />

fredde. Specialità, i bignè al cioccolato,<br />

nocciola e zabaione e le<br />

torte salate. Durante la settimana<br />

apertura fino alle 2, il weekend fino<br />

alle 4. Idice di S. Lazzaro, via<br />

Lambertini 5. Sempre aperto.<br />

Murri) e il Kroffo (via Rimesse), i<br />

forni e cornetterie Al Mi Furner<br />

(via Saffi), Lurido (via<br />

Borgonuovo e in via Zanardi, vicino<br />

ai viali) e i bar Bambi (via S.<br />

Vitale) e Almetti (via Massarenti,<br />

incrocio viali). Può bastare?<br />

Allora buon night-appetito.<br />

OASI<br />

051-6145253<br />

CARLO FRASSOLDATI<br />

Una vera e propria… oasi per i<br />

golosoni tiratardi (o per i golosoni<br />

mattinieri, che però sono<br />

una razza già meno frequente):<br />

le serrande non si abbassano infatti<br />

prima delle 8 del mattino.<br />

Qui potete trovare bomboloni,<br />

paste calde ma pure torte, biscotti<br />

e panzerotti. Senza dimenticare<br />

che è anche un bar,<br />

quindi la scelta è più che ampia.<br />

Prezzi medi. Via A. Costa, 7.<br />

Chiuso domenica.<br />

illustrazione: Mattia Elfo Ascari<br />

RESTAURANT<br />

Artisti giovani e<br />

whisky vecchi. Tra<br />

la via Emilia e la<br />

Scozia. Oppure,<br />

pane e prosciutti<br />

SHERLOCK HOLMES<br />

051-230030<br />

L’aria, con quel lungo bancone<br />

in legno, gli sgabelli imbottiti,<br />

le insegne di legno e<br />

il gioco delle freccette alla<br />

parete, è chiaramente da<br />

British Pub. Elementare,<br />

Watson: proprio di un pub si<br />

tratta. Dove le birre e i<br />

whisky sono scozzesi doc,<br />

panini e piattini… pure, e dove<br />

non c’è bisogno di indagare<br />

per scoprire la simpatia<br />

della clientela, perlopiù giovane<br />

e… assetata.<br />

Via Goito, 14d. Chiuso lunedì.<br />

BRAVO CAFFÈ<br />

051-266112<br />

Cucina, musica & arte. Ecco i<br />

tre temi su cui punta l’offerta<br />

di questo noto e centrale ritrovo,<br />

sempre affollato di<br />

studenti e non, a caccia di<br />

cocktail (sessanta a scelta),<br />

piatti classici e non (ravioli<br />

alle melanzane, ventaglio di<br />

vitello all’arancia, ma anche<br />

pizza), concerti di cantautori<br />

o latin-jazz, quadri di giovani<br />

artisti che a rotazione fanno<br />

bella mostra sulle pareti, con<br />

effetti a volte devastanti sullo<br />

stomaco.<br />

Via Mascarella, 1. Sempre<br />

aperto.<br />

PANE VINO E SAN<br />

DANIELE<br />

051-225071<br />

Proprio a ridosso di S. Pietro,<br />

ecco una simpatica osteria<br />

dove il menu (formaggi, salumi,<br />

paste, tigelle, pizze, polenta<br />

con funghi) e anche<br />

l’atmosfera generale sanno<br />

un po’ d’antico. Anzi, di friulano:<br />

non per niente qui zero<br />

prosciutto di Parma, ma solo<br />

ed esclusivamente San<br />

Daniele. Anche i prezzi, per<br />

fortuna, sanno d'antico: con<br />

10-11 euro si mangia e si<br />

beve in allegria, ma si può<br />

ordinare anche solo un bicchiere<br />

di Ribolla (vitigno autoctono<br />

friulano, cosa credevate!?!)<br />

o una bella grappa.<br />

Se volete evitare la ressa di<br />

bancari in giacca e cravatta a<br />

pranzo e di studenti a cena,<br />

scegliete l’ora del tè, quasi<br />

esclusivamente femminile.<br />

Via Clavature, 18b. Sempre<br />

aperto.<br />

URBAN 65


RISTORANTI-BAR<br />

»»»» TORINO<br />

Il classico in<br />

pieno centro.<br />

Il postindustriale<br />

nella città<br />

dell’industria.<br />

Oppure<br />

l’amarcord<br />

culturale dove<br />

bevevano<br />

Einaudi e<br />

Pavese.<br />

Anche Torino<br />

beve prima<br />

di cena. E bene<br />

DRINK E TARTINE,<br />

RITRATTO DI CITTA<br />

L’aperitivo a Torino? Roba seria.<br />

Di più: un vero e proprio rito fin<br />

da quando Benedetto Carpano<br />

inventò il vermouth, due secoli e<br />

passa fa. Un rito con le sue regole<br />

precise che oggi si arricchisce<br />

di nuove tendenze, vedi un buon<br />

bicchiere di vino al posto dei più<br />

tradizionali cocktail o vermuttini.<br />

Così, l’amante dell’aperitivo più<br />

classico preferisce sorseggiarlo a<br />

stomaco vuoto (l' effetto-fame è<br />

più devastante) o al massimo accompagnato<br />

da una-oliva-una<br />

BAROLINO COCHI<br />

011-4367245<br />

Una delizia storica: il salottino<br />

circolare è ricavato nell’atrio ellittico<br />

di un palazzo del 1700.<br />

Un bel posto dove sedersi a bere<br />

un buon aperitivo. Solo qui,<br />

tra l’altro, si può bere l’Americano,<br />

un aperitivo a base di vino aromatizzato,<br />

soda e scorza di limone<br />

(euro 4,20). Più che onesti<br />

poi i prezzi di vini e spumanti<br />

(dai 2 ai 4 euro) serviti in genere<br />

con tartine mini-mini ma goodgood.<br />

Via Bonelli, 16.<br />

Chiuso domenica.<br />

(che fa tanto fine e anche lounge,<br />

a patto di non schizzarla nell'occhio<br />

del vicino).<br />

I meno tradizionalisti (e più ingordi)<br />

scelgono però dove aperitivarsi<br />

in base alla quantità di<br />

stuzzichini offerti gratis col bicchiere:<br />

tartine, salatini, cruditès<br />

con salsine, bignè caldi. Oppure,<br />

nei wine bar, grissini, formaggi,<br />

salumi e le immancabili uova sode.<br />

In questo modo i senza ritegno<br />

e i senza pudore (ce n'è, ce<br />

n'è) possono sfangarsi una bella<br />

GUGLIELMO PEPE<br />

011-8126843<br />

Il locale è quasi tradizionale, con<br />

incantevole dehors estivo su P.za<br />

Maria Teresa. Frequentato da una<br />

clientela giovane ed esigente, offre<br />

aperitivi notevoli: vini e spumanti<br />

di grandi etichette italiane, i<br />

migliori champagne, settanta<br />

cocktail (prezzo medio 7.50 euro)<br />

comprese le specialità della casa<br />

(alcolici a base di frutta e analcolici<br />

a base di verdure). Sul bancone,<br />

tra le tante golosità, anche ostriche<br />

e rane fritte. Via Della Rocca,<br />

19. Sempre aperto.<br />

cenetta a modico prezzo. I posti<br />

giusti dove iniziare la serata sono<br />

parecchi e in grado di soddisfare<br />

ogni sfizio. Un aperitivo raffinato?<br />

Andate al Neuv Caval ‘D<br />

Brons in Piazza San Carlo, il locale<br />

preferito da Einaudi e Pavese:<br />

cocktail e appetizer insuperabili.<br />

Amate il post-industriale?<br />

Spingetevi fino al periferico<br />

Docks Home di via Valprato per<br />

aperitivi e piattini a tema accompagnati<br />

da DJ. Per chi poi ama<br />

mescolare vini & letteratura c’è<br />

CAFFÈ ROSSINI<br />

011-5214105<br />

E’ certamente il bar più alternativo<br />

di Torino: la prova dalle 20 in<br />

poi, quando si imballa di ragazzi<br />

dai 15 ai 50 anni. Musica giusta,<br />

servizio divertente, grande mescita<br />

di vino e birre. Sul bancone forme<br />

di parmigiano, salumi, farinata<br />

e primi piatti. Si spendono da<br />

2,50 euro per un bicchiere di rosso<br />

piemontese fino a 4,60 per un<br />

ballon (il bicchierone da degustazione,<br />

ignoranti!) di barolo.<br />

C.so Regina Margherita, 80/E.<br />

Sempre aperto.<br />

la Taverna Libraria di via Bogino,<br />

dove degustare libri e leggere vini,<br />

ma anche il contrario (insomma,<br />

basta acquistare qualcosa).<br />

Se invece preferite cocktail, birre<br />

e buffet informale, provate il<br />

nuovo Paris Texas Lounge Club.<br />

Un classico è infine il Caffè Elena<br />

di Piazza Vittorio: ottimi vini e<br />

ricche tartine fanno il paio con la<br />

vista forse più suggestiva della<br />

città. Aiuta anche quella.<br />

CON MUSICA, SENZA MUSICA, CON OLIVA O SENZA<br />

AMANTES<br />

011-8172427<br />

CRISTINA LATTUADA<br />

Si trova vicino alla Mole il circolo<br />

Arci che fa più poli-tendenza:<br />

cocktail bar, enoteca, galleria<br />

d’arte, concerti live e Dj diversi<br />

ogni sera. Ma soprattutto un assortimento<br />

notevole di vini rossi<br />

per innaffiare antipastini, salamelle,<br />

formaggioni, verdurine,<br />

salsette calde e frutta fresca.<br />

Insomma, si mangia cultura ma<br />

non si disdegnano gli affettati!<br />

Prezzo del bicchiere? Fra 1,50 e<br />

4 euro. Via Principe Amedeo,<br />

38. Sempre aperto.<br />

illustrazione: Gibi<br />

MANGIARE<br />

Passaggio in India<br />

o nel Golfo di<br />

Napoli. E la cucina<br />

casalinga di tradizione<br />

sabauda<br />

PASSAGGIO IN INDIA<br />

011-8194525<br />

State passeggiando senza<br />

meta in riva al Po? Allora entrate<br />

qui e accomodatevi nella<br />

saletta dei Maharajah: gusterete<br />

vera cucina etnica<br />

preparata da una troupe di<br />

cuochi indiani di alto livello.<br />

Tutti i piatti, profumati e speziati<br />

al punto giusto, meritano<br />

un assaggio e un ripassaggio:<br />

zuppa di pollo e lenticchie,<br />

polpettine di cernia<br />

con coriandolo, sfogliette di<br />

verdure e zenzero. Anche per<br />

i vegetariani, un menù veramente<br />

da sballo. Interessante<br />

la carta di vini e tè; il conto<br />

per una cena si aggira intorno<br />

ai 23 euro.<br />

Corso Casale, 73c.<br />

Chiuso lunedì.<br />

UNIONE FAMIGLIARE<br />

DI REAGLIE<br />

011-8980856<br />

Bocciofila e trattoria easy, divertente<br />

e giovane (anche<br />

per il nome iglia-aglie), con<br />

cucina casalinga. Il rapporto<br />

qualità-prezzo è super, visto<br />

che il menù fisso con bevande<br />

offre a 20 euro antipasti<br />

piemontesi caldi e freddi a<br />

volontà, due primi piatti con<br />

un ottimo risotto al rosmarino,<br />

secondi a scelta tra carbonade,<br />

cosciotto di maiale,<br />

stracotto di agnello. Last but<br />

not least, la cena pantagruelica<br />

si chiude con tanto di dolce<br />

e caffè. Mica male, no?<br />

Corso Chieri, 124.<br />

Chiuso lunedì.<br />

SPACCANAPOLI<br />

011-812669<br />

La verace pizza napoletana,<br />

gustosa, guarnita e guascona?<br />

E' qui, in questa pizzeria fra le<br />

quindici più quotate in città.<br />

Un consiglio? Prenotate, posteggiate<br />

(se ci riuscite) e alla<br />

fine buttatevi sulla pizza al<br />

metro, specialmente se siete in<br />

gruppo: è sicuramente il modo<br />

più conviviale e goloso per assaggiare<br />

le varie versioni in<br />

una botta sola. L'arredamento<br />

è superbamente kitsch, il personale<br />

veramente gentile, il<br />

conto (che si aggira tra i 7 e<br />

gli 11 euro) assolutamente<br />

onesto. E allora cosa volete di<br />

più dalla vita? Via Mazzini,<br />

19. Chiuso martedì.<br />

URBAN 67


testo: Lia Celi<br />

illustrazione:<br />

Annalisa Pagetti<br />

DADI & BACI<br />

SAN VALENTINO. <strong>Urban</strong> vi offre il grande gioco dell’amore. Tenete pronto un dado (e un nuovo fidanzato)<br />

SAN VALENTINO-GAME!<br />

Dicono che per gli innamorati ogni giorno è una<br />

festa. Non siamo così catastrofisti: la stramaledetta<br />

festa degli innamorati è solo il 14<br />

febbraio. Ed è già abbastanza. Entra nella sdolcinata<br />

atmosfera con questo istruttivo “gioco<br />

dell’oca”, un crash-test cartaceo per verificare la<br />

tua resistenza alle insidie valentinesche. Il dado<br />

è tratto!<br />

1. Il tuo programmino per il V-Day prevede una<br />

serata a due sul divano con film galeotto.<br />

Peccato che alcune migliaia di fidanzati ci abbiano<br />

pensato prima di te, col risultato che tutti i<br />

videonoleggi della provincia hanno esaurito i<br />

film romantici dal cinema muto ai nostri giorni.<br />

Ripieghi sul Massacro del giorno di San<br />

Valentino di Roger Corman: in fondo anche<br />

Al Capone era un sentimentale.<br />

2. L’apertura del tuo pacchetto conferma i tuoi<br />

peggiori sospetti: eri tu il destinatario dell’orribile<br />

maglione con l’orso cui la tua ragazza sferruzzava<br />

da mesi. Considerato che l’indumento<br />

potrebbe comodamente ospitare una famiglia di<br />

profughi, ti proponi di darlo in beneficienza appena<br />

possibile, ma sta in campana: fino alla fine<br />

del mese le fidanzate presidiano i cassonetti<br />

Caritas per beccare i morosi ingrati.<br />

3. Riesci a prenotare l’ultimo tavolo al ristorante<br />

trendy che propone uno stuzzicante menù di<br />

San Valentino. Il penultimo tavolo, proprio accanto<br />

al tuo, l’ha prenotato il nuovo fidanzato<br />

della tua ex. L’imbarazzo si taglia con la motosega,<br />

esattamente come il filetto al pepe rosa<br />

che avete nel piatto. Urge salvare la serata: lancia<br />

il dado.<br />

4. Avevi ordinato ventiquattro rose rosse per la<br />

tua “lei”, ma, causa un malaugurato disguido, il<br />

fioraio le ha consegnate alla sua dirimpettaia.<br />

Ti precipiti dalla fidanzata per scusarti in ginocchio,<br />

ma incroci sul pianerottolo la dirimpettaia,<br />

una lap-dancer ex miss Moldavia che vorrebbe<br />

tanto conoscere il mittente delle splendide rose.<br />

Ti fermi un turno a fare due chiacchiere, e la<br />

mattina dopo porti un ex-voto a San Valentino.<br />

5. Ti viene in mente che la tua fidanzata ti ha<br />

già fatto un regalo il 17 gennaio, festa di<br />

Sant’Antonio patrono degli animali. Forse voleva<br />

dirti qualcosa. Per scoprirlo, lancia il dado!<br />

6. Le lasci un messaggio nel cellulare in cui descrivi<br />

il tuo amore come una carica di tritolo, una<br />

bomba atomica, un gas nervino.<br />

Purtroppo la tua dichiarazione viene intercettata<br />

dalla polizia, che ti scambia per un terrorista di Al<br />

Qaeda. Passi San Valentino a spiegare a un ispettore<br />

che non sei fidanzato con Osama Bin Laden.<br />

7. Il fermacarte di peltro che le hai regalato<br />

non le è piaciuto per niente. Non sarà mica perché<br />

avevi dimenticato di togliere la scritta<br />

“Buone Feste dalla Cassa di Risparmio di<br />

Bustazzone”? Tira ancora, prima che ti tiri lei<br />

l’oggetto sull’occipite.<br />

8. Lei ti annuncia che per San Valentino si è fatta<br />

tatuare il tuo nome sul fondo schiena. La cosa<br />

non ti angustia: se non c’è né il cognome né l’indirizzo,<br />

puoi abbandonarla senza rischi.<br />

9. Che fortuna! La tua nuova fiamma appartiene<br />

all’1 per cento di fidanzate che se ne sbatte di<br />

ricorrenze cheap come San Valentino. Coi soldi<br />

che avevi stanziato per il suo regalo corri a<br />

comprarti un favoloso giaccone in saldo, quindi<br />

salti per la gioia fino al numero 12.<br />

10. La tua ragazza ti fa notare con nonchalance<br />

che per San Valentino il suo ex le portava<br />

gioielli. Le ricordi sommessamente che la tenera<br />

abitudine del suo ex le è costata una condanna<br />

per ricettazione aggravata. Per salvarti dalle sue<br />

ire, ripara al numero 4.<br />

11. Che bella idea regalarle un brillante mimetizzato<br />

in una scatola di cioccolatini! Adesso<br />

però trova un’altra buona idea per estrarglielo<br />

dall’esofago, o torna al numero 3.<br />

12. Mannaggia! La tua nuova fiamma non terrà<br />

alle ricorrenze cheap ma fa parte del 2 per cento<br />

di fidanzate che tiene moltissimo agli onomastici.<br />

A forza di chiamarla “topolina di zucchero”<br />

ti eri scordato che per l’anagrafe è Valentina.<br />

Stai fermo un turno a sbattere la testa nel muro.<br />

13. Per far colpo su un'intellettuale come la tua<br />

ragazza un libro è l’ideale, e il libraio ti ha assicurato<br />

che con ’sto Prévert si cucca un casino.<br />

Se le righe ti sembrano più corte del normale,<br />

non preoccuparti: non è un errore di stampa,<br />

sono poesie.<br />

14. Vittoria! Anche per quest’anno te la sei<br />

cavata senza troppi danni. Se poi fosse andata<br />

male, fa niente: San Valentino non è solo il<br />

patrono degli innamorati, ma si invoca anche in<br />

caso di peste, epilessia e svenimenti. Di questi<br />

tempi, può far comodo anche ai single.<br />

URBANSATIRA<br />

URBAN 69

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