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SPEDIZIONE IN A.P.-70%-MILANO<br />
LA CITTà COME NON L’AVETE MAI VISTa - 28.01.02 - EURO zero<br />
<strong>TAPPETO</strong> <strong>VOLANTE</strong><br />
LO SKATEBOARD, LA CITTÀ<br />
CARMEN CONSOLI: PORTRAIT<br />
VITA (STRA)ORDINARIA DI UNA RAGAZZA DI SICILIA<br />
IL NOME DELLA ROSA<br />
VENDERE FIORI NEI RISTORANTI: URBAN CI HA PROVATO<br />
istruzioni per l’uso! una guida straordinaria per milano, roma, bologna e torino<br />
#05
SOMMARIO|FEBBRAIO<br />
08URBAN VOCI<br />
10MINCHIA, CARMEN!<br />
13 CHE BOCCE, RAGAZZI!<br />
14LA CITTÀ A ROTELLE<br />
16 ROMA FUORI ROMA<br />
18IL PANE E LE ROSE<br />
24 SHIRIN, LA DONNA CHE HA VINTO<br />
27 ABORIGENI IN CITTÀ<br />
28 MOTUS PERPETUO<br />
31CHE STORIA!<br />
37URBAN GUIDA<br />
69 LIA CELI: SAN VALENTINO, UNA TRAGEDIA D’AMORE<br />
URBAN Mensile - Anno 2, Numero 5, 28.01.02<br />
direttore responsabile: ALESSANDRO ROBECCHI<br />
alessandro@urbanmagazine.it<br />
art direction: ALDO BUSCALFERRI<br />
aldo@urbanmagazine.it<br />
caporedattore: ANDREA DAMBROSIO<br />
andrea@urbanmagazine.it<br />
segreteria di redazione: DARIA PANDOLFI<br />
daria@urbanmagazine.it<br />
MUSICA 38<br />
MEDIA 41<br />
LIBRI 43<br />
FILM 44<br />
general manager: PER TEGELOF<br />
sales manager: SIMONA TEGELOF<br />
distribution manager: LINDA PISANI<br />
distribution assistant: PAOLA MARTINI<br />
key account: ALBERTO ALLOISIO<br />
ALFONSO PALMIERE<br />
Stampa: CSQ (centro stampa quotidiani),<br />
via dell’industria 6, Erbusco (Bs)<br />
Questo numero di <strong>Urban</strong> è stampato in 330.000 copie<br />
Fotolito: Body&Type, via San Calocero 22, 20123 Milano<br />
Registrazione Tribunale di Milano: n.286, 11.05.01<br />
Le telecamere vi guardano, in ogni momento.<br />
Spettacolini e provocazioni sotto gli occhi elettronici.<br />
Così hanno qualcosa da guardare, i guardiani! Toh!<br />
La signorina Consoli si descrive come “ordinaria”<br />
e “normale”. E intanto se la ride. <strong>Urban</strong> è andato<br />
a parlare con lei per scoprire una tipa ironica, capace<br />
di prendersi in giro. Tutt’altro che una star,<br />
insomma. Avrà preso in giro anche noi? Probabile...<br />
Fare di strade e marciapiedi un parco-giochi. Vedere<br />
dettagli che nessuno vede. Trasformare un passatempo<br />
da scavezzacolli in una geografia che scorre attraverso<br />
la città. Difficile? Ma no! Basta uno skateboard<br />
Una rosa, compra una rosa! La scena la conosciamo,<br />
no? <strong>Urban</strong> l’ha ribaltata e si è messo nei panni di chi<br />
vende. Un’incursione istruttiva e divertente tra tipi<br />
urbani (e umani?) di Milano. Molte rose, qualche spina<br />
Il teatro veloce. Il teatro che prende forma facendo<br />
teatro. Partiti dal “basso” (le megadiscoteche),<br />
i Motus sono arrivati in “alto” (le migliori platee italiane<br />
ed europee). Senza vertigini e rinnovandosi ogni volta.<br />
Siamo andati a vedere: però, l’avanguardia!<br />
Napoleone sarebbe stato un tipo trendy se non avesse<br />
perso tempo a farsi l’Europa? E quel giocherellone<br />
del Grande Timoniere Mao-Tze-Tung avrebbe fatto la<br />
lunga marcia in passerella? Rileggere la Storia è di<br />
gran moda: <strong>Urban</strong> non poteva tirarsi indietro. Infatti...<br />
TEATRO 46<br />
ARTE 49<br />
SHOPPING 51<br />
CLUB 52<br />
Editore: URBAN ITALIA srl<br />
via Tortona 27, 20144 Milano<br />
telefono 02/42292141 - fax 02/47716084<br />
urbanitalia@urbanmagazine.it<br />
Per la pubblicità:<br />
URBAN PUBBLICITÀ +39 02 42292141<br />
Distribuzione:<br />
URBAN ITALIA srl, Albatros Milano<br />
Copertina: foto Emmanuel Mathez, si ringraziano:<br />
Luca Basilico, Gianluca Mariani e Alex Leoncini<br />
BAR E RISTORANTI:<br />
MILANO 57<br />
ROMA 61<br />
BOLOGNA 64<br />
TORINO 67<br />
URBAN 7
illustrazione: Erika Pittis<br />
URBAN VOCI<br />
LA CITTÀ DA SOTTO IN SU<br />
LETTERE<br />
SIAMO LIQUIDI!<br />
Walter Benjamin scriveva: “Non sapersi orientare in una<br />
città non vuol dire molto. Ma smarrirsi in essa, come ci si<br />
smarrisce in una foresta, è una cosa tutta da imparare.”<br />
(Immagine di città). Ed io sottoscrivo appieno l’importanza<br />
del fluire, dello scorrere nella città, in una costante tensione<br />
e ricerca fluida, perché la metropoli è sempre più comunicazionale,<br />
è un’insieme flessibile e smisurato di flussi<br />
comunicativi, all’interno del quale si produce cultura ed<br />
innovazione. Per questo trovo interessantissimo <strong>Urban</strong>,<br />
perchè è forse l’unica guida “liquida” alla città!<br />
Ilaria Bea, Roma<br />
Cara Ilaria, ci è bastato un attimo per controllare che<br />
Walter Benjamin non fosse un attaccante straniero<br />
dell’Atalanta, per capire che questi complimenti sono terribilmente<br />
impegnativi. È vero, la “guida liquida”assomiglia<br />
a quello che cerchiamo di fare, ma detta così mette i<br />
brividi... grazie!<br />
SIAMO MAIALI!<br />
Vergogna davvero! Con tutta la merda che già c’è in giro<br />
c’era proprio bisogno di una rubrica come Motelitalia?<br />
Ma che senso ha? No, chiaramente un senso ce l’ha ed è<br />
il fatto che siete asserviti alla pubblicità peggio di canale<br />
5. Ma se il risultato deve essere questo, beh tenetevelo<br />
pure il vostro giornale gratuito. Come pena del contrappasso<br />
auguro a tutti i giornalisti della redazione di essere<br />
traditi dai/dalle loro conviventi e di passare il resto della<br />
loro vita a farsi le seghe davanti a un “canale porno<br />
prepagato”... di certo la pena non è più triste di quanto<br />
lo sia quella rubrica!<br />
Stefano Nannini<br />
L’ha presa bene, eh? Comunque, per chiarire: Motel Italia<br />
era il titolo del servizio di moda sul numero 3 di <strong>Urban</strong>.<br />
FEBBRAIO 05<br />
Hanno scritto, disegnato,<br />
scattato foto, pensato,<br />
suonato, ballato,<br />
e mangiato con noi<br />
questo mese:<br />
8 URBAN<br />
mattia elfo ascari<br />
sandro avanzo<br />
silvia ballestra<br />
luca basilico<br />
luca bernini<br />
gibi<br />
monica capuani<br />
christian carosi<br />
antonello catacchio<br />
lia celi<br />
Siccome non l’hanno ancora inventata, la città con<br />
l’auto-reverse, ci dovremo pensare noi. L’unico<br />
dispositivo che funziona alla perfezione è il tasto<br />
“repeat”, come nei cd. Così vi distraete e sentite lo<br />
stesso disco nove volte. Così vi distraete e la città<br />
sembra sempre uguale. Uffa!<br />
E invece noi la vorremmo in un altro modo. Doubleface,<br />
per esempio. Rovesciata, ribaltata. Una città<br />
foderata di tante città. Alla rovescia. Con la scritta<br />
all’incontrario come le ambulanze (àttic), così la<br />
vedete dritta dallo specchietto retrovisore. Di cose da<br />
ribaltare ce n’è quante volete. Pensate ai Motus,<br />
partiti dalle discoteche della Romagna e finiti nella<br />
crema dell’avanguardia teatrale. Pensate di ribaltarvi<br />
anche voi: invece che comprare la rosa al ristorante,<br />
La nostra stilista ha scelto i vestiti, noi abbiamo scelto<br />
modelli e location: nulla è stato pagato se non da noi.<br />
Fin qui le precisazioni. Quanto alla pena prevista, cioè<br />
che le nostre ragazze/i ci tradiscano eccetera eccetera...<br />
beh, chi può dire? Speriamo almeno che si divertano!<br />
SONO PAZZI?<br />
Caro <strong>Urban</strong>,<br />
che ne pensi di una città tra le più inquinate del pianeta<br />
che aumenta il prezzo dei mezzi pubblici del trenta per<br />
cento?<br />
Giada, Milano<br />
viola chandra<br />
cesare cicardini<br />
lucrezia cippittelli<br />
selvaggia conti<br />
alberto crespi<br />
michela crociani<br />
paul de cellar<br />
guido fuà<br />
carlo frassoldati<br />
gabriella giandelli<br />
willi hase<br />
cristina lattuada<br />
fabio lebo<br />
paolo madeddu<br />
diana manfredi<br />
emmanuel mathez<br />
antonella menini<br />
vittorio montieri<br />
annalisa pagetti<br />
raffaele panizza<br />
illustrazione: Mattia Elfo Ascari<br />
magari venderla, e guardare così dal di fuori quel che<br />
siete di solito mentre la comprate. Pensate ai modelli,<br />
principini delle passerelle, modellati in cera. E<br />
pensate che quando uno skateboard va come un<br />
treno giù per una scalinata c’è un momento -<br />
lunghissimo, se siete a bordo - in cui il cielo è sotto<br />
e la strada sopra. Un fermo immagine, in quel<br />
momento lì, renderebbe l’idea di quel che vogliamo<br />
fare con queste benedette città che ci stanno intorno.<br />
Ribaltarle, in poche parole. Così possiamo vederle da<br />
tutte le angolazioni, come alla moviola. E ci sembrerà<br />
di non averle mai viste.<br />
Non saprei... che l’inquinamento ha già fatto danni permanenti<br />
a qualche cervello?<br />
URBAN-MINIGONNA<br />
Salve! Come dice mio marito, il testo deve essere come<br />
la minigonna: corta per chiamare l’attenzione e abbastanza<br />
sufficiente per coprire l’argomento! Insomma leggendo<br />
<strong>Urban</strong> ho trovato una lettura piena di personalità<br />
interessanti, informazioni, curiosità varie, locali, cultura,<br />
arte e apertura. Complimenti!<br />
Monalisa Okabe<br />
Confessiamo: Monalisa ci ha scritto due volte complimenti<br />
entusiastici. Le sue lettere sono lunghe e abbiamo dovuto<br />
tagliare, ma la sostanza resta. Grazie. E grazie anche<br />
al marito: la metafora della minigonna ci ha colti di<br />
sorpresa...davvero non si smette mai di imparare!<br />
LA MELA TRENDY<br />
L’ho comprata anch’io la mela che va di moda (non c’è<br />
solo a Milano, sapete?). E ho qualcosa da dire in proposito:<br />
che sa più o meno di mela, ma costa il triplo. Bravi<br />
che l’avete un po’ presa in giro (in compenso lei ha preso<br />
in giro me!). D’ora in poi... mele e buoi...<br />
Complimenti e saluti<br />
Giorgio, Roma<br />
Ancora una volta: scrivete lettere brevi, sennò le renderemo<br />
brevi noi con le forbici. L’indirizzo è sempre quello:<br />
URBAN, via Tortona 27 - 20144 MILANO.<br />
Se siete elettronici usate la mail:<br />
redazione@urbanmagazine.it. Se usate il fax, dite al<br />
vostro dito di fare il numero 02-47716084<br />
guglielmina pauli<br />
erika pittis<br />
alessio pizzicannella<br />
cecilia rinaldini<br />
andrea scarpa<br />
p.d. sfornelli<br />
beatrice tartarone<br />
d.p. tesei<br />
cristiano valli<br />
ALESSANDRO ROBECCHI<br />
alessandro@urbanmagazine.it<br />
foto: Cesare Cicardini<br />
STUDENTI AL LUNA PARK: IDEE IN GIOSTRA<br />
La ruota e le montagne russe non bastano più, ma niente paura: arrivano i nostri (dal Politecnico)<br />
Un parco polisensoriale o una palestra per giochi di<br />
ruolo? Un campo per il calciobalilla umano o per il<br />
calcio saponato (cioè su un campo scivolosissimo)?<br />
Cosa fareste se aveste a disposizione un vero Luna<br />
Park da riconvertire? Pensateci anche solo un<br />
momento e vedrete che le idee non vi mancheranno,<br />
dopotutto il Luna Park sta conficcato nell’immaginario<br />
di tutti come un retaggio favoloso di quando si<br />
era ragazzini. E dunque: il Luna Park milanese di<br />
Novegro, piantato come un chiodo a dividere la città<br />
dal suo “fuori”, soffre del suo essere irrimediabilmente<br />
démodé. Dunque, ecco il soccorso dell’università<br />
(la Facoltà di disegno industriale del Politecnico), i<br />
cui studenti si sono esercitati sul tema. Non il classico<br />
“che fare?”, ma un più concreto “che farne?”. Del<br />
Luna Park, si intende. Detto fatto ecco quindici ipotesi<br />
in forma di progetto, che vanno dalle terme (giochi<br />
d’acqua) alla fantascienza, dai prodotti naturali alla<br />
robotica. Insomma, una vera riconversione (brutta<br />
parola) giocata sui desideri. Come cambierà<br />
(o come si vorrebbe che cambiasse) il vecchio Luna<br />
Park di Milano, che se ne sta lì da 37 anni si vedrà<br />
con la mostra dei progetti (al Luna Park, naturalmente,<br />
dal 22 febbraio al 3 marzo). Ma intanto è interessante<br />
SPETTACOLI<br />
STRETTAMENTE<br />
SORVEGLIATI<br />
A Bologna, telecamere ovunque.<br />
Gli studenti rispondono con<br />
qualche performance.<br />
Ehi, guardiano, guarda qui che<br />
spettacolino!<br />
Aveva visto giusto il Lucarelli di Almost Blue: la cittadella<br />
universitaria di Bologna è luogo di intrighi e profondi<br />
misteri. E a dimostrazione di questo sta senz’altro la solerzia<br />
dimostrata degli apparati di pubblica sicurezza cittadini,<br />
che hanno infarcito di telecamere di sorveglianza<br />
le vie che conducono alla zona degli atenei. La denuncia<br />
arriva dai Surveillance camera players (Scp), un gruppo<br />
vedere come intendono il vecchio pre-moderno Luna<br />
Park gli studenti del Politecnico, che virano al tecnologico,<br />
riscoprono la fisicità del gioco o la simulazione<br />
in scala “umana” dei giochi da tavolo, come nel caso<br />
del Risiko in carne e ossa tutto da inventare. Attacco<br />
la Kamchatka! Molto moderno. Ma resta un dubbio:<br />
e le vecchie giostre? Il pesciolino? Il tiro a segno?<br />
Si manterranno come souvenir, sotto una campana di<br />
vetro, per ricordaci come eravamo? Modernariato di<br />
un divertimento naïf, semplice-semplice, un po’ triste<br />
e dimesso come i Luna Park, appunto. Ma non era<br />
questo il bello?<br />
di performer bolognesi costituito nel maggio dell’anno<br />
scorso sulla scia dei fondatori nati a New York nel ‘96.<br />
Cricche di attori anarcoidi, che in tutto il mondo inscenano<br />
azioni recitate di fronte a questi occhi indiscreti<br />
per protestare contro la privacy violata, contro il Grande<br />
Fratello strisciante e onnivoro ma (purtroppo) largamente<br />
accettato. E i primi casini non hanno tardato a venire<br />
considerato che - come loro stessi ci hanno riferito -<br />
hanno recentemente costretto il rettore a eliminare le<br />
telecamere piazzate nella biblioteca di Scienze umanistiche<br />
di via Zamboni 36, furbescamente nascoste dietro i<br />
neon verdi che indicavano le uscite di sicurezza. Vittoria!<br />
Ma se questo è stato un blitz “investigativo”, non va<br />
dimenticata la natura artistica e non violenta della loro<br />
ispirazione. Che ha raggiunto il suo culmine quando<br />
hanno inscenato di fronte alla telecamera digitale nascosta<br />
in piazza Verdi - capace di una visione a 360 gradi e<br />
predisposta ad accogliere il software per il riconoscimento<br />
facciale - “la morte dello studente”, con un universitario<br />
che fingeva di soffocare dentro lo schermo di<br />
una tv. Così i guardiani hanno avuto qualcosa da guardare.<br />
Ma poco da reprimere.<br />
RAFFAELE PANIZZA<br />
URBAN 9<br />
foto: Robin Smith / Tony Stone - Laura Ronchi
10 URBAN<br />
la ragazza<br />
(stra)ordinaria<br />
CARMEN CONSOLI, musicista. Dice di avere una vita normale, di essere ordinaria,<br />
addirittura scialba. Ovvio che sono bugie. Perché lei, intanto, ha messo tutti in<br />
riga e ha un dono raro tra le star nazionali: quello dell’autoironia. <strong>Urban</strong> è andato<br />
a parlarle ed è rimasto con un palmo di naso. Minchia, Carmen!<br />
testo: Paolo Madeddu / foto: Alessio Pizzicannella<br />
Carmen sembra. Sembra una vocina e urla.<br />
Sembra una ragazzina e graffia. Sembrava<br />
l’ultima trovata di un mercato discografico<br />
terremotato e invece ha tenuto botta,<br />
dimostrando che non è una moda in più, ma<br />
semmai (grazie!) una truffa in meno. Brava<br />
Carmen. <strong>Urban</strong> è andato a farci una<br />
chiacchierata, partendo – va da sé – dall’ultimo<br />
disco, un live con orchestra sinfonica.<br />
Pazzesco, eh?<br />
In questo disco non è facile riconoscerti.<br />
Niente rock, canzoni quasi punk riarrangiate<br />
come boleri, accompagnate da<br />
un’orchestrona di 50 e passa elementi.<br />
Ti accuseranno di tradimento!<br />
Credo che rock sia tutto ciò che è<br />
destabilizzante. Vedendo Ani Di Franco sola<br />
con la chitarra ho capito che era più rock dei<br />
Blink 182. È questione di attitudine: Cesaria<br />
Evora è più rock di Tina Turner. Il rock è<br />
urgenza di comunicare. Un violoncello può<br />
avere la stessa tensione emotiva di un basso<br />
distorto.<br />
Nel disco c’è anche un po’ di effetto-<br />
Baglioni, col pubblico che canta le tue<br />
canzoni...<br />
Ehm… il pubblico lo abbiamo abbassato un<br />
po’. Anche perché ero particolarmente<br />
contenta della mia voce: in concerto non ho<br />
la voce da gattina morta dei miei album.<br />
Dal vivo ho un’altra voce. Da gattina malata.<br />
Vi raccomando comunque la mia stecca su<br />
Confusa e felice.<br />
Se non altro è la prova che non è il solito<br />
‘live’ preconfezionato, no?<br />
È stato un momento particolare, al Teatro<br />
Greco di Taormina, non so se mi spiego,<br />
volevano darlo solo a Dylan. Oh, ho detto<br />
Dylan, Bob! Abbiamo messo il concerto su<br />
disco perché non restasse un episodio così,<br />
fine a se stesso. Comunque niente chiasso:<br />
niente singoli, poca tv, solo due concerti…<br />
Sentiti! Uno a Santa Cecilia e uno al<br />
Leoncavallo, l’Accademia, il Centro Sociale.<br />
Un altro contrasto…<br />
Mi piaceva proprio l’idea del contrasto, per<br />
suggerire che non si può assegnare un tipo di<br />
musica a un tipo di luogo e viceversa. Ho fatto<br />
lo stesso spettacolo in un luogo popolare<br />
come il Leonka, dove ho visto alcuni tra i<br />
concerti più belli della mia vita a prezzi<br />
accessibilissimi (Suzanne Vega, 99 Posse) e in<br />
un luogo che ho sempre solo sognato…<br />
In contemporanea al disco, esce un librointervista:<br />
Quello che sento (Federico Guglielmi,<br />
ed. Giunti). Tu che ne dici, è un caso?<br />
Lo giuro!<br />
Dopo soli 4 anni di carriera, hai in giro 3<br />
biografie. La prima su Celentano è uscita<br />
dopo 8 anni che cantava… non starai<br />
esagerando?<br />
Sono stata in trasmissione da Celentano, con<br />
Giorgia. È stato terribile perché lei è un<br />
autentico usignolo, è la perfezione<br />
nell’intonazione. Immaginate il dramma di una<br />
come me con la sua voce da paracarro mentre<br />
Celentano mi dice: “Canta con noi”. Si decide di<br />
fare Mondo in Mi7. Alla fine, avverte Celentano,<br />
faremo “improvvisazione jazz”. Io penso:<br />
“cosa”? Parte il pezzo. Giorgia si mette a<br />
improvvisare. Poi lo fa lui. Mentre loro<br />
incastrano le voci come si deve, io non trovo di<br />
meglio da fare che emettere una sola nota,<br />
AAAAAH. Sembravo il traghetto Messina-Reggio<br />
Calabria.<br />
Nel libro è descritto un momento pazzesco,<br />
quando da ragazzina sei stata invitata da<br />
Santoro a un programma…<br />
Durante una puntata sulla morte di Mia<br />
Martini, con Loredana Bertè presente. Era<br />
sconvolta dalla morte della sorella, io non<br />
avevo ancora fatto un disco e fui presentata<br />
come dire: morta una stella, se ne fa un’altra.<br />
Loredana mi guardò malissimo e disse: “Vuoi<br />
fa la cantante? Sai, è meglio che cambi lavoro”.<br />
In realtà io sarei dovuta intervenire la<br />
settimana prima, in una puntata sul sud. Caso<br />
volle invece che fossi presente quella sera…<br />
Poi ci siamo riviste da Renato Zero, lei è una<br />
persona complessa, molto carina.<br />
Tu intrighi molto. Quando i giornalisti<br />
cominciano a scavare cercando particolari<br />
piccanti, ti dà fastidio o ti diverti?<br />
Non mi dà fastidio. Certo, mi piacerebbe<br />
rispondere con delle cose piccanti.<br />
Beh, in passato lo hai fatto.<br />
Sì, è capitato, ma ora dirò una cosa che non ho<br />
mai detto prima.<br />
Wow! Brivido! Sentiamo.<br />
In realtà la mia vita è abbastanza ordinaria.<br />
Ma come, detto da una che sulla copertina<br />
di un disco era vestita da merluzzo!<br />
Veramente ero vestita da sirena… Ma vorrei<br />
avere una vita più particolare. Una biografia<br />
sulla mia vita privata sarebbe abbastanza<br />
noiosa. La cosa che mi eccita davvero è<br />
riuscire a cucinare gli involtini con le<br />
melanzane e riuscire a portarli in tavola prima<br />
che la mozzarella si indurisca. La cucina è la<br />
mia passione e passo ore sulle ricette.<br />
Amo la tranquillità, passo ore con mamma<br />
e papà a casa…<br />
Dobbiamo crederci?<br />
Ho i desideri dell’Ottocento: metter su<br />
famiglia, stare in una casa in campagna… sono<br />
molto scialba. Forse l’unica trasgressione della<br />
mia vita è la musica. Quando sono nello<br />
spettacolo cerco di fare le cose che a San<br />
Giovanni da Punta non farei. Ma è un gioco,<br />
come quando a cinque anni mi mettevo il<br />
rossetto davanti allo specchio.<br />
Hai un sogno?<br />
Fare un bellissimo disco.<br />
Nah! Dài, qualcosa di più.<br />
No, davvero, sono una donna squallida, l’ho<br />
detto. La musica è la mia trasgressione.<br />
Ok, allora che tipo di disco bellissimo<br />
vorresti fare?<br />
Blue di Joni Mitchell.<br />
E cosa ti manca?<br />
Un sacco di roba. Ma sto studiando… studio il<br />
basso e l’armonia. Incredibile come un<br />
semitono può cambiare tutto. Ho letto un libro<br />
di Cotroneo, Presto con moto. Dice che ci sono<br />
facce in do maggiore: la nota base, senza<br />
troppe sfaccettature. I re minore settima sono<br />
più rari e complicati, ma destano più curiosità.<br />
Una volta hai detto di avere un progetto con<br />
Max Gazzè…<br />
Sì! Prendere canzoni di Pupo o dei Pooh e<br />
rifarle. Abbiamo nel mirino anche i Ricchi e<br />
Poveri. Io e Max somigliamo ai due mori, ci<br />
mancano due biondi.<br />
Dopo l’Ultimo Bacio farai ancora l’attrice?<br />
Non è il mio mestiere. Non è facile ripetere<br />
dieci volte la stessa battuta ed essere credibili.<br />
Io avevo problemi a essere credibile persino<br />
nel dire: “Minchia, l’Africa”.<br />
URBAN 11
LE PALLE, USATELE!<br />
Sapevate che le bocce dopo un po’ si<br />
“ovalizzano”? Che rotolare a lungo le rovina?<br />
Che sono fatte in materiali hi-tech? A Milano,<br />
una questione di bocce. Antiche e modernissime<br />
foto: Cesare Cicardini<br />
Dici bocce e pensi a palle rotonde nere o<br />
marroni, che rotolano silenziose e pesanti sulla<br />
terra. Parli con la signora Adelia, butti un’occhio<br />
alla vetrina del suo negozio, e ti viene il dubbio<br />
di essere rimasto indietro di qualche secolo.<br />
Non come quegli uomini e quelle donne che,<br />
con una palla in mano, una di quelle buone,<br />
sono capaci di disegnare percorsi improbabili,<br />
di immaginare colpi calcolati al millimetro.<br />
Alle spalle di piazza Medaglie d’Oro, a due<br />
passi dal centro-centro di Milano, il rumore del<br />
traffico e il vociare disordinato della gente<br />
sfumano lentamente. S’infrangono sulle vetrine<br />
di un negozietto. Semplice, ma a colori. Bocce<br />
gialle, bianche e nere. Certo anche marroni, ma<br />
pure rosa, maculate, azzurre, fucsia. Roba fine,<br />
materiale sintetico, colori sgargianti. Dentro, la<br />
signora Adelia e, soprattutto, loro. Le bocce.<br />
Palle rotonde che giovani e meno giovani portano<br />
qui in via Colletta quando perdono colpi,<br />
si “ovalizzano” o si usurano. Quando hanno<br />
bisogno di manicure: di essere affidate a mani<br />
esperte. Quelle della signora Adelia che, non<br />
scandalizzetevi, ma a bocce non gioca. Già.<br />
D’altra parte: vi fidereste di un arbitro di calcio<br />
che partecipa alla classifica cannonieri? Come<br />
diceva Il grande Lebowski, che di palle se ne intendeva,<br />
“questo non è il Vietnam, è il bowling:<br />
ci sono delle regole”.<br />
Qui, in questo negozietto dove nel ‘35 il papà<br />
di Adelia aveva iniziato lavorando il legno al<br />
tornio, sono passati nobili e operai, studenti e<br />
scrittori. Gente che non si accontenta di palle<br />
trovate quasi per caso a bordo campo, ma che<br />
le bocce se le coccola e se le porta da casa.<br />
URBAN 13
FOTO DI GRUPPO<br />
CON ROTELLE<br />
14 URBAN<br />
LO SKATEBOARD è una tavola con le ruote, d’accordo. Ma anche<br />
un modo diverso di guardare la città. Scale, muretti, corrimani.<br />
Dalle periferie alla stazione: un’altra Milano<br />
testo: Diana Manfredi e Luca Basilico / foto: Emmanuel Mathez<br />
A proposito della città e degli occhi che la<br />
guardano. A proposito della città e delle sue superfici.<br />
Proprio così, superfici. Ecco. Prendete<br />
una tavola. Una tavola con le rotelle. In una parola:<br />
lo skateboard. Lo skateboarding modifica<br />
indefinitamente la prospettiva con cui ci si guarda<br />
intorno. Avete mai fatto attenzione al materiale<br />
di cui è fatto il fondo di una scalinata?<br />
Avete mai notato se il passamano che scende i<br />
gradini davanti vostro ufficio è più o meno alto?<br />
Avete mai notato se il cemento del muretto dietro<br />
casa vostra è liscio o grezzo? Voi no. Gli skateboarder<br />
di sicuro si. Si possono fare mille discorsi<br />
sulla reinterpretazione delle strutture urbane,<br />
nulla è intenzionale nulla è voluto: uno skater<br />
guarda una scalinata come un bambino di<br />
sei anni vede una pista Playmobil nuova di zecca.<br />
Intanto, se ne fa un gran parlare: la pubblicità<br />
street style, i video musicali più trendy.<br />
Persino l’amministrazione milanese punta<br />
sugli skaters per riqualificare la temutissima<br />
piazza della Stazione Centrale. Facile. Meno facile<br />
dire chi sono questi ragazzi su rotelle, comprimerli<br />
in uno stile o (parolone!) in una filosofia.<br />
Bene o male l’immagine che la stragrande<br />
maggioranza della gente si fa dello skateboarding<br />
è quello di un passatempo da scavezzacollo<br />
che appassiona per lo più i giovani della<br />
scuole medie e superiori con un certa propensione<br />
per l’americanismo. Banale. In realtà gli<br />
skaters sfuggono a ogni classificazione. Ci sono<br />
quelli agonisti che non si perdono una gara,<br />
quelli che vanno “in rampa” e non gradiscono i<br />
marciapiedi; ci sono quelli che amano skateare<br />
solo con pochi fidati amici e quelli che usano la<br />
città come un “parco giochi”. Ci sono gli skaters<br />
punk e quelli che ascoltano il rap, quelli che fanno<br />
i dj e quelli che ascoltano jazz. Niente da fare,<br />
la catalogazione non regge. “La cosa che più<br />
temiamo noi skaters è quella di cadere nei cliché”,<br />
dice Marco, 23 anni di Milano, skater da<br />
10. E poi, l’autorganizzazione. Quella che<br />
Stefano (20 anni, skater da 7) chiama “l’arte di<br />
arrangiarsi”. “Si risparmia si fanno collette, si<br />
cerca in giro un appoggio dagli sponsor, ci si<br />
improvvisa fabbri e falegnami, mille sbattimenti,<br />
ma alla fine quando skatei sul tuo skatepark e<br />
vedi la gente divertirsi la soddisfazione è tanta!”,<br />
dice Marco, 23 anni, di Ravenna gestore e<br />
ideatore di uno dei migliori skatepark italiani.<br />
Persino il Campionato Italiano di Skateboard è<br />
un invenzione degli skater.<br />
In più c’è quel sogno (realizzabile!) di trasformare<br />
la passione in lavoro. Gianluca 27 anni di<br />
Milano, 14 sullo skateboard, si è inventato il<br />
marchio “Spaghetto Child”, ha cominciato a<br />
stampare magliette e felpe, ormai sono un must<br />
tra gli skaters di tutta Italia. Joe Milanese di 28<br />
anni (e skatea ancora tutti i giorni!) ha deciso di<br />
produrre t-shirt con il nome del suo spot ( il luogo<br />
in cui si va in skateboard ) preferito: “Milano<br />
Centrale (MC)”. “Puoi smettere di andare in skateboard,<br />
ma non di essere uno skater - dice<br />
Claudio - e riuscire a lavorare nel mondo dello<br />
skateboard è il compromesso migliore per non<br />
dover mai fingere la normalità!”. Filmano, fotografano<br />
le manovre migliori, qualcuno si è inventato<br />
anche editore, si è messo a pubblicare<br />
fanzine o vere e proprie riviste, come 6:00AM<br />
Skateboard Culture Magazine.<br />
Effettivamente di strada ne ha fatta lo skate da<br />
quando, dieci anni fa, i primi skaters milanesi si<br />
ritrovavano in una piazza del centro milanese,<br />
Piazza Borromeo, ribattezzata BOR e prima ancora<br />
in Piazza Leonardo da Vinci. Poi, la città ha<br />
dato la svolta. Racconta Gianluca: “Una sera intorno<br />
al ’94 ci accorgemmo che stavano rifacendo<br />
la piazza davanti alla stazione centrale…pavimentazione<br />
liscia, muretti, gradini…un sogno!”.<br />
Un parco giochi. La città come non l’avete<br />
mai vista, insomma. Bastava un pezzo di legno<br />
con quattro ruote.<br />
IL VIDEO<br />
Si chiama Skaters, dura<br />
35 minuti, ed è un<br />
documentario come<br />
purtroppo in televisione<br />
se ne vedono pochi.<br />
Regia, sceneggiatura e<br />
montaggio sono della<br />
giovane Diana Manfredi,<br />
coautrice di questo<br />
articolo. Oggetto: gli<br />
skaters, ovvio.<br />
Il corto è stato presentato<br />
all’ultimo Festival<br />
internazionale di film e<br />
video - Filmaker, che si è<br />
tenuto a Milano ai primi<br />
di dicembre del 2001.<br />
URBAN 15
C’era una volta la trattoria romana. A Piazza<br />
Renzi, quando non facevi una cena completa<br />
dall’antipasto al dolce, Augusto grugniva<br />
infuriato scuotendo la testa: “Nun se magna<br />
più come ’na vorta…”. L’unica alternativa era<br />
il ristorante del ‘generone romano’, il trionfo<br />
del kitsch con pretese di eleganza: i poveri<br />
camerieri con la marsina stretta e le tele spaventose<br />
dell’artista-amico-dell’oste in bella<br />
vista alle pareti. Il Giubileo ha portato un<br />
vento di novità: agghiaccianti catene di fastfood<br />
nostrani pronte a rimpinzare gli stomaci<br />
famelici di pellegrini. Grazie a Dio, in questa<br />
deregulation della ristorazione si è affermata<br />
un’altra tendenza che vige ormai da anni nelle<br />
grandi capitali del mondo, quella per cui il palato<br />
è importante, sì, ma anche l’occhio vuole<br />
la sua parte. C’è una classe di giovani imprenditori<br />
romani ‘colti’, che ha viaggiato per<br />
il mondo, ha imparato questa lezione e ha iniziato<br />
a investire su un’‘urbanistica del piacere’.<br />
E a Roma c’è stata un’esplosione di locali<br />
che mai si sarebbe potuta immaginare solo<br />
qualche anno fa. Ne sanno qualcosa gli architetti<br />
dello studio p+r+v lab. arch., classe<br />
1965. Dopo aver progettato parchi e piazze,<br />
si sono gettati con piacere nella mischia di<br />
questo rinascimento che è partito dal gusto<br />
(in tutte le sue articolazioni semantiche).<br />
Prima incursione: il progetto, nel cuore di<br />
Roma, dello store in Piazza di Spagna e poi<br />
del wine-bar in via delle Carrozze del fortunato<br />
Shaki. Ora stanno ultimando due grandi<br />
locali decentrati, una vera sfida: per le dimensioni<br />
inconsuete a Roma, e per l’ubicazione<br />
centrifuga rispetto al cuore della città.<br />
“L’esigenza di Shaki era avere una grande<br />
visibilità dalla strada”, dice Marco Valenti.<br />
“Il wine-bar doveva essere tutto proiettato<br />
fuori, quasi annullando il filtro interno-esterno”.<br />
Un tentativo di riqualificare una strada<br />
che è una delle poche carrabili del centro, restituendole<br />
dignità di luogo di passeggio.<br />
Shaki è stato pensato come una piacevole sosta<br />
in un ambiente domestico a metà tra il<br />
living e la cucina. Nel loro studio di Testaccio,<br />
i tre architetti aspettano ora la reazione di<br />
Roma a Retro e Greyhound, i due locali periferici<br />
che hanno progettato e quasi finito di<br />
realizzare. “In Retro – spiega Alessandro, il<br />
fratello (gemello) Valenti – c’è un edificio<br />
moderno che si è come dissolto, lasciando<br />
superstite la struttura, un grande contenitore<br />
in cui muovere degli oggetti”. Il sogno di tutti<br />
gli architetti, insomma, specie a Roma dove<br />
non si muove foglia (e sanpietrino) che Dio (e<br />
la sovrintendenza alle Belle Arti) non voglia.<br />
“Retro è l’esatto opposto di Shaki – spiega<br />
Marco – è dietro una strada, sul retro di un<br />
grande edificio nei pressi di viale Marconi, un<br />
quartiere di vocazione popolare che si sta<br />
evolvendo come tutto il polo sud di Roma, a<br />
pochi isolati dalla nuova multisala Uci e<br />
dall’India, il teatro del Comune negli ex stabilimenti<br />
industriali della Mira Lanza, a cinque<br />
minuti da Testaccio. Al ristorante si accede da<br />
una rampa che scende in un open-space di<br />
oltre 300 metri quadri, un ex garage poi<br />
riconvertito in distilleria. Anche qui abbiamo<br />
cercato di ricreare un ambiente domestico tipo<br />
cucina anni Trenta. Mi sembra un miracolo<br />
che a Roma comincino a farsi strada giovani<br />
imprenditori disposti a esportare qualità in<br />
zone di genetico degrado edilizio”. Ma pure<br />
Greyhound è il sogno di qualsiasi architetto.<br />
È un intero edificio, una unità edilizia isolata,<br />
un tempo adibita ad altra destinazione: stazione<br />
di rifornimento di benzina su una strada<br />
di grande scorrimento qual è la Tiburtina<br />
poco prima del raccordo anulare. Diventerà<br />
un bar, self-service, ristorante, edicola. “Il bello<br />
è che lì si perde ogni riferimento spaziale:<br />
potresti essere su una freeway sperduta in<br />
qualsiasi angolo del mondo”, spiega<br />
Alessandro. “C’è un’enorme pensilina che è<br />
un fuoriscala clamoroso rispetto all’edificio. Ci<br />
ha fatto pensare all’attesa nelle grandi stazioni<br />
d’autobus americane, non è un punto di<br />
partenza né di arrivo, ma di attraversamento,<br />
che è la vocazione delle periferie.<br />
La utilizzeremo per creare uno spazio per<br />
pranzare all’aperto”. Ma che significa concepire<br />
spazi adibiti al piacere? “Noi progettiamo<br />
luoghi in cui ci piacerebbe stare – dice Paola<br />
Pampini –, e cerchiamo di lasciare una grande<br />
libertà d’uso. Non siamo nati come architetti<br />
d’interni, non siamo arredatori né designer:<br />
non vogliamo appoggiare oggetti nello spazio,<br />
ci piace che siano gli spazi a generare le forme.<br />
E se quando la gente li vive, cambia la destinazione<br />
che gli avevamo attribuito, siamo anche<br />
più soddisfatti. Nella piazza Piaggio, che<br />
abbiamo realizzato al villaggio Breda, i dissuasori<br />
del traffico sono stati usati per metterci<br />
la piantina o sbatterci lo zerbino, i bambini<br />
hanno utilizzato le panchine per lanciarsi<br />
con lo skateboard e hanno sistemato il biliardino<br />
sotto la pensilina. Il nostro lavoro finisce<br />
quando la gente comincia a vivere gli spazi<br />
che noi abbiamo pensato. Se la città li fa suoi,<br />
per noi è un successo”.<br />
ROMAFUORIROMA<br />
TRE ARCHITETTI, una città, l’urbanistica del tempo libero e la voglia di sfuggire alle regole.<br />
“Il nostro lavoro finisce quando la gente comincia a viverci dentro”. Così Roma si affaccia<br />
fuori dal suo centro storico e “conquista” territori nuovi. Per mangiare fuori dai soliti cliché<br />
testo Monica Capuani / foto Guido Fuà<br />
16 URBAN<br />
URBAN 17
IL PANE E LE ROSE<br />
UNA ROSA È UNA ROSA È UNA ROSA. Ma provate a venderla al ristorante. <strong>Urban</strong> lo ha fatto, sostituendosi<br />
per una sera a uno dei tanti venditori stranieri che girano per i tavoli offrendo fiori e sorrisi disarmanti. Risultato:<br />
se comprate una rosa mentre mangiate, mangerà anche chi ve la vende. Facile, no?<br />
testo: Cristiano Valli / illustrazioni: Gibi<br />
18 URBAN<br />
“Pel bello naturale dobbiamo cercare un principio<br />
fuori di noi, pel sublime naturale invece soltanto<br />
in noi stessi e nel modo di pensare che<br />
rende sublime la rappresentazione della natura.”<br />
“Mentre il gusto del bello presuppone e mantiene<br />
l’animo in contemplazione estatica, invece il<br />
sentimento del sublime implica, come suo carattere,<br />
un movimento dell’animo congiunto<br />
col giudizio dell’oggetto.” (Immanuel Kant)<br />
Mi sarei aspettato molte cose andando per<br />
locali di Milano a vendere fiori. Certo non di<br />
passare una serata scoprendo giochi nuovi e<br />
divagando fra alcuni concetti di peso, fra i quali<br />
quello di bello e quello di sublime, che tanto<br />
colpiscono in Kant.<br />
Ma non vi preoccupate. Non è noioso come<br />
sembra.<br />
Rosarosae. Entro in un posto molto trendy a<br />
un passo da Piazza del Duomo. Secondo tavolo<br />
a sinistra. Il tavolo è occupato da una coppia<br />
sui vent’anni. Parla lui per primo, sorridendo un<br />
po’ sguaiato: “Se sai la declinazione latina di<br />
rosa, te le compro tutte io”. Ora, mi rendo<br />
conto che non è facile mettersi nei panni di<br />
uno che già a sua volta è nei panni di un altro,<br />
ma provate lo stesso, per un attimo, a mettervi<br />
nei miei panni. Forse esagero, ma un ventenne<br />
che per fare colpo se ne esce con quella frase<br />
lì, dà da pensare. Ho detto in un fiato “rosaroseroseroserosarumrosis”,<br />
sbagliando, ma con<br />
un tono abbastanza deciso da farlo sembrare<br />
giusto e lui ha salutato quarantaduemila lire<br />
ottenendo in cambio quattordici rose. Blu per<br />
giunta. Quattordici rose che nella di lui testa,<br />
aggiunte ai due cuba libre, si sommano a un<br />
capitale investito potenzialmente sufficiente a<br />
raggiungere la meta tanto ambita: la di lei<br />
virtù. Ma non può finire lì. Da una parte perché<br />
in un mondo migliore la ragazza si alza, lo<br />
abbandona con i due cuba libre da pagare e le<br />
rose le compera tutte lei in segno di spregio.<br />
Dall’altra perché magari non è la prima volta che<br />
lui dice una cosa del genere. Il che significa che<br />
altre volte ha già funzionato, ha fatto cioè colpo.<br />
Metti che invece che a me, la stessa cosa succeda<br />
a Sadi, il ragazzo cingalese che sostituisco<br />
URBAN 19
20 URBAN<br />
“SE SAI LA DECLINAZIONE LATINA TE LE COMPRO TUTTE IO”<br />
stasera, che non sa il latino e a cui quelle quarantaduemila<br />
lire servono per campare. Poi cos’è<br />
che racconta quando al telefono i parenti di<br />
Ceylon gli chiedono com’è l’Italia?<br />
Fifty fifty. I maschi, nelle coppie che incontro, si<br />
dividono in due categorie. Quelli che mi considerano<br />
un’occasione per fare i brillanti e che mi<br />
eleggono a protagonista delle loro battute più<br />
penose, e quelli che mi considerano un potenziale<br />
pericolo per la serata. Questi ultimi li si riconosce<br />
perché, come mi vedono, assumono la stessa<br />
espressione finto-consapevole di un concorrente<br />
del Quiz Show. Ce li si immagina a pensare:<br />
“Ma faccio più bella figura se la compro, la rosa,<br />
o se non la compro, o se la compro e poi dico<br />
che l’ho comprata solo perché lui ne ha bisogno,<br />
o se faccio finta di non avere il cambio, oppure<br />
gliela compro e basta, e se poi lei la considera<br />
una cafonata cosa faccio? Magari dovrei…”<br />
La tensione raggiunge livelli solidi. Appena mi<br />
allontano senza insistere il sollievo è palpabile.<br />
Primo gioco. Si individui una coppia di uomini<br />
eterosessuali e ci si avvicini loro con un mazzo<br />
di rose. Quello dei due che pensa di essere più<br />
tollerante e disinibito abbozzerà un sorriso tipo<br />
“Ehi, amico, che cosa hai capito, non sono mica<br />
omosessuale, cioè non che ci sia nulla di male,<br />
però davvero non ci servono rose”. L’altro si<br />
guarderà inorridito intorno cercando che so, una<br />
guardia, la polizia, una donna qualsiasi da baciare<br />
per ribadire la propria virilità. Assumerà pose<br />
mache, magari portandosi una mano sul pacco e<br />
chiedendo all’altro un sigaro. È sufficiente che<br />
capiti una cosa del genere due volte in una serata<br />
e poche ore dopo il primo dei due inaugurerà<br />
un ciclo di analisi quinquennale, l’altro avrà degli<br />
irrisolti sessuali per tutta la vita.<br />
Regola della bambina fra i cinque e i nove<br />
anni. Fai capire alla bambina che le rose sono<br />
blu perché un po’ magiche e che sono le preferite<br />
di Harry Potter e chiunque nel locale, pur di<br />
farla stare zitta, le comprerà una rosa blu.<br />
Regola del politically correct. Se nell’avvicinarti<br />
a un tavolo gli occupanti ti avranno fatto sedere,<br />
offerto da bere, offerto da fumare, offerto conforto,<br />
parlato di quello che gli piace della cucina del<br />
tuo paese che degustano almeno una volta la settimana<br />
nel ristorante etnico sotto casa e alla fine<br />
salutato compiacendosi fra sé e sé di quanto<br />
sono democratici e no global, sei capitato al tavolo<br />
dei politically correct. Comunque non compreranno<br />
rose “ché è così triste vederle appassire”.<br />
Postulato delle rose senza spine. Il numero di<br />
persone che faranno le spiritose ricordandoti<br />
che non c’è rosa senza spine è direttamente<br />
proporzionale al tempo impiegato vendendo<br />
rose. Nella misura di uno ogni sessanta secondi.<br />
Se va bene.<br />
Secondo gioco. Si prenda un gruppo a forte<br />
maggioranza femminile. Cinque a uno, o sei a<br />
due. Il gioco consiste nella tacita scommessa fra<br />
chi vende fiori e le ragazze, che convincere il<br />
maschietto a donare una rosa a testa sia per loro<br />
una sciocchezza. Alla fine del gioco avrete venduto<br />
un sacco di rose, il maschietto sarà convinto<br />
di essere un dio e le ragazze avranno ulteriore<br />
conferma della superiorità del genere femminile.<br />
Il sublime. Assumo la solita aria un po’ rumena<br />
e provo a entrare in un locale. In mano il<br />
consueto mazzo di rose. Bianche e blu. “Uhè,<br />
cioccolato bianco, vediamo di fare un giretto<br />
veloce nèh.” A sentire “cioccolato bianco” sono<br />
in estasi. Ma urge un’astrazione. Da una parte ci<br />
si mette un razzista che chiama “cioccolato”<br />
ogni ragazzo nero che passa dal suo locale a<br />
vendere fiori. Dall’altra ci mettiamo il passaggio<br />
mentale che porta dal cioccolato al cioccolato<br />
bianco la rara volta che a venderli è un bianco.<br />
Se, con una forzatura, si consideri la mente<br />
umana parte della natura, mi sento, come scrisse<br />
Kant, di fronte ad uno spettacolo naturale che<br />
supera il potere della mia immaginazione. Il che<br />
non riabilita certo il proprietario di quella mente,<br />
ma ricorda fino a che punto siamo in grado di<br />
mortificarla.<br />
Il bello. Il bello me lo trovo davanti più tardi,<br />
all’improvviso, dopo la frugale cena che divido<br />
con i ragazzi cingalesi che mi hanno dato le<br />
rose da vendere. Racconto di una serata<br />
tranquilla, a tratti divertente. Ci si scambiano<br />
aneddoti di proprietari un po’ rudi e di clienti<br />
bislacchi. Un po’ mi vergogno. Quella che per<br />
me è stata una gita, per Sadi e gli altri è un<br />
lavoro. Per me è stato spesso facile ciò che per<br />
loro non lo è quasi mai. Ho venduto duecento<br />
rose, pari a seicentoquarantaduemila lire.<br />
Esentasse. Però io sono bianco e parlo un buon<br />
italiano ed è fin troppo ovvio quanto mi abbia<br />
aiutato. Per le rose loro hanno investito molti<br />
soldi, i risparmi di una vita per pagare in anticipo<br />
e in contanti i fiori di un mese intero. Sono<br />
assieme a persone che vivono in cantina e che<br />
pagano per una branda cinquecentomila lire al<br />
mese. Esentasse. Di ciò che rimane, parte serve<br />
per vivere, essenzialmente cibo, niente vestiti, né<br />
telefono, né corrente elettrica, il resto viene spedito<br />
a casa. Sto per ringraziare e andare via e<br />
saluto il più anziano. Sival. Ha sessant’anni, è in<br />
Italia da quindici e mi chiede un favore. Mi chiede<br />
di dargli del lei. Capisce che non capisco, che<br />
lo prendo per un gesto di allontanamento.<br />
“Delle cose che potete fare per fare sentire<br />
accettato uno straniero – mi spiega – è la più<br />
bella. Non ti rivolgeresti mai ad un anziano con<br />
il tu. A me danno del tu tutti quelli che incontro<br />
per strada. Il tuo dare del tu è diverso da quello<br />
degli altri, ma per noi sarebbe bellissimo essere<br />
rispettati da tutti nella maniera più semplice,<br />
quella che usate fra di voi, come primo segno di<br />
rispetto”. Magari non è così importante, magari<br />
è una fissa dei cingalesi e basta, o, ancora meno,<br />
un vezzo di Sival. Però è stato bello imparare<br />
una cosa che nessun corso di politically correct<br />
avrebbe mai insegnato. Buonasera, signor Sival
SHIRIN, LA DONNA<br />
CHE HA VINTO<br />
SHIRIN NESHAT, artista iraniana. Fotografa donne libere. Con poesie sulle mani, negli occhi,<br />
sulle parti “consentite” del corpo, armate di fucile, dure e bellissime. Con i suoi scatti ha<br />
fatto guerra all’integralismo. E ha vinto. Grande donna, Shirin. E grande mostra. A Torino<br />
testo: Guglielmina Paoli / foto: Shirin Neshat<br />
Ci devo riuscire! Così si sarà detta l’artista<br />
iraniana più famosa al mondo. E tanto ha<br />
pensato, ha studiato, s’è arrovellata che alla<br />
fine ce l’ha fatta: è riuscita a far parlare le<br />
donne che l'Islam vuole coperte dal chador e<br />
mute, sottomesse all'uomo: le donne del suo<br />
paese. Come? Con la pelle. Le ha prese, fotografate<br />
e ha scritto sulle parti del corpo che il<br />
codice obbligatorio di comportamento islamico<br />
permette di lasciare scoperte, antichi versi<br />
di poeti persiani o versi ribelli di pionieristiche<br />
poetesse. Le ha fatte parlare con i volti, le<br />
mani e i piedi. Semplice no? Bisognava arrivarci<br />
però e non era facile. E così ha sfidato<br />
l’integralismo di Teheran.<br />
Shirin Neshat è nata a Qazvim, in Iran, nel<br />
1957 ed è andata a studiare arte all’Università<br />
di Berkley, in California, nel 1974. In quel momento<br />
l’Iran è al culmine della sua spinta di<br />
modernizzazione, il velo, che non è obbligatorio<br />
dal 1936, lo porta solo chi vuole. È un<br />
paese moderno nel quale le donne fanno tutto<br />
quel che noi troviamo normale, cose banali<br />
come stare in un bar, andare al cinema, andare<br />
a ballare, uscire con la minigonna.<br />
Nel 1990 Shirin torna e rimane sconvolta dagli<br />
spaventosi cambiamenti imposti dalla rivoluzione<br />
integralista di Khomeini: una forte ricostruzione<br />
dell'identità islamico-iraniana e le<br />
24 URBAN<br />
donne obbligate a rimettere il velo dal 1983.<br />
La distanza tra quello che sa e ricorda della<br />
straordinaria e antichissima cultura della sua<br />
terra e quel che trova soltanto sedici anni dopo<br />
la annichilisce. Alla fine del suo corso di<br />
studi non pensava di “diventare”, di “fare”<br />
l’artista ma quel che vede la spinge di nuovo<br />
da quelle parti, a cercare moduli espressivi,<br />
“modi di dirlo”. L’arte, appunto.<br />
In Iran il corpo femminile è considerato alternativamente<br />
bandiera e simbolo dell’orgoglio<br />
nazionale, emblema di vergogna e umiliazione.<br />
Shirin non ci sta, vuole fare qualcosa e<br />
comincia a fotografare se stessa coperta dal<br />
velo, desiderosa di capire, di comprendere<br />
quello che sta accadendo, di immaginare quel<br />
che succederà in futuro.<br />
Le sue donne velate, una serie di foto raccolte<br />
sotto il titolo The Woman of Allah, spesso oltre<br />
al chador (che letteralmente significa tenda), e<br />
alla pelle che parla, “indossano” anche fucili o<br />
pistole, che stanno a testimoniare la necessità,<br />
la voglia e la forza di opporsi all'oppressione.<br />
Dopo tante bellissime foto, a un certo punto<br />
a Shirin non basta più l’immagine fissa della<br />
fotografia, sente il bisogno di nuovi mezzi<br />
espressivi, nuovi linguaggi. Studia cinema e<br />
diventa assistente del più famoso regista<br />
iraniano, Abbas Kiarostami. Da quel momento<br />
realizza piccoli capolavori, film essenziali,<br />
taglienti, di rara intensità e sensibilità, grande<br />
rigore espressivo e incisività, proiettati in gallerie<br />
d’arte e musei. Con uno di questi,<br />
Turbulent, ha anche vinto un premio alla<br />
Biennale di Venezia (su due schermi contrapposti<br />
scorre l’antitesi tra il mondo maschile e<br />
quello femminile: da una parte violenza e<br />
disordine, dall’altra il sogno e il desiderio di<br />
libertà). Persino Philip Glass, grande compositore<br />
minimalista americano, gliene ha commissionato<br />
uno da presentare durante un tour<br />
di concerti live. Chi li ha visti ammette che la<br />
figura maschile, beh ecco, non fa proprio quella<br />
che si definisce una bella figura.<br />
Esile e minuta, ma forte come l’acciaio, due<br />
grandi occhi scuri di velluto resi ancor più<br />
profondi dal kajal, Shirin vive in una casa-studio<br />
in una stradina di Soho, a New York, un<br />
pezzetto di Iran odoroso come il banco di un<br />
profumiere in un souk: alle pareti tante foto e<br />
decorazioni, per terra tappeti, fiori sempre<br />
freschi, un figlio di otto anni che guarda continuamente<br />
cartoni animati alla tv e un gattone<br />
che si stiracchia sopra i libri. Il governo di<br />
Kathami l’ha riabilitata. Non è più un mostro,<br />
Shirin, e presto ci sarà una sua mostra al<br />
Museo d’Arte Contemporanea di Teheran.<br />
A suo modo, ha vinto.<br />
LA MOSTRA<br />
Per chi vuole conoscere<br />
l’opera di Shirin Neshat,<br />
ma non può andare fino<br />
a Teheran, ecco<br />
l’occasione giusta: la<br />
sua prima grande mostra<br />
pubblica nel nostro<br />
paese, un’antologica<br />
ampia e completa con<br />
le foto e i video, curata<br />
da Giorgio Verzotti.<br />
Ospita il Museo d'Arte<br />
Contemporanea<br />
del Castello di Rivoli,<br />
a due passi, ma proprio<br />
due, da Torino. Dal 28<br />
gennaio al 5 maggio<br />
2002. Il catalogo è<br />
realizzato da Charta.<br />
Per l’occasione,<br />
al Castello di Rivoli<br />
troverete anche <strong>Urban</strong>.<br />
URBAN 25
ABORIGENO<br />
URBANO<br />
Suona un tubo. Cioè: un ramo di eucalipto scavato<br />
dalle termiti. Insomma, un didgeridoo, atavico<br />
strumento aborigeno. Bellissimo, certo, ma andateci<br />
piano con quella roba: vi ruba l’anima<br />
testo: Viola Chandra<br />
foto: Emmanuel Mathez<br />
Cosa fa un australiano, di notte, a Milano, in<br />
via Martinetti? Si sbronza? Difficile, se si trova<br />
nel Centro tibetano. No: Phil Drummy, nato 33<br />
anni fa vicino a Melbourne, insegna didgeridoo<br />
e cultura del popolo aborigeno australiano.<br />
Pur essendo un viso pallido.<br />
Compositore e musicista di vari tipi di strumenti,<br />
a fiato o a percussioni, dice: “Il didgeridoo per<br />
me rappresenta l’origine di qualsiasi strumento<br />
a fiato. Questo ramo di eucalipto scavato dalle<br />
termiti, grezzo e rudimentale, produce un suono<br />
dalle frequenze e dai toni molto bassi, che imita<br />
i versi degli animali selvatici e che agisce<br />
sul lato più istintivo degli uomini. È una musica<br />
profondamente legata alla terra e all’anima.<br />
Secondo gli aborigeni il suo suono, modulato<br />
dagli antenati creativi, ha dato forma ai vari<br />
aspetti della natura. Ed è proprio la natura, dove<br />
gli antenati creativi oggi vivono, a farne nuovamente<br />
dono agli indigeni”. Che lo cercano,<br />
lo trovano, lo puliscono e lo suonano seguendo<br />
rituali arcaici.<br />
Phil Drummy è entrato lentamente nel loro mondo,<br />
da bambino: incantato, attratto e traghettato dai<br />
suonatori di didgeridoo che incontrava nei mercati<br />
o in campagna. Loro lo hanno accolto, si sono<br />
fidati e gli hanno insegnato le tecniche e i segreti<br />
dello strumento.<br />
Non tutti i segreti, però: le canzoni sacre, che si<br />
basano su note immutate da secoli, sono “proprietà”<br />
esclusiva degli iniziati e vengono suonate<br />
esclusivamente nelle cerimonie religiose tribali.<br />
“Secondo la tradizione indigena, un esterno, un<br />
non iniziato, non può avvicinarsi a questa musica<br />
perché la sua energia può distruggerlo.<br />
E distruggere chi gliel’ha trasmessa: cioè l’indigeno<br />
eretico”. Una strage, insomma. La sola<br />
musica che può essere ascoltata, conosciuta e<br />
suonata da tutti è un’altra: quella profana,<br />
da relax. Sono questi i suoni che Phil Drummy<br />
usa, rielabora e contamina: mixandoli con le<br />
canzoni tradizionali di altri paesi e introducendo<br />
delle componenti elettroniche. Una ricerca che<br />
lo ha portato a lavorare molto: con Randy<br />
Crawford e David Lee Roth, per esempio.<br />
In Italia, con Antonella Ruggiero, la PFM e<br />
Eugenio Finardi; nel 1996 è stato in tourné con<br />
Sting e due anni fa ha dato vita al progetto musicale<br />
SongLine, a cui partecipano anche quattro<br />
aborigeni australiani (tra cui Rrurrambu<br />
Burarrawaaanga, uno dei pionieri della musica<br />
indigena). E quindi il disco: Desert Rainbow<br />
(Tropical Music). Intanto lui, che continua<br />
a tenere in tutta Europa stage, corsi e seminari<br />
sul didgeridoo e sulla cultura aborigena (info:<br />
pdrummy@libero.it), è in partenza per<br />
l’Australia: “Ho bisogno di spazi aperti. Qui è<br />
tutto troppo affollato”. Certo, gli immensi spazi<br />
aperti del deserto australiano sono un’altra cosa.<br />
“Ma c’è una cosa qui che laggiù non hanno:<br />
le brioche calde, comprate alle tre di notte,<br />
riesco a mangiarne anche dieci, una dopo l’altra.<br />
Il giorno dopo sto da cani, ma non importa”.<br />
Maledizione aborigena?<br />
URBAN 27
28 URBAN<br />
Sono la misura della velocità del teatro di ricerca italiano.<br />
Indugiano sul quotidiano nelle forme del glamour per<br />
svelarne le potenzialità al di fuori della tendenza del<br />
momento. Amano e contaminano il cinema di Ferrara e di<br />
Wong Kar-Wai, i romanzi di Ballard, la musica pop ma<br />
anche le canzoni politiche anni’60 e il liscio di Castellina<br />
Pasi. Si ispirano tanto al teatro di Pinter che a quello di<br />
Sarah Kane. Fotografano e danno voce alla realtà culturale<br />
attraverso linguaggi scenici che attirano i giovani, anziché<br />
respingerli. Sono di moda e usano le mode. Corteggiati<br />
dai festival all’estero si esibiscono nei musei d’arte<br />
contemporanea. I Motus, insomma. Dalle origini riminesi,<br />
agli inizi dei ’90, sono oggi una realtà teatrale – e più che<br />
teatrale – che dice la sua all’inizio del nuovo millennio, e<br />
che sa come dirla.<br />
Fanno parte della leggenda che aleggia intorno al<br />
gruppo le prime performance, alla discoteca Cocoricò di<br />
Riccione. Qui si è formata l’estetica dei Motus, qui hanno<br />
conquistato il pubblico, qui hanno deciso come operare.<br />
Una di quelle discoteche-massa, divertimentifici della<br />
Riviera, cose che lo spettacolo colto guarda con<br />
sufficienza. E fa male. “Ma è bene non mitizzare troppo<br />
quel periodo”, dicono loro. “Era un momento di forte<br />
teorizzazione, in cui si cercavano nuovi luoghi e spettatori<br />
differenti: le discoteche erano posti ideali. A posteriori e<br />
senza rinnegare nulla possiamo dire che è stato un<br />
esperimento fallito. Una volta la nostra Daniela Nicolò<br />
fu scritturata come attrice solo per stare nuda per quattro<br />
ore tra la gente: una situazione deludentissima e molto<br />
violenta”. Vatti a fidare… “Però fu un momento<br />
formativo… per quel po’ di lire di sopravvivenza e per<br />
partire con il vero teatro”.<br />
Ai Motus è bastata una decina di spettacoli per imporsi<br />
nel panorama nazionale e internazionale e per arrivare fino<br />
al Premio Ubu, l’oscar del teatro italiano. Per il loro modo<br />
spregiudicato di utilizzare le fonti di ispirazione si è parlato<br />
FARE TEATRO senza respingere la gente. Usare tutti i mezzi espressivi. Sperimentare, cambiare, ri-recitare.<br />
E diventare grandi. Storia di un piccolo gruppo partito dal basso che è ormai un grande culto, non solo in Italia.<br />
SEMPREINMOTUS<br />
testo: Sandro Avanzo<br />
foto: Aldo Buscalferri<br />
di post-post-moderno, ma loro non ci stanno: “È più un<br />
metodo di lavoro che non una riflessione estetica. Deriva<br />
dai nostri costanti rapporti con il mondo musicale e delle<br />
arti figurative contemporanee, come pure con quello della<br />
tecnologia”. Così in Catrame facevano agire l’interprete<br />
solista in situazioni violente dentro una vetrina-prigione<br />
all’interno della quale erano posti microfoni che<br />
amplificavano ogni più leggero rumore o respiro. In O.F.,<br />
ispirato all’Orlando dell’Ariosto, recitavano su una<br />
piattaforma rotante alla velocità della luce. In Orpheus<br />
Glance sperimentavano innovative illusioni ottiche.<br />
Ogni volta arrivando alla messa in scena definitiva<br />
attraverso tappe di avvicinamento che erano a loro volta<br />
spettacoli autonomi.<br />
In uno dei primi allestimenti di O.F. lo spettatore doveva<br />
assistere alle azioni sceniche guardando attraverso una<br />
feritoia come in un peepshow. Nella primitiva proposta<br />
dell’Orpheus si veniva accolti in una camera da pranzo anni<br />
’60 circondata da specchi che diventavano trasparenti e<br />
permettevano di assistere alle varie scene. “Il procedere<br />
per fasi ci piace molto, anche se è un modo di lavoro<br />
rischioso. Ci permette però di capire cosa si vuole<br />
veramente fare, quali dei segni che si usano devono finire<br />
nello spettacolo”. Ma questo “procedere per fasi” permette<br />
ai Motus di divertirsi con giochi originali, di portare in<br />
scena animali come il loro cane di casa (il nero Machita),<br />
pesci rossi o pennuti esotici come galli messicani e<br />
pappagalli rari. “Amiamo l’apporto inatteso che comporta<br />
l’animale vivo in scena, la sua scelta casuale di occupare<br />
lo spazio”. Permettono anche di calibrare l’effetto sullo<br />
spettatore delle provocazioni omosex o dei frequenti<br />
nudi integrali. “Ma ogni nostro nudo ha avuto una<br />
contestualizzazione precisa. In O.F. era la citazione di un<br />
quadro rinascimentale, nell'ultimo lavoro, Twin Rooms i<br />
nudi sono disarmanti, di persone che entrano nella<br />
vasca da bagno o si siedono sulla tazza del water”.<br />
Attualmente sono impegnati nel Progetto Rooms iniziato<br />
all’ultimo Festival di Santarcangelo, alle porte di Rimini, e<br />
che si chiuderà l’estate prossima al Grand Hotel di Rimini.<br />
Come dire: da Rimini a Rimini, senza passare per Fellini.<br />
STANZE GEMELLE<br />
Prossimo appuntamento<br />
con i Motus e la loro<br />
stanza-scena-costruzioneiperrealista<br />
al Teatro<br />
Piccolo Arsenale, sabato 9<br />
e domenica 10 febbraio<br />
alle ore 20,30 nel<br />
cartellone del Carnevale<br />
di Venezia (organizza la<br />
Biennale).<br />
Nello spettacolo Twin<br />
Rooms la stanza reale<br />
diventa un set<br />
cinematografico e viene<br />
riprogettata in scala 1:1<br />
su uno schermo-specchio.<br />
Sembra difficile, eh?<br />
Invece è bello. Andateci.<br />
URBAN 29
CHE STORIA!<br />
IL MODELLO FAMOSO, L’ATTORE CELEBRATO, IL SEX SYMBOL DEL MOMENTO. LA MODA SI SFORZA DI TROVARE<br />
TESTIMONIAL SEMPRE NUOVI. URBAN NON CI STA E CHIEDE AIUTO AI GRANDI DEL PASSATO. MOLTO SIMPATICI<br />
FOTO ALDO BUSCALFERRI / STYLING WILLI HASE / MODEL AGENCY MUSEO DELLE CERE, ROMA<br />
GIUSEPPE VERDI, COMPOSITORE DI HIT DA CLASSIFICA , PATRIOTA: GILET DI COTONE, SWEATSHIRT E PANTALONI DI NYLON D&G<br />
URBAN 31
32 URBAN<br />
CAMILLO BENSO CONTE DI CAVOUR, STATISTA, STAR DEL RISORGIMENTO: GIACCA DI COTONE ANDREW MCKENZIE, T-SHIRT D&G MAO TSE TUNG, GRANDE TIMONIERE, AUTORE DEL BEST-SELLER LIBRETTO ROSSO: MAGLIA E T-SHIRT E COLLANE FRANKIE MORELLO<br />
URBAN 33
34 URBAN<br />
PABLO PICASSO, PITTORE DI SUCCESSO: CAMICIA FAKE LONDON, GILET VERSUS NAPOLEONE BUONAPARTE, STRANIERO DELLA NAZIONALE FRANCESE: CAMICIA MALCOM MCINNES, GILET ANDREW MCKENZIE, PANTALONI VERSUS, MEDAGLIE D-SQUARED<br />
URBAN 35
Wolfgang Tillmans, Bania II, 1999, Courtesy Maureen Paley, Interim Art<br />
GUIDA|FEBBRAIO<br />
MUSICA 38<br />
MEDIA 41<br />
LIBRI 43<br />
FILM 44<br />
La star del mese: Wolfgang Tillmans.<br />
Rivoli (To), Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea.<br />
20 febbraio - 5 maggio 2002<br />
CAPOLAVORO<br />
Oh mio Dio! Come ho fatto senza, finora?<br />
GRANDE<br />
Come sarebbe già finito!? Ancora! Ancora!<br />
BUONO<br />
Non ci cambierà la vita, ma funziona<br />
VABBÈ<br />
Coraggio, consideriamola una prova generale<br />
BLEAH!<br />
Complimenti! Fare peggio era davvero difficile<br />
PRO E CONTRO<br />
I VOTI DI URBAN<br />
BUONI E CATTIVI<br />
AFFOLLATO<br />
Be’, tutti qui stasera?<br />
ETNICO<br />
Qui nessuno è straniero<br />
FLIRT<br />
Uno ci spera sempre /1<br />
GAY<br />
Uno ci spera sempre /2<br />
ROMANTICO<br />
Due cuori e un tavolino<br />
VEGETARIANO<br />
Il silenzio delle zucchine<br />
VIP<br />
C’era questo, c’era quello...<br />
TEATRO 46<br />
ARTE 49<br />
SHOPPING 51<br />
CLUB 52<br />
SIATE MULTIMEDIALI,<br />
SHAKERATE LA CITTA<br />
Il cinema, la musica, la lettura, il cibo, il tempo libero. Il consumatore a una<br />
dimensione non c’è più, si mischia tutto. Bene! Siamo qui per questo...<br />
L’arte (il mestiere, forse?) di mischiare è una delle caratteristiche<br />
di <strong>Urban</strong>. Si mischia il teatro con il cinema, e il cinema<br />
con la musica, e la lettura con tutto il resto. Vista, udito<br />
eccetera eccetera, senza dimenticare il gusto. Di mese in<br />
mese ci siamo accorti che l’arte (il mestiere?) del mischiare<br />
si diffonde sempre più. Al ristorante si può ballare e leggere,<br />
l’aperitivo è passato in pochi anni da rito pre-cena a rito<br />
quasi-cena, la notte si è allungata. Le librerie sono diventate<br />
media-store dove si trova di tutto dal videogioco al saggio,<br />
dal giornale straniero all’aggeggio elettronico, certi negozi<br />
servono colazioni, alcuni bar sembrano negozi. La<br />
sensazione è che il tempo libero, il consumo non abbiano<br />
più frontiere e mischino anche loro – soprattutto loro – generi<br />
e stili, e quindi finiscano per shakerare il pubblico.<br />
Dunque, con un po’ di sorpresa, ci ritroviamo a tracciare<br />
FOOD: Milano 57<br />
Roma 61<br />
Bologna 64<br />
Torino 67<br />
questa guida seguendo l’aria che tira, sapendo che la nuova<br />
filosofia è, per così dire, multimediale e disposta alla variazione.<br />
Il cliente è più curioso: si può trovare la coda alla<br />
mostra off-off e magari il cabaret al ristorante, o il thè in libreria.<br />
E del resto chi vende cultura (librai, discografici, gestori<br />
di cinema e teatri) tende sempre più a “far succedere”<br />
qualcosa. Il pubblico – noi, voi – si aspetta sempre più questo,<br />
dal mini-evento alla performance. Vivacità, inventiva e,<br />
alla fine, capacità di mischiare. Proprio come queste pagine<br />
di <strong>Urban</strong> che mischiano, appunto, quel che c’è da fare, vedere,<br />
leggere, ascoltare. Senza passività, costruendosi giorno<br />
per giorno il proprio menu, fosse gastronomico o culturale.<br />
Ci sembra che questo “sapersi muovere” sia un valore<br />
nuovo, <strong>Urban</strong> lo guarda e lo racconta. Buona lettura.<br />
A.R.<br />
A Milano le palme non ci sono, ma c’è la Tattoo Convention. 8, 9, 10 febbraio 2002, Pala Aquatica, via Airaghi 61<br />
IL CARNEVALE E LA LIBRERIA DA SENTIRE<br />
MILANO / Feltrinelli libri e musica<br />
Ascoltare liberamente qualsiasi cd tra<br />
quelli presenti nel negozio. Sogno?<br />
Realtà, sembrerebbe. Lo promette infatti<br />
il nuovo megastore Feltrinelli<br />
(P.za Piemonte 2) grazie a 50 postazioni<br />
audio dotate di un lettore ottico<br />
in grado di leggere i 30.000 cd in<br />
assortimento. Il megastore, 1600 mq<br />
su tre piani, offre anche 55.000 libri,<br />
500 riviste e un’area ragazzi.<br />
Inaugurazione il 7 febbraio<br />
MI – ROMA – BO / Dream Theater<br />
Il metal è in calo? Il progressive è in<br />
disarmo? Andate a controllare se è<br />
vero con questo gruppo che incrocia<br />
due generi supposti démodé e in realtà<br />
seguiti più di quanto non si pensi.<br />
Un’orgia di chitarre e tastiere per chi<br />
ama i kolossal sonori. Loro fanno gli<br />
elegantoni un po’ mistici: per una<br />
sera, perché no? Prezzi alti (tra i 25 e<br />
i 30 euro). A Milano (il 14), Roma (il<br />
15) e Bologna (il 16 febbraio)<br />
VENEZIA / Temps d’Images<br />
Carnevale. Tempo di corpi, immagini,<br />
danza e teatro, musica, cinema e televisione.<br />
Dove? A Venezia, che domande!<br />
Temps d’Images – Smascheramenti<br />
di immagini e corpi in tempo di<br />
Carnevale è il festival europeo, programmato<br />
contemporaneamente anche<br />
a Parigi e Bruxelles, che a Venezia<br />
prevede video, installazioni, film, spettacoli<br />
di vario genere (wwww.labiennale.org).<br />
Dall’1 al 10 febbraio<br />
URBAN 37<br />
foto: Jason Dewey - Stone/Laura Ronchi
SNOWBOARD<br />
Da sentire in cuffia, al volume<br />
massimo, durante i fuoripista.<br />
Se arriva la neve...<br />
1.<br />
2.<br />
3.<br />
4.<br />
5.<br />
6.<br />
7.<br />
8.<br />
9.<br />
10.<br />
38 URBAN<br />
PUNK IN DRUBLIC<br />
NoFx - Epitaph<br />
PENNYBRIDGE<br />
PIONEERS<br />
Millancolin - Burningheart<br />
I DON'T WANT<br />
TO GROW UP<br />
Descendents - SST Records<br />
ALL BORO KINGS<br />
Dog Eat Dog - Roadrunner<br />
SKATE TO HELL<br />
Satanic<br />
SurfersBurningheart<br />
ASTRO LOUNGE<br />
Smash Mouth - Universal<br />
RAGE AGAINST THE<br />
MACHINE<br />
Rage Against the Machine<br />
Sony Music<br />
A PLACE IN THE SUN<br />
Lit - BMG<br />
QUEENS OF<br />
THE STONE AGE<br />
Queens of the Stone Age<br />
Universal<br />
THE ANIMAL HOUSE<br />
SOUNDTRACK<br />
Artisti Vari - Universal<br />
URBAN HITS<br />
Non è una classifica. È quello<br />
che abbiamo ascoltato facendo<br />
questo numero di <strong>Urban</strong>.<br />
Questo spiega molte cose…<br />
1.<br />
2.<br />
3.<br />
4.<br />
5.<br />
6.<br />
7.<br />
8.<br />
9.<br />
10.<br />
LA REVENCHA<br />
DEL TANGO<br />
Gothan Project - PIAS<br />
IL CONCERTO II<br />
Fabrizio De André - Ricordi<br />
GENETIC WORLD<br />
Télépopmusik - EMI<br />
MY HOUSE IN<br />
MONTMARTRE<br />
Artisti Vari - Virgin<br />
BRAZUCA MATRACA<br />
Wagner Pà - Virgin<br />
TARANTULAE<br />
Nidi D'Arac - CNI<br />
BODY AND SOUL<br />
Nusrat Fateh Alì Khan<br />
& Party - Real World<br />
NOT SO HAPPY<br />
TO BE SAD<br />
Shandon - Virgin<br />
THE REBEL YEARS<br />
The Black Halos - W’n’B<br />
PLANETA ESKORIA<br />
Ska-P - BMG<br />
MUSICA<br />
SEGNALI ELETTRONICI,<br />
SUADENTE OSSESSIONE<br />
TÉLÉPOPMUSIK<br />
Genetic world – EMI<br />
Le buone notizie continuano<br />
ad arrivare dalla Francia.<br />
Télépopmusik nasce dall'unione<br />
di Stephan Haeri,<br />
Christophe Hétier e Fabrice<br />
Dumont, già protagonisti delle<br />
compilation Sourcelab con la<br />
sigla Sonic 75. A loro, impegnati<br />
nella costruzione architettonica<br />
e sonora dell'album,<br />
si aggiungono, come uno<br />
splendido cast di ospiti, le voci<br />
che colorano le parole di<br />
Genetic world: Angela<br />
Puntuale come l’influenza, ecco<br />
un altro classico di inizio d’anno:<br />
i lamenti dei discografici. I<br />
dischi si vendono poco, non si<br />
vendono, in classifica dominano<br />
i greatest hits, la gente si<br />
Mac Clusky, Unhook the stars,<br />
Soda-pop (già negli Earthling),<br />
Juice Aleem, Chilly Gonzales e<br />
Peaches.<br />
Il risultato, lungi dal mettere in<br />
mostra incongruenze e dislivelli,<br />
è un capolavoro, capace di<br />
mescolare elettronica, jazz della<br />
nuova generazione, hip hop<br />
della vecchia e della nuova<br />
scuola, astrattismi rock, rumori<br />
di fondo, scratches da dj consumati,<br />
voci e richiami dal<br />
mondo dell’etere televisivo e<br />
scienza applicata alla musica.<br />
Ascoltate l’incipit del disco,<br />
butta sulle offerte low-price e<br />
snobba i bei cd nuovi da 20 e<br />
passa euro. Insomma, niente di<br />
nuovo sotto il laser, a parte le<br />
cifre: secondo l’Afi (l’Associazione<br />
dei fonografici italiani)<br />
Breathe, e basterà per darvi<br />
un’idea sul resto: è come se i<br />
Portishead, o meglio, i Lamb,<br />
fossero passati per un nuovo<br />
minimalismo dove la magia<br />
elettronica ha preso il sopravvento<br />
sulle tinte dark e oscure<br />
che prima coloravano il loro<br />
blues. I Télépopmusik sanno<br />
essere suadenti, profondi, ossessivamente<br />
leggeri e leggermente<br />
ossessivi.<br />
12 brani da consumare, perfetta<br />
colonna sonora dello spostamento<br />
urbano, da gustare in<br />
metro come dietro i finestrini<br />
MENO VENTI PER CENTO:<br />
IL DISCO NON GIRA PIU<br />
I giovani comprano meno, resistono le compilation e le offerte<br />
speciali. E in primavera arriva il nuovo trucchetto: il supercd che si<br />
sente meglio (forse) e non si può masterizzare (di sicuro)<br />
siamo al meno 20 per cento.<br />
Non male: significa che su cinque<br />
persone che compravano<br />
un disco l’anno scorso, una,<br />
quest’anno, non l’ha comprato.<br />
Ach! Tra i motivi, viene indicata<br />
Arriva dalla<br />
Francia un<br />
nuovo suono<br />
urbano. Hiphop<br />
ed<br />
elettronica,<br />
jazz e rumori<br />
rubati dal<br />
sonoro dei<br />
nostri tempi.<br />
Così Télépopmusik<br />
gioca al<br />
rilancio, tra<br />
Lamb e<br />
Portishead.<br />
Ben fatto!<br />
di un tram, oppure al chiuso di<br />
una camera con vista sui palazzi<br />
illuminati dalle luci della notte.<br />
Suoni per la città.<br />
Questa è la musica che vorremmo<br />
trovare più spesso (sui<br />
giornali e sugli scaffali, sotto i<br />
nostri laser), questa è la musica<br />
cui andrebbe rivolta attenzione<br />
adesso: è parte di una<br />
nuova colonna sonora, parte<br />
del suono dei tempi che ci circondano<br />
e che dischi come<br />
questo servono a raccontare.<br />
LUCA BERNINI<br />
la “disaffezione dei giovani per<br />
il prodotto disco”, che coincide<br />
forse con lo scarso entusiasmo<br />
con cui ci si separa ogni volta<br />
da una bella sommetta. E dunque?<br />
Dunque il mercato spera<br />
nel nuovo barbatrucco inventato<br />
da Universal, i nuovi supercd,<br />
i Sacd. Avranno un effetto<br />
surround, dicono, però costeranno<br />
di più e non saranno copiabili.<br />
Sfugge come questo<br />
possa riavvicinare i giovani al<br />
“prodotto cd”, ma tant’è, come<br />
si sa è un campo in cui non ci<br />
sono sicurezze. Anzi, una c’è:<br />
l’Iva sui prodotti discografici rimane<br />
al 20 per cento. Così imparano,<br />
i famosi giovani!<br />
OZOMATLI- EMBRACE THE CHAOS INTERSCOPE<br />
CHEMICAL BROTHERS<br />
Come with us - Virgin<br />
Cari Chemical Brothers, non ci<br />
fregate. Avevamo gridato al<br />
miracolo ispirati dal vostro Exit<br />
planet dust, uno degli esordi<br />
più spettacolari degli anni ’90,<br />
apriporta al big beat e a buona<br />
parte della elettrodance in voga<br />
anni dopo, il giusto matrimonio<br />
tra il cyberpunk e la<br />
grazia architettonica di Bach.<br />
Avevamo gioito per il successo<br />
anche di pubblico arrivato con<br />
il successivo Dig your own hole<br />
ma poi, parafrasando quello<br />
stesso titolo, la fossa avete iniziato<br />
a scavarvela da soli.<br />
Surrender era un piacevole<br />
niente di nuovo, e adesso<br />
Come with us è una innocua<br />
voglia di vecchio. C’era più forza<br />
nei primi due minuti di Exit<br />
planet dust, anno di grazia<br />
1995, che in tutto questo nuovo<br />
capitolo della vostra avventura.<br />
Le vostre tute da eternauti<br />
ci stanno strette, per cui,<br />
gentilmente, accostate un attimo<br />
l’astronave: noi scendiamo<br />
qui.<br />
LUCA BERNINI<br />
OZOMATLI<br />
Embrace the chaos<br />
Interscope - Records<br />
Il nome del gruppo, Ozomatli,<br />
viene da quello del dio Azteco<br />
della danza; l’album, Embrace<br />
the chaos, è il “secondo passo<br />
nel progetto che gli Ozomatli<br />
hanno di mostrare al mondo<br />
che la futura musica urbana<br />
BILLY COBHAM - DRUM’N’VOICE<br />
d’America è già qui, e canta e<br />
balla salsa su una samba hip<br />
hop”, per dirla con le parole<br />
del loro sito. Niente di più vero:<br />
impegnati politicamente,<br />
esuberanti musicalmente, i sette<br />
dell’Apocalisse mescolano<br />
con gioia e violenza Los Lobos<br />
e De La Soul, Rage Against the<br />
Machine e Tito Puente, in un<br />
crossover stradaiolo ed eccitante.<br />
Reduci da tre anni trascorsi<br />
in tour per il mondo,<br />
con Embrace the chaos gli<br />
Ozomatli sono adesso pronti<br />
per conquistarlo e, a giudicare<br />
dai risultati, hanno frecce al loro<br />
arco più che sufficienti.<br />
LUCA BERNINI<br />
BILLY COBHAM<br />
Drum’n’voice - Nicolosi<br />
Productions<br />
A quasi 60 anni non si smentisce<br />
e disco dopo disco sorprende<br />
sempre con qualcosa di<br />
nuovo e affascinante.<br />
Panamense di nascita ma newyorkese<br />
d’adozione, Billy<br />
Cobham con questo album<br />
conferma il suo talento compositivo<br />
e strumentale e la sua<br />
straordinaria capacità di coinvolgere<br />
ed emozionare, realizzando<br />
un immaginario ponte<br />
fra la tradizione e un futuro<br />
che grazie a lui è sempre e comunque<br />
trascinante. L’ha fatto<br />
con Max Roach e Tony<br />
Williams, controllando per primo<br />
la batteria elettronicamente,<br />
e poi in mille altri modi con<br />
Thelonius Monk, Stan Getz,<br />
NITIN SAWHNEY,<br />
ELETTRICO,<br />
ETNICO E POP<br />
CI PROVA IN DVD<br />
Un flusso continuo audio-video per il<br />
guru dell’elettro-pop. Un documentario, più<br />
o meno: un po’ poco per un innovatore<br />
SUBSONICA - AMOREMATICO<br />
Miles Davis e decine di gruppi<br />
e orchestre. Il segreto? Sempre<br />
lo stesso: gran cuore e gran<br />
tecnica. Semplice, vero?<br />
ANDREA SCARPA<br />
ARTISTI VARI<br />
PAZ! Colonna Sonora<br />
Originale - Nun<br />
Se muori, le tue possibilità di<br />
diventare un mito salgono<br />
dell’84,5%. Se sopravvivi però<br />
hai il 32,6% di possibilità di<br />
impedire che le tue storie e i<br />
tuoi personaggi vengano veltronizzati.<br />
Andrea Pazienza è<br />
morto. Perciò, anche se nei<br />
suoi fumetti c’erano già tutte le<br />
immagini e le musiche che riteneva<br />
opportune (dai Residents<br />
di Commercial album ai<br />
Rockets di Ontheroadeghein –<br />
roba tosta), mo’ si becca il filmtributo<br />
con la sua brava colonna<br />
sonora “filologically correct”<br />
a opera di un tot di ex-C.S.I.,<br />
Tiromancino, alcuni “alternativi”<br />
raccogliticci e – udite udite<br />
– Lucio Dalla. Il che dimostra<br />
che alla fine sopravvivere ha il<br />
suo bel perché.<br />
PAOLO MADEDDU<br />
SUBSONICA<br />
AMOREMATICO - Mescal<br />
Trascurate i testi, che sono roba<br />
da cannoneggiarsi i maroni<br />
(“Flusso, derive, parole sugli<br />
edifici e sui cieli di noi, sulle<br />
stagioni e sui nostri perché”: e<br />
dire che sono ragazzi simpatici).<br />
Concentratevi sulla musica,<br />
che è esattamente quanto i<br />
NITIN SAWHNEY<br />
Prophesy - V2<br />
Trasposizione su Dvd per il<br />
fortunato quinto album di una<br />
delle rivelazioni della musica<br />
elettro-etno-ambient degli anni<br />
’90, l’angloindiano Nitin<br />
Sawhney. Prophesy è un album<br />
nato e registrato in viaggio, e<br />
così viene illustrato, grazie all’abbinamento<br />
con immagini girate<br />
tra Sudafrica, India,<br />
Australia, Stati Uniti, in una riserva<br />
dei nativi americani, e a<br />
Londra.<br />
Il risultato è un flusso continuo<br />
di audio&video, che non can-<br />
ARTISTI VARI- PAZ!<br />
Subsonica volevano fare: un disco<br />
di club music italiana credibile.<br />
Ok, anche loro sono iscritti<br />
a quella confraternita dell’eterno<br />
ritorno agli anni ’80 che<br />
da anni ci sta ossigenando i<br />
timpani, ma vi sfidiamo a trovare<br />
un disco italiano altrettanto<br />
palpitante, vibrante, tremante,<br />
fremente, martellante, sussultante.<br />
Eccetera. Insomma un<br />
buon disco italiano. Rarità.<br />
Bravi.<br />
PAOLO MADEDDU<br />
WU-TANG CLAN<br />
Wu-Tang iron flag - Sony<br />
Music<br />
In America è uscito a metà dicembre<br />
e ha fatto subito sfracelli<br />
conquistando le posizioni<br />
alte delle varie classifiche. Da<br />
noi, un mese dopo, non sarà la<br />
stessa cosa ma di sicuro i veri<br />
appassionati di hip-hop non<br />
esiteranno a gustarsi questo<br />
quarto album dell’ensemble<br />
più carismatico, incazzato e autentico<br />
della scena afroamericana.<br />
Senza Ol’ Dirty Bastard<br />
ma con uno scatenato Method<br />
Man e un rigoroso Flavor Flav<br />
(già con i Public Enemy), Rza e<br />
soci non cedono al pop, citano<br />
Moby, il jazz e Jingle bells, cercano<br />
il legame con il jazz e<br />
quando serve colpiscono dritto<br />
sul naso, confermandosi gli incontrastati<br />
numeri uno. E in<br />
Back in the game hanno chiamato<br />
anche Ron Isley degli<br />
Isley Brothers!<br />
ANDREA SCARPA<br />
cella però l’idea di una certa ripetitività<br />
nell’uso del materiale.<br />
E in effetti, date le straordinarie<br />
capacità del supporto, questo<br />
Dvd di Nitin Sawhney non si<br />
spreca molto: oltre alle sequenze<br />
scelte per illustrare le canzoni,<br />
ci sono alcune interviste a<br />
persone che hanno ispirato i<br />
pezzi dell’album, il video di<br />
Sunset e una galleria fotografica<br />
che si snoda lungo le note di<br />
Breathing light.<br />
Un po’ poco, per motivare all’acquisto:<br />
meglio il semplice<br />
cd, le immagini, una volta tanto,<br />
mettetecele voi.<br />
LUCA BERNINI<br />
ON STAGE<br />
MILANO<br />
01.02.2002<br />
MARC RIBOT<br />
Salumeria della Musica<br />
L’album di sola chitarra<br />
Saints e tanto altro, nella<br />
performance<br />
dell'Imprevedibile.<br />
03.02.2002<br />
BAD RELIGION - Rolling Stone<br />
Uno dei nomi storici del rock<br />
alternativo made in USA. Se<br />
volete un tuffo nella melodia<br />
furente. Bollenti.<br />
11.02.2002<br />
STAIND - Alcatraz<br />
La rivelazione nu metal del<br />
2001, finalmente in Italia.<br />
Potenti, con giudizio.<br />
ROMA<br />
4 e 5.02.2002<br />
LUCA CARBONI<br />
Teatro Olimpico<br />
Il buon Lu.ca porta le sue canzoni<br />
pastellate in giro per<br />
l'Italia. Mah!<br />
6 e 7.02.2002<br />
NINE BELOW ZERO<br />
Big Mama<br />
Inossidabili. Facevano boogie<br />
quando la redazione di <strong>Urban</strong><br />
era nella culla, un quarto di secolo<br />
dopo ancora spingono. E<br />
bene.<br />
11.02.2002<br />
MAX GAZZÈ - Teatro Sistina<br />
È tornato con un nuovo album,<br />
Gazzilla, e adesso riarrangia<br />
tutto dal vivo. Talentuoso.<br />
15.02.2002<br />
ADDICTION<br />
Black Out Rock Club<br />
Fanno rock di confine con il<br />
crossover, sono potenti e affamati<br />
di palco. Se avete voglia<br />
di pogo...<br />
BOLOGNA<br />
1.02.2002<br />
SHANDON<br />
Estragon<br />
Uno dei migliori nomi del<br />
punk nostrano. Sceglieteli, e<br />
non ve ne pentirete. Sfrenati.<br />
12.02.2002<br />
WATERBOYS<br />
Teatro delle Celebrazioni<br />
Un grande ritorno, per il glorioso<br />
folk-rock inglese, ormai sempre<br />
più contaminato. Etilico.<br />
TORINO<br />
06.02.2002<br />
SAINKHO NAMTCHYLAK<br />
Hiroshima Mon Amour<br />
Leggendaria vocalist di origine<br />
mongola, poetessa e tanto<br />
altro. Più che un concerto,<br />
una performance.<br />
08.02.2002<br />
LOU DALPHIN<br />
Hiroshima Mon Amour<br />
La musica occitana più famosa<br />
d'Italia. Per chi non li ha<br />
mai visti, un piccolo evento.<br />
URBAN 39
MEDIA<br />
LOOK E DESIGN,<br />
FORSE E SOLO<br />
ROCK , N , ROLL<br />
È probabile che non sapremo<br />
mai perché Elvis Presley prese ad<br />
andare nel negozio di Beale<br />
Street, a Memphis, prima ancora<br />
di diventare The King e di “inventare”<br />
il rock’n’roll. Insomma, lì, nel<br />
negozio di sartoria e creazioni di<br />
moda dei fratelli Lansky, ci andavano<br />
più o meno solo malavitosi<br />
e parvenu. Però sappiamo perché<br />
i fratelli Lansky divennero poi<br />
Video, Internet, radio e testi<br />
scritti. Tutto “in rete”, in un network<br />
che si propone di integrare<br />
media diversi che “nascono dal<br />
basso”, che sperimentano nuove<br />
forme di comunicazione e di arte.<br />
Insomma, Making art doing multimedia,<br />
come promette il progetto-mostra<br />
Activism–Hacking–<br />
Artivism che si terrà al Museo<br />
Laboratorio Arte Contemporanea<br />
(06-49910365) dell’Università<br />
La Sapienza dall’8 febbraio al 1<br />
marzo. Un evento che mischia<br />
politica, arte, cultura e nuove tec-<br />
delle star: perché vestirono Elvis,<br />
e con lui tutto il rock’n’roll anni<br />
’50. Ovvio che se volete un altro<br />
caso clamoroso dovete ripiegare<br />
su Dougie Millis, che si inventò<br />
quei colletti rotondi per i Beatles<br />
e, da allora, passò anche lui come<br />
un inventore di rock. Oppure<br />
(ma non staremo esagerando?)<br />
c’è sempre il caso di Malcom<br />
McLaren, che da un negozio di<br />
Come per molte<br />
altre cose, in<br />
principio fu Elvis.<br />
Poi vennero i<br />
Beatles. Ma sapete<br />
com’è: le star<br />
passano, i sarti<br />
restano. E la moda<br />
di oggi viene da lì<br />
I MEDIA FATTI IN CASA,<br />
GLI HACKER IN VETRINA<br />
nologie e che, al di là di alcune<br />
considerazioni improntate a un...<br />
facile ottimismo (“l’arte è facile, la<br />
tecnologia è facile”), raccoglie<br />
realtà importanti che da tempo<br />
vestiti (li disegnava Vivianne<br />
Westwood) cavò fuori come da<br />
un cilindro la tellurica meteora<br />
dei Sex Pistols. Bene. Se ora<br />
pensate ancora che la moda<br />
(pardon: la Moda) sia una cosa<br />
che discende dai piani alti (Place<br />
Vandôme, Regent Street,<br />
Montenapoleone) verso il basso<br />
(la gente) non avete capito bene,<br />
meglio che studiate un po’. Per<br />
sperimentano nuove forme di comunicazione<br />
(Indymedia Italia,<br />
Decoder e Hackmeeting, giusto<br />
per fare qualche nome).<br />
Termina invece il 2 febbraio la<br />
esempio su questo testo fondamentale,<br />
Look (di Paul Gorman,<br />
Arcana Editore, 28 euro e 41<br />
spesi bene), che analizza il rapporto<br />
tra rock e moda, diciamo –<br />
per dare l’idea – dal re di<br />
Memphis ai giorni nostri. Perché<br />
prima di finire nelle grinfie delle<br />
griffe, di solito, il tutto nasceva<br />
dal basso, quasi sempre dalla<br />
strada, proprio il posto dove fibrillava<br />
il rock. Agli stilisti, magari<br />
non ditelo che da trent’anni copiano<br />
“la musica di tutti gli assassini<br />
sulla faccia della terra” (come<br />
disse Sinatra). Ma voi, ragazzi,<br />
meglio che lo sappiate.<br />
ALESSANDRO ROBECCHI<br />
Politica, arte, cultura. Comunicare “dal basso”. Mostra-evento a Roma<br />
Rassegna di narrativa e poesia<br />
organizzata dal sito culturale<br />
www.arpanet.org insieme al<br />
Gruppo Mondadori.<br />
Informatevi e scrivete.<br />
TORMENTONI<br />
IL PAPA, GEORGE CLOONEY<br />
E LO SPOT DIVENTA CULT<br />
Le celebrazioni di Natale in<br />
Vaticano annullate per l’assenza<br />
del cardinale Martini.<br />
Il Papa ha dichiarato: “No<br />
Martini, no party”. Era la vigilia,<br />
e in meno di ventiquattrore<br />
la barzelletta si è propagata<br />
come un’epidemia, raccontata<br />
o spedita in decine di migliaia<br />
di e-mail e sms. Al punto da<br />
approdare sulle prime pagine<br />
dei quotidiani e in apertura<br />
dei telegiornali. Era dai tempi<br />
dell’agente 007 con la sua<br />
vodka-Martini “agitata, non<br />
mescolata”, che un aperitivo<br />
non si beccava tanta pubblicità<br />
gratis, ed era dal “Nuovo?<br />
No, lavato con Perlana” e dal<br />
“liscia, gassata o Ferrarelle”<br />
che uno slogan non entrava<br />
come un riflesso condizionato<br />
nel parlare comune moltiplicandosi<br />
di bocca in bocca.<br />
Se il buontempone che per<br />
primo ha messo in giro la<br />
battuta è rimasto ignoto, l’ideatore<br />
del motto festaiolo<br />
ha invece nome e cognome.<br />
Si chiama Leonardo Manzini,<br />
modenese, 43 anni e 45 di<br />
scarpe, patito del vinile e di<br />
un “avvincente romanzo” intitolato<br />
La Bibbia. E mentre il<br />
George Clooney dello spot è<br />
brizzolato, scapolo, centauro<br />
e tifa per i Cincinnati Reds,<br />
Leonardo è interista, separato<br />
e sfidanzato, calvizie avanzata,<br />
e gira con una Tipo ammaccata<br />
dell’89 (ma in garage<br />
conserva un Maggiolino<br />
del ’63, protagonista della<br />
più famosa campagna pubblicitaria<br />
del XX secolo). Lavora<br />
in tandem con l’art Sergio<br />
Mascheroni per l’agenzia<br />
Armando Testa, la numero<br />
uno in Italia davanti a quindici<br />
multinazionali della persuasione,<br />
quella di Pippo e<br />
Calimero e in tempi più recenti<br />
delle veliste di Telecom.<br />
Allora, Leonardo il genio,<br />
Manzini più citato di<br />
Manzoni… “Non bestemmiamo”<br />
fa lui “noi cerchiamo solo<br />
di vendere un prodotto, io<br />
di raggiungere il massimo col<br />
minimo delle parole.<br />
Certo fa un bell’effetto quando<br />
il tuo lavoro va al di là del<br />
previsto e diventa un tormentone.<br />
Fortuna, anche.” C’è di<br />
che festeggiare. Cosa prendi<br />
Leonardo? “Un cuba libre, grazie,<br />
ne vado matto.” Cuba libre?!!<br />
E il Martini? “Beh, quando<br />
non sono in servizio…”<br />
VITTORIO MONTIERI<br />
URBAN 41
LIBRI<br />
CANDIDA E FEROCE,<br />
L , ODISSEA GIOVANE<br />
Tono picaresco e romanzo di formazione. Un quasi-esordio per Giuseppe Casa, una<br />
piccola éducation sentimentale divertente, furibonda e precaria tra Roma e l’Europa<br />
LA NOTTE È CAMBIATA<br />
Giuseppe Casa<br />
Rizzoli, 300 pp., 13,50 euro<br />
La notte è cambiata ha la forza e<br />
la novità d’un romanzo d’esordio<br />
ma in realtà Giuseppe Casa è già<br />
autore d’una prova narrativa di<br />
culto, Veronica dal vivo, uscita<br />
qualche tempo fa per i tipi<br />
Transeuropa. In questo nuovo libro,<br />
diviso in tre parti che danno<br />
conto di tre diversi giri dell’esistenza<br />
d’un giovane uomo, Casa<br />
ha probabilmente messo molto di<br />
autobiografico: pure lui arriva giovanissimo<br />
dalla Sicilia a Roma,<br />
frequenta l’Isef, si “forma” in quegli<br />
stessi anni e cioè fra gli<br />
Ottanta e i Novanta.<br />
All’inizio c’è dunque molta Sicilia,<br />
una venerazione infantile per<br />
Bruce Lee, il rapporto fisiologicamente<br />
conflittuale col padre, il<br />
conseguimento del diploma di<br />
geometra con le iniziali, volenterose<br />
e poi farsesche, mosse nel<br />
mondo del lavoro – nell’ambiente<br />
dell’edilizia, si vuol dire, in quel<br />
posto e a quell’epoca! –, la prima<br />
esperienza sessuale fornito di<br />
preservativi costosissimi, la prima<br />
delusione sentimentale (gli viene<br />
preferito un vigile urbano), la frequentazione<br />
di un tossico “un<br />
drogato che si drogava, che era<br />
stato su a Roma ed era tornato<br />
drogato” che lo inizia alle canne<br />
(passaggio davvero molto bello<br />
ed efficace), e poi l’amicizia col famoso<br />
“poeta ricchione” Jacopo<br />
Snello venuto giù dalla Capitale (e<br />
Roma è proprio la seconda tappa<br />
importante di questa storia asso-<br />
GIOVANI SENZA TEMPO<br />
Autori vari, Ombre Corte,<br />
230 pp., 14,46 euro<br />
Giovani, meno giovani, non più<br />
giovani: avete quarant’anni e,<br />
dentro, ve ne sentite sedici?<br />
Trenta e siete nello stesso posto<br />
di quando ne avevate dodici, cioè<br />
a casa con mamma e papà?<br />
Ottanta e ancora vi propongono<br />
un’assunzione con contratto di<br />
lutamente picaresca che poi si<br />
sposterà a Londra passando per<br />
un memorabile viaggio ad<br />
Amsterdam al fianco d’un compagno<br />
di corso maniaco sessuale,<br />
entusiasta shit-lover).<br />
A Roma non c’è solo Jacopo<br />
Snello con la casa bohémienne di<br />
Trastevere: c’è soprattutto la sua<br />
sexy segretaria Jole che circuisce<br />
il ragazzino fuggito dalla Sicilia<br />
procurandogli la quasi immediata<br />
espulsione dalle grazie del “poeta<br />
ricchione”. Segue seconda parte<br />
con la comparsa di vari personaggi<br />
femminili (le coinquiline stiliste<br />
de tendenza, l’avida Vera, la pazza<br />
Assunta che dai deliri mistico-<br />
formazione? Niente paura, non<br />
siete dei ritardati. E soprattutto<br />
non siete soli. Oppure siete giovani<br />
davvero e vi sareste rotti i<br />
coglioni di sentir parlare solo di<br />
Mostri, Psicopatici e Devastatori<br />
e solo a firma dei giovanologhi<br />
ufficiali del Rotary Club? Bene, allora<br />
siete pronti per qualcosa di<br />
serio, per un po’ di storia, politica<br />
e critica. Giovani senza tempo,<br />
religiosi cade dritta nel punk metal)<br />
e dominata dalla figura di<br />
Calzerosse, universitaria conosciuta<br />
alla Sapienza che lo motiva<br />
nell’okkupazione, concerti e film<br />
al Forte Prenestino, focosi rendez-vous<br />
nella Casa dello<br />
Studente che finiranno con un involontario<br />
ingravidamento. Da qui<br />
la costrizione nel ruolo di marito<br />
e padre d’un bimbo spastico, la<br />
tristezza della periferia e del mutuo,<br />
la disoccupazione e la depressione.<br />
La fuga. Però a<br />
Frosinone. La terza parte diventa<br />
gelida e rarefatta, i compagni di<br />
strada sembrano trentenni svuotati<br />
e si dibattono fra high-tech,<br />
PENA: ADOLESCENTI PER SEMPRE<br />
una raccolta di saggi di autori vari<br />
(e giovani viene da dire, perché<br />
chi esercita una professione “intellettuale”,<br />
al contrario degli<br />
atleti o dei calciatori bolliti già a<br />
ventott’anni, forever young resta<br />
non per fantomatici elisir ma come<br />
una specie di condanna), cerca,<br />
con un taglio sociologico, di<br />
capire un po’ meglio cos’è, nella<br />
società globale, questo mito del-<br />
740 e macchine da palestra: la<br />
tristezza si fa ancor più agghiacciante.<br />
Romanzo picaresco, si diceva,<br />
per accumulo di episodi e<br />
ricchezza d’incontri formativi, politicamente<br />
scorretto, acido ma<br />
pure candido, un notevole tour de<br />
force che per trecento pagine segue<br />
ora docilmente, ora ferocemente,<br />
i gorghi d’una giovinezza<br />
italiana dell’oggi, con le sue puntate<br />
europee, i penosi contatti<br />
con gli sciocchezzai sottoculturali,<br />
il nero della precarietà. Una nostra<br />
“Morte a credito” come non<br />
se ne vedevano da molto tempo.<br />
SILVIA BALLESTRA<br />
Giovani, carini e disoccupati. Il mercato li vuole proprio così: piccolini e flessibilissimi<br />
la giovinezza. Dopo una doverosa<br />
sintesi sull’idea di giovinezza<br />
nella storia, si passa a parlare, oltre<br />
che di consumi, della produzione<br />
culturale (hacker, graffittari<br />
e musicisti) e, facendo visita anche<br />
agli stadi e alle palestre, si riflette<br />
su cittadinanza e nuovo ordine<br />
sociale. Un libro necessario<br />
a cura di Alessandro Dal Lago e<br />
Augusta Molinari.<br />
illustrazione: Gabriella Giandelli<br />
STORIE<br />
Il romanzo in versi<br />
dall’Australia e la<br />
favolaccia splatter<br />
con uso di<br />
porcello. Niente di<br />
nuovo in libreria<br />
CHE GRAN<br />
CAPOLAVORO…<br />
Dorothy Porter<br />
Fandango, 228 pp.,<br />
14,46 euro<br />
Era stato davvero sorprendente,<br />
la Maschera di scimmia,<br />
romanzo giallo in versi<br />
ambientato nel mondo più o<br />
meno accademico della poesia,<br />
primo libro della poetessa<br />
australiana Dorothy<br />
Porter tradotto da<br />
Fandango. Pure qui reggono<br />
tutte, le poesie, leggibili anche<br />
se scorporate dal filo<br />
della narrazione romanzesca,<br />
ma il protagonista di<br />
quest’ultimo libro, uno psichiatra<br />
con un passato incestuoso,<br />
sembra invece un<br />
poco banalotto. Sarà il<br />
disagio per l’ambientazione<br />
manicomiale, sarà che si<br />
procede per accenni (benissimo,<br />
ma i romanzi richiedono<br />
forse più articolazione e<br />
l’altra volta era fornita dalla<br />
trama thrilling) o sarà che<br />
quest’uomo non è affatto un<br />
capolavoro di personaggio…<br />
Fatto sta, che gran<br />
delusione!<br />
IL RAGAZZO<br />
CHE PRENDEVA<br />
A CALCI I PORCELLI<br />
Tom Baker<br />
Fazi, 135 pp.,<br />
8 euro<br />
Splatter corredato dalle<br />
belle illustrazioni di David<br />
Roberts, questo romanzetto<br />
parte lentamente, anzi fiaccamente,<br />
e poi cresce in<br />
crudeltà e disastri pagina<br />
dopo pagina, disegno dopo<br />
disegno. Robert Caligari è<br />
un ragazzino terribile, che<br />
comincia la sua carriera di<br />
cattivo dando calci a un<br />
porcellino di latta per poi<br />
finire, non solo col morire<br />
giovane e di una brutta<br />
morte, ma anche col causare<br />
un casino epico. Stile naïf<br />
da favolaccia nera, resta<br />
confinato nel suo genere<br />
senza particolari sussulti. In<br />
patria ha probabilmente un<br />
senso, il gioco con la letteratura<br />
per ragazzi: qui, dove<br />
il genere si sta affermando<br />
solo ora (e lentamente),<br />
molto meno.<br />
URBAN 43
44 URBAN<br />
KOLOSSAL<br />
IL SIGNORE DEGLI ANELLI<br />
C’era una volta il capolavoro di<br />
Tolkien. Ora è giunto il momento<br />
del film di Peter Jackson.<br />
O meglio dei tre film che ci accompagneranno<br />
per tre anni. Si<br />
comincia con La compagnia dell’anello,<br />
poi seguiranno Le due<br />
torri e Il ritorno del re, tutti già girati<br />
in Nuova Zelanda, ma centellinati<br />
per ottenere il massimo da<br />
una produzione faraonica che<br />
promette di fare rientrare dall’investimento.<br />
Ovunque nel mondo<br />
i fan di hobbit, terre di mezzo e<br />
quant’altro sono rimasti in trepida<br />
attesa. Una saga che ha coinvolto<br />
un’infinità di attori per le<br />
lunghissime riprese. Trionfo di effetti<br />
speciali e racconto davvero<br />
fantastico, in grado di catturare<br />
anche chi, sulla carta, non si dovesse<br />
schierare tra i fan di questo<br />
genere cinematografico. In fondo<br />
si tratta pur sempre dell’eterno e<br />
universale scontro tra bene e<br />
male. Su scenario eccentricamente<br />
inventato. Anche se il regista<br />
Peter Jackson è convinto che “il<br />
vero cattivo del film” sia “l’anello”,<br />
l’elemento che attraversa e<br />
segna costantemente la trilogia.<br />
Quindi non lasciatevi fuorviare<br />
dai minacciosi cavalieri neri e orchi<br />
vari. È quel benedetto o maledetto<br />
anello la chiave per salvare<br />
la terra di mezzo. Tutti gli altri<br />
sono solo comparse.<br />
ANTONELLO CATACCHIO<br />
GARZANTINA<br />
Il sesso allevia la tensione e l’amore<br />
la provoca. (Woody Allen,<br />
Commedia sexy in una notte di<br />
mezza estate)<br />
Eh, il sesso. Anche a me mi<br />
hanno rovinato le donne.<br />
Troppo poche... (Roberto<br />
Benigni, Tuttobenigni)<br />
Vedi caro, un uomo completo è<br />
una tale rarità... Allora una donna<br />
deve scegliere il bambino<br />
che le va più a genio. (Eva<br />
Dahlbeck, Una lezione d’amore)<br />
C’è chi fa acrobazie sul trapezio<br />
volante, c’è chi diventa presidente<br />
della repubblica. Io so<br />
bere il cognac. (Toulouse<br />
Lautrec, Moulin Rouge)<br />
Spara cazzate, spara cazzate...<br />
Siamo nelle pubbliche relazioni,<br />
è questo il nostro lavoro.<br />
(Gwyneth Paltrow, Sliding<br />
doors)<br />
Metterò un disco di Gino Paoli.<br />
Lo sento spesso in questo periodo,<br />
per rivivere i traumi di<br />
quindici anni fa. (Ecce Bombo)<br />
FILM<br />
UNA FIABA FELICE:<br />
AMELIE IN TRIONFO<br />
Una francesina con gli occhioni sgranati (Audrey Tautou) ha sbancato i botteghini in<br />
patria oscurando le megaproduzioni hollywoodiane. Ora minaccia di fare lo stesso da noi.<br />
Con una favola gentile a base di nani, giochi, scherzi e un obiettivo: dare felicità a tutti<br />
IL FAVOLOSO MONDO<br />
DI AMÉLIE<br />
di Jean-Pierre Jeunet<br />
31 agosto 1997. Nel momento<br />
in cui la tv annuncia l’incidente<br />
mortale di lady Diana la<br />
vita di Amélie cambia. Per un<br />
incidente più banale. La notizia<br />
le fa scivolare il tappo del profumo<br />
che sbatte contro la parete<br />
rivelando un nascondiglio.<br />
Dentro c’è un tesoro. Affettivo.<br />
Una scatola di latta con alcuni<br />
giochi di bimbo d’altri tempi.<br />
Amélie comprende il segnale.<br />
Cercherà l’uomo cui appartenevano<br />
quei giochi, gli farà<br />
avere la scatola e da quel momento<br />
cercherà di portare felicità<br />
nella vita degli altri. Con<br />
piccoli gesti, piccole bugie volte<br />
a far ritrovare un sorriso e<br />
un’emozione ormai persi. Così,<br />
la cameriera del bar Due mulini<br />
di Montmartre (esiste davvero<br />
ed è diventato meta turistica)<br />
si trasforma in una sorta di fatina,<br />
senza poteri magici, ma<br />
dal cuore d’oro. Le rimane solo<br />
un problema: l’amore. Per lei<br />
stessa. È timida sino all’esasperazione.<br />
Sin dall’infanzia ha paura del<br />
mondo. Per babbo, medico, era<br />
solo un corpicino malaticcio.<br />
Mamma è stata esaudita nel<br />
suo desiderio di segno divino:<br />
un suicida l’ha portata con sé,<br />
schiantandosi su di lei dopo<br />
essersi gettato da Notre Dame.<br />
Così, Amélie ama solo rompere<br />
la crosta della crema bruciata e<br />
lanciare sassi piatti sull’acqua<br />
facendoli rimbalzare. Ha provato<br />
il sesso, ma senza grandi risultati.<br />
C’è però Nino, quel giovanotto<br />
che colleziona foto<br />
tessera gettate sotto le macchinette<br />
delle stazioni del metro…<br />
Chissà?<br />
Jean-Pierre Jeunet, dopo avere<br />
firmato Delicatessen e La cité<br />
des enfants perdus in coppia<br />
con Marc Caro, e l’ultimo episodio<br />
di Alien, reinventa la<br />
commedia fantastica. Bandito<br />
dai festival più importanti, Il favoloso<br />
mondo di Amélie si è<br />
vendicato al botteghino. Oltre<br />
otto milioni di spettatori in<br />
Francia e successo travolgente<br />
ovunque sia stato presentato.<br />
Un successo meritato. Grazie<br />
all’interpretazione sublime e<br />
perfetta di Audrey Tautou, occhi<br />
sgranati e sorriso disarmante<br />
e soprattutto per l’infinità<br />
di trovate che Jeunet ha disseminato<br />
lungo il racconto.<br />
Un racconto magico e fiabesco,<br />
eppure anche sarcastico<br />
sino a sfiorare il grottesco. Tra<br />
le tante invenzioni del film ne<br />
raccontiamo solo una, giusto<br />
per non rovinare il piacere della<br />
scoperta. Il babbo di Amélie,<br />
rigidone e avaro di parole,<br />
continua a vivere in provincia<br />
come pensionato e vedovo. Il<br />
suo trip consiste nell’ingrandire<br />
il monumento funebre alla<br />
moglie che ha allestito in giardino.<br />
Un guazzabuglio kitsch,<br />
dominato da un nanetto di terracotta.<br />
Non si muove da lì,<br />
nonostante avesse sempre sognato<br />
di viaggiare.<br />
Amélie gli ruba il nano, lo affida<br />
a un’amica hostess che lo<br />
porta con sé in giro per il mondo,<br />
fotografandolo presso i<br />
monumenti più famosi.<br />
Dopodiché la foto del nanetto<br />
viaggiatore viene inviata a papà,<br />
come se fosse spedita dal<br />
nano stesso. Babbo non sa<br />
darsi una spiegazione, ma, alla<br />
lunga, comprende la lezione e<br />
fa finalmente le valigie. Insert<br />
di trasmissioni televisive bislacche,<br />
dissertazioni pittoriche,<br />
sensi di colpa fotografici, misteri<br />
da fototessera, gelosie e<br />
ripicche, dispetti al grezzo<br />
commerciante che maltratta il<br />
commesso immigrato, tutto<br />
concorre a rendere poderoso e<br />
godibile l’affresco di Amélie<br />
Poulain, trasformandolo in un<br />
film favolosamente magico.<br />
ANTONELLO CATACCHIO<br />
BIRTHDAY GIRL<br />
BIRTHDAY GIRL<br />
Jez Butterworth<br />
Ben Chaplin è un giovanotto timido<br />
e solitario. Via Internet fa<br />
arrivare una ragazza dall'est europeo<br />
scopo matrimonio, ma soprattutto<br />
per poter parlare con<br />
qualcuno. E la ragazza arriva:<br />
Nicole Kidman. È bellissima. Lui<br />
prima vorrebbe cacciarla perché<br />
non sa una parola di inglese, poi<br />
scopre che la ragazza ha un suo<br />
talento particolarmente apprezzabile.<br />
Tutto bene, sino all’arrivo<br />
di quei due amici-cugini di lei<br />
(Mathieu Kassovitz e Vincent<br />
Cassel estremamente efficaci)<br />
che arrivano inaspettati a casa,<br />
in occasione del compleanno, e<br />
sembrano intenzionati a non andarsene<br />
più. Una trama forse<br />
non originalissima - il trucco è<br />
intuibile - ma ottimamente condotta<br />
dal regista Jez Butterworth<br />
e soprattutto magnificamente interpretata<br />
da Nicole che nella<br />
versione originale biascicava<br />
qualche parola inglese misto russo<br />
con un sorriso disarmante,<br />
rendendo godibile l’intero film.<br />
ANTONELLO CATACCHIO<br />
L’AMORE È CIECO<br />
Bobby e Peter Farrelly<br />
Bobby e Peter Farrelly avevano<br />
già firmato Tutti pazzi per Mary.<br />
Quindi da loro c’è sempre da<br />
aspettarsi qualcosa di originale<br />
Tobias ha cambiato nome e<br />
paese. Di origine ceca, figlio<br />
della prostituta del paese, ancora<br />
bimbo ha accoltellato il<br />
presunto padre ed è fuggito.<br />
Via. Lontano. Lo ritroviamo<br />
adulto in Svizzera. È operaio<br />
presso una fabbrica di orologi.<br />
Fa vita grama e solitaria.<br />
Sognando di rivedere Line, la<br />
sorellastra che nel frattempo lui<br />
ha trasformato in mito. E Line<br />
arriva. Il grigiore si trasforma in<br />
un’euforia quasi malata eppure<br />
inebriante. Tra i due è amore,<br />
con tutte le sue contraddizioni<br />
L’AMORE È CIECO<br />
e anche di irriverente. Questa<br />
volta hanno preso un ragazzotto<br />
che viene ipnotizzato da un guru.<br />
L’intenzione del santone è<br />
quello di far capire al giovinotto<br />
che anche in donne apparentemente<br />
poco seducenti c’è del<br />
bello. Risultato: è talmente intortato<br />
che si innamora pazzamente<br />
di Rosemary, una cicciona debordante<br />
che lui “vede” bellissima.<br />
Toccherà a un amico svegliarlo<br />
e riportarlo alla realtà.<br />
Farcito di situazioni decisamente<br />
scorrette, il film ha un grande<br />
merito: quello di avere gonfiato<br />
a dismisura Gwyneth Paltrow.<br />
Saranno anche effetti speciali e<br />
imbottiture, ma la ragazza dovrebbe<br />
farci un pensierino perché<br />
così risulterebbe meno antipatica.<br />
Con buona pace dei suoi<br />
ammiratori.<br />
SELVAGGIA CONTI<br />
VANILLA SKY<br />
Cameron Crowe<br />
C’era una volta Abre los ojos di<br />
Alejandro Amenabar. Ora c’è il remake,<br />
firmato da Cameron Crowe<br />
che ha voluto come protagonista<br />
Tom Cruise dopo il successo che<br />
avevano ottenuto in coppia con<br />
Jerry Maguire. E c’è pure<br />
Penelope Cruz, che aveva interpretato<br />
anche la versione spagnola.<br />
Oltre a Cameron Diaz.<br />
Sono infatti loro le due donne<br />
K PAX<br />
che si contendono fantasticamente<br />
il pupone. Trasferita la vicenda<br />
a Manhattan, con una<br />
spruzzata di rock nella colonna<br />
sonora (Peter Gabriel, Rem,<br />
Radiohead, oltre a McCartney per<br />
il titolo), il film gioca sul registro<br />
della suspense tra finzione e realtà.<br />
Per la finzione non è il caso di<br />
rivelare troppo il marchingegno,<br />
per la realtà Tom e Penelope sono<br />
finiti l’uno nelle braccia dell'altra.<br />
Col vantaggio che lei non deve<br />
neppure cambiare la pronuncia<br />
del cognome che in inglese è<br />
analogo a quello di lui.<br />
SELVAGGIA CONTI<br />
K PAX<br />
Iain Softley<br />
Prot è un personaggio singolare.<br />
All’apparenza è assolutamente<br />
tranquillo. Fatto che non gli impedisce<br />
di essere fermato dalla<br />
polizia dopo un’aggressione. E a<br />
quel punto ecco la rivelazione:<br />
sarebbe un alieno. Viene così immediatamente<br />
dirottato verso lo<br />
strizzacervelli. Potrebbe sembrare<br />
una scusa originale quella di<br />
dichiararsi alieno per giustificare<br />
i propri comportamenti. Ma Prot<br />
è piuttosto convincente, al punto<br />
da far vacillare le convinzioni del<br />
medico. Una commedia firmata<br />
da Iain Softley, ma soprattutto<br />
interpretata da Kevin Spacey, che<br />
si conferma uno dei più smodati<br />
VANILLA SKY<br />
talenti di Hollywood. I duetti con<br />
Jeff Bridges, nei panni del malcapitato<br />
psicanalista, sono notevoli.<br />
Poi c’è il giochino. Ma Prot ci<br />
fa o ci è? Un giochino semplice<br />
che funziona, rendendo sufficientemente<br />
garbato il racconto.<br />
SELVAGGIA CONTI<br />
HEIST – IL COLPO<br />
David Mamet<br />
Heist, “il colpo”: ovvero, come<br />
rendere interessante un meccanismo<br />
vecchio quanto il mondo – la<br />
preparazione e la realizzazione di<br />
una rapina – trasformandolo in un<br />
gioco di scatole cinesi, in cui ogni<br />
soluzione è contemplata e, al<br />
tempo stesso, ribaltata nel proprio<br />
contrario. Nessuno meglio di<br />
David Mamet poteva riuscirci; e<br />
grazie all’aiuto di una fenomenale<br />
squadra di interpreti (nella quale<br />
spiccano Gene Hackman e Danny<br />
De Vito), l’ingranaggio risulta godibilissimo.<br />
Paragonatelo al super-pubblicizzato<br />
Ocean’s Eleven:<br />
là è il trionfo della tecnologia e<br />
dell’inverosimiglianza, qui comandano<br />
due organi nobili come il<br />
cuore e il cervello. Mamet ci prende<br />
per il naso con tale sagacia che<br />
alla fine siamo disposti a credergli:<br />
sì, l’oro della rapina dev’essere<br />
proprio lì, nascosto su quel… ma<br />
cosa stiamo dicendo? Buona rapina,<br />
e buon divertimento.<br />
ALBERTO CRESPI<br />
SOLDINI: LA VITA TRISTE<br />
BRUCIO NEL VENTO<br />
di Silvio Soldini<br />
e con retrogusto incestuoso.<br />
Silvio Soldini prende il romanzo<br />
di Agota Kristof (“duro come un<br />
sasso” secondo Lodoli) e lo trasforma<br />
in un film aspro, dalle<br />
emozioni forti.<br />
Per farlo si affida al volto magnificamente<br />
intenso di Ivan<br />
Franek, supportato da Barbara<br />
Lukesova, alla voce fuori campo<br />
che propone frammenti del libro<br />
e al bilinguismo, ceco e francese<br />
(anche se in Italia uscirà prevalentemente<br />
doppiato). Un film<br />
crudo sulla tristezza, l’esilio e<br />
l’aridità, che lascia filtrare una<br />
sola flebile lama di speranza.<br />
Sufficiente per illuminare magnificamente<br />
il racconto.<br />
Il regista milanese alle prese con una storia<br />
dura: esilio, solitudine e poca speranza<br />
MADE IN ITALY<br />
LIGABUE<br />
DA 0 A 10<br />
Aveva detto che Radiofreccia<br />
sarebbe stata un’esperienza<br />
unica perché lui è un cantautore<br />
(e uno scrittore) non un regista.<br />
Ma Liga è una persona<br />
seria. Non perché non abbia<br />
mantenuto fede a quella dichiarazione,<br />
ma proprio perché<br />
ci è passato sopra. In fondo,<br />
per dirigere Radiofreccia ci<br />
si era messo di impegno, studiando<br />
come si fa il regista. E<br />
il risultato era stato piuttosto<br />
lusinghiero, sia per la critica<br />
che per il pubblico. Per questo<br />
oggi può riprovarci con Da zero<br />
a dieci. Una storia che porta<br />
dritta a Rimini, dove un gruppetto<br />
di quarantenni si ritrova<br />
per cercare di ritessere i fili, ormai<br />
aggrovigliati, di un fine<br />
settimana interrotto quando<br />
erano ancora adolescenti.<br />
UN AMORE<br />
PERFETTO<br />
Se Liga dirige, Cesare<br />
(Lunapop) Cremonini si limita<br />
a interpretare. Il cinema lo ha<br />
infatti reclutato per questo film<br />
che racconta di Ceghe, di<br />
Bernie e di Laura. Un terzetto<br />
inossidabile di amici, capaci di<br />
attraversare il mondo e le sue<br />
contrarietà. Una storia senza<br />
eccessive pretese che Valerio<br />
Andrei ha realizzato prendendo<br />
due nomi amati dal pubblico<br />
giovane. Oltre a Cremonini<br />
troviamo infatti anche Martina<br />
Stella, la ragazzetta che ha fatto<br />
sbandare Stefano Accorsi<br />
ne L'ultimo bacio. Nella vita ha<br />
un forte accento toscano ed è<br />
stata bocciata a scuola, ma<br />
sullo schermo si trasforma.<br />
Anche Gabriele Salvatores l’ha<br />
trasformata, visto che nel suo<br />
nuovo film Amnesia Martina<br />
ha un caschetto di capelli neri.<br />
LE ORIGINI<br />
DEL PORNO<br />
La data di inizio del cinema<br />
porno è piuttosto incerta.<br />
Quel che è certo, invece, è<br />
che le proiezioni di Hard shot<br />
– Il cinema porno delle origini<br />
(23 febbraio, Spazio<br />
Oberdan, v.le Vittorio Veneto<br />
2, Milano) saranno rigorosamente<br />
vietate ai minori di 18<br />
anni. Una carrellata di cortometraggi<br />
muti degli anni ’20,<br />
comprese alcune chicche come<br />
un cartoon americano, accompagnate<br />
dal vivo al pianoforte<br />
da Antonio Zambrini.<br />
URBAN 45
46 URBAN<br />
RI-VEDERE<br />
Manzoni formato<br />
Broadway, bambini<br />
cattivi e cavalli<br />
marci. E c’è pure<br />
l’avanguardia<br />
GIOCHI DI FAMIGLIA<br />
Milano, Teatro dell’Elfo<br />
Bambini crudeli e violenti come<br />
solo i bambini sanno essere,<br />
che recitano i ruoli di figli-servi<br />
nei panni di genitori-padroni.<br />
Il testo di Biljana Srbljanovic è<br />
una drammatica allegoria della<br />
vita quotidiana a Belgrado durante<br />
la guerra balcanica. Elio<br />
De Capitani affida tutti i ruoli<br />
solo ad attrici. Fino a scoprire<br />
che la Serbia di Milosevic rischia<br />
di assomigliare alla<br />
Romagna di Forlì o alla Brianza<br />
di Monza. Fino al 10 febbraio<br />
ALLUCE BILLUCE<br />
E TRILLUCE<br />
Torino, Teatro Colosseo<br />
I Cavalli Marci compaiono in<br />
scena diretti da Claudio<br />
Nocera sulle note del loro storico<br />
inno musicale Piedi in uno<br />
spettacolo a metà tra il recital<br />
demenziale e il musical da cabaret.<br />
Poi, diretti da Fabrizio<br />
Pippo Liberti, si scatenano nei<br />
loro celebri medley di canzoni.<br />
Mille motivi della storia musicale<br />
italiana di sempre sbucano<br />
dal cilindro del prestigiatore<br />
e si mescolano alle idee e ai<br />
temi comici più disparati.<br />
Dal 15 al 17 febbraio<br />
I PROMESSI SPOSI<br />
Bologna, Arena del Sole<br />
Punti di forza di questo musical<br />
firmato per testi e musiche<br />
da Tato Russo: la trentina<br />
di spettacolari cambi di scena<br />
di Umberto Bertacca e le voci<br />
di Barbara Cola e Michael<br />
Altieri. Un tentativo made in<br />
Italy in parte riuscito di rispondere<br />
agli analoghi kolossal<br />
d’oltreconfine come I miserabili<br />
o Notre Dame appellandosi<br />
al massimo romanzo<br />
nazional-popolare della nostra<br />
letteratura ottocentesca.<br />
Dal 7 al 17 febbraio<br />
NIHIL<br />
Roma, Teatro Valle<br />
Dopo 13 anni di ricerca con i<br />
detenuti di Volterra,<br />
Armando Punzo esce dal carcere<br />
e dirige un gruppo di<br />
aspiranti attori in Nihil, ispirato<br />
all'Hamletmachine di H.<br />
Mueller nel quale Amleto è<br />
continuamente evocato e rifiutato,<br />
in un meccanismo che<br />
denuncia la caduta di ogni<br />
utopia. Dal 5 al10 febbraio<br />
illustrazione: Gabriella Giandelli<br />
TEATRO<br />
LA NOTTE IN SCENA,<br />
FAR TARDI IN PLATEA<br />
Dietro Piazza Navona, il teatro insegue<br />
il suo pubblico. Macchine Teatrali si riprende<br />
la notte e alza il sipario sui giovani autori<br />
TARTUFO<br />
Milano, Teatro Studio<br />
Toni Servillo torna a confrontarsi<br />
con Molière e, dopo il successo<br />
ottenuto qualche stagione fa con<br />
SERVE, SUORE, MIRACOLI E UN SALTO MORTALE<br />
SISTER ACT 2<br />
Milano, L.G. Palace<br />
Sfruttando il titolo e i song di un<br />
film di successo lo spettacolo originale<br />
spacciava come musical un<br />
semplice concerto gospel. Si salvava<br />
solo per la splendida voce di<br />
Theresa Thomason. Adesso lo<br />
spettacolo torna arricchito da autentici<br />
numeri di ballo e coreografie<br />
e regia di André de la Roche.<br />
Dal 29 gennaio al 17 febbraio<br />
la sua lettura registica de Il misantropo,<br />
affronta ora Tartufo (13-20<br />
febbraio), che nell’idea dell'attore<br />
e regista è lavoro gemello al precedente.<br />
"I due testi sembrano<br />
ANNA DEI MIRACOLI<br />
Bologna, Teatro Duse<br />
Mariangela D'Abbraccio accetta la<br />
sfida con interpretazioni memorabili<br />
come quelle di Anne Bancroft,<br />
Anna Proclamer e Mariangela<br />
Melato e porta di nuovo in scena<br />
la vicenda dell'istitutrice di fine<br />
’800 in lotta fisica e affettiva con<br />
la violenta ragazzina muta e cieca.<br />
Regia di Francesco Tavassi.<br />
Dal 5 al 10 febbraio<br />
Per le principesse lasciate in<br />
stracci dal dodicesimo rintocco<br />
che, scarpetta e zucca sottobraccio,<br />
non ne vogliono sapere di<br />
tornarsene davanti al camino, per<br />
quelli che “le ore piccole non sono<br />
fatte per dormire”, per chi pur<br />
sapendo che a mezzanotte tutti i<br />
sipari sono chiusi una vogliuzza<br />
di teatro ancora ce l’avrebbe.<br />
Sotto terra, dietro P.za Navona, la<br />
tenda di velluto rosso si apre tutti<br />
i fine settimana in quella che nel<br />
secondo secolo avanti Cristo era<br />
una villa romana e oggi è un famoso<br />
locale della capitale:<br />
l’Arciliuto. Lo spazio, dove da oltre<br />
30 anni tra un bicchiere e uno<br />
sfizio si fa musica e poesia, ospita<br />
da gennaio a maggio ogni sabato<br />
e domenica Teatro a mezzanotte.<br />
Se, a dispetto delle decine di sale,<br />
la gente a teatro non ci va, allora i<br />
teatranti vanno dove sta la gente.<br />
L'idea è di Macchine Teatrali,<br />
società di produzione e distribuzione<br />
affacciatasi nel mondo del<br />
teatro poco più di un anno fa<br />
con Radio clandestina, il fortunato<br />
monologo di Ascanio Celestini<br />
su via Rasella e le Fosse<br />
Ardeatine. Ed è proprio Ascanio<br />
che ha aperto la rassegna con<br />
La gallina canta, storie, racconti<br />
e fiabe della tradizione popolare.<br />
ARRIVA UN TARTUFO GIOVANE GIOVANE<br />
Dopo Il Misantropo, Toni Servillo gioca ancora con Molière<br />
nascere l’uno dall’altro. Dove<br />
Alceste di Le misanthrope urla,<br />
ama e combatte, Tartufo finge,<br />
desidera e minaccia. Due differenti<br />
modi di vivere la giovinezza che<br />
LE SERVE<br />
Torino, Teatro Gobetti<br />
Alessandro Adriano, Giuseppe<br />
Loconsole e Fabio Troiano, giovani<br />
attori usciti dalla scuola del<br />
Teatro Stabile, scelgono impavidi<br />
il testo del più maledetto autore<br />
francese del ’900 e firmano interpretazione,<br />
adattamento e regia.<br />
Rigorosamente en travesti, come<br />
da esplicita indicazione di Genet.<br />
Dal 12 al 17 febbraio<br />
L’intento di Teatro a mezzanotte<br />
è offrire visibilità a giovani attori e<br />
autori come Michele Santeramo,<br />
ma anche a professionisti noti come<br />
Paolo Pietrangeli e Lucilla<br />
Giagnoni (Risaia, 15 e 16 marzo),<br />
attrice storica e co-fondatrice di<br />
Teatro Settimo, compagnia torinese<br />
che produce altri due spettacoli<br />
in calendario: A come<br />
Srebrenica, di Roberta Biagiarelli<br />
(22 e 23 marzo) e Un giorno di<br />
fuoco di Beppe Rosso (15 e 16<br />
marzo).<br />
La narrazione è uno degli elementi<br />
che ritornano nel cartellone<br />
dell’Arciliuto, così come la scelta<br />
della cultura e dei modi popolari<br />
che ritroviamo in Micro storia di<br />
Marcella Tersigni e Flavio Monaco<br />
(7 e 8 marzo), storia raccontata<br />
suonata e cucinata di una famiglia<br />
di paese che approda a Roma.<br />
Tradizione e memoria orale anche<br />
in Kalatrasi di Alberto Nicolino<br />
(26 e 27 aprile), viaggio tra musica<br />
e parole in un paesino della<br />
provincia palermitana. Da vedere,<br />
infine, Genova ‘01 Gi.otto (1 e 2<br />
marzo) di Fausto Paravidino, premio<br />
Ubu-giovane drammaturgia<br />
per Due Fratelli.<br />
CECILIA RINALDINI<br />
si riflettono l’uno nell’altro e sulle<br />
nostre esperienze". Per questo ha<br />
affidato la difficile parte dell’imbroglione<br />
ipocrita a Peppino<br />
Mazzotta, attore under 30. Per se<br />
stesso Servillo ha riservato il ruolo<br />
di Orgone e ha richiamato al<br />
proprio fianco Licia Maglietta,<br />
Andrea Renzi e Monica Nappo.<br />
SANDRO AVANZO<br />
SALTO MORTALE<br />
Roma, Teatro della Cometa<br />
Una storia d’amore tra persone<br />
non più giovani: il gusto della vita<br />
e del gioco si mescola all'incoscienza<br />
dell’età e al piacere di<br />
concedersi. Valeria Valeri e<br />
Mauro Marino sono i protagonisti<br />
di Salto mortale, testo brioso<br />
e poetico di Daniel Horowitz.<br />
Traduzione e regia di Claudia<br />
Della Seta. Fino al 10 febbraio
foto: Tokyo, 1994<br />
ARTE<br />
SCATTI ON THE ROAD<br />
L’ambiente domestico e gli uomini da marciapiede. Una personale di Philip Lorca DiCorcia<br />
Philip Lorca DiCorcia è un anticipatore.<br />
Perché? Perché negli anni<br />
’80 fotografa i suoi familiari e trasforma<br />
l’ambiente domestico in un<br />
set cinematografico. E, dopo di lui,<br />
molti artisti hanno coinvolto sempre<br />
più nelle proprie opere i familiari<br />
e il proprio quotidiano.<br />
L’inglese Richard Billingham, per<br />
esempio, riporta nelle sue fotogra-<br />
fie la way of life dei suoi genitori e<br />
delle persone che lo circondano.<br />
Nel 1990, DiCorcia realizza la serie<br />
di foto scattate sul Boulevard di<br />
Santa Monica a prostituti, sbandati<br />
e disoccupati. Il fotografo va per<br />
strada alla ricerca degli uomini che<br />
poi fotograferà, offrendo loro un<br />
compenso per la “prestazione”. La<br />
formula di remunerare disoccupati<br />
OFFICINA YANKEE<br />
SULLA VIA EMILIA<br />
Una mega collettiva che riunisce artisti di<br />
fama internazionale. In diverse città emiliane<br />
sbarcano decine di opere dall’America<br />
La mostra Officina America, curata<br />
da Renato Barilli, adotta la<br />
stessa formula delle precedenti<br />
officine: invitare numerosi artisti a<br />
esporre in diverse città dell’Emilia<br />
Romagna. Divisa in tre sezioni –<br />
AVVISTAMENTI<br />
Torino, 011-5629911<br />
Prosegue con il cubano Kcho alla<br />
Gam la serie di mostre dedicata<br />
alla ricerca di giovani artisti e<br />
coordinata da Alessandra Pace.<br />
Le opere di Kcho, sculture composte<br />
a volte da oggetti espropriati<br />
agli emigrati clandestini e<br />
recuperati nei distretti di polizia<br />
e disegni, mettono a confronto<br />
sogno e realtà, mondo infantile<br />
e mondo adulto.<br />
Dall’8 febbraio al 7 aprile<br />
Una nuova casa per l’uomo (Villa<br />
delle Rose, Bologna); Per una<br />
nuova sensibilità pittorica (ex convento<br />
di San Domenico, Imola);<br />
L’iper-oggetto (ex pescheria di<br />
Cesena e Palazzo dell’Arengo di<br />
HAIM STEINBACH<br />
Torino, 011-8125935<br />
Su delle mensole, in legno o acciaio,<br />
sono collocati vari oggetti.<br />
Non è l’immagine di una vetrina<br />
qualunque bensì la cifra stilistica<br />
di Haim Steinbach, la cui produzione<br />
artistica si confronta con<br />
oggetti, luoghi e non luoghi, relazioni<br />
sociali. La galleria The<br />
Box Associati ospita una serie di<br />
suoi nuovi lavori, realizzati per<br />
la prima mostra personale torinese.<br />
Fino al 23 febbraio<br />
per svolgere azioni, come masturbarsi<br />
di fronte a una macchina fotografica<br />
o farsi colorare i capelli, è<br />
una delle ragioni, un decennio più<br />
tardi, alla base del successo dell’artista<br />
madrileno Santiago Sierra.<br />
La mostra (tel. 02-29010068),<br />
con la serie Heads e una selezione<br />
di opere da Streetwork e<br />
Hollywood, è un’ottima occasione<br />
Rimini) – la mostra passa dai petali<br />
variopinti di Polly Apfelbaum<br />
ai corpi di giovani donne delle fotografie<br />
di Naomi Fisher alle atmosfere<br />
inquietanti di Julian<br />
LaVerdiere. Un’ampia prospettiva,<br />
che però solleva anche qualche<br />
perplessità. Se proprio non si<br />
vuole rinunciare a queste mega<br />
collettive, perché non ricercare<br />
nuove creatività mettendo a confronto<br />
punti di vista diversi, invece<br />
che riunire artisti di fama il cui<br />
unico trait d’union è la provenienza<br />
geografica?<br />
ROMA 1948-1959<br />
DAL NEOREALISMO<br />
ALLA DOLCE VITA<br />
Roma, 06-4745903<br />
Sono anni vitali quelli che segnarono<br />
il passaggio dal dopoguerra<br />
al boom economico. Cronaca,<br />
arti visive, moda, teatro e cinema,<br />
musica, letteratura e architettura<br />
si intrecciano nella mostra<br />
al Palazzo delle Esposizioni,<br />
ideata da Maurizio Fagiolo<br />
dell’Arco.<br />
Fino al 27 maggio<br />
per comprendere le ragioni dell’influenza<br />
che il fotografo ha avuto<br />
sulle nuove generazioni.<br />
D.P. TESEI<br />
Philip Lorca DiCorcia<br />
Milano, Galleria Monica<br />
De Cardenas<br />
Dall’8 febbraio al 23 marzo<br />
Officina America<br />
Tel. 051-502859<br />
Dal 25 gennaio al 31 marzo<br />
OGGETTI CLANDESTINI GRAFFITI E DOLCE VITA<br />
JEAN MICHEL BASQUIAT<br />
Roma, 06-68809035<br />
Jean Michel Basquiat. Ovvero uno<br />
dei più brillanti protagonisti della<br />
scena artistica newyorkese degli<br />
anni ’80. Una buona occasione<br />
per conoscerlo e osservare le sue<br />
opere, alcune delle quali esposte<br />
per la prima volta in Italia, è<br />
quella offerta dal Chiostro del<br />
Bramante che, dopo l’esposizione<br />
dedicata a Keith Haring, rende<br />
omaggio a questo altro grande<br />
artista. Fino al 7 aprile<br />
foto: M.Bevilacqua, Hi, 2001<br />
IN MOSTRA<br />
Da Godard e<br />
Moravia alla<br />
Palestina. E gli<br />
artisti parlano<br />
JIRI DOKOUPIL<br />
Bologna, 051-230727<br />
Prima ampia mostra dedicata<br />
all’artista cecoslovacco curata<br />
da Vittoria Coen e ospitata<br />
presso San Giorgio in<br />
Poggiale. Sono raccolte opere<br />
recenti che, attraverso l’uso<br />
di vari materiali, dai pigmenti<br />
naturali alla fuliggine e<br />
alle bolle di sapone, affrontano<br />
i temi della natura morta,<br />
del ritratto e dell’autoritratto.<br />
Dal 26 gennaio al 28 aprile<br />
NUVOLE DA OLTRE<br />
FRONTIERA<br />
Ravenna, 0544-482568<br />
Avvicinarsi alla “questione<br />
palestinese” attraverso il fumetto.<br />
Questo l’obiettivo<br />
del giornalista e fumettista<br />
Joe Sacco e delle sue “strisce”,<br />
alle quali la Loggetta<br />
Lombardesca dedica una<br />
mostra curata da Daniele<br />
Brolli. Le “strisce” sono il<br />
frutto dei due mesi trascorsi<br />
da Sacco in Israele e nei<br />
Territori Occupati.<br />
Dall’1 al 23 febbraio<br />
LA GENERAZIONE DELLE<br />
IMMAGINI<br />
Milano, 02-724341<br />
Qual è il modo migliore per<br />
comprendere l’arte contemporanea<br />
se non incontrare i suoi<br />
artefici? È una formula vincente<br />
quella adottata da Roberto<br />
Pinto, che ha curato quest’anno<br />
l’8° appuntamento dal titolo<br />
Reality’s Desire. Ospiti alla<br />
Triennale alcuni artisti di fama<br />
internazionale: per esempio il<br />
30 gennaio c’è Shirin Neshat.<br />
Si prosegue poi fino all’11<br />
marzo con Marko Peljhan,<br />
Nedko Solakov, Fabrice<br />
Hybert, Zoe Leonard, Cai Guo<br />
Qiang e Carlos Garaicoa.<br />
IL DISPREZZO<br />
Milano, 02-29060171<br />
La galleria Antonio Colombo<br />
ospita la mostra di Andrea<br />
Salvino il cui titolo è ispirato a<br />
un film di Godard e all’omonimo<br />
romanzo di Moravia. Il giovane<br />
artista romano attua una<br />
rilettura, sotto forma di dipinti,<br />
disegni e un video in bianco e<br />
nero, degli avvenimenti italiani<br />
dalla metà degli anni Sessanta<br />
a oggi. Immagini che fanno<br />
della memoria personale e sociale<br />
uno strumento d’indagine<br />
artistica. Fino all’8 marzo<br />
URBAN 49
foto: Cesare Cicardini<br />
SHOPPING<br />
SESSO E VOLENTIERI:<br />
FATELO PER GIOCO<br />
Non esattamente un sexy shop. Ma nemmeno<br />
un negozio per educande. A Milano<br />
(e in Rete), autoironia per San Valentino<br />
Ditelo con un fiore. E perché non<br />
con un orsacchiotto di peluche<br />
superdotato? O un bel bambolo<br />
gonfiabile? Se i vostri acquisti in<br />
fatto di eros sono fermi allo “stimolante<br />
per lei, ritardante per<br />
lui”, da Love City avete molto da<br />
imparare, senza per questo dover<br />
arrossire come le luci rosse di un<br />
sexy-shop. Perché non lo è. La<br />
pornografia da tripla X resta fuori,<br />
e in compenso entra ed esce gente<br />
di ogni età, sesso, ceto, taglia,<br />
per chiedere a Laura e Anita se<br />
sono arrivate le manette di pelliccia<br />
o le formine sexy per il ghiaccio.<br />
Diciamo che è il posto giusto<br />
per un San Valentino non esattamente<br />
alla Peynet, ma nemmeno<br />
alla Rocco Siffredi. Per una seratatipo<br />
si comincia col farsi una cultura,<br />
dai classici del tantra e del<br />
kamasutra, compreso Lo Zen e<br />
l’arte della manutenzione del maschio<br />
(fa niente se prima non avete<br />
letto Pirsig), fino alla saggistica<br />
più impegnata tipo Willy Pasini o<br />
la Graziottin: il best seller è Che<br />
stronzo! Il libro verità sul fidanzato<br />
italiano. Si prosegue con una ce-<br />
netta al lume di una candela a forma<br />
di fallo o di bacio perugina. Si<br />
passa ai preliminari trastullandosi<br />
col Gioco dei Porcellini, versione<br />
softcore del gioco dell’oca. E<br />
quando si arriva al dunque le metafore<br />
dell’amore si materializzano.<br />
Esempio: “Ti mangerei tutta”,<br />
“Sei un bocconcino”. Detto fatto:<br />
con la linea di lingerie commestibile<br />
non devi più sfilarle gli slip, te<br />
li magni! Altro esempio:<br />
“Inzuppare il biscottino”. Ecco a<br />
voi il pisellone del Mulino Bianco<br />
che si ammoscia nel caffelatte.<br />
“Sei la luce dei miei occhi”? Come<br />
no, con l’intimo luminescente la<br />
trovi anche al buio. Tra saponette<br />
che portano la quarta, fischietti<br />
con le gonadi, scalda-attributi in<br />
morbida lana e mini-bilancieri per<br />
chi fa culturismo “lì”, da Love City<br />
si può comprare anche su Internet<br />
(www.lovecity.it). E adesso dite che<br />
non sapete che c… regalare!<br />
VITTORIO MONTIERI<br />
Love City<br />
Milano, c.so di P.ta Ticinese 105<br />
LUNA E STELLE CON CREDIT CARD<br />
Lasciatela con un palmo di naso: regalatele una stella (100 euro!) o uno spicchio di luna<br />
“Cara, guarda che stella laggiù…<br />
La vuoi? Te la regalo!” Altri tempi,<br />
quando potevi fare il cascamorto a<br />
buon mercato! Oggi non vale più.<br />
A qualcuno, negli States, è venuto<br />
in mente che si potevano vendere<br />
astri e pianeti, forse per vendicarsi<br />
VECCHI JEANS DA COLLEZIONE E VINO DA GUINNESS<br />
B-FLY<br />
Milano, c.so di P.ta Ticinese 46<br />
Un paio di Levi’s a 430 euro e<br />
passa?!? Non ve ne andate,<br />
adesso vi diciamo perché. Tre anni<br />
fa un tizio del Nevada, scavando<br />
nella sua proprietà, portò alla<br />
luce il più vecchio blue-jean della<br />
storia, un Levi’s datato 1880 e<br />
appartenuto a un minatore.<br />
Messo all’asta su eBay fu aggiu-<br />
di tutte le fontane di Trevi che gli<br />
abbiamo rifilato. E così adesso, se<br />
vuoi fare il romanticone, devi metter<br />
mano al portafogli e collegarti<br />
al Web. Su www.starregistryitalia.it,<br />
per la modica cifra di 100 euro circa,<br />
puoi battezzare un puntino<br />
dicato alla Levi Strauss per qualcosa<br />
come 45.000 dollari. Ora<br />
quel modello è stato riprodotto a<br />
mano in ogni dettaglio e messo<br />
in vendita in soli 500 esemplari<br />
numerati in tutto il mondo. I 50<br />
pezzi per l’Italia si trovano esclusivamente<br />
da B-Fly, a Milano, in<br />
corso di Porta Ticinese. Altro che<br />
un pantalone in denim, un monumento<br />
pop. Capito perché...?<br />
della Via Lattea col nome dell’amata/o.<br />
In cambio, hai un certificato<br />
con le coordinate astronomiche,<br />
ma senza il telescopio per riuscire<br />
a vedere il tuo omonimo celeste.<br />
Invece su www.lunarembassy.com,<br />
la prima agenzia immobiliare inter-<br />
ORNELLAIA<br />
Nelle migliori enoteche<br />
Il vino più buono del mondo è<br />
diventato una questione di famiglia.<br />
Lo scorso anno la rivista<br />
Wine Spectator, bibbia dell’enologia<br />
internazionale, nominò per<br />
la prima volta un vino italiano<br />
quale “vino dell’anno”: era il<br />
Solaia 1997 di Piero Antinori.<br />
Quest’anno le vigne toscane<br />
planetaria, con 27 dollari diventi<br />
proprietario di mezzo ettaro di<br />
Luna: ci sta una villa con giardino!<br />
Garanzia “soddisfatti o rimborsati”.“Cara,<br />
guarda che Luna, te ne<br />
ho comprato un lotto…” Che<br />
mondo!<br />
hanno fatto il bis ed è toccato<br />
al fratello Lodovico e al suo<br />
Ornellaia 1998 fregiarsi del prestigioso<br />
titolo. Il miglior vino del<br />
mondo costa sui 100 euro e per<br />
trovarne una bottiglia non c’è<br />
che da prendere le Pagine Gialle<br />
e battere a tappeto le enoteche<br />
della vostra zona. Se lo regalate<br />
a un appassionato, potrebbe<br />
commuoversi fino alle lacrime.<br />
SPENDI-SPANDI<br />
Street style, bimbi<br />
firmati e infuso<br />
di mate. Andateci<br />
puntuali con la<br />
meridiana da tasca<br />
GUAYTAMELLI<br />
Roma, via del Moro 59<br />
Non saranno l’ideale per arrivare<br />
puntuali a un appuntamento,<br />
ma le meridiane tascabili<br />
o a medaglione create in<br />
questa bottega di Trastevere<br />
non mancano certo di fascino.<br />
Il laboratorio produce artigianalmente<br />
anche clessidre,<br />
candele segnatempo e vecchi<br />
modelli di orologio. Tutto<br />
fuorché il quarzo.<br />
SETTIMIO MIELI<br />
Roma, via San Claudio 70<br />
La protagonista di Shopgirl, il<br />
fortunato romanzo d’esordio<br />
dell’attore Steve Martin, è<br />
una commessa di un negozio<br />
che vende cose che nessuno<br />
compra più: guanti. Sarà così<br />
a Los Angeles, ma non a<br />
Roma da Settimio Mieli:<br />
guanti d’ogni forma e colore<br />
e un sacco di clienti.<br />
BOTTEGA DEL MONDO<br />
Bologna, via Altabella 2<br />
Mai provato il mate? È la<br />
bevanda più diffusa nel<br />
Sudamerica: un infuso estratto<br />
da una foglia secca, servito<br />
in una particolare coppa e<br />
sorseggiato attraverso una<br />
cannuccia d’argento detta<br />
“bombilla”. Un vero rituale. Si<br />
trova, tra mille altri prodotti<br />
del Sud del mondo, in questo<br />
negozio del commercio<br />
“equo e solidale”.<br />
BABY BOOM<br />
Bologna, via Canova 21<br />
Baby Boom compie un anno e<br />
promette bene. È una boutique<br />
dell’usato premaman e per l’infanzia,<br />
con capi firmati e tutta<br />
l’attrezzatura per il bebè: passeggini,<br />
seggiolini e oni, giochi.<br />
Oltre a pagare metà prezzo rispetto<br />
al nuovo, a febbraio ci<br />
sono i saldi. E potete lasciare in<br />
conto vendita il vostro usato,<br />
se in buono stato.<br />
X-COAST<br />
Torino, via Bogino 3/A<br />
Fatevi pure consigliare da<br />
Jaman. Quando non gioca a<br />
football americano è tranquillo<br />
e disponibile. Nel suo negozio,<br />
a due passi da Piazza Castello,<br />
trovate i marchi più groovy in<br />
fatto di street-style e moda<br />
snowboard e surf: Rip Curl,<br />
Rusty, Mambo, No Fear, Kangol.<br />
URBAN 51
TIRAR TARDI<br />
CAFÉ REAL<br />
Milano<br />
Anno nuovo locali nuovi.<br />
A Milano, tra gli ultimi nati c’è il<br />
Café Real, partorito dal creativo<br />
per eccellenza, in fatto di vita<br />
notturna, Philippe Renault. Il locale<br />
è uno spazio creativo e<br />
polifunzionale che si propone<br />
sia come disco bar che come ristorante<br />
con cucina francese e<br />
italiana. Il Café Real è diviso in<br />
una zona ristorante, una zona<br />
lounge bar, due privé rialzati e<br />
una cabina per il dj. L’atmosfera<br />
è stile Secondo Impero e insomma<br />
tira aria di Napoleone<br />
III con arredamento di boiserie,<br />
velluti, parquet e colonne in<br />
mogano… La musica è curata<br />
dal dj Luis Ferri. Tra i frequentatori<br />
vip, il fenomeno Ronaldo,<br />
lo stilista Roberto Cavalli, stelle<br />
e stelline varie.<br />
Tel. 02-76316505<br />
LA PALMA<br />
Roma<br />
Nel punto in cui il quartiere<br />
popolare di Casal Bertone finisce<br />
improvvisamente nella<br />
campagna (cose che riescono<br />
solo a Roma), un casale in pietra<br />
da poco rimesso a nuovo.<br />
Con davanti una palma. La<br />
Palma. Il locale in cui andare<br />
se volete ascoltare jazz, elettronica<br />
e sonorità meno convenzionali<br />
(dal vivo naturalmente)<br />
comodamente seduti<br />
ai tavolini del wine bar. E se<br />
non vi bastano musica & vino,<br />
La Palma ospita pure mostre e<br />
presentazioni di libri, seminari<br />
e workshop. In tutti i casi, ci si<br />
sta sempre a proprio agio.<br />
Tel. 06-43599029<br />
MOEBIUS<br />
Bologna<br />
Rinato sulle ceneri del<br />
Motoroil (mitica la cadillac<br />
piantata nel muro), il Moebius<br />
ora propone musica di ottima<br />
qualità che spazia dal classico<br />
blues all’afro-latin-funky-reggae.<br />
Il locale funziona anche<br />
di giorno come scuola di musica<br />
e corsi di danza del ventre<br />
e di capoeira brasiliana.<br />
Tel. 051-444772<br />
HIROSHIMA<br />
MON AMOUR<br />
Torino<br />
Locale culto della Torino alternativa,<br />
propone il festivaltecnoteatro.<br />
Un’imperdibile rassegna<br />
per gli amanti delle contaminazioni<br />
musicali e teatrali.<br />
Molto interessanti anche l’esibizione<br />
dei The Young Gods,<br />
contaminazioni tecno e musica<br />
classica, e dell’artista arabaisraeliana<br />
Maira Asher.<br />
Tel. 011-3176636<br />
52 URBAN<br />
illustrazione: Gibi<br />
CLUB<br />
SAPONERIA<br />
ROMA club-Saponeria- articolo apertura<br />
PER<br />
13X9cm<br />
VIP<br />
LA SAPONERIA<br />
Roma<br />
I giornali inglesi specializzati come<br />
Muzik lo inseriscono nella top<br />
ten dei locali più trendy italiani. E<br />
in effetti, a giudicare dalla programmazione<br />
e dalla frequentazione,<br />
La Saponeria merita questo<br />
giudizio. Da questo ex opificio<br />
Voglia di musica e di arte in<br />
compagnia. Qualcosa di diverso<br />
dal solito, che in città è difficile<br />
trovare. Un’atmosfera amichevole,<br />
un luogo per fare due chiacchiere,<br />
ascoltare giovani cantastorie o<br />
gruppi rock, assistere al cabaret.<br />
Ballare fino a notte fonda, senza<br />
limiti d’orario. I classici locali non<br />
arrivano dove può un circolo culturale,<br />
svincolato da permessi e<br />
logiche di mercato. Alla Casa di<br />
via Ripamonti 139 non esistono<br />
di inizio secolo adibito a saponeria,<br />
nella zona di viale Ostiense,<br />
vicino ai mercati generali, sono<br />
passati infatti tutti i più seguiti dj<br />
dell’house music. Giusto per dare<br />
l’idea, si sono visti da queste parti<br />
Tony Humpries, padre del garage<br />
americano, e Danny Budda<br />
Morales, uno dei preferiti di<br />
Un circolo Arci che non ti aspetti: luogo<br />
multimediale per bersi in relax tutte le arti<br />
clienti, solo tesserati Arci (13 euro).<br />
Fuori un portone anonimo e<br />
un nome sul citofono, dentro un<br />
altro mondo: calda atmosfera da<br />
camino, tappeti e cuscini per<br />
sdraiarsi, divani e poltrone per<br />
sorseggiare comodamente i<br />
cocktail di Frog (euro 5,50).<br />
Al piano superiore, in un ambiente<br />
raffinato, spazio sufficiente a<br />
ospitare gruppi musicali (lunedì e<br />
mercoledì) o spettacoli comici (domenica):<br />
i poeti e gli attori del laboratorio<br />
Caravanserraglio qui sono<br />
di “casa”. La musica non manca<br />
mai e, in un attimo, ci si trova in<br />
Madonna. La Saponeria, però, è<br />
anche un ristodisco, genere oggi<br />
molto alla moda: è infatti possibile<br />
cenare, bene, e poi magari ballare<br />
sui ritmi più veloci dell’house.<br />
La serata considerata più cool è<br />
quella del giovedì, quando il dj residente<br />
Stefano Gamma propone<br />
house di ispirazione inglese e ci<br />
un disco pub. Si parte tardi, dalle<br />
23.30 nel weekend, si finisce tardissimo.<br />
In programma (www.lacasa139.com),<br />
il 9 febbraio, la per-<br />
sono ospiti del calibro di Jazzy M,<br />
del gruppo londinese Ministry of<br />
Sound, e dj residente per tutta l’estate<br />
del Pacha di Ibiza.<br />
FABIO LEBO<br />
La Saponeria<br />
Via degli Argonauti, 20<br />
06-5746999<br />
ARTE, MUSICA E CABARET: USCITE,<br />
ANDATE A CASA<br />
LA CASA 139<br />
Milano<br />
Le bibbie<br />
londinesi<br />
del fashiontrend<br />
lo<br />
mettono<br />
nelle loro<br />
top ten.<br />
Mangiare,<br />
bere,<br />
ballare, con<br />
l’ossessione<br />
del jet set<br />
formance Motorcity di Cato e<br />
Parpaglione degli Africa Unite.<br />
CHRISTIAN CAROSI<br />
foto: Beatrice Tartarone
illustrazione: Gibi<br />
RISTORANTI-BAR<br />
»»»» MILANO<br />
NATURA IN TAVOLA:<br />
COME BIO COMANDA<br />
MILANO food- apertura bio 14X10cm<br />
In principio era la frutta. Poi venne il pane. Poi tutto il resto. Il cibo<br />
biologico passa da moda ad abitudine. Con Milano capitale<br />
Diserbanti, coloranti, conservanti,<br />
antiparassitari: alzi la mano chi<br />
non se li è mai trovati nel piatto<br />
(senza saperlo, certo). Davanti alla<br />
chimica in cucina c’è chi fa finta<br />
di niente, chi preferisce non pensarci,<br />
chi dice: “Tanto è tutta la<br />
stessa roba”, chi non è convinto<br />
dei controlli, chi trova il mangiare<br />
biologico troppo caro.<br />
Eppure il popolo dei bioconsumatori<br />
cresce senza conoscere<br />
pause. Una tribù quanto mai variegata,<br />
composta di vecchi fricchettoni<br />
e nuovi igienisti, vege-<br />
NATURASÌ<br />
02-58100567<br />
Una catena di supermarket interamente<br />
dedicata al biologico.<br />
Lunghi corridoi e alte scaffalature<br />
“all bio long” con prodotti<br />
per casa e alimentari fra<br />
cui cioccolato, paste e perfino<br />
vini (sempre più interessanti).<br />
L’offerta è importante anche in<br />
settori di solito trascurati: vedi<br />
le carni, in bell’assortimento e<br />
tariani e intolleranti (a qualche<br />
alimento), gastrosensibili e innamorati<br />
della natura: tutti uniti<br />
appassionatamente in nome<br />
dell’alimentazione senza additivi<br />
di qualsiasi genere.<br />
Milàn, da questo punto di vista,<br />
è veramente “un gran Milàn”: la<br />
città della Borsa, del terziario superavanzato,<br />
delle passerelle fashion<br />
straripa di negozi, centri, ristoranti,<br />
supermarket (in testa<br />
IperCoop ed Esselunga) più o meno<br />
interamente dedicati al biologico.<br />
Che troverete preparato, se-<br />
lezionato, offerto in mille modi e<br />
confezioni: oseremmo dire per<br />
tutti i prezzi, pur sapendo che i<br />
pomodori coltivati in un’“idro-serra”<br />
olandese piuttosto che in piena<br />
campagna sarda si assomigliano<br />
come Moratti e Galliani (ma<br />
non come Inter e Milan).<br />
Ormai tutto può essere Bio, perché<br />
tutto può essere coltivato, allevato,<br />
preparato senz’altri interventi<br />
che quelli permessi dalle<br />
leggi europee, cioè il buon vecchio<br />
solfato di rame e pochissimo<br />
altro. Da dove cominciare? Dal<br />
NIENTE CHIMICA NEL CARRELLO: PICCOLA MAPPA<br />
tutte rigorosamente certificate.<br />
Viale Cassala, 61. Chiuso la<br />
domenica. Altre sedi: via G.<br />
Fara 35 e via Millelire 14.<br />
ACQUABIANCA<br />
02-89407871<br />
Un mix affascinante di erboristeria<br />
e ricerca bio: in pratica,<br />
un’erbioristeria.<br />
Per un appuntamento da<br />
Magda Mastellani, richiestissi-<br />
ma naturopata e dietista, i<br />
tempi d’attesa sono biblici. Al<br />
di là dei suoi preziosi precetti,<br />
troverete sugli scaffali il meglio<br />
della produzione biologica e<br />
biodinamica, dalle prugne<br />
giapponesi Umeboshi ai biscotti<br />
di farina kamut, dai croccanti<br />
di sesamo ai succhi di<br />
frutta. Bella la scelta di tè e infusioni.<br />
Via Vigevano, 41.<br />
Chiuso domenica.<br />
pane per esempio, che può essere<br />
di farina bianca o totalmente<br />
integrale, con o senza cereali. Ma<br />
sempre e comunque lievitato in<br />
modo naturale e cotto nel forno a<br />
legna. Basta annusarlo per capire<br />
la differenza, anzi ritrovare il profumo<br />
inconfondibile di una volta!<br />
In più, mentre le micidiali michette<br />
dei forni finto-rustico (forme<br />
precotte, impasti surgelati, ecc.)<br />
nel giro di due ore si trasformano<br />
in simpatici fermaporta, il pane<br />
naturale dura anche una settimana:<br />
basta avvolgerlo in un panno<br />
e piazzarlo nel ripiano più basso<br />
del frigo. Per frutta e verdura bio il<br />
discorso è più complicato perché,<br />
essendo prive di schifezze, seguono<br />
il loro corso naturale: dopo<br />
qualche giorno in casa, le patate<br />
germogliano, l’insalata avvizzisce,<br />
le pere marciscono.<br />
Per fortuna, molti centri Bio – supermercati<br />
compresi – si sono attrezzati<br />
per ripristinare la stupenda<br />
abitudine della consegna a domicilio:<br />
si ordina al telefono (o su<br />
Internet) quel che serve, senza<br />
pretendere che tutto duri per mesi.<br />
Dalla spesa al pronto-in-tavola,<br />
il passo è brevissimo: nei centri<br />
Bio, i reparti di gastronomia o i<br />
ristoranti annessi sono ormai diventati<br />
luoghi golosi. Dove la parola<br />
“sano” non fa rima con “insipido”<br />
e biologico non suona come<br />
punitivo. Anzi. Basta ordinare<br />
un pollo arrosto nutrito e allevato<br />
come si deve per capire che sano<br />
è bello, ma anche buono.<br />
Addentare per credere.<br />
P.D. SFORNELLI<br />
IL NAVIGLIO BLUVERDE<br />
02-8323693<br />
Un po' minimarket un po' bottega<br />
artigiana, qui c'è tutto o quasi il<br />
biologico da casa (certificato),<br />
compresi pane e bibite, verdure e<br />
brioche. Nel banco gastronomia<br />
spiccano formaggi, salumi, torte.<br />
Carne su ordinazione. Per i bio-telematici,<br />
c’è pure lo shopping on<br />
line (www.ilnavigliobluverde.it). Via<br />
Casale, 5. Chiuso domenica.<br />
RISTO-BIO<br />
Uno svizzero, un<br />
americano e un<br />
vegetariano-vegano<br />
di casa nostra.<br />
Da leccarsi le dita<br />
JOIA<br />
02-29522124<br />
Pietro Leeman è il riconosciuto<br />
genio svizzero della cucina<br />
bio-vegetariana. Il migliore a<br />
Milano e in Italia. Solo il rigore<br />
(svizzero) gli impedisce di definire<br />
il suo locale biologico tout<br />
court. La cucina è del tutto raffinata<br />
ed eterea, i piatti sono<br />
quadri da mangiare, il menu<br />
completo vale poco più di 50<br />
euro. Via Panfilo Castaldi, 18.<br />
Chiuso sabato e domenica.<br />
UN MONDO LEGGERO<br />
02-70608496<br />
Metti un americano a cena<br />
(bio). Colto, curioso, innamorato<br />
del cibo (bio), si chiama<br />
Martin Halsey e il suo nuovo<br />
locale è un mix di tradizioni e<br />
ricerca (bio). Si pranza (bio) al<br />
bancone, si cena (bio) nelle<br />
due semplici salette, si approfitta<br />
del take-away (bio). E<br />
non si spendono più di 25<br />
euro (bio?). Via Pacini, 39.<br />
Chiuso domenica.<br />
BIOPIZZA<br />
02-86452131<br />
La farina è senza additivi e<br />
macinata a pietra, la passata<br />
di pomodoro Bio-doc, la<br />
mozzarella verace e l’olio extravergine:<br />
ecco la miglior<br />
biopizza in città, anche da<br />
portarsi a casa. Le altre due<br />
sedi (via Moscova 39 e via<br />
Terraggio 20) offrono servizio<br />
a domicilio. Corso Italia,<br />
16. Chiuso domenica.<br />
IKOS<br />
02-460616<br />
A due passi da Piazza<br />
Cadorna, trovate sotto lo stesso<br />
tetto un fornito biomarket,<br />
bar-buffet e ristorante. Si mangia<br />
solo a pranzo, con scelta di<br />
piatti che pescano nella cucina<br />
macrobiotica, vegetariana e<br />
vegana. Spesa intorno ai 15<br />
euro. Via Boccaccio, 4.<br />
Chiuso domenica.<br />
DESIDERATA<br />
02-3360303<br />
Piccolo, semplice, smaccatamente<br />
bio-vegetariano. Da assaggiare<br />
le praline di ceci e<br />
mandorle e il pâté di lenticchie.<br />
Meglio prenotare, conto<br />
intorno ai 25 euro. Via<br />
Cagnola, 6. Chiuso domenica<br />
a pranzo e lunedì sera.<br />
URBAN 57
VISTI DA FUORI<br />
Strana Milano. Ecco<br />
com’è secondo<br />
le guide turistiche<br />
“La cucina lombarda è per<br />
gente che non ha tempo da<br />
perdere”. Lo sostiene non uno<br />
straniero qualunque di passaggio<br />
a Milano, ma la Lonely<br />
Planet, mitica guida dei viaggiatori<br />
zaino in spalla, bibbia<br />
laica di quelli che amano gironzolare<br />
lontano da casa.<br />
Già. Vi siete mai chiesti dove<br />
consigliano di mangiare a<br />
Milano le guide turistiche<br />
straniere? Qualunque viaggiatore<br />
(ma anche i residenti,<br />
sennò noi che ci staremmo a<br />
fare?) deve fidarsi, a meno<br />
che non abbia un buongustaio<br />
per amico, dei consigli delle<br />
guide. Che a volte sono buoni,<br />
spesso influenzati da luoghi<br />
comuni. Sappiate, comunque,<br />
che secondo la Lonely i frettolosi<br />
residenti di Milano possono<br />
essere intercettati mentre<br />
ingurgitano un panzerotto da<br />
Luini (via S. Radegonda, 6) o<br />
schizzano da The Break (via<br />
Camperio, 11). Al limite, sostano<br />
qualche istante nella<br />
“favolosa, autentica e senza<br />
pretese” Trattoria da Pino (via<br />
Cerva, 14). Se invece volete<br />
farvi una buona pizza, a parlare<br />
adesso è il National<br />
Geographic Traveler, il posto<br />
giusto è Charleston (Piazza<br />
Liberty, 8). Salvo però dovervi<br />
adattare alla confusione, che<br />
nelle pizzerie è data per scontata.<br />
Più “affidabile” il ristorante<br />
Olivia (v. G. D’Annunzio,<br />
7/9) dove la cucina può addirittura<br />
essere avventurosa.<br />
Tipo la pasta ripiena di tacchino<br />
(ossia i ravioli di faraona...).<br />
Se poi lo straniero ha pretese<br />
superiori, deve assolutamente<br />
provare il miglior ristorante<br />
della città, Aimo e Nadia (via<br />
Montecuccoli, 16), “conosciuto<br />
per l’uso fanatico dei migliori<br />
ingredienti e un’inventiva<br />
interpretazione della cucina<br />
milanese e lombarda”: crostini<br />
con olio extravergine d’oliva e<br />
pomodori dolci (nà bruschetta)<br />
o melanzane all’aragosta<br />
(lombardissime!). La cotoletta<br />
o l’osso buco richiedono invece<br />
la carta di credito perché<br />
sembrano esclusiva dei vari<br />
Savini, Peck o Bistrot di<br />
Marchesi. Alle stesse condizioni<br />
si può però fare un salto<br />
anche al Sadler (via Troilo,<br />
14), “superlativo e stimatissimo<br />
dai gastronomi italiani”.<br />
Peccato che per arrivarci “si<br />
debba prendere il taxi”!<br />
58 URBAN<br />
CHRISTIAN CAROSI<br />
RISTORANTI-BAR<br />
»»»» MILANO<br />
LARDO DI COLONNATA, JAZZ E LOFT ALLA MODA<br />
SEVEN<br />
02-58101669<br />
Finalmente un locale veramente<br />
poliforme in zona Navigli: aperto<br />
tra le 18 e l’una, questo “Steak<br />
and Wine” si può usare come bar,<br />
sala lettura, ristorante, locale dopo-cena,<br />
enoteca. Se siete da<br />
aperitivi robusti, insieme a un<br />
buon bicchiere potete ordinare<br />
lardo di Colonnata con miele e<br />
noci, fois gras con marmellata di<br />
pere e pan brioche, ma anche<br />
onion rings o alette di pollo speziate.<br />
Poi non baciate nessuno,<br />
però! Di sapore italo-americano<br />
(medium, cioè così così) anche il<br />
Tex Hamburger, in alternativa allo<br />
Spiedo di Norcia (salsiccia alla<br />
brace) o al galletto, schiacciato<br />
con limone e aromi. Per finire, una<br />
bella idea: il “doggy bag”, il sacchetto<br />
degli avanzi da portare a<br />
casa per il cane (o per girl/boyfriend),<br />
qui è esteso anche alla<br />
bottiglia di vino che non avete ultimato.<br />
Non datela al cane. Spesa<br />
sotto i 25 euro. Corso Colombo,<br />
11. Chiuso domenica.<br />
LIGHT<br />
02-62690631<br />
Un loft. Anzi, un maxi loft di 400<br />
metri quadri, ricavato in un’ex<br />
falegnameria e diviso in tre zone:<br />
bar, lounge e ristorante. Ma<br />
non è per i soffitti altissimi, gli<br />
archi a volta, i mattoni a vista o<br />
gli eleganti divanetti in pelle che<br />
questo locale è diventato di moda.<br />
Piuttosto perché è dietro<br />
C.so Como, e perché qui si va<br />
per vedere ed essere visti. E poi,<br />
certo, anche per bere e mangiare.<br />
What? Cinquanta etichette di<br />
vini a un bancone, altrettanti<br />
cocktail all’altro. E cucina fusion<br />
molto trendy. Un consiglio?<br />
Andateci verso mezzanotte (la<br />
cucina chiude alle 0,30) quando<br />
la ressa si dirada. Prezzi altini,<br />
brunch la domenica. Via<br />
Maroncelli, 8. Chiuso lunedì.<br />
TAVERNA VISCONTI<br />
02-795821<br />
Il locale, su due piani, è molto<br />
elastico: funziona per una puntata<br />
rapidissima (magari pre-ci-<br />
nema, visto che Largo Augusto<br />
è a un isolato) come anche per<br />
passarci la serata intera (concertino<br />
compreso, vista la passione<br />
dello chef-trombettista jazz Nico<br />
Carleo). Appena entrati trovate il<br />
bistrot caldo, legnoso e specchioso,<br />
con grande offerta di vini<br />
e stuzzichini. Al piano underground,<br />
passando davanti a una<br />
bella affettatrice d'epoca, potete<br />
godervi, in un ambiente più sobrio<br />
piatti sfiziosi quali risotto al<br />
Castelmagno e vino rosso, code<br />
di scampi con polenta di mais<br />
agli spinaci, petto d’anatra all’arancia<br />
con cipolline agrodolci. Si<br />
spendono 20 euro al bistrot,<br />
quasi il doppio al ristorante<br />
aperto fino a mezzanotte.<br />
Via Marziale, 11.<br />
Chiuso domenica.<br />
PICCOLO SOGNO<br />
02-2046003<br />
UN MONDO DI DOLCI:<br />
IL DESSERT GLOBALE<br />
Eurodolce? Troppo poco. Torte<br />
di qui, torte di là? Già meglio.<br />
United Pastries of the World però<br />
rende in modo più accurato<br />
l’idea. Di che? Di quello che offre<br />
una pasticceria unica nel suo ge-<br />
Prima, già all’ingresso, bisogna<br />
affrontare il fumo della brace<br />
dove sfrigolano salsicce e fiorentine;<br />
quindi la cappa di fu-<br />
L’Europa, gli States, ma anche il Sud America. Paese che vai, dolce<br />
che trovi. Oppure vai da Jenny Sugar. Un nome, un programma...<br />
nere a Milano, in grado di preparare<br />
le più tipiche prelibatezze di<br />
Europa (anche mittel), Stati Uniti<br />
e Sudamerica. Dove, si chiederanno<br />
i golosi? Calma: dalle parti<br />
di Porta Venezia. Per la precisio-<br />
ne in una traversa di viale Piave,<br />
e cioè via Bellotti al numero 11.<br />
Dietro la recente insegna<br />
Sugartree e dentro un negozietto<br />
invitante quanto profumato<br />
infatti si nascondono (ma spesso<br />
illustrazione: Mattia Elfo Ascari<br />
mo (di sigaretta) in sala; per finire<br />
il pro-fumo d'ascella del<br />
cameriere che vi porge il menù.<br />
Solo così vi potrete sedere ai<br />
tavoli, dove fanno la loro bella<br />
figura ceramiche capodimontesche<br />
ultrakitsch, di quello che<br />
viene considerato uno dei migliori<br />
ristoranti in città.<br />
Affollato comme-il-faut di signore<br />
in ghingheri e signori in<br />
vena di spese, arredato da salotto<br />
buono Aiazzone, il<br />
Piccolo Sogno propone piatti<br />
buoni ma non certo eccelsi di<br />
cucina tradizionale, tipo un misterioso<br />
lardo “d’Anard” (peccato<br />
che si chiami e si scriva<br />
“d’Arnad”…) con polenta, lasagnette<br />
al ragù di fagianella, rognoncino<br />
trifolato, branzino in<br />
fumetto o mousse di castagne<br />
in salsa cachi (cioè mimetica). Il<br />
tutto per un conto decisamente<br />
profumato, sui 50 euro. E il<br />
profumo d'ascella? Niente paura:<br />
quello è gratis. Via<br />
Zambelletti, 4. Chiuso sabato<br />
a pranzo e domenica.<br />
sono in bella vista, al banco o in<br />
vetrina) torte, muffins, pie, brownies,<br />
cheese cake, semifreddi decisamente<br />
buoni e curiosi. Qui<br />
infatti trovate pronte o su ordinazione<br />
(tel. 02-795350), anche<br />
la domenica mattina, specialità<br />
non così frequenti come l'Apple<br />
o la Lemon Pie americana, la<br />
Tarte Tatin (torta di mele caramellate)<br />
francese, il Plum Cake<br />
inglese, il Merengòn (meringa<br />
con frutta e panna) venezuelano,<br />
la Torta dell'Angelo bavarese, la<br />
Rigó Jancsi ungherese, la<br />
Czuszatott Palacsinta (una pila di<br />
crêpes al cioccolato) polacca.<br />
Senza dimenticare<br />
un’Apfelstrudel o una<br />
Sachertorte made in Austria da<br />
euro-urlo, mousse varie, clafoutis,<br />
Scones, Linzertorte e anche<br />
specialità salate: quiche, torte<br />
pasqualine, strudel di verdure,<br />
prasopita (una torta salata greca<br />
a base di porri e formaggio), pizza<br />
e focaccia.<br />
Il tutto realizzato con assoluta<br />
coscienza (e materia prima) bio.<br />
Capito perché qui si servono alcuni<br />
dei migliori ristoranti in città?<br />
Perché la vulcanica, colta e<br />
appassionata pasticciera Jenny<br />
Sugar (un nome, vero, un programma)<br />
è in grado di sfornare<br />
praticamente tutto. A prezzi non<br />
certo economici (fra i 25,82 e<br />
39,25 euro al chilo), va bene, ma<br />
assolutamente adeguati alla<br />
qualità. Slurp.<br />
P.D. SFORNELLI
illustrazione: Mattia Elfo Ascari<br />
RISTORANTI-BAR<br />
»»»» ROMA<br />
Il consumo è altissimo. Quasi<br />
quanto a Napoli, dove la “tazzulella”<br />
è un pezzo essenziale dello<br />
stile di vita e la qualità media nei<br />
bar (il metro di giudizio? La consistenza<br />
e l’intensità del sapore)<br />
decisamente alta. A Roma non è<br />
così: il buon caffè si fa ancora desiderare.<br />
Un esempio? Tutti quei ristoranti<br />
anche importanti che lo trascurano<br />
come se fosse un dettaglio, incuranti<br />
del fatto che invece rappresenta<br />
insieme al conto l’ultima<br />
impressione forte, digestiva e tonificante<br />
con cui ci si alza dal tavolo.<br />
Per fortuna però esiste una<br />
meravigliosa, fumante e bollente<br />
carboneria capitolina dell’espresso.<br />
Fatta per metà di locali tradizionali,<br />
bar e torrefazioni con degustazione<br />
(legati per lo più alla<br />
Nel quartiere bene di Prati, un<br />
punto di riferimento da sempre.<br />
Il bar è elegante e accogliente,<br />
il laboratorio di pasticceria<br />
sforna a più riprese ottimi<br />
cornetti classici ma anche i celebri<br />
quaresimali (maritozzi all’uvetta),<br />
veneziane e “bombe”<br />
alla visciola. Vassoi da asporto<br />
e bella scelta di caffè, incluso<br />
un superbo Blue Mountain dal-<br />
formula miscela, cioè il taglio di<br />
qualità arabica più robusta che<br />
rende l’infuso più forte e amaro,<br />
meno elegante ma anche meno<br />
acido) e per metà di indirizzi innovativi,<br />
quelli del cru giamaicano<br />
o brasiliano, del 100% arabica, o<br />
addirittura del menu del caffè.<br />
Ma c’è anche un’altra linea di consumo.<br />
Una linea semiclandestina,<br />
perché ufficialmente non aperta al<br />
pubblico, ma che gran parte dei<br />
romani riesce ogni tanto a utilizzare.<br />
I posti segreti del caffè, a<br />
Roma, si chiamano spacci.<br />
No, niente di illegale: sono solo i<br />
bar interni ai grandi uffici pubblici<br />
che, nella Città dei Ministeri, delle<br />
Autorità, delle Corti e degli annessi<br />
al Parlamento, sono una miriade.<br />
Non c’è quasi grande ufficio<br />
che non abbia il proprio, a dispet-<br />
to della ormai dilagante macchinetta<br />
automatica al piano: è qui<br />
che si sorbisce ogni giorno – in<br />
piedi, com’è costume a Roma, dove<br />
i caffè “seduti” sono una minoranza<br />
– una parte massiccia dei<br />
caffè di mezza mattina, cioè un<br />
must quasi quanto quello aprigiornata<br />
e quello dopo-pranzo.<br />
La – sussurrata – hit parade di<br />
questi spacci vede ai primi posti,<br />
in base al gradimento dei visitatori,<br />
il poco accessibile bar del<br />
Senato e quello del ministero del<br />
Tesoro. Se trovate una scusa per<br />
infilarvi lì, in via XX Settembre,<br />
non ve ne pentirete: il brivido della<br />
tazzina ministeriale vale bene<br />
una piccola bugia.<br />
Se invece vi interessa la vera tradizione<br />
del caffè alla romana, potete<br />
passare dai locali per intendi-<br />
CORNETTI E MARITOZZI: LA MAPPA DEL TESORO<br />
Colpo di<br />
scena: nella<br />
capitale della<br />
colazione,<br />
nell’impero<br />
del cornetto, il<br />
caffè non è dei<br />
migliori. Ma<br />
provate negli<br />
angoli per<br />
intenditori, nei<br />
ministeri,<br />
negli spacci.<br />
Buone notizie<br />
per chi si fa di<br />
caffeina<br />
LA VITA IN UNA TAZZINA:<br />
L , ELISIR DI OGNI MATTINO<br />
FAGGIANI<br />
06-39739742<br />
la Giamaica. Prezzi medio-alti.<br />
Via G.B. Ferrari, 23. Chiuso<br />
mercoledì.<br />
LA CAFFETTIERA<br />
06-6798147/06-3213344<br />
Qui la colazione è un lusso dichiarato.<br />
Nei due locali (quello<br />
originario, vicino al Corso, e<br />
quello più recente, in via<br />
Margutta) trovate non solo cornetti,<br />
e buoni, ma anche veraci<br />
sfogliatelle napoletane e golosi<br />
pasticciotti. Peccato che la “tazzulella”<br />
non sia il massimo.<br />
L’ambiente è deluxe, con politici<br />
e primedonne, attori e giornalisti<br />
televisivi in un tripudio di raso<br />
e specchi. Prezzi alti. P.za di<br />
Pietra 65 e via Margutta 61a.<br />
Sempre aperto.<br />
PANNOCCHI<br />
06-8552109<br />
Un vero classico romano del<br />
breakfast, con cornetti fragran-<br />
tori che vi segnaliamo. Oppure<br />
dalle classiche torrefazioni con<br />
bancone: Castroni in via Cola di<br />
Rienzo e via Ottaviano, l’affollata<br />
Tazza d’Oro a un passo dal<br />
Pantheon, Palombini all’Eur.<br />
Ma anche il cosiddetto “caffè del<br />
Papa”, l’Antico Caffè del Brasile di<br />
via dei Serpenti, dove un Woytila<br />
apprendista pontefice e studente<br />
di alta teologia andava a farsi il<br />
pieno di caffeina. Qui, nel locale<br />
con i sacchi di juta a vista e atmosfera<br />
d’altri tempi, vengono proposte<br />
al banco le miscele “famiglia”,<br />
“risparmio” e le “gemme do<br />
Brasil”: se ambite anche voi a una<br />
lunga e brillante carriera pontificia<br />
(ma anche da guardia svizzera),<br />
fatevi sotto.<br />
PAUL DE CELLAR<br />
ti e farciti in mille modi. Se la<br />
fama del posto si deve innanzitutto<br />
ai krapfen alle visciole,<br />
buoni sono anche i maritozzi<br />
con panna, ormai a rischio altrove,<br />
e le torte (Sacher, crostate)<br />
in formato maxi o mini.<br />
Caffè okay, idem i vaporosi<br />
cappuccini a schiuma alta.<br />
Prezzi medio-alti e niente tavoli:<br />
si consuma solo al banco.<br />
Via Bergamo, 56.<br />
Chiuso lunedì.<br />
BUON GIORNO!<br />
Quattro indirizzi<br />
per cominciare<br />
bene la giornata.<br />
Con o senza latte<br />
ANDREOTTI<br />
06-5193198<br />
06-5750773<br />
Due indirizzi, un’unica qualità<br />
per questa casa attiva a<br />
Roma dagli anni ’20. La sveglia<br />
la danno caffè e cappuccini<br />
di livello, con tanto di<br />
cioccolatino, notevoli e fantasiosi<br />
poi le paste e i dolci (ottimi<br />
quelli da asporto), ad<br />
esempio un cornetto estivo<br />
alla frutta. Si consuma al banco<br />
o ai (rari) tavoli interni.<br />
Ultimo espresso alle 22. Via<br />
Meldola 388 e via Ostiense<br />
54b. Sempre aperto.<br />
BAR PERÙ<br />
06-6861310<br />
Alfredo e i suoi boys hanno<br />
trasformato questo piccolo<br />
ma affollatissimo locale in un<br />
vero must del centro. Merito<br />
degli ormai celebri “special”,<br />
espresso e cappuccino arricchiti<br />
con crema di latte, profumo<br />
di cacao e una goccia di<br />
additivo (anice o Irish Cream)<br />
battuti al cucchiaio, decorati<br />
con cuoricini. Mentre li gustate,<br />
Alfredo vi intratterrà intonando<br />
i motivi più in voga, ma<br />
con testi liberamente cambiati.<br />
Servizio lampo, sia al banco<br />
sia ai due tavolini esterni.<br />
Prezzi modici. Via Giulia, 84.<br />
Chiuso domenica.<br />
GRAN CAFFÈ<br />
SANT’EUSTACHIO<br />
06-6861309<br />
L’irresistibile profumo del caffè<br />
si sente anche a trenta metri di<br />
distanza. Nel retrobottega una<br />
piccola, collaudata torrefazione<br />
sforna cru selezionatissimi.<br />
Così non c’è da stupirsi se, per<br />
gustare il “doppio” (cremosissimo<br />
caffè in tazza, vanto del locale)<br />
o la colazione alla siciliana,<br />
frotte di romani affrontano<br />
il viaggio dalla periferia. Prezzi<br />
altucci. P.za Sant’Eustachio,<br />
82. Chiuso lunedì.<br />
IL GELATO DI<br />
SAN CRISPINO<br />
06-6793924<br />
Una gelateria? Sì, la number<br />
one a Roma e tra le migliori<br />
d’Italia. Ma anche, da quando<br />
ha varato questo secondo indirizzo,<br />
un’ottima caffetteria dove<br />
gustare una tazzina di straordinario<br />
Blue Mountain giamaicano.<br />
Costa 1,55 euro, ma le vale<br />
davvero. Via della Panetteria,<br />
42. Chiuso martedì.<br />
URBAN 61
VERA PIZZA<br />
No trendy, no<br />
moda, no fashion.<br />
Solo pizza. Che<br />
dite, vi pare poco?<br />
Siete stufi del solito sushi-bar<br />
o del concept-restaurant del<br />
momento? Spossati dall’alimentazione<br />
chic e decisamente<br />
non cheap di ristoranti vegetariani<br />
e macrobiotici? Allora dirigetevi<br />
verso la zona a sud-est<br />
di Roma e andate a fare visita<br />
alla Trattoria Pizzeria (sic), meglio<br />
conosciuta dalla leggenda<br />
metropolitana col nome di<br />
Quagliettaro, in via<br />
Manfredonia 17. Il Quagliettaro<br />
del Quarticciolo, una delle ultime<br />
osterie romane rimaste intatte.<br />
Oltre a ricordare le gesta<br />
del Robin-Hood – resistente<br />
antinazista di borgata, il Gobbo<br />
del Quarticciolo, che negli anni<br />
’40 con la sua banda attaccava<br />
i forni per distribuire gratuitamente<br />
la farina, vi renderete<br />
conto che con le sue casette di<br />
quattro piani e i vialetti alberati<br />
(parafrasando Moretti) “il Quarticciolo<br />
non è affatto male!”.<br />
Alla Trattoria Pizzeria non<br />
aspettatevi però il menu.<br />
Come dice il suo soprannome,<br />
dovrete essere disposti a<br />
farvi pazientemente pestare i<br />
piedi facendo la fila davanti<br />
all’ingresso (ogni giorno della<br />
settimana!), per la quaglietta.<br />
Se sarete abbastanza<br />
simpatici con la signora che<br />
vi serve il vino della casa nelle<br />
bottiglie della conserva del<br />
pomodoro (e soprattutto se<br />
farete finta di non notare il<br />
camice azzurro infermierastyle<br />
che indossa) riuscirete a<br />
farvi dire cos’altro potete<br />
mangiare. Un onesto menu<br />
da osteria, qualche primo,<br />
bruschette e pizza.<br />
Ma non lasciatevi confondere<br />
dall’aspetto kitsch dei murales<br />
finto rustici e dai versi “der<br />
poeta” (Trilussa) dipinti sulle<br />
pareti del locale: Tiberio<br />
Picarelli, il padrone, la sa lunga<br />
in fatto di pizza. Nel 1982<br />
è partito per Mosca con 50<br />
chili di mozzarella (chiamato<br />
nientemeno che dall’amministrazione<br />
pubblica sovietica,<br />
come recita un articolo in cirillico<br />
dell’agenzia di stampa<br />
Tass attaccato a un muro), per<br />
insegnare ai moscoviti a fare<br />
la pizza. Il segreto del successo?<br />
Basta guardare il cartello<br />
del prezzo. 5000 lire (pardon<br />
2,60 euro) a portata.<br />
62 URBAN<br />
LUCREZIA CIPPITELLI<br />
RISTORANTI-BAR<br />
»»»» ROMA<br />
CACIO, PEPE, PIZZA E BISTECCA< A PIACERE<br />
TUPI<br />
06-57288794<br />
Ambiente più che minimalista<br />
per questo spazio emergente<br />
del Testaccio: vi accoglie in<br />
uno spazio scandito da tubi<br />
metallici e tavoli dal piano trasparente<br />
che svela, sotto, viti e<br />
bulloni. Minimalista anche la<br />
carta, ridotta per numero di<br />
piatti, ma tutt’altro che scarsi<br />
sono cura e sapore. Belle carni,<br />
qualche proposta creativa ma<br />
senza strafare, pasta di tradizione<br />
(vedi “cacio e pepe”) cucinata<br />
a dovere. Poi, voli di fantasia<br />
sui dolci. È così che Tupi<br />
e il suo chef stanno conquistando<br />
un seguito sempre più<br />
fedele e un bel pubblico giovane,<br />
attirato anche dalla proposta<br />
di vini, disegnata con un<br />
occhio ai prezzi. Si spendono<br />
infatti dai 25 ai 32 euro per<br />
una serata divertente in un<br />
quartiere da movida.<br />
Via A. Volta, 36. Chiuso a<br />
pranzo e lunedì.<br />
OMBRE ROSSE CAFÉ<br />
06-5884155<br />
Jazz in sottofondo, muffins,<br />
cous cous e ambiente divertente.<br />
Non ha impiegato molto,<br />
questo locale multiuso nel<br />
cuore di Trastevere e aperto<br />
dalle 7 del mattino alle 2 di<br />
notte, a guadagnarsi un posto<br />
nella hit parade modaiola.<br />
Merito anche dei cocktail: molto<br />
amati i long drink a base di<br />
frutta fresca. Piazza<br />
Sant'Egidio, 12. Sempre<br />
aperto.<br />
SPACCANAPOLI<br />
06-7847174<br />
Un nome, un programma. Perché<br />
piano di battaglia e menu di questa<br />
pizzeria dell’Appio sono risolutamente,<br />
dichiaratamente partenopei.<br />
Così, alle pizze col cornicione<br />
alto, tra cui l’aversana (con<br />
mozzarella di bufala) o l’arciclassica<br />
con salsiccia e friarielli, vengono<br />
affiancati primi piatti di tradizione<br />
tipo gnocchi alla sorrenti-<br />
na o schiaffoni (la pasta tipica<br />
campana, che ve credete?). Per finire,<br />
inevitabilmente, pastiera e<br />
babà. Il tutto, per fortuna, senza<br />
aria di “finto” e in un ambiente<br />
semplice ma accogliente.<br />
Pubblico giovane, con molti teenager<br />
in libera uscita, facilitati anche<br />
da prezzi che quasi mai superano<br />
i 16-17 euro. Più birre<br />
che vino, qualche discreta bottiglia<br />
regionale. Via Eurialo, 110.<br />
Chiuso lunedì.<br />
CAFFÈ NOVECENTO<br />
06-68807727<br />
Tavolini eleganti, tovagliette<br />
di pizzo, stampe alle pareti,<br />
gran bancone. E, oltre a insalate,<br />
gelato artigianale, torte<br />
salate e dolci, cocktail molto<br />
speciali: analcolici, a base di<br />
tè verde, o profumati ai fiori<br />
d'arancio. Posto non inebriante,<br />
ma molto new romantic.<br />
Via Governo<br />
Vecchio, 112. Chiuso domenica<br />
(in estate).<br />
T-BONE STATION<br />
06-6787650<br />
Per i reduci dallo shock da mucca<br />
pazza questo T-bone, sottotitolo<br />
“The original american steakhouse”,<br />
dovrebbe essere il posto giusto<br />
per uscire dal tunnel e riassuefarsi<br />
a filetti, ribeye e sirloin.<br />
Magari con qualche variante Mex<br />
su tacos e chili. Il manzo è però<br />
privo di carattere, le quesadillas<br />
arrivano lucide di grasso, non proprio<br />
profumate e accompagnate<br />
da un macinato diverso dal ragù<br />
di supermercato solo per la presenza<br />
di fagioli neri e una maschera<br />
di piccante. Persino la patata<br />
al cartoccio ha l’aria di emergere<br />
dal prepensionamento grazie<br />
a continui riscaldi. Non illuda neppure<br />
l’idea di prezzi modici: uno<br />
starter, un piatto dal grill, una birra<br />
e un caffè fanno quasi 30 euro.<br />
E l’unica carne (con l'osso) a meritare<br />
nostalgia è quella di ragazze<br />
e ragazzi in t-shirt griffata, gentili<br />
e attenti, che svolazzano in sala.<br />
Via Crispi, 29. Chiuso domenica.<br />
FOCACCE, KRAPFEN, FALAFEL,<br />
IL MONDO COTTO AL FORNO<br />
Non siamo ancora all’assalto ai forni, ma<br />
poco ci manca. Specie se si scopre che ogni<br />
popolo ha il suo pane & derivati. Buonissimi<br />
L’insegna è simpatica ma impegnativa:<br />
Mix & Match Fornobar.<br />
Così, il nome di questo locale<br />
inaugurato da poco ricorda da<br />
vicino uno di quei simpatici elettrodomestici<br />
per sfornare cornetti<br />
e tramezzini caldi che ci propina<br />
abitualmente la tv.<br />
Eppure, Mix & Match Fornobar<br />
rende bene l'idea. Però la renderebbe<br />
ancora meglio avvicinando<br />
solo un altro aggettivo, indispensabile<br />
per rendere del tutto giustizia<br />
a tutte le sue potenzialità.<br />
Fornobar okay, va benissimo. Ma<br />
andrebbe aggiunto “multietnico”.<br />
Perché il Mix & Match svolazza<br />
con disinvoltura su un panorama<br />
cosmopolita di prodotti<br />
da forno, con le mani bene in pasta<br />
nei krapfen teutonici come<br />
nelle falafel mediorientali, proponendo<br />
quotidianamente una<br />
scelta di focacce (basse, alte,<br />
lunghe, strette, larghe) così variegata<br />
da lasciar immaginare, a<br />
ogni morso, un viaggio gastronomico<br />
fra dolcezze e squisitez-<br />
ze di Europa e Africa, Asia e<br />
Sudamerica. Il tutto in una cornice<br />
modernista e divertente fatta<br />
di cromature e tinte arancio, con<br />
atmosfera assolutamente easy e<br />
piacevole. Scoperto prestissimo<br />
dal pubblico più attento e trendy<br />
del quartiere, il M&M di via<br />
Savoia 6 (06-8840876, chiuso<br />
domenica) già richiama lungo le<br />
dodici ore di apertura (8-20, al<br />
sabato diventa 11-17) aficionados<br />
da tutta la città che affollano<br />
i tavoli interni, destinati nella<br />
bella stagione a crescere anche<br />
all'aperto. E questo grazie anche<br />
ai prezzi, sui 13-14 euro, più<br />
che onesti data la qualità dei<br />
prodotti.<br />
Peccato solo che al Fornobar<br />
manchi un’appendice serale, destinata<br />
a sicuro successo: per ora<br />
è così, ma la speranza è l’ultima<br />
a morire, la saporita craquotte<br />
dopo-cinema è destinata a restare<br />
il sogno di ogni nottambulo<br />
goloso.<br />
PAUL DE CELLAR<br />
illustrazione: Mattia Elfo Ascari
RISTORANTI-BAR<br />
»»»» BOLOGNA<br />
DOLCE E LA NOTTE<br />
(MA ANCHE SALATA)<br />
La piadina, il panino, la pastarella dolce, la brioche appena sfornata. Tutte cose buone<br />
che sono più buone quando si tira mattina. Piccola mappa per i golosi delle tenebre<br />
Metti un bombolone caldo caldo<br />
straripante di crema. O un bel<br />
cornetto ripieno di nutella. O ancora<br />
un calzone prosciutto e formaggio,<br />
magari in abbinata a un<br />
bel cappuccio fumante. Il classico<br />
rito della colazione mattutina?<br />
No, ingenui: quello più perverso<br />
della pasta di notte. Cioè un vero<br />
boom, a Bologna e dintorni, come<br />
dimostra la ressa che affolla<br />
panetterie e pasticcerie, vere<br />
mecche golose, alle 3-4 del mattino.<br />
E anche oltre: in alcuni casi<br />
è possibile tuffarsi nel mare magnum<br />
di pasticcini e torte salate<br />
anche fino alle 8 del mattino.<br />
Sono uno sfracello i ragazzi –<br />
ma pure mamme, papà o attempati<br />
signori – che fanno la fila<br />
per gustarsi cornetti e bomboloni<br />
caldi, leccandosi i baffi. Oggi<br />
infatti la pasta by night non è più<br />
un rito esclusivo dei discotecari<br />
incalliti: comprende anche chi<br />
esce dal cinema con un pizzico<br />
di appetito o chi (sempre di più)<br />
addirittura parte da casa appositamente<br />
per farsi la pasta under<br />
the moon.<br />
Fra le pasticcerie all night long,<br />
c’è chi si adegua ai nuovi ritmi e<br />
apre in tempo per ricevere i primi<br />
biassanot (è per esempio il caso<br />
di Galli, in via Murri), chi può<br />
vantare il laboratorio annesso e<br />
propone una bella varietà di dolce<br />
e salato (come i Fratelli<br />
Pollacci a Idice), chi di professio-<br />
ne fa il fornaio e non lo nasconde<br />
(Al Mi Furner di via Saffi).<br />
Tutto per un fenomeno nato nel<br />
brulicante divertimentificio della<br />
Riviera romagnola e riversatosi<br />
sotto le due torri con immediato<br />
successo. L’elenco aggiornato di<br />
questi posti da paste è ricco e in<br />
continuo sviluppo. Dunque, se<br />
ALL NIGHT LONG: DATE BOMBOLONI AGLI INSONNI<br />
AL MI FURNER<br />
051-550054<br />
Minimalista, in posizione strategica<br />
e orario pure, visto che sta<br />
aperto fino alle 6: lo trovate all’incrocio<br />
tra via Saffi e i viali, incollato<br />
al Tennent’s Pub. C’è solo il<br />
bancone e un sacco di pasticcini<br />
dolci e salati a cifre decisamente<br />
ragionevoli (1 euro o poco più).<br />
Se la qualità generale non è suprema,<br />
pizzette incluse, molto validi<br />
sono invece i cannoli alla crema:<br />
l’importante è accontentarsi.<br />
Via Saffi, 1. Chiuso domenica.<br />
IL KROFFO<br />
051-6330441<br />
In ordine di tempo è l’ultimo arrivato<br />
nella vendita notturna di<br />
sfiziosità; in realtà sono 15 anni<br />
che le produce. Di recente ha<br />
aperto anche il bar, quindi è fra<br />
i pochi a garantire sia paste sia<br />
cappuccini di produzione propria.<br />
C’è di tutto un po’, anche<br />
tramezzini e pizze “coperte”.<br />
Qualità discreta, prezzi buoni<br />
ma… zero tavolini.<br />
Via Rimesse, 33b. Chiuso lunedì.<br />
non siete tra quelli in grado di<br />
controllare gli improvvisi e spesso<br />
golosi appettiti notturni, non<br />
vi resta che prendere carta e<br />
penna. La lista per ora comprende<br />
le pasticcerie “storiche”<br />
Girotti (via Mazzini), Oasi (via<br />
Andrea Costa), Senese (via Bassa<br />
dei Sassi) e Fratelli Pollacci (fuori<br />
città), le new entry Galli (via<br />
FRATELLI POLLACCI<br />
051-6255108<br />
Un mito, da queste parti. E anche<br />
se non esattamente in città, ma a<br />
pochi passi sulla via Emilia, merita<br />
una capatina a tutti i costi. Il<br />
bancone, enorme, è pieno di prelibatezze<br />
dolci e salate. E non<br />
mancano neppure bibite calde e<br />
fredde. Specialità, i bignè al cioccolato,<br />
nocciola e zabaione e le<br />
torte salate. Durante la settimana<br />
apertura fino alle 2, il weekend fino<br />
alle 4. Idice di S. Lazzaro, via<br />
Lambertini 5. Sempre aperto.<br />
Murri) e il Kroffo (via Rimesse), i<br />
forni e cornetterie Al Mi Furner<br />
(via Saffi), Lurido (via<br />
Borgonuovo e in via Zanardi, vicino<br />
ai viali) e i bar Bambi (via S.<br />
Vitale) e Almetti (via Massarenti,<br />
incrocio viali). Può bastare?<br />
Allora buon night-appetito.<br />
OASI<br />
051-6145253<br />
CARLO FRASSOLDATI<br />
Una vera e propria… oasi per i<br />
golosoni tiratardi (o per i golosoni<br />
mattinieri, che però sono<br />
una razza già meno frequente):<br />
le serrande non si abbassano infatti<br />
prima delle 8 del mattino.<br />
Qui potete trovare bomboloni,<br />
paste calde ma pure torte, biscotti<br />
e panzerotti. Senza dimenticare<br />
che è anche un bar,<br />
quindi la scelta è più che ampia.<br />
Prezzi medi. Via A. Costa, 7.<br />
Chiuso domenica.<br />
illustrazione: Mattia Elfo Ascari<br />
RESTAURANT<br />
Artisti giovani e<br />
whisky vecchi. Tra<br />
la via Emilia e la<br />
Scozia. Oppure,<br />
pane e prosciutti<br />
SHERLOCK HOLMES<br />
051-230030<br />
L’aria, con quel lungo bancone<br />
in legno, gli sgabelli imbottiti,<br />
le insegne di legno e<br />
il gioco delle freccette alla<br />
parete, è chiaramente da<br />
British Pub. Elementare,<br />
Watson: proprio di un pub si<br />
tratta. Dove le birre e i<br />
whisky sono scozzesi doc,<br />
panini e piattini… pure, e dove<br />
non c’è bisogno di indagare<br />
per scoprire la simpatia<br />
della clientela, perlopiù giovane<br />
e… assetata.<br />
Via Goito, 14d. Chiuso lunedì.<br />
BRAVO CAFFÈ<br />
051-266112<br />
Cucina, musica & arte. Ecco i<br />
tre temi su cui punta l’offerta<br />
di questo noto e centrale ritrovo,<br />
sempre affollato di<br />
studenti e non, a caccia di<br />
cocktail (sessanta a scelta),<br />
piatti classici e non (ravioli<br />
alle melanzane, ventaglio di<br />
vitello all’arancia, ma anche<br />
pizza), concerti di cantautori<br />
o latin-jazz, quadri di giovani<br />
artisti che a rotazione fanno<br />
bella mostra sulle pareti, con<br />
effetti a volte devastanti sullo<br />
stomaco.<br />
Via Mascarella, 1. Sempre<br />
aperto.<br />
PANE VINO E SAN<br />
DANIELE<br />
051-225071<br />
Proprio a ridosso di S. Pietro,<br />
ecco una simpatica osteria<br />
dove il menu (formaggi, salumi,<br />
paste, tigelle, pizze, polenta<br />
con funghi) e anche<br />
l’atmosfera generale sanno<br />
un po’ d’antico. Anzi, di friulano:<br />
non per niente qui zero<br />
prosciutto di Parma, ma solo<br />
ed esclusivamente San<br />
Daniele. Anche i prezzi, per<br />
fortuna, sanno d'antico: con<br />
10-11 euro si mangia e si<br />
beve in allegria, ma si può<br />
ordinare anche solo un bicchiere<br />
di Ribolla (vitigno autoctono<br />
friulano, cosa credevate!?!)<br />
o una bella grappa.<br />
Se volete evitare la ressa di<br />
bancari in giacca e cravatta a<br />
pranzo e di studenti a cena,<br />
scegliete l’ora del tè, quasi<br />
esclusivamente femminile.<br />
Via Clavature, 18b. Sempre<br />
aperto.<br />
URBAN 65
RISTORANTI-BAR<br />
»»»» TORINO<br />
Il classico in<br />
pieno centro.<br />
Il postindustriale<br />
nella città<br />
dell’industria.<br />
Oppure<br />
l’amarcord<br />
culturale dove<br />
bevevano<br />
Einaudi e<br />
Pavese.<br />
Anche Torino<br />
beve prima<br />
di cena. E bene<br />
DRINK E TARTINE,<br />
RITRATTO DI CITTA<br />
L’aperitivo a Torino? Roba seria.<br />
Di più: un vero e proprio rito fin<br />
da quando Benedetto Carpano<br />
inventò il vermouth, due secoli e<br />
passa fa. Un rito con le sue regole<br />
precise che oggi si arricchisce<br />
di nuove tendenze, vedi un buon<br />
bicchiere di vino al posto dei più<br />
tradizionali cocktail o vermuttini.<br />
Così, l’amante dell’aperitivo più<br />
classico preferisce sorseggiarlo a<br />
stomaco vuoto (l' effetto-fame è<br />
più devastante) o al massimo accompagnato<br />
da una-oliva-una<br />
BAROLINO COCHI<br />
011-4367245<br />
Una delizia storica: il salottino<br />
circolare è ricavato nell’atrio ellittico<br />
di un palazzo del 1700.<br />
Un bel posto dove sedersi a bere<br />
un buon aperitivo. Solo qui,<br />
tra l’altro, si può bere l’Americano,<br />
un aperitivo a base di vino aromatizzato,<br />
soda e scorza di limone<br />
(euro 4,20). Più che onesti<br />
poi i prezzi di vini e spumanti<br />
(dai 2 ai 4 euro) serviti in genere<br />
con tartine mini-mini ma goodgood.<br />
Via Bonelli, 16.<br />
Chiuso domenica.<br />
(che fa tanto fine e anche lounge,<br />
a patto di non schizzarla nell'occhio<br />
del vicino).<br />
I meno tradizionalisti (e più ingordi)<br />
scelgono però dove aperitivarsi<br />
in base alla quantità di<br />
stuzzichini offerti gratis col bicchiere:<br />
tartine, salatini, cruditès<br />
con salsine, bignè caldi. Oppure,<br />
nei wine bar, grissini, formaggi,<br />
salumi e le immancabili uova sode.<br />
In questo modo i senza ritegno<br />
e i senza pudore (ce n'è, ce<br />
n'è) possono sfangarsi una bella<br />
GUGLIELMO PEPE<br />
011-8126843<br />
Il locale è quasi tradizionale, con<br />
incantevole dehors estivo su P.za<br />
Maria Teresa. Frequentato da una<br />
clientela giovane ed esigente, offre<br />
aperitivi notevoli: vini e spumanti<br />
di grandi etichette italiane, i<br />
migliori champagne, settanta<br />
cocktail (prezzo medio 7.50 euro)<br />
comprese le specialità della casa<br />
(alcolici a base di frutta e analcolici<br />
a base di verdure). Sul bancone,<br />
tra le tante golosità, anche ostriche<br />
e rane fritte. Via Della Rocca,<br />
19. Sempre aperto.<br />
cenetta a modico prezzo. I posti<br />
giusti dove iniziare la serata sono<br />
parecchi e in grado di soddisfare<br />
ogni sfizio. Un aperitivo raffinato?<br />
Andate al Neuv Caval ‘D<br />
Brons in Piazza San Carlo, il locale<br />
preferito da Einaudi e Pavese:<br />
cocktail e appetizer insuperabili.<br />
Amate il post-industriale?<br />
Spingetevi fino al periferico<br />
Docks Home di via Valprato per<br />
aperitivi e piattini a tema accompagnati<br />
da DJ. Per chi poi ama<br />
mescolare vini & letteratura c’è<br />
CAFFÈ ROSSINI<br />
011-5214105<br />
E’ certamente il bar più alternativo<br />
di Torino: la prova dalle 20 in<br />
poi, quando si imballa di ragazzi<br />
dai 15 ai 50 anni. Musica giusta,<br />
servizio divertente, grande mescita<br />
di vino e birre. Sul bancone forme<br />
di parmigiano, salumi, farinata<br />
e primi piatti. Si spendono da<br />
2,50 euro per un bicchiere di rosso<br />
piemontese fino a 4,60 per un<br />
ballon (il bicchierone da degustazione,<br />
ignoranti!) di barolo.<br />
C.so Regina Margherita, 80/E.<br />
Sempre aperto.<br />
la Taverna Libraria di via Bogino,<br />
dove degustare libri e leggere vini,<br />
ma anche il contrario (insomma,<br />
basta acquistare qualcosa).<br />
Se invece preferite cocktail, birre<br />
e buffet informale, provate il<br />
nuovo Paris Texas Lounge Club.<br />
Un classico è infine il Caffè Elena<br />
di Piazza Vittorio: ottimi vini e<br />
ricche tartine fanno il paio con la<br />
vista forse più suggestiva della<br />
città. Aiuta anche quella.<br />
CON MUSICA, SENZA MUSICA, CON OLIVA O SENZA<br />
AMANTES<br />
011-8172427<br />
CRISTINA LATTUADA<br />
Si trova vicino alla Mole il circolo<br />
Arci che fa più poli-tendenza:<br />
cocktail bar, enoteca, galleria<br />
d’arte, concerti live e Dj diversi<br />
ogni sera. Ma soprattutto un assortimento<br />
notevole di vini rossi<br />
per innaffiare antipastini, salamelle,<br />
formaggioni, verdurine,<br />
salsette calde e frutta fresca.<br />
Insomma, si mangia cultura ma<br />
non si disdegnano gli affettati!<br />
Prezzo del bicchiere? Fra 1,50 e<br />
4 euro. Via Principe Amedeo,<br />
38. Sempre aperto.<br />
illustrazione: Gibi<br />
MANGIARE<br />
Passaggio in India<br />
o nel Golfo di<br />
Napoli. E la cucina<br />
casalinga di tradizione<br />
sabauda<br />
PASSAGGIO IN INDIA<br />
011-8194525<br />
State passeggiando senza<br />
meta in riva al Po? Allora entrate<br />
qui e accomodatevi nella<br />
saletta dei Maharajah: gusterete<br />
vera cucina etnica<br />
preparata da una troupe di<br />
cuochi indiani di alto livello.<br />
Tutti i piatti, profumati e speziati<br />
al punto giusto, meritano<br />
un assaggio e un ripassaggio:<br />
zuppa di pollo e lenticchie,<br />
polpettine di cernia<br />
con coriandolo, sfogliette di<br />
verdure e zenzero. Anche per<br />
i vegetariani, un menù veramente<br />
da sballo. Interessante<br />
la carta di vini e tè; il conto<br />
per una cena si aggira intorno<br />
ai 23 euro.<br />
Corso Casale, 73c.<br />
Chiuso lunedì.<br />
UNIONE FAMIGLIARE<br />
DI REAGLIE<br />
011-8980856<br />
Bocciofila e trattoria easy, divertente<br />
e giovane (anche<br />
per il nome iglia-aglie), con<br />
cucina casalinga. Il rapporto<br />
qualità-prezzo è super, visto<br />
che il menù fisso con bevande<br />
offre a 20 euro antipasti<br />
piemontesi caldi e freddi a<br />
volontà, due primi piatti con<br />
un ottimo risotto al rosmarino,<br />
secondi a scelta tra carbonade,<br />
cosciotto di maiale,<br />
stracotto di agnello. Last but<br />
not least, la cena pantagruelica<br />
si chiude con tanto di dolce<br />
e caffè. Mica male, no?<br />
Corso Chieri, 124.<br />
Chiuso lunedì.<br />
SPACCANAPOLI<br />
011-812669<br />
La verace pizza napoletana,<br />
gustosa, guarnita e guascona?<br />
E' qui, in questa pizzeria fra le<br />
quindici più quotate in città.<br />
Un consiglio? Prenotate, posteggiate<br />
(se ci riuscite) e alla<br />
fine buttatevi sulla pizza al<br />
metro, specialmente se siete in<br />
gruppo: è sicuramente il modo<br />
più conviviale e goloso per assaggiare<br />
le varie versioni in<br />
una botta sola. L'arredamento<br />
è superbamente kitsch, il personale<br />
veramente gentile, il<br />
conto (che si aggira tra i 7 e<br />
gli 11 euro) assolutamente<br />
onesto. E allora cosa volete di<br />
più dalla vita? Via Mazzini,<br />
19. Chiuso martedì.<br />
URBAN 67
testo: Lia Celi<br />
illustrazione:<br />
Annalisa Pagetti<br />
DADI & BACI<br />
SAN VALENTINO. <strong>Urban</strong> vi offre il grande gioco dell’amore. Tenete pronto un dado (e un nuovo fidanzato)<br />
SAN VALENTINO-GAME!<br />
Dicono che per gli innamorati ogni giorno è una<br />
festa. Non siamo così catastrofisti: la stramaledetta<br />
festa degli innamorati è solo il 14<br />
febbraio. Ed è già abbastanza. Entra nella sdolcinata<br />
atmosfera con questo istruttivo “gioco<br />
dell’oca”, un crash-test cartaceo per verificare la<br />
tua resistenza alle insidie valentinesche. Il dado<br />
è tratto!<br />
1. Il tuo programmino per il V-Day prevede una<br />
serata a due sul divano con film galeotto.<br />
Peccato che alcune migliaia di fidanzati ci abbiano<br />
pensato prima di te, col risultato che tutti i<br />
videonoleggi della provincia hanno esaurito i<br />
film romantici dal cinema muto ai nostri giorni.<br />
Ripieghi sul Massacro del giorno di San<br />
Valentino di Roger Corman: in fondo anche<br />
Al Capone era un sentimentale.<br />
2. L’apertura del tuo pacchetto conferma i tuoi<br />
peggiori sospetti: eri tu il destinatario dell’orribile<br />
maglione con l’orso cui la tua ragazza sferruzzava<br />
da mesi. Considerato che l’indumento<br />
potrebbe comodamente ospitare una famiglia di<br />
profughi, ti proponi di darlo in beneficienza appena<br />
possibile, ma sta in campana: fino alla fine<br />
del mese le fidanzate presidiano i cassonetti<br />
Caritas per beccare i morosi ingrati.<br />
3. Riesci a prenotare l’ultimo tavolo al ristorante<br />
trendy che propone uno stuzzicante menù di<br />
San Valentino. Il penultimo tavolo, proprio accanto<br />
al tuo, l’ha prenotato il nuovo fidanzato<br />
della tua ex. L’imbarazzo si taglia con la motosega,<br />
esattamente come il filetto al pepe rosa<br />
che avete nel piatto. Urge salvare la serata: lancia<br />
il dado.<br />
4. Avevi ordinato ventiquattro rose rosse per la<br />
tua “lei”, ma, causa un malaugurato disguido, il<br />
fioraio le ha consegnate alla sua dirimpettaia.<br />
Ti precipiti dalla fidanzata per scusarti in ginocchio,<br />
ma incroci sul pianerottolo la dirimpettaia,<br />
una lap-dancer ex miss Moldavia che vorrebbe<br />
tanto conoscere il mittente delle splendide rose.<br />
Ti fermi un turno a fare due chiacchiere, e la<br />
mattina dopo porti un ex-voto a San Valentino.<br />
5. Ti viene in mente che la tua fidanzata ti ha<br />
già fatto un regalo il 17 gennaio, festa di<br />
Sant’Antonio patrono degli animali. Forse voleva<br />
dirti qualcosa. Per scoprirlo, lancia il dado!<br />
6. Le lasci un messaggio nel cellulare in cui descrivi<br />
il tuo amore come una carica di tritolo, una<br />
bomba atomica, un gas nervino.<br />
Purtroppo la tua dichiarazione viene intercettata<br />
dalla polizia, che ti scambia per un terrorista di Al<br />
Qaeda. Passi San Valentino a spiegare a un ispettore<br />
che non sei fidanzato con Osama Bin Laden.<br />
7. Il fermacarte di peltro che le hai regalato<br />
non le è piaciuto per niente. Non sarà mica perché<br />
avevi dimenticato di togliere la scritta<br />
“Buone Feste dalla Cassa di Risparmio di<br />
Bustazzone”? Tira ancora, prima che ti tiri lei<br />
l’oggetto sull’occipite.<br />
8. Lei ti annuncia che per San Valentino si è fatta<br />
tatuare il tuo nome sul fondo schiena. La cosa<br />
non ti angustia: se non c’è né il cognome né l’indirizzo,<br />
puoi abbandonarla senza rischi.<br />
9. Che fortuna! La tua nuova fiamma appartiene<br />
all’1 per cento di fidanzate che se ne sbatte di<br />
ricorrenze cheap come San Valentino. Coi soldi<br />
che avevi stanziato per il suo regalo corri a<br />
comprarti un favoloso giaccone in saldo, quindi<br />
salti per la gioia fino al numero 12.<br />
10. La tua ragazza ti fa notare con nonchalance<br />
che per San Valentino il suo ex le portava<br />
gioielli. Le ricordi sommessamente che la tenera<br />
abitudine del suo ex le è costata una condanna<br />
per ricettazione aggravata. Per salvarti dalle sue<br />
ire, ripara al numero 4.<br />
11. Che bella idea regalarle un brillante mimetizzato<br />
in una scatola di cioccolatini! Adesso<br />
però trova un’altra buona idea per estrarglielo<br />
dall’esofago, o torna al numero 3.<br />
12. Mannaggia! La tua nuova fiamma non terrà<br />
alle ricorrenze cheap ma fa parte del 2 per cento<br />
di fidanzate che tiene moltissimo agli onomastici.<br />
A forza di chiamarla “topolina di zucchero”<br />
ti eri scordato che per l’anagrafe è Valentina.<br />
Stai fermo un turno a sbattere la testa nel muro.<br />
13. Per far colpo su un'intellettuale come la tua<br />
ragazza un libro è l’ideale, e il libraio ti ha assicurato<br />
che con ’sto Prévert si cucca un casino.<br />
Se le righe ti sembrano più corte del normale,<br />
non preoccuparti: non è un errore di stampa,<br />
sono poesie.<br />
14. Vittoria! Anche per quest’anno te la sei<br />
cavata senza troppi danni. Se poi fosse andata<br />
male, fa niente: San Valentino non è solo il<br />
patrono degli innamorati, ma si invoca anche in<br />
caso di peste, epilessia e svenimenti. Di questi<br />
tempi, può far comodo anche ai single.<br />
URBANSATIRA<br />
URBAN 69