Scarica il PDF - Casa d'aste Farsettiarte
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202<br />
68<br />
Ritratto (1944).<br />
Olio su tela, cm 45,1x35,1.<br />
In basso a destra: Pisis.<br />
A sinistra: S. B.<br />
Al verso: timbri Galleria Zanini, Roma.<br />
Attribuito al 1944, fa parte di una galleria<br />
di ritratti, tematica meno frequentata da<br />
de Pisis, che è stata proposta nella mostra<br />
F<strong>il</strong>ippo de Pisis. La figura umana, a cura di<br />
Luciano Caramel e Claudia Gian Ferrari,<br />
Museo Mallé, Dronero, 21 apr<strong>il</strong>e-8 settembre<br />
2002.<br />
Sono da tener presenti non tanto, non<br />
solo, le più celebrate facoltà del pittore;<br />
qui entra in gioco anche la capacità di valutazione<br />
psicologica dei personaggi, un<br />
lavoro di scavo in diretta partecipazione<br />
con <strong>il</strong> modello scelto.<br />
Giuseppe Raimondi nella monografia del<br />
1944 (Garzanti, M<strong>il</strong>ano) affronta i problemi<br />
di costruzione e di st<strong>il</strong>e, ormai definiti<br />
in quegli anni: «Il punto d’attacco dell’arte<br />
di de Pisis con la tradizione italiana, è<br />
rintracciab<strong>il</strong>e in qualcosa di pungente, di<br />
estroso e quasi volante che traspare dal<br />
carattere, fisico e materiale, del suo st<strong>il</strong>e.<br />
Quel bizzarro, e impetuoso suo segno che<br />
si è detto, dotato di una incurvatura di sapore<br />
anacronistico, così rapido e preciso<br />
nel realizzare la forma, quell’urgenza sfrenata<br />
per cui, anche nelle sue tele, i tratti<br />
sono fermati, tracciati con segni quasi di<br />
penna, macchiati, accennati sommariamente.<br />
Egli scrive in punta di pennello.<br />
Macchiare, si direbbe proprio <strong>il</strong> suo tratto,<br />
ed è un gusto un poco veneto; conservando<br />
qualcosa della furia del disegno, più<br />
lieve e corrente nelle parti restanti, ma in<br />
qualcuna, nello scavo di un’orbita, nella<br />
curva di una bocca, nel forare di un orecchio,<br />
affondati nel nero dell’ombra più<br />
nera. Ferrarese, de Pisis, è bene l’erede del<br />
padano Guercino, maestro della “grande<br />
macchia” nel disegnare. E, messo su questa<br />
strada gli dev’essere riuscito agevole di<br />
tradurre un tale istinto in una materia pittorica<br />
accortamente fluida, ma non troppo,<br />
di tocco più che d’impasto, insomma<br />
plastica, esprimente <strong>il</strong> senso un poco arso<br />
di bassor<strong>il</strong>ievo sbozzato in creta. Così, si<br />
può dire elusivamente, egli ha realizzato<br />
una specie di nuovo barocco, applicato su<br />
una materia magra e asciutta, prodotto di<br />
un temperamento intellettivo. Un barocco<br />
senza scorci, volute e sforzature, ma di<br />
una spietata tensione nel concepimento<br />
e nell’impianto dell’opera. Animato da<br />
una vitalità dispersiva, e quasi microbica;<br />
atmosferico, addirittura pulviscolare. Ma<br />
senza faticosi impasti di, colore; anzi pulito,<br />
scabro, e con un senso di arsura quale<br />
emana da una tempera di Tiepolo, nella<br />
quale si avverta <strong>il</strong> tepore del tono riscaldare<br />
lo strato di gesso.»