Luglio/Agosto - Sigot.Org
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(65). L’attivazione da parte della proteina<br />
chinasi C delle alfa secretasi è ostacolata<br />
dal fatto che tali enzimi possono promuovere<br />
la crescita tumorale (66).<br />
Il secondo approccio si basa sull’aumento<br />
della clearance dell’ Abeta. Un programma<br />
di vaccinazione nell’uomo (67) era<br />
stato intrapreso in seguito all’osservazione<br />
che, in topi transgenici che avevano<br />
una mutazione della proteina precursore<br />
dell’amiloide, l’immunizzazione con<br />
Abeta impediva la formazione di placche<br />
neuritiche e permetteva una riduzione di<br />
quelle già presenti (68-69). Il trial clinico<br />
fu interrotto però a causa dell’insorgenza<br />
di encefalite nel 6% dei pazienti (70), ma<br />
si osservò comunque che i pazienti produttori<br />
di anticorpi anti-Abeta avevano<br />
un rallentamento nella progressione della<br />
malattia (71). Infatti gli anticorpi, penetrando<br />
il SNC e legandosi alle placche, le<br />
rendono suscettibili di fagocitosi da parte<br />
delle cellule della microglia. L’immunizzazione<br />
passiva attraverso la somministrazione<br />
di anticorpi monoclonali antiamiloide<br />
(come i frammenti FAB che si<br />
legano ai recettori FC) rappresenterebbe<br />
perciò una valida alternativa, più sicura<br />
della vaccinazione, in grado di provocare<br />
distruzione della placca (72) o sequestrare<br />
l’Abeta in periferia riducendo il pool cerebrale<br />
(73). L’attenzione della comunità<br />
scientifica è rivolta allo sviluppo di terapie<br />
non immunologiche con lo scopo di<br />
legare l’amiloide o alterare la sua conformazione.<br />
Il terzo approccio terapeutico è basato<br />
sulla riduzione della polimerizzazione e<br />
promozione della clearance dell’amiloide<br />
dal cervello.<br />
Come già accennato si stanno accumulando<br />
evidenze che l’interazione tra betaamiloide<br />
e metalli pesanti (rame, ferro e<br />
zinco) induce la polimerizzazione di betaamiloide<br />
con conseguente tossicità neuronale.<br />
I chelanti dei metalli pesanti possono<br />
ritardare questo processo e dissolvere<br />
le placche già esistenti (74). Uno di questi<br />
composti, il cliochinolo (usato in passato<br />
come antiparassitario intestinale) con<br />
un’alta affinità per gli ioni zinco e rame,<br />
Geriatria<br />
potrebbe rappresentare una potenziale via<br />
terapeutica per la sua capacità di ridurre<br />
in vitro la polimerizzazione dell’amiloide<br />
e la quota di amiloide cerebrale in topi<br />
transgenici (75). Un piccolo studio clinico<br />
randomizzato controllato in fase II (76),<br />
ha mostrato risultati preliminari positivi<br />
in termini di rapido miglioramento delle<br />
funzioni cognitive col trattamento. Si<br />
stanno studiando agenti chelanti alternativi<br />
gravati da una minore tossicità (neuropatia<br />
mielo-ottica subacuta da cliochinolo)<br />
(77). I primi studi hanno mostrato<br />
un modesto beneficio anche con un altro<br />
chelante dei metalli, la desferroxamina<br />
(78). Negli Stati Uniti ed in Canada è<br />
attualmente in fase III di sperimentazione<br />
in pazienti con AD lieve-moderato,<br />
l’Alzhemed, un glicosaminoglicano<br />
(GAG) mimetico in grado di ridurre in<br />
vitro la polimerizzazione dell’Abeta ed il<br />
suo accumulo in topi transgenici (79).<br />
Durante la fase II di studio in soggetti con<br />
AD lieve-moderato, l’Alzhemed ha dimostrato<br />
tollerabilità, sicurezza, buona penetrazione<br />
cerebrale e riduzione dei livelli<br />
cerebrospinali di Abeta 42. Nei pazienti<br />
che hanno assunto il farmaco per oltre tre<br />
mesi si è verificato un effetto stabilizzante<br />
delle funzioni cognitive, particolarmente<br />
in quelli con demenza lieve (80). Potrebbe<br />
giocare un ruolo nel metabolismo<br />
dell’Abeta anche il fattore di crescita I<br />
insulino-simile: alcuni ricercatori suggeriscono<br />
che possa modulare la clearance<br />
dell’amiloide cerebrale (81). Sono oggetto<br />
di studio altre strategie potenzialmente in<br />
grado di ridurre la polimerizzazione<br />
dell’Abeta: peptidi come CLAC (collagenous<br />
Alzheimer amyloid plaque component)<br />
(82-83), glicosaminoglicani a basso<br />
peso molecolare (C3) (84-85) e coloranti<br />
come il Rosso Congo.<br />
La terapia genica rappresenta uno degli<br />
aspetti più suggestivi nell’ambito delle<br />
prospettive future nella cura dell’AD. È<br />
stato individuato uno specifico fattore<br />
neurotrofico, il nerve growth factor<br />
(NGF), in grado di stimolare la funzione<br />
colinergica, migliorare la memoria, prevenire<br />
la degenerazione colinergica in<br />
Vol. XVIII n. 4 - <strong>Luglio</strong>/<strong>Agosto</strong> 2006 253