mi ha consigliato di spedire a voi copia di questo appello, cosa che io faccio con vivo piacere». Dal che si deduce che Gramsci non solo conosceva l’appello, ma ne sollecitava la diffusione. La seconda occasione si verifica nel giugno 1926 con <strong>il</strong> famoso carteggio Gramsci- Lussu (vedi <strong>il</strong> testo nell’Appendice). Nelle domande che Gramsci pone a Lussu, se cioè <strong>il</strong> rafforzamento della dittatura fascista può aver trasformato l’autonomismo del Partito Sardo d’Azione in una sorta di rivendicazione “a tipo nazionale”, Lussu nella sua risposta nega tale possib<strong>il</strong>ità, mentre parla a favore di un’ipotesi <strong>federalista</strong> come la sola possib<strong>il</strong>e. Alla successiva domanda in cui Gramsci chiede se ci sia la possib<strong>il</strong>ità che la parte popolare del sardismo possa allearsi con i comunisti, Lussu risponde negativamente, spiegando che un’alleanza del genere, non voluta dai capi sardisti e non compresa dalle masse, potrebbe portare allo sfacelo del partito stesso. Sappiamo poi che Gramsci approvò la tesi del III congresso di Lione del Partito Comunista in es<strong>il</strong>io. Luigi Longo sostenne una piattaforma federativa (e non federalistica), giungendo all’esplicito invito ai contadini del Sud e delle isole di separarsi dall’Italia se lo avessero desiderato, in omaggio al principio dell’autodecisione dei popoli. Longo tuttavia, lasciava intendere quale fosse <strong>il</strong> vero fine di tale posizione politica: e cioè che lo sv<strong>il</strong>uppo delle tendenze separatistiche avrebbe indebolito necessariamente lo Stato borghese. Quando infine, nel 1931, si svolgerà <strong>il</strong> IV congresso del Partito Comunista d’Italia a Colonia, Gramsci è già in carcere e le tesi, recapitategli clandestinamente, non lo troveranno consenziente, almeno per quanto riguarda la svolta voluta dal Komintern per la lotta contro le socialdemocrazie. Non sappiamo invece se Gramsci approvasse <strong>il</strong> programma <strong>federalista</strong> ribadito in quel congresso. Al titolo 4° del programma d’azione si può leggere: «… allo scopo di accelerare lo sv<strong>il</strong>uppo economico, politico e culturale del Mezzogiorno, della Sic<strong>il</strong>ia e della Sardegna e di soddisfare le aspirazioni delle masse lavoratrici, la rivoluzione proletaria promuoverà una particolare organizzazione politica-organizzativa di queste regioni, sino alla costituzione di Repubbliche Socialiste e Soviettiste autonome del Mezzogiorno d’Italia, della Sic<strong>il</strong>ia e della Sardegna, nella Federazione delle Repubbliche Socialiste e Soviettiste d’Italia» (Lussu, in un articolo sui Quaderni di G.L., criticherà aspramente questo modo superficiale di concepire una Repubblica federativa italiana composta di sole 4 Repubbliche, prive oltretutto di garanzie democratiche, bollandola come “non <strong>federalista</strong>”). Si può essere portati a credere che Gramsci vedesse con simpatia la possib<strong>il</strong>ità di una sistemazione a tipo federativo di un futuro Stato Socialista italiano. Il che non è contrario, in linea di principio, con certo leninismo. Si può anche pensare ad una influenza esercitata in lui dalla permanenza in Unione Sovietica dal 1923 al 1924, nel momento in cui Lenin procedeva alla sistemazione di uno Stato plurinazionale. Però nulla di più può essere aggiunto sull’argomento e la tesi di un Gramsci <strong>federalista</strong> va accantonata, anche e soprattutto per l’inconc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>ità fra <strong>il</strong> federalismo classico, fondato sulla pluralità dei valori (che sta a fondamento della democrazia) e la dottrina del Moderno Principe che nel Partito unico vede <strong>il</strong> suo p<strong>il</strong>astro. Sarà lo stesso Gramsci, d’altronde, nella Lettera per la fondazione dell’Unità, del 1924, a chiarire senza volerlo <strong>il</strong> suo <strong>pensiero</strong> in proposito, «contro le degenerazioni 28
autonomistiche – scrive A. Gramsci – io credo che <strong>il</strong> regime dei Soviet, con <strong>il</strong> suo accentramento politico dato dal Partito Comunista e con la sua decentralizzazione amministrativa, trovi un’ottima preparazione ideologica nelle parole d’ordine: Repubblica federale degli operai e dei contadini». ***** 29
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