il pensiero autonomista e federalista sardo - ufficio studi GM Angioy
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iaffermiamo solennemente <strong>il</strong> principio che la Sardegna spetta ai Sardi e quindi deve<br />
essere governata dai Sardi, in quella ben chiara costruzione dell’Europa delle Etnie in<br />
cui sia resa giustizia alle minoranze e alle Comunità etniche». Negli anni seguenti, pur<br />
non trascurando <strong>il</strong> traguardo di una grande Federazione euro-mediterranea di Regioni<br />
e di Comunità etniche, accentuerà <strong>il</strong> suo indipendentismo fino a sfociare nella richiesta<br />
pura e semplice dello Stato <strong>sardo</strong> Sovrano (senza chiarire tuttavia la palese contraddizione<br />
fra i due obiettivi): «Che si sappia finalmente, e una volta per tutte, che <strong>il</strong> nostro<br />
obiettivo è la liberazione della Sardegna dal gioco coloniale … Se un popolo non conquista<br />
la sua indipendenza politica non può essere soggetto della sua storia, ma resterà<br />
ai margini della storia di quella Nazione che lo avrà vinto e dominato. E se un popolo<br />
dovrà risorgere dal limbo nel quale si trova, dovrà avere <strong>il</strong> suo “Stato”». (Da notare<br />
che nella trascrizione del discorso, da lui certamente visionato e curato, la parola<br />
“Stato” si trova fra virgolette).<br />
Negli ultimi anni della sua vita, Simon Mossa ritornerà più volte sul tema del diritto<br />
dei popoli (e quindi anche dei Sardi) all’indipendenza statuale e su quello del Federalismo<br />
delle Etnie, ma ormai anche la sua “vis” polemica appare smorzata, nella consapevolezza<br />
forse di una sconfitta, certo momentanea e tuttavia cocente.<br />
Eppure la lezione di Simon Mossa non sarà inut<strong>il</strong>e. Il teorico del Federalismo delle<br />
Etnie è morto troppo giovane e troppo presto per poter assistere a quel vero e proprio<br />
revival etnico che caratterizzerà <strong>il</strong> panorama politico <strong>sardo</strong> – specie quello extrapartitico<br />
– negli anni ‘70 e negli anni ‘80.<br />
E <strong>il</strong> pullulare in quegli anni di circoli, associazioni, libri e riviste d’assalto ebbe sì un<br />
carattere spontaneo, però sicuramente aveva fatto tesoro delle idee, delle intuizioni e<br />
delle proposte di Simon Mossa. Questo movimentismo fu chiamato con espressione<br />
forse poco felice “neosardismo” ed ebbe fra i principali referenti <strong>il</strong> Circolo Città Campagna,<br />
<strong>il</strong> Movimento di Su populu sardu e l’Associazione Nazione sarda. Fu soprattutto<br />
quest’ultima a portare avanti e a guidare negli anni 1977-1978 la diffic<strong>il</strong>e compagna<br />
per la raccolta delle firme per una proposta di legge popolare volta al riconoscimento<br />
giuridico della lingua sarda secondo <strong>il</strong> dettato dell’articolo 6 della Costituzione.<br />
Anche <strong>il</strong> Partito Sardo d’Azione, d’altro canto, dopo aver guardato per alcuni anni con<br />
una certa diffidenza la corrente minoritaria di Simon Mossa, nel XVI Congresso del<br />
1968 e in quelli successivi del 1972 e del 1976, operò finalmente una salutare revisione<br />
ideologica, facendo proprie le idee e i postulati del “profeta inascoltato” (ebbe così inizio<br />
la stagione del 3° Sardismo). Ciò gli valse una impetuosa crescita organizzativa ed elettorale,<br />
<strong>il</strong> cosiddetto “vento sardista” dei primi anni ’80. Vento che doveva affievolirsi nel<br />
giro di pochi anni, fino a sparire quasi del tutto. Segno che alla crescita organizzativa ed<br />
elettorale non era seguito <strong>il</strong> necessario dibattito e soprattutto <strong>il</strong> supporto culturale.<br />
Oggi, termini come Autogoverno, Nazionalità, Nazione, e Federalismo hanno superato<br />
lo sbarramento tradizionale e sono entrati nel vocabolario di tutti i partiti, di destra<br />
e di sinistra, anche di quelli che erano preconcettualmente contrari ad ogni discorso<br />
nazionalitario o <strong>federalista</strong> e talvolta anche autonomistico.<br />
Da più parti si richiede la riscrittura dello Statuto speciale e la trasformazione dello<br />
Stato italiano in senso federale. L’utopia degli anni ‘60 e ‘70 sembra quasi trasformarsi<br />
in realtà.<br />
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