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L'uomo e il cielo stellato - Astrocultura UAI

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perché genera speranza di una felicità futura. Il patimento è strumento di<br />

conoscenza.<br />

Il tema della disarmonia fra natura e uomo è ripreso ed ampliato nell’<br />

Ultimo canto di Saffo composto nel dicembre 1821 e facente parte dei Canti. Al<br />

tema del suicidio si affianca quello della rottura moderna del rapporto<br />

armonioso fra natura ed uomo, causato dalla svolta materialistica del poeta,<br />

ispirata dal meccanicismo settecentesco. Viene respinta ogni ipotesi sull’esistenza di<br />

elementi spirituali infondendo un ulteriore elemento di sofferenza nella povera<br />

Saffo che non possiede altro se non la sua bruttezza esteriore. Ciò cozza con la<br />

bellezza della natura alla quale caldamente si rivolge in apertura del canto dicendo:<br />

“Placida notte, verecondo raggio<br />

della cadente luna; e tu che spunti<br />

fra la tacita selva in su la rupe,<br />

nunzio del giorno”<br />

Con questi versi intende appellarsi al pudico raggio della luna che tramonta<br />

mentre Venere sorge, annunciatore del giorno, sulla rupe fra la selva s<strong>il</strong>enziosa. Si<br />

riesce quasi a percepire quell’attimo che precede l’alba, in cui l’universo tace e le<br />

stelle stanno ormai sbiadendo mentre sale all’orizzonte Venere più splendente che<br />

mai. Certamente Leopardi doveva essere stato tanto incantato da un tale spettacolo<br />

da rendersi conto che l’uomo non poteva in nessun modo avvicinarsi alla sua<br />

bellezza. Infatti scrive:<br />

“ Bello <strong>il</strong> tuo manto, o divino <strong>cielo</strong>, e bella<br />

sei tu, rorida terra. Ahi di cotesta<br />

infinita beltà parte nessuna<br />

alla misera Saffo i numi e l’empia<br />

Sorte non fenno”<br />

La disarmonia tra Saffo e la natura si fonda sulla mancata partecipazione<br />

della donna alla bellezza generale dell’universo. La bellezza del paesaggio<br />

resta una bellezza per sé e in sé, dalla quale Saffo è esclusa e respinta.<br />

Il personaggio di Saffo non può non essere paragonato a quello di Leopardi,<br />

che certamente proietta la propria esperienza nel “rappresentare l’infelicità di un<br />

animo delicato, tenero, sensitivo, nob<strong>il</strong>e e caldo, posto in un corpo brutto e giovane”<br />

come l’autore stesso scrisse.

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