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A R C H I T E T T U R A<br />

Da sinistra:<br />

• COMUNICAZIONE: l’ipervisibilità dell’area<br />

dismessa, dove per iper si intende<br />

l’accentuazione delle componenti visive e<br />

l’estremizzazione dei connotati; l’area dismessa<br />

diviene un oggetto-prodotto rappresentato che<br />

assume le logiche dell’ipertesto e dell’interazione,<br />

una nuova modalità di lettura, una nuova<br />

visione, una nuova identità.<br />

•Metodo alternativo di copertura delle discariche<br />

attive, inattive o chiuse, basato sullo sfruttamento<br />

dei processi di evapotraspirazione (ET) e sul<br />

bilancio ideale tra evapotraspirazione e le<br />

precipitazioni.<br />

bientali, cosiddette tecnologie soft, intese<br />

come l’impiego di agenti biologici per la<br />

degradazione delle sostanze inquinanti,<br />

rappresentano uno strumento efficace per<br />

il recupero e ripristino di un sito contaminato,<br />

ma non possono sostituire il naturale<br />

processo rigeneratore dell’ecosistema.<br />

È importante comunque incentivarne<br />

l’applicazione in quanto si tratta di processi<br />

biologici di bioremediation ambientale<br />

che sono in grado, nel 90% dei casi, di<br />

sostituire efficacemente le attività di escavazione<br />

e smaltimento in discarica offrendo,<br />

a costi competitivi, risultati di remediation<br />

compatibili con gli obiettivi di<br />

sviluppo sostenibile.<br />

A seguito di queste considerazioni appare<br />

essenziale sottolineare che l’interazione<br />

tra la tecnologia utilizzata, la selezione<br />

delle materie prime utilizzate e il relativo<br />

cambiamento morfologico rappresentano<br />

una componente rilevante del progetto<br />

di riqualificazione delle aree dismesse,<br />

nel quale le tecniche innovative disegnano<br />

e propongono una diversa lettura di<br />

questi paesaggi così ri-costruiti, contrad-<br />

20<br />

52/04<br />

distinti da particolari codici espressivi e<br />

decorativi.<br />

Lo scavo, il riporto, l’inclinazione, la copertura<br />

vegetazionale, la piantumazione, i<br />

movimenti del suolo, il sistema delle acque,<br />

il riuso di materiali esistenti che supportano<br />

il progetto di bonifica, diventano<br />

parte integrante ed anticipano il progetto<br />

architettonico.<br />

Da queste complesse relazioni derivano dei<br />

progetti che sono un insieme di tecnologia,<br />

architettura e arte, intimamente legati al<br />

luogo stesso, in cui il carattere unitario è<br />

dato dalla volontà di ricucire, di legare insieme<br />

in maniera indissolubile il segno naturale<br />

con quello artificiale. La natura e la<br />

naturalità tornano in gioco attraverso una<br />

ibridazione con la tecnologia e queste riscritture<br />

sul territorio rappresentano il patrimonio<br />

visibile del progetto di bonifica.<br />

È evidente quindi la relazione fra l’intervento<br />

di bonifica e il futuro uso dell’area: la<br />

bonifica non può prescindere dal progetto,<br />

tanto più nei casi dove la bonifica prevede<br />

l’esigenza assolutamente realistica di dover<br />

modificare o sostituire il terreno. In questo<br />

caso il segno tracciato sulla superficie, l’incisione<br />

o lo scavo come atti di asportazione,<br />

l’accumulo come deposito o ammassamento<br />

diventano atti fondativi del progetto<br />

di riconfigurazione finale del sito.<br />

Il risultato è il progetto di un “nuovo suolo”,<br />

che può modificare la sua configurazione<br />

interagendo con gli elementi vegetali,<br />

a seconda dei sistemi naturali di decontaminazione<br />

utilizzati e dell’evoluzione<br />

naturale del sito. Nell’utilizzo di metodi<br />

alternativi di copertura delle discariche,<br />

per esempio, basati sul processo di<br />

evapotraspirazione (ET) delle piante, il<br />

N U O V E T E C N O L O G I E<br />

processo di ricolonizzazione e di riconquista<br />

arriva a coincidere con un accrescimento<br />

della biomassa. Rispetto ai convenzionali<br />

sistemi di copertura con geomembrane,<br />

dove è possibile che si verifichino<br />

fenomeni di percolazione, una copertura<br />

ET sfrutta simultaneamente le<br />

proprietà della parte superficiale del suolo<br />

di catturare e immagazzinare l’acqua di<br />

precipitazione, e delle piante di assorbire<br />

acqua dal terreno e trasferirla in atmosfera.<br />

In questo modo una fitta copertura vegetale<br />

di pioppi, salici, querce, alberi di<br />

eucalipto, fornisce una maggiore capacità<br />

di immagazzinamento di acqua, in quanto<br />

la zona delle radici di un sistema basato<br />

sulle piante, è molto più ampia della zona<br />

delle radici di erba ed arbusti, di un sistema<br />

basato sulla copertura erbosa. Si tratta<br />

di una rigenerazione naturale e artificiale,<br />

per ripristinare le funzioni ecologiche, riportandole<br />

ad uno stato vicino alle condizioni<br />

naturali. I vantaggi di questo sistema<br />

sono un basso costo di installazione,<br />

lunga durata, creazione di habitat naturali,<br />

mitigazione degli impatti visivi e valorizzazione<br />

estetica del paesaggio.<br />

In questo quadro di finalità generali, la riqualificazione<br />

delle aree dismesse non può<br />

che essere intesa come il risultato di una<br />

processualità trasformativa e una sequenza<br />

estrema di una serie di operazioni: riciclare,<br />

ricordare, bonificare, ricreare e comunicare.<br />

*Ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Progettazione<br />

Ambientale all’Università “La Sapienza” di Roma;<br />

attualmente svolge, presso il Dipartimento ITACA della<br />

Prima Facoltà di Architettura dello stesso Ateneo, sia attività<br />

di ricerca nell’ambito dei beni culturali sia attività<br />

didattica, come professore a contratto, nell’ambito della<br />

tecnologia dell’architettura.

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