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che costoro non solameiite rubarono il necessitoso
j ma offesero la nattòa delle cose create da
Dio (la qual vuole che il metallo da sÈ non germini
altro metallo), e la legge da Dio posta alla
natura umana scaduta, che ciascuno debba vivere
di lavoro, Di qui stesso deducesi un argomento,
recato già da'teologi cattolici, al legittimare
il frutto del danaro anco al di là di quel
che prescrive la legge, quando ehi lo presta
potrebbe di certo, adoprandolo, trame col proprio
lavoro quel tanto di più ; e quando i frutti
di "quel eh' egli ha collocato non lo facciano
inerte goditore ed inutile, dispietato e corrompitore.
Se dispietato, se inutile, non solamente
chi dà a censo i danari, è usuraio; ma chiunque
mal usa la ricchezza, sia marchese, sia
prelato, sia principe. Checche si pensi di questa,
distribuzione di colpo e di pene, non a caso
gli usm'ai, anch'essi sotto le fiamme arditrici
di Sodoma, vengono ultimi, quasi confine tra i
peccati di violenza e quelli di frode; perchè nell'usura
i due mali s'intrecciano quasiflagello (1).
Noi verso La frode ond'ogni coscienza è morsa,
paro che Dante accenni, frantendendole, a quelle
parole dì Cicerone: Sim gusmq%ie fraus, suus
{1]M.M.V»,M1,,MV,XV,