una proposta debole - Jesi e la sua valle
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IL PUNTO<br />
di F<strong>la</strong>vio Donati<br />
Il piano di riconversione del vecchio zuccherificio<br />
si risolve in <strong>una</strong> grande operazione<br />
immobiliare<br />
Addio sogni industriali<br />
Poche le speranze di dare stabile occupazione<br />
agli operai in cassa integrazione da<br />
oltre tre anni<br />
Malce<strong>la</strong>ta rabbia e profonda delusione. A volerli sintetizzare<br />
in due parole, sono questi i sentimenti dominanti per il<br />
piano di riconversione industriale del vecchio zuccherificio<br />
presentato nei giorni scorsi in regione dal gruppo<br />
Maccaferri. Perché, nonostante fosse già nota da tempo l’intenzione<br />
dell’azienda di riservare al<strong>la</strong> trasformazione in<br />
senso commerciale dell’area il ruolo principale dell’intervento,<br />
nessuno si aspettava che all’antica vocazione industriale<br />
dell’azienda venissero destinati nel progetto due, dico<br />
due, soli posti di <strong>la</strong>voro.<br />
Due e non subito. Perché il progetto sperimentale di <strong>la</strong>vorazione<br />
delle vinacce in campo farmaceutico, l’unica apertura<br />
industriale del piano che dovrebbe assicurare il <strong>la</strong>voro<br />
ai due dipendenti, partirebbe nel 2014. E perché solo<br />
contorno, per non dire fumo, sono i progetti di col<strong>la</strong>borazione<br />
con le università di Ancona, Urbino e Bologna.<br />
Per il momento, spazio dunque alle immobiliari. Subito<br />
avanti con un primo gruppo di tre insediamenti commerciali<br />
che salverebbero però il posto di <strong>la</strong>voro a non più di<br />
<strong>una</strong> trentina degli attuali dipendenti, dovendosi reperire<br />
all’esterno, con esperienza nel settore vendita, gli altri 20-<br />
30 addetti previsti dal piano.<br />
Ed è questa triste contabilità dei posti di <strong>la</strong>voro salvati e<br />
persi ad alimentare <strong>la</strong> rabbia e <strong>la</strong> delusione. Tre anni fa, <strong>la</strong><br />
garanzia di salvaguardia dei posti di <strong>la</strong>voro era stata estesa<br />
a tutti i 143 dipendenti dello stabilimento. Nel preaccordo<br />
del dicembre scorso – il secondo o il terzo rispetto<br />
ad un accordo che non arriva mai – i posti garantiti erano<br />
arrivati a 105. Ora, visti i pensionamenti nel frattempo<br />
intervenuti o in via di maturazione, si scende a 95.<br />
Numero in cui sono peraltro compresi <strong>una</strong> ventina di<br />
addetti che il <strong>la</strong>voro, se lo vogliono, dovranno andarselo a<br />
prendere nello zuccherificio Sadam di Russi, provincia di<br />
Ravenna, tuttora in funzione.<br />
Sempre a proposito di occupazione, non sfugge poi il partico<strong>la</strong>re<br />
di quegli addetti al settore commerciale che non<br />
verranno reperiti tra gli ex dipendenti dello zuccherificio.<br />
Si dice perché occorre <strong>una</strong> specifica competenza. Più<br />
banalmente, perché realisticamente in queste nuove aree<br />
commerciali, che per stesa legge di natura non possono<br />
POLITICA<br />
I comitati hanno manifestato contro <strong>la</strong> Sadam. A <strong>Jesi</strong>, nel<strong>la</strong><br />
vicenda Sadam, sindaco e comitati su sponde opposte.<br />
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crescere all’infinito, andranno ricic<strong>la</strong>ti i dipendenti che, per<br />
effetto del nuovo insediamento, perderanno il posto in<br />
quelle già esistenti o quelli che già sono in organico nei<br />
negozi che vi si trasferiranno.<br />
Un’operazione immobiliare da 85 milioni di euro, gran<br />
parte dei quali provenienti dai contributi dell’Unione<br />
Europea a fronte del<strong>la</strong> chiusura del vecchio zuccherificio,<br />
dovrebbe dunque mettere fine al sodalizio agro-industriale<br />
che, attraverso gran parte del secolo scorso, ha legato<br />
<strong>la</strong> Sadam al<strong>la</strong> nostra città.<br />
Con amarezza, e tuttavia meglio così che non l’improbabile<br />
stabilimento per <strong>la</strong> produzione di biodiesel accompagnato<br />
da <strong>una</strong> centrale elettrica a biomasse, <strong>la</strong> cui realizzazione<br />
era stata approvata da Comune, Provincia e<br />
Regione. Un progetto osteggiato da gran parte del<strong>la</strong> città<br />
per le ricadute ambientali che avrebbe avuto in un territorio<br />
come quello del<strong>la</strong> bassa Vallesina già <strong>la</strong>rgamente compromesso<br />
dall’API, dal<strong>la</strong> turbogas, dal traffico e da miriade<br />
di altre fonti inquinanti.<br />
Un progetto di riconversione a basso costo – sostanzialmente<br />
lo stesso per tutti gli zuccherifici chiusi da Sadam<br />
Eridania a seguito degli interventi di liberalizzazione del<br />
settore saccarifero decisi dal<strong>la</strong> UE – restato in piedi il<br />
tempo necessario a dimostrare, a chi doveva erogare i<br />
fondi per <strong>la</strong> riconversione, <strong>la</strong> buona volontà dell’azienda di<br />
procedere. Volontà magari contrapposta, nel<strong>la</strong> vulgata<br />
governativa, ai soliti comitati, spesso guidati dai sindaci,<br />
che si ostinano a bloccare le iniziative industriali in nome<br />
del<strong>la</strong> salvaguardia ambientale e del<strong>la</strong> tute<strong>la</strong> del<strong>la</strong> salute.<br />
Non il caso di <strong>Jesi</strong> in realtà. Perché nel<strong>la</strong> nostra città questo<br />
schema, che vede solitamente schierati dal<strong>la</strong> stessa parte<br />
cittadini e sindaci, si è rotto di fronte al dramma di 143<br />
<strong>la</strong>voratori e a settori, da quello agricolo a quello dei trasporti,<br />
fortemente penalizzati dal<strong>la</strong> chiusura dello zuccherificio.<br />
Da <strong>una</strong> parte il sindaco, che ha cercato di contrattare<br />
<strong>la</strong> permanenza di un insediamento industriale. Dall’altra i<br />
comitati, convinti che questo non si debba fare a scapito<br />
del<strong>la</strong> salute dei cittadini.<br />
A cambiare le carte in tavo<strong>la</strong>, l’azienda stessa che, avendo<br />
avuto tutti i necessari permessi per procedere nel<strong>la</strong><br />
redazione di un vero progetto industriale, ha deciso di non<br />
assumersene i costi ed i rischi optando per <strong>una</strong> banale<br />
operazione immobiliare. A dimostrazione che il progetto<br />
industriale, al di fuori dei certificati verdi (ancora contributi<br />
pubblici a sostegno del<strong>la</strong> produzione elettrica da fonti<br />
rinnovabili) oggi in fase di profonda revisione, proprio non<br />
stava in piedi.