programma_2013 - GEA - Gruppo Escursionisti d'Aspromonte
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quando a Pìdima, a Bosùrgi, ai Campi di Reggio, a Gornelle, a Zìllastro,<br />
a Covàla il narciso si esibisce lungo tutti i sentieri. Fiore aristocratico<br />
e vanitoso, sta ritto e raggiante sullo stelo, a specchiarsi nell’acqua<br />
dei gurnali che tappezzano per alcun tempo le melìe trasformate in<br />
paludi dallo sciooglimento delle nevi. Sarà per poco il principe delle<br />
radure, sino a quando potrà godere dell’acqua e delle frescure tardive,<br />
alle quali zefiro non s’oppone. Considera la prudenza dei pastori:<br />
lo chiamano “pasta e ciciari” traendo spunto dai suoi colori, che sono<br />
il bianco e il giallino, senza volerne rendere l’intenso, narcotizzante<br />
profumo dal quale il fiore ha avuto il nome, quasi per esorcizzare il<br />
pericolo mortale rappresentato dai suoi veleni. Esso è il fiore della rinascita<br />
ma anche della morte e per averlo colto incautamente<br />
Persefone “dal viso di bocciolo” diventò la regina dei morti. Attorno a<br />
Precacore diruto, le famacisse puntellano i costoni denudati come corbeilles<br />
rituali. Han messo radici su un’oncia di sabbia riversata dallo<br />
scirocco negli alveoli scavati dagli elementi, mille occhi occultati da<br />
cespugli mammellari costellati di fiori simili a quelli della rosa canina.<br />
Stanno dall’aurora del mondo a far da sfondo al volo innervosito di<br />
cornacchie stridule disturbate dai cani. Esse abitano oscuri recessi tra<br />
Samo e Capo Bruzzano. Al vallone di Santa Caterina, tra levigatissimi<br />
enormi sassi rotolati a seguito di inimmaginabili alluvioni, già fiorisce<br />
l’oleandro e s’espande la bruca contorta e la mariolara s’ammanta di<br />
profumatissimi fiori bianchi imbutiformi che ostenta avendoli radunati<br />
in densi racemi terminali. Sono signori della pietraia la capra barbuta<br />
e il gádaro senza regime: è sceso dalle alture inseguendo le puzze<br />
della femmina, che, oltre il vallone, ha fatto i suoi bisogni il giorno<br />
prima. Qui giunto egli ama con tutto il corpo la pietra chiara e, ignorando<br />
ogni pudore, vi si strofina contro agognando interminabili congiunzioni.<br />
Giù alla fiumara, dove s’allargano plaghe lunari, i fianchi<br />
della montagna cedono alle frane e le costere si sbriciolano sotto i colpi<br />
delle piene: ginestre e ginestroni rimediano alle piaghe e già da<br />
aprile si tingono d’oro. Cosi di tempo in tempo l’Aspromonte vive e<br />
muore e ogni cosa si muove verso il mare.<br />
Domenico Raso