programma_2013 - GEA - Gruppo Escursionisti d'Aspromonte
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VATICALI<br />
Furono le parti vive dei paesaggi aspromontani, assieme alla fauna ruspante<br />
e transumante e con le nuvole pellegrine. Partivano con la notte fonda.<br />
S’animavano i loro quartieri alla luce d’argento delle acetilene; essa miscelava<br />
i sogni interrotti con gli incerti profili e mentre officiavano alla fatica<br />
rituale (varde, prusaglie, vertule, lumere, merci, biade), Lucifero già<br />
pulsava sull’orizzonte di carbone: si segnalava, come un cane fedele.<br />
Andavano con le bestie nel sole, epifania rilassante, seduti sulla varda per<br />
traverso, piede sopra piede, un poco riversi in avanti, assecondando sobbalzi<br />
e rullii, come per uno sfizio o per bilanciare il peso dispari delle vertule<br />
piene. Così portati, alla ventura, potevano sonnecchiare per ore o leticare<br />
con pensieri sublimi, sicuri dell’intenzione dei muli. I corvi erano i<br />
loro amici e consiglieri e per tempo ne apprendevano le mantiche e le premonizioni.<br />
Seguivano il loro volo, alto, deciso, preciso, intenzionale. Con i<br />
messaggi tracciati sulla patera di zaffiro dominavano ogni giorno il destino.<br />
Ai divari di quota, dove la montagna si spalanca, affossandosi in concluse<br />
bassure, tutte dossi, calanchi e frane, li vedevi risalire in lunghe teorie<br />
senza afferrarne i sentieri. Procedevano su tagli di lame e, secondo il<br />
vento, tornavano i loro conversari, i canti, i tramestii, chiari e senza veli,<br />
contraddicendo le distanze reali. Nella nebbia restavano appiedati e al seguito<br />
delle cavalcature, per evitare il pericolo di invisibili rami. Ne avvertivi<br />
il passaggio dal tintinnio dei finimenti, dallo zoccolare, dal sommesso<br />
incitare ... prùtè... arri-à ... Spiriti o fantasmi, che transitassero su inesistenti<br />
sentieri, se quelli restavano i segnali, erano di vaticali: ramingavano<br />
nelle muffure da quando il Padreterno permise loro d’andare e venire<br />
pur di non averli in Paradiso con i muli.<br />
Andavano nella notte, con luminarie di<br />
tede, d’arcìe, di verbaschi, per tenere i<br />
lupi lontani. Si rincuoravano agli esigui<br />
chiarori. Ai passi obbligati, al Vardaru, al<br />
Mercante, a Càncedu, a Portella Cannavi,<br />
sul finire d’autunno le belve erano fameliche<br />
ed ostili. Le greggi erano al piano.<br />
Tornando al paese i loro abbrasi odoravano<br />
di brina, di felci, di nepitelle nane.<br />
Intingendo il caratompulu di casu nel vino,<br />
si dissetavano secondo un remoto regime,<br />
ed erano poi disposti a raccontare:<br />
di briganti, di spiriti mali, di lupi, di tesori<br />
e dei loro terribili custodi, gli indecifrabili<br />
draghi.<br />
Domenico Raso