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marzo ’08<br />

dei suoi operatori, Ed Lachman, mentire per raggi<strong>un</strong>gere la verità. Così è successo per esempio<br />

in The wild blue yonder (2005), che è <strong>un</strong>’opera di finzione (science-fiction fantasy) eppure il più<br />

vero dei documentari. Un’opera di finzione che pretenda di rappresentare fedelmente la realtà<br />

è <strong>un</strong> paradosso in termini. Ogni immagine in questo senso diventa finzione. Tanto vale mentire<br />

totalmente 1 . Truffare la tirannia dei linguaggi come consigliava Barthes. Contraffare documentari<br />

o, viceversa, inventarsi storie su realtà documentate. Qui Herzog ci racconta la storia di <strong>un</strong><br />

alieno triste arrivato insieme ad altri sulla terra molti anni fa (ma inizia, come sempre, come<br />

il suo Caspar David Friedrich, da <strong>un</strong> paesaggio). Il personaggio a sua volta narra di come gli<br />

uomini, spaventati dall’imminente apocalisse, abbiano mandato degli astronauti a trovare <strong>un</strong><br />

altro pianeta vivibile e di come questi siano gi<strong>un</strong>ti, tramite delle superstrade galattiche, delle<br />

E45 interstellari, ad approdare sul suo, il selvaggio e celeste lassù, che ha la volta di ghiaccio<br />

e l’atmosfera di elio liquido. Quando rientreranno, essendo passati sulla Terra 820 anni, non<br />

troveranno più ness<strong>un</strong>o, solo il pianeta in tutta la sua silente bellezza preistorica, finalmente<br />

salvo.<br />

«Ti trovi a <strong>un</strong> bivio. Davanti a ogn<strong>un</strong>a delle due strade c’è <strong>un</strong> uomo. Quale <strong>un</strong>ica domanda<br />

porresti a <strong>un</strong>o dei due sapendo che <strong>un</strong>o mente sempre e l’altro dice sempre la verità?»<br />

«Gli chiederei se è <strong>un</strong>a raganella»<br />

Le <strong>un</strong>iche immagini originali del film sono quelle del narratore, che si aggira sconsolato tra i<br />

resti della civiltà che lui e i suoi compagni hanno cercato inutilmente di fondare, e quelle delle<br />

interviste agli scienziati. Ma anche qui nulla di artefatto: la polverosa periferia industriale di<br />

<strong>un</strong>a cittadina americana e <strong>un</strong>a discarica nei dintorni, intatte, passano di grado e diventano nel<br />

montaggio le vestigia di <strong>un</strong>a città aliena. Le immagini degli astronauti sono riciclate da riprese<br />

(ri-prese) della NASA a bordo degli Skylab e nei laboratori di Houston e quelle del pianeta d’arrivo<br />

sono filmati subacquei della calotta polare girati dal musicista sperimentale Henry Kaiser<br />

nel 2001. L’audio originale è sostituito dalle voci magnetiche del cantante senegalese Mola<br />

Sylla e del coro sardo Tenore e C<strong>un</strong>cordu de Orosei su composizioni del violoncellista olandese<br />

Ernst Reijseger. Un assemblaggio di materiale eterogeneo e apparentemente incompatibile che<br />

si fonde in <strong>un</strong> nuovo filmato assolutamente coerente. Una tecnica simile, con la stessa divisione<br />

in capitoli – <strong>un</strong> narratore alieno che reinterpreta le gesta umane e la quasi totale assenza di<br />

commento – Herzog l’aveva già sperimentata nel suo Lessons of darkness (1992) girato in Kuwait<br />

dopo la guerra del Golfo. Le immagini e le musiche vengono rinnovate e rivitalizzate grazie<br />

ad <strong>un</strong> nuovo montaggio e ad <strong>un</strong>a nuova storia. Sotto la calotta polare, quei pesci non sono più<br />

pesci e non sono astronauti: sono tutte e due le cose insieme, hanno la forza e la presenza di<br />

entrambi i concetti e di entrambe le immagini. Il caos che li ha generati non ha nulla di negativo,<br />

è <strong>un</strong> accumulo di energia che aspetta solo nuove forme. Come <strong>un</strong>a propulsione intergalattica,<br />

o <strong>un</strong>o starnuto.<br />

Dal numero 11 di Elisabethstraße a Schwabing, il quartiere degli artisti di Monaco di Baviera, al<br />

29 di Rue Jean Pierre Timbaud nell’ XI arrondissement di Parigi, ci sono 827 kilometri seguendo<br />

sempre il tramonto. C’è da attraversare i Vosgi e l’inverno del ‘74 è dannatamente freddo.<br />

Quando Werner entra a Porte de Vincennes, Henriette – ovviamente – non è morta. I suoi<br />

scarponi sono completamente sfondati.<br />

Ogni passo è <strong>un</strong> passaggio di grado. La pellicola cinematografica è <strong>un</strong>a delle più emblematiche<br />

immagini di questa mutevolezza. Herzog, anche nei suoi film di finzione, non hai mai costruito<br />

<strong>un</strong> set, né fatto uso di effetti speciali. Se c’è da fare <strong>un</strong> film sui sogni, tramite la storia di <strong>un</strong><br />

senza fissa dimora 67

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