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LA BATTAGLIA DI RAVENNA - Mario Traxino

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ialzare i fanti distesi a terra e diede ordine di prepararsi al combattimento.<br />

I primi ad affrontare la fanteria spagnola furono duemila guasconi che, come arcieri,<br />

si trovarono presto in difficoltà contro le picche dei nemici. Così racconta Jacques de<br />

Mailles, testimone oculare: “ Poiché i fanti spagnoli erano distesi a terra in un campo<br />

trincerato fortissimo, fu ordinato a duemila arcieri guasconi di aggirarlo e di lanciarvi<br />

dentro le loro frecce per costringerli ad alzarsi. Il capitano Odet e il cadetto di Duras<br />

chiesero la copertura di uomini armati di picca per sostenere gli arcieri quando,<br />

dopo aver lanciato, fossero stati attaccati e così, insieme a loro, andarono mille<br />

piccardi al comando del signore di Moncavre. Colpiti dalle frecce, gli spagnoli si<br />

alzarono tutti in ordine di battaglia e due reggimenti, usciti da dietro il campo<br />

trincerato, attaccarono i guasconi. Io non so se la colpa sia stata dei guasconi o dei<br />

piccardi, ma, durante lo scontro che seguì, essi furono volti in fuga. Restarono uccisi<br />

il signore di Moncavre, il luogotenente del capitano Odet, quello del cadetto di<br />

Duras e molti altri. Gli spagnoli allora, alzato un grido tale che sembrava avessero<br />

vinto la battaglia, invece che tornare al campo trincerato, si misero a marciare<br />

sull’argine del Ronco, come volessero andare verso Ravenna” (39).<br />

Lo scontro tra lanzi e spagnoli è così decritto da Michael Koechlin, che parlò con gli<br />

ufficiali tedeschi sopravvissuti alla battaglia e il cui racconto facciamo iniziare dalle<br />

prime fasi del combattimento: “A causa del fuoco dell’artiglieria nemica, che in un<br />

colpo solo ne uccise quaranta, i lanzi furono continuamente costretti a serrare le file<br />

e dovettero allontanare con le armi i guasconi che, non sopportando di essere<br />

massacrati a quel modo, cercavano di mescolarsi con loro scompaginando lo<br />

schieramento. Rimasti fermi per due ore in queste difficilissime condizioni, essi<br />

mossero finalmente all’attacco e, superata una prima fossa, si trovarono di fronte<br />

un largo fossato oltre il quale erano schierati i fanti spagnoli che li accolsero con il<br />

fuoco di archibugi posti sopra delle carrette. Giunti gli squadroni a contatto, si<br />

accese violentissimo lo scontro prima con le picche, poi con tutto ciò che fosse utile<br />

a offendere. Ad un certo punto, i lanzi che dovevano ancora attraversare il fossato<br />

furono attaccati da un gruppo di uomini d’arme al comando di Fabrizio Colonna e,<br />

nello stesso tempo, i guasconi, che avevano subìto gravissime perdite, cercarono<br />

ancora una volta rifugio tra le loro file provocando disordine. Qualcuno gridò allora<br />

di ritirarsi. A quella voce, molti tornarono al di qua del fossato mettendo in grande<br />

difficoltà i compagni che comunque continuarono a combattere” (40).<br />

Così invece descrive gli avvenimenti il testimone oculare di parte spagnola: “Essendo<br />

distesi a terra, i nostri fanti ignoravano l’esito dello scontro fra gli uomini d’arme.<br />

Pedro Navarro, che voleva tenerlo nascosto, ordinò a Samaniego di preparare le<br />

truppe al combattimento e questi, unico fra i colonnelli ad aver seguito gli<br />

avvenimenti e a sapere che i nostri uomini d’arme erano fuggiti, gli disse: “Signore,<br />

non preoccupatevi. Bastiamo noi a vincere la battaglia”. Samaniego fece allora<br />

alzare i fanti e gridò loro che lo scontro fra le cavallerie era stato vinto dai nostri.<br />

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