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LA BATTAGLIA DI RAVENNA - Mario Traxino

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che gli chiedeva di poter passare con le sue truppe il corso d’acqua che separava i<br />

due eserciti senza essere contrastato. Accettate la sfida e la richiesta, egli fece allora<br />

chiamare i suoi ufficiali e annunciò loro che il giorno dopo si sarebbe combattuto<br />

(23).<br />

Questa è invece la testimonianza di Fabrizio Colonna, uno dei condottieri più stimati<br />

del suo tempo, dalla quale emerge il suo difficile rapporto con quello che i<br />

contemporanei giudicarono il vero comandante in capo dell’esercito ispano -<br />

pontificio, Pedro Navarro, ai consigli del quale il viceré si atteneva in tutte le<br />

circostanze: “Sabato 10 aprile ci accampammo a due miglia da Ravenna. Io ero<br />

dell’idea di non muoverci da lì, dove, senza dover combattere, avevamo le vie di<br />

rifornimento sicure, mentre i nemici soffrivano la fame, ma il viceré mi fece<br />

chiamare e mi ordinò di andare subito ad occupare un alloggiamento più forte a un<br />

miglio di distanza, come gli era stato suggerito da Pedro Navarro. Gli risposi che non<br />

l’avremmo mai ottenuto senza combattere e che pensasse bene prima di decidere<br />

perché i francesi erano tutti in armi, ma lui mi rispose che non voleva più mutare<br />

parere. Tornai corrucciato alla mia tenda con l’idea di andarmene e non lo feci<br />

soltanto perché avrei mancato al servizio di Sua Maestà Cattolica. In quel momento<br />

due squadroni di lance francesi attaccarono un gruppo di cavalleggeri che si erano<br />

spinti al di là del fiume che ci separava dai nemici e, siccome molti dei nostri<br />

andarono in gran disordine a soccorrerli, dovetti intervenire personalmente per farli<br />

ritirare, visto che lo scontro stava prendendo una brutta piega per noi. Fu proprio il<br />

tempo perso in questa scaramuccia a impedirci, quella sera, di spostarci là dove mi<br />

era stato ordinato. Tornato al di qua del fiume, incontrai il marchese della Palude,<br />

che informai della decisione del viceré. Lo pregai di cercare di fargli cambiare idea, o<br />

almeno di consigliargli di far spostare l’accampamento un’ora prima dell’alba in gran<br />

silenzio, senza suono di trombe, in modo che i francesi non ci potessero ostacolare.<br />

Mi rispose che lo avrebbe fatto, così tornai alla mia tenda, ma non ebbi nessun altro<br />

avviso” (24).<br />

Durante la notte e alle prime luci dell’alba alcuni strani fenomeni celesti attirarono<br />

l’attenzione dei soldati di entrambi gli eserciti e furono interpretati come funesti<br />

presagi di ciò che stava per accadere (25).<br />

La mattina dell’ 11 aprile l’armata di Francia passò il Ronco senza essere contrastata<br />

(26) e andò a schierarsi non in linea retta, ma in forma di mezzaluna perché i fanti<br />

non avessero il vento in faccia e il sole negli occhi (27).<br />

Così scrive Biagio Bonaccorsi, che riporta le relazioni giunte in quei giorni a Firenze:<br />

“Domenica mattina, senza suono di trombe, l’armata di Francia si è posta in<br />

ordinanza e ha passato il Ronco. La retroguardia, comandata da monsignor d’Alègre,<br />

è rimasta al di qua del fiume per poter intervenire in caso di necessità o contrastare<br />

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