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LA BATTAGLIA DI RAVENNA - Mario Traxino

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Il timore di perdere Bologna non impedì tuttavia a Giulio II di continuare a sostenere<br />

i genovesi che infine, rotti gli indugi e ribellatisi apertamente alla signoria francese,<br />

dichiararono guerra a Luigi XII (7), che, nel frattempo, stava muovendo sulla città al<br />

comando di un grande esercito per reprimere la rivolta. Le loro speranze durarono<br />

però soltanto poche settimane perché, il 25 aprile 1507, alla battaglia del<br />

Promontorio l’armata di Francia ottenne una vittoria schiacciante.<br />

La dura lezione inflitta al Pontefice fu giudicata sufficiente. Agli inizi di maggio<br />

Giovanni Bentivoglio venne rinchiuso nel castello di Porta Giovia a Milano per<br />

impedirgli di assoldare le truppe necessarie a rientrare a Bologna (8).<br />

Dopo un periodo di apparente concordia - che favorì la nascita in funzione<br />

antiveneziana della Lega di Cambrai - i rapporti fra Giulio II e Luigi XII si incrinarono<br />

nuovamente nel 1510 per la questione delle saline di Comacchio, che vedeva di<br />

fronte il Papa e il duca di Ferrara alleato della Francia.<br />

In breve, quello che all’inizio sembrava un problema di non difficilissima soluzione<br />

finì per provocare un conflitto che, questa volta, costò al Pontefice la perdita di<br />

Bologna, dove, sotto la protezione francese, nel maggio del 1511, rientrarono i<br />

Bentivoglio.<br />

Contemporaneamente il sinodo della Chiesa di Francia intimava al Papa la<br />

convocazione di un concilio al chiaro scopo di indebolirne la posizione e già si<br />

parlava di deporlo e di sostituirlo con un cardinale gradito a Luigi XII (9).<br />

Giulio II rispose convocando il concilio a Roma e con la formazione della “ Lega<br />

Santa”, cui aderirono Ferdinando il Cattolico, Venezia e successivamente anche il re<br />

d’Inghilterra e che poteva contare su truppe mercenarie elvetiche.<br />

Con la sua mossa, destinata - per usare sempre le parole di Machiavelli - “a felice<br />

fine perché i tempi e le cose erano conformi a quel modo di procedere”, Giulio II<br />

aveva segnato di fatto la fine della Lega di Cambrai e coinvolto nel progetto di<br />

cacciare i francesi dall’Italia forze di cui poteva fidarsi.<br />

Grazie al Pontefice, infatti, Venezia, in grave difficoltà dopo la sconfitta riportata due<br />

anni prima ad Agnadello e ancora minacciata dalle truppe franco - imperiali, poteva<br />

uscire dall’isolamento a cui era stata costretta e sperare di recuperare i territori<br />

perduti.<br />

Da parte sua, Ferdinando il Cattolico non poteva permettere che Luigi XII<br />

accrescesse il suo potere nella Penisola per il timore di perdere il regno di Napoli<br />

(10) e perché - come poi scrisse il primo segretario di stato Pedro de Quintana -<br />

“conosceva molto bene la naturale ambizione dei re di Francia di impadronirsi dello<br />

stato temporale e spirituale della Chiesa e per questo, come re cristiano, aveva il<br />

dovere di difenderla” (11).<br />

Giulio II sapeva inoltre di poter contare su quell’Italia che accettava per necessità il<br />

predominio francese.<br />

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