Novella Prima o di Ferrante - Origami Edizioni

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pecore e gli armenti danneggiavano e l'altrui beni distruggevano, ma gli uomini uccidevano e per giunta ne mangiavano. E le strade dove questi passavano si diceva fossero gremite di corpi umani squarciati, e che i luoghi d'intorno fossero biancheggianti d’ossa, e che bisognasse per questo andar con molto riguardo, né prima che il sole fosse levato. Poiché eravamo stati lasciati indietro a quel baluardo, non cognoscevamo con precisione le grandi manovre che si teneano in quei giorni per le Venezie e nella Romagna e attendevamo solo agli ordini dei dispacci, aspettando che Galeotto o alcuno dei gran capitani ci aggiornasse sulla nostra schiera e sui compiti da eseguire. Portavo io sulla pelle e sull'ossa vecchie ferite e botte varie, ma nulla che mi nuocesse particolarmente. E ben presto constatai che i dintorni della rocca dove tenevamo campo erano quanto di più amabile si potesse immaginare. Un villaggio di contadini sorgeva discosto di una mezza giornata di cammino dal nostro presidio ed era composto di un popolino che badava solo alle faccende dell'agro e della vigna. Senza che nulla chiedessimo loro, di spontanea volontà e per tenerci cari, ci offrivano cibi e vini delle loro cantine e granai e solo chiedevano di essere lasciati brigare le proprie faccende, vedendoci e sentendoci meno che fosse possibile. Né noi stessi volevamo affliggerli o gravar su loro con ingiusta tirannia, ché le nostre spade avevamo già troppo macchiato di sangue nei mesi precedenti e solo pace, silenzi e riposo agognavamo. Ben presto, il mio signore mi perdonerà, imparammo a svolgere velocemente i nostri incarichi militari e a riposare per il resto del giorno, bevendo vino e conversando della condotta e dei fatti della guerra, ché anche questo ci vuole nella vita di fanti e miliziani. Prendevamo i nostri comandi alla lettera e onestamente li portavamo a compimento per meritarci il soldo, ma nel tempo che rimaneva svolgevamo tutti i passatempi più amabili che ci potessimo concedere pur rimanendo nei limiti imposti a una brigata di guerra. In quei giorni di ristoro, mi venne in mente che potessimo andare nella selva per cacciare
caprioli e cinghiali, e controllato che la regione non fosse sotto alcun patronato e potessimo vagare liberamente nella foresta, a turno ce ne andammo a inseguire fiere e uccelli di macchia, più per passar tempo che per sperare di trovarvene. Di certo non potevamo figurarci che presto, da audaci cacciatori, ci saremmo noi stessi tramutati nelle prede di ben più orrendi battitori. * * * Fu dunque un giorno luminoso e terso, di quelli in cui le mansioni nostre lo consentivano, che io e due compagni ci preparammo per andar cacciando insieme, decisi a tornar alla sera ricchi di preda. Prendemmo tre cavalli della nostra scorta e tutto quello che ci potea essere utile per l'occasione, e all’alba ci inoltrammo nel bosco. Dopo tanto tempo di affanni e preoccupazioni, io mi sentivo quel dì compiutamente felice e questo per via dell'amabile occasione così come della scelta compagnia dei due amici, poiché con me c'era sia il comandante della nostra guarnigione, nobile dai quarti blasonati, sia il più caro dei miei compagni d'arme d'allora, esperto più di noi tutti di caccia e uccellagione. E, vogliate credermi, tanto ora io in vostra presenza mi allieto e solo mi sento pienamente umano e confidente, quanto con loro all'epoca gli stessi sentimenti di gioia ed amistà provavo, che essi erano in quel tempo i più cari amici che potessi desiderare in mezzo ai fatti di una vita dura e faticosa. Il nostro capitano, che chiamerò Tancredi, montava il più nobile dei destrieri, un cavallo bianco come il latte che quasi risplendeva tra le foglie e si distingueva da lungi nel barbagliare del sole. Egli portava con sé un bel mastino, compagno fedele come solo i segugi sanno essere, di età non più giovane, ma esile e slanciato come un leopardo africo. Lo seguiva l'altro mio compare, che nominerò Gherardo. Egli avea preso per sé un sauro e un bel falcone, raccolto ferito un mese addietro ai limiti del bosco, e che ancora stava
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