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i parcHeggi come riSpoSta attiva al traffico e alla SoSta Selvaggia La fluidificazione del traffico e la lotta alla sosta selvaggia sono due punti fondamentali ai quali Roma Capitale ripone la dovuta attenzione e, che fra le altre soluzioni porta avanti attraverso il Piano urbano parcheggi della Città, meglio noto come Pup, che interessa i vari municipi della Capitale. Dal dicembre 2011, anno in cui è il consigliere capitolino Alessandro Vannini a ricoprire l’incarico di delegato del Sindaco al Pup, sono stati diversi gli interventi di successo sul territorio, basti pensare all’opera sotterranea di piazza Cavour, situata in punto strategico che permette di raggiungere facilmente il centro,passeggiando a piedi o usufruendo dei numerosi autobus e della linea metro A. Grazie alla sua realizzazione cittadini e turisti, possono godere a pieno di una piazza interamente riqualificata, dotata di aiole, panchine e vialetti fruendo di un modernissimo parcheggio rotazionale. Altro traguardo raggiunto è rappresentato dal parcheggio in piazza Santiago del Cile, dove è stato applicato il sistema top-down: la luce riflessa proveniente dall’alto fa da protagonista in una cornice urbana studiata sia per accogliere le vetture sia per conferire un valore estetico maggiore all’area interessata. Non possiamo dimenticare l’interessamento concreto, per risolvere la spinosa questione del parcheggio Cornelia, nel Municipio 18. Una struttura risalente al ‘99, chiusa nel 2006, mai andata a regime, che il delegato Alessandro Vannini ha fortemente voluto inserire nel p.u.p. e proprio il 17 gennaio 2013, è stata oggetto del primo sopralluogo ufficiale per l’avvio del progetto concepito al fine di sfruttare al meglio la struttura preesistente, eliminando il sistema meccanizzato, sostituendolo con il tradizionale sistema a rampe. Di recente inaugurazione, 31 gennaio 2013 alla presenza del delegato Vannini e del 32 on. alESSanDro vannInI (PDl) Consigliere delegato al Piano urbano parcheggi di roma Capitale vice presidente Commissione Turismo e moda membro della Commissione bilancio - Consigliere di roma Capitale Sito ufficiale: www.alessandrovannini.it/ sindaco Alemanno, è il parking di piazza Gentile da Fabriano, nel Municipio 2. Anche in questo caso la realizzazione dell’opera sotterranea ha permesso la riqualificazione della piazza, ispirata dal suggestivo progetto di Renzo Piano, che vede tra l’Auditorium Parco della Musica, il Museo Maxxi ed il Ponte della Musica un collegamento permanente e ininterrotto grazie alla creazione di un vero e proprio viale della musica e delle arti. Il percorso in futuro verrà garantito da una linea di trasporto pubblico elettrico che dal Ponte della Musica attraverserà piazza Gentile da Fabriano per poi proseguire lungo via Guido Reni. E’ stato infatti predisposto un corridoio centrale pronto per accogliere il passaggio della futura “Linea dei Musei” che arriverà fino a San Pietro. Gli interventi di rinnovamento delle aree superficiali sono il valore aggiunto del Piano urbano parcheggi: le opere vengono realizzate da privati con propri fondi su area pubblica, a costo zero per il Comune (e di conseguenza per i cittadini), che ne rientra in possesso dopo 90 anni. Le ditte costruttrici versano inoltre degli oneri concessori destinati direttamente ai municipi di competenza da utilizzare per la riqualificazione di strade, piazze ed altre necessità del territorio, in maniera tale da rendere disponibili ai residenti, spazi urbani che abbiano dignità estetica e siano al tempo stesso funzionali. Per esempio, per piazza Cavour, gli oneri versati al Municipio ammontarono a 2 milioni di euro, quelli derivanti da piazza Gentile da Fabriano, a più di 600 mila. Sarebbe bello poter passeggiare nella nostra meravigliosa città senza più vedere paesaggi e scorci caratteristici oppressi da vetture mal parcheggiate o continuamente alla disperata e, talvolta maleducata, ricerca di parcheggio. massimiliano Porena il biolologo anDrea santanieLLo la biologia delle scelte elettorali Ci stiamo avvicinando sempre più alle elezioni Politiche 2013, tutti i votanti probabilmente stanno decidendo per quale partito votare. Tra convinti, indecisi e quasi convinti, tutti ci siamo scervellati su quale possa essere la scelta migliore da fare per poter migliorare le condizioni pessime in cui versa il Paese. La scelta, qualsiasi scelta in realtà, fa scattare tutta una serie di meccanismi biologici e fisiologici nel nostro organismo, così difficili da spiegare che occorrerebbe un testo completo per poterli elencare nel dettaglio. In linea di massima la scelta, il ragionamento e tutte quelle azioni che richiedono uno sforzo mentale di questo tipo stimolano parti ben precise del nostro cervello; un esperimento effettuato sulle scimmie ha chiarito bene come questo entra in gioco: le scimmie sono state messe davanti a due alternative: la prima implicava rischiare di avvertire un fastidioso soffio d’aria sulla faccia seguito da una lauta ricompensa (un liquido di cui i primati sono ghiotti); la seconda non prevedeva alcun getto d’aria, ma riservava in premio una piccola ricompensa. Nella corteccia cingolata anteriore pregenicolata dei macachi è stata identificata un’area in cui neuroni che rispondono alle ripercussioni negative delle scelte sono più numerosi. Quando i ricercatori hanno interferito elettricamente con quest’area, i macachi si sono dimostrati più titubanti nel rischiare di subire il fastidioso getto per una maggiore ricompensa, e più inclini a optare per la ricompensa minore, pur di non correre rischi. Sotto effetto di un ansiolitico, invece, le scimmie aumentavano i comportamenti rischiosi. Con le dovute proporzioni anche nell’uomo i neuroni presenti in questa zona potrebbero comportarsi in modo analogo quando si tratta di ponderare decisioni dai possibili risvolti negativi. Ecco perché capire come funziona un’area cerebrale implicata, insieme ad altre, nello stress decisionale potrebbe sicuramente chiarire definitivamente con esattezza i meccanismi impliciti in una scelta, aiutandoci magari a poter essere più liberi e meno ansiosi nei momenti importanti come quello del voto. La prossima volta che andremo a votare quindi, rendendoci conto che se sbaglieremo regalando voti ad un qualsivoglia ‘’mangiapane a tradimento’’ potremo dare la colpa a noi, ed ai nostri meccanismi compulsivi di scelta che si innescano nel nostro cervello.
massimiLiano porena coccarda gialla Sul tricolore: Salvatore e maSSimiliano devono tornare a caSa Non so voi, ma quando i due marò hanno ripreso l’aereo per tornare in India, io ho provato un senso di orgoglio nazionale. Parliamoci chiaro: noi italiani ci sentiamo uniti solo quando giocano gli Azzurri di mister Prandelli. Grazie alla genialità di Roberto Benigni abbiamo, da poco, riscoperto la bellezza di un inno che prima nessuno cantava ( adesso lo cantano anche i calciatori). I tanti fortunati che hanno svolto il servizio militare, quando era obbligatorio, l’Inno lo hanno cantato quel giorno in cui gridarono: “lo giuro !”. L’unico giorno che richiedeva un minimo di partecipazione emotiva, il resto trecentosessantaquattro giorni spesi a lavare i piatti o a fare la guardia notturna ad un magazzino vuoto. La sveglia la mattina ci avvertiva che bisognava prepararsi in fretta per l’alzabandiera, e che, soprattutto, mancava un giorno in meno “all’alba”. Il congedo era la porta di uscita dal mondo grigioverde, soltanto qualcuno restava per intraprendere un percorso professionale con i gradi sulle spalle. Con l’abolizione del servizio di leva, le Forze Armate sono composte esclusivamente da professionisti. Uomini e donne che, quando la mattina squilla l’adunata, non pensano al countdown. È la loro vita. Per molte di queste persone, i militari impegnati nelle varie missioni internazionali, “l’alba” significa tornare a casa, dalle proprie famiglie. Tanti, troppi (aggiungo il pronome con rabbia) ragazzi, a causa dei noti eventi bellici, quell’alba non la vedranno più. Il 15 febbraio 2012, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, i due marò italiani, presidiano la nave mercantile Enrica Lexie, nel Kerala, oceano Indiano. Zona ad alto rischio per gli attacchi da parte dei pirati locali. Per cause ancora da determinare, si scatena un conflitto a fuoco; dalla nave partono dei colpi. Due carta biglietti buste libri riviste depliant calendari agende brochure volantini manifesti locandine sull’Attualità pescatori indiani perdono la vita. La nave è considerata territorio italiano, ma le autorità indiane chiedendo al comandante di ormeggiare al porto di Kochi, territorio indiano. A bordo attimi d’incertezza, ma gli italiani non hanno paura, eseguono l’ordine. I due marò vengono arrestati con l’accusa di duplice omicidio, in India, per un reato simile, è prevista la pena di morte. Un caso diplomatico assai spinoso, come fu quello del febbraio 1998 a Cavalese, quando una bella mattina di un giorno di un giorno di vacanza per molti sciatori, un aereo militare americano tranciò le funi della funivia del Cermis. Il sangue di 19 turisti macchiò il bianco candido della neve, i militari a bordo del velivolo macchiarono la propria dignità nel tentativo di distruggere le prove dell’accaduto. Ma gli italiani non hanno paura e credono nella Giustizia. Così affidammo i piloti alle autorità americane, le scuse di Clinton mitigarono la rabbia per quell’errore che non sarebbe dovuto accadere. I due marò italiani, invece, non scappano. Si consegnano al tribunale indiano, sono innocenti e non hanno paura, forse perché sono italiani. Affrontano, nel corso dei mesi, le paradossali lungaggini del sistema giuridico locale. In occasione delle feste natalizie, l’India concede loro un permesso di rientrare in Italia. È solo un permesso, dopo le feste devono rientrare e affrontare la giustizia asiatica. Passato il Natale, Salvatore e Massimiliano preparano la valigia; abbracciano i familiari, gli amici e ripartono. Destinazione India. Tornano nel paese che vorrebbe condannarli a morte, loro che vengono da un Paese che la pena di morte l’ha abolita quando è nato. Scendono dall’aereo a testa alta, quasi a dire: “eccoci, siamo italiani e non abbiamo paura”. Costume e Società nuove pietre d’inciampo per non dimenticare I aLessanDra pietroforte n occasione della Giornata della Memoria a Roma, come nel resto d’Italia, hanno avuto luogo celebrazioni, cerimonie e iniziative volte a ricordare la Shoah. Quest’anno nei municipi I, II, IX, XVII e XVIII della capitale sono state installate altre 36 nuove Pietre d’Inciampo in ricordo dei cittadini deportati nei campi di sterminio nazisti. Le Stolpersteine (pietre d’inciampo) sono un’ideazione dell’artista tedesco Gunter Demnig e sono targhe di ottone grandi come un sampietrino che vengono piantate per terra davanti alla casa dove abitò un deportato. Riportano il suo nome, l’anno di nascita, la data dell’arresto, quella dell’assassinio e il luogo dove venne ucciso. Si chiamano “Pietre d’inciampo” perché l’Olocausto è un orrore sul quale non si può passare sopra e che non deve essere dimenticato. La loro superficie dorata e lucente attira lo sguardo e interrompe il cammino di chi passa. Alle vittime della Shoah fu tolto tutto, in primis la dignità e le Stolpersteine sono un tentativo simbolico di restituire un’identità precisa e chi fu ridotto a un numero tatuato su un braccio e sepolto in una fossa comune dopo giorni di strazio e dolore. Le Pietre d’Inciampo sono nate a Colonia nel 1995 e da allora in Europa se ne contano oltre 22.000. Non tutte sono dedicate agli ebrei; molte ricordano persone o gruppi etnici e religiosi odiati dai nazisti: omosessuali, rom, sinti, zingari, oppositori politici, testimoni di Geova, pentecostali, malati di mente e diversamente abili. In diverse città, tra cui proprio Roma, qualche Stolpersteine è stata divelta dai proprietari dei palazzi perché infastiditi da un ricordo così “lugubre” sulla porta di casa. Nessuno deve dimenticare ciò che è successo: il nazismo, l’Olocausto, l’ignoranza, l’indifferenza e il negazionismo hanno preso corpo sotto gli occhi del mondo intero. La società odierna vive in un’epoca completamente diversa, ma è figlia di quella stessa storia che a volte, tende ad essere accantonata perché vergognosa, ignobile eppure così vera. Oggi viviamo proiettati al futuro, al progresso e all’evoluzione tecnologica benché scossi da una profonda crisi sia economica che sociale. Talvolta ci si ritrova a constatare che la storia, purtroppo, non ha insegnato niente a nessuno perché il razzismo e l’intolleranza pervadono la cronaca dei nostri tempi. Ricordare le pagine più buie della storia è l’unico rimedio e l’unica cura per il futuro della nostra società. José Ortega y Gasset, filosofo spagnolo del Novecento, ha detto: “La cosa importante è la memoria degli errori che ci consente di non commettere sempre gli stessi”. Da quarantacinque anni coltiviamo la passione per il colore! 33
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