03.06.2013 Views

EDITORIALE

EDITORIALE

EDITORIALE

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

massimiLiano porena<br />

coccarda gialla Sul tricolore:<br />

Salvatore e maSSimiliano<br />

devono tornare a caSa<br />

Non so voi, ma quando i due marò hanno<br />

ripreso l’aereo per tornare in India, io ho<br />

provato un senso di orgoglio nazionale. Parliamoci<br />

chiaro: noi italiani ci sentiamo uniti<br />

solo quando giocano gli Azzurri di mister<br />

Prandelli. Grazie alla genialità di Roberto<br />

Benigni abbiamo, da poco, riscoperto la bellezza<br />

di un inno che prima nessuno cantava (<br />

adesso lo cantano anche i calciatori). I tanti<br />

fortunati che hanno svolto il servizio militare,<br />

quando era obbligatorio, l’Inno lo hanno<br />

cantato quel giorno in cui gridarono: “lo giuro<br />

!”. L’unico giorno che richiedeva un minimo<br />

di partecipazione emotiva, il resto trecentosessantaquattro<br />

giorni spesi a lavare i piatti<br />

o a fare la guardia notturna ad un magazzino<br />

vuoto. La sveglia la mattina ci avvertiva che<br />

bisognava prepararsi in fretta per l’alzabandiera,<br />

e che, soprattutto, mancava un giorno<br />

in meno “all’alba”. Il congedo era la porta di<br />

uscita dal mondo grigioverde, soltanto qualcuno<br />

restava per intraprendere un percorso<br />

professionale con i gradi sulle spalle.<br />

Con l’abolizione del servizio di leva, le Forze<br />

Armate sono composte esclusivamente da<br />

professionisti. Uomini e donne che, quando<br />

la mattina squilla l’adunata, non pensano al<br />

countdown. È la loro vita. Per molte di queste<br />

persone, i militari impegnati nelle varie<br />

missioni internazionali, “l’alba” significa<br />

tornare a casa, dalle proprie famiglie. Tanti,<br />

troppi (aggiungo il pronome con rabbia) ragazzi,<br />

a causa dei noti eventi bellici, quell’alba<br />

non la vedranno più.<br />

Il 15 febbraio 2012, Salvatore<br />

Girone e Massimiliano<br />

Latorre, i due marò<br />

italiani, presidiano la nave<br />

mercantile Enrica Lexie,<br />

nel Kerala, oceano Indiano.<br />

Zona ad alto rischio per gli<br />

attacchi da parte dei pirati<br />

locali. Per cause ancora<br />

da determinare, si scatena<br />

un conflitto a fuoco; dalla<br />

nave partono dei colpi. Due<br />

carta<br />

biglietti<br />

buste<br />

libri<br />

riviste<br />

depliant<br />

calendari<br />

agende<br />

brochure<br />

volantini<br />

manifesti<br />

locandine<br />

sull’Attualità<br />

pescatori indiani perdono la vita. La nave è<br />

considerata territorio italiano, ma le autorità<br />

indiane chiedendo al comandante di ormeggiare<br />

al porto di Kochi, territorio indiano. A<br />

bordo attimi d’incertezza, ma gli italiani non<br />

hanno paura, eseguono l’ordine. I due marò<br />

vengono arrestati con l’accusa di duplice omicidio,<br />

in India, per un reato simile, è prevista<br />

la pena di morte.<br />

Un caso diplomatico assai spinoso, come fu<br />

quello del febbraio 1998 a Cavalese, quando<br />

una bella mattina di un giorno di un giorno<br />

di vacanza per molti sciatori, un aereo militare<br />

americano tranciò le funi della funivia<br />

del Cermis. Il sangue di 19 turisti macchiò il<br />

bianco candido della neve, i militari a bordo<br />

del velivolo macchiarono la propria dignità<br />

nel tentativo di distruggere le prove dell’accaduto.<br />

Ma gli italiani non hanno paura e credono<br />

nella Giustizia. Così affidammo i piloti alle<br />

autorità americane, le scuse di Clinton mitigarono<br />

la rabbia per quell’errore che non sarebbe<br />

dovuto accadere.<br />

I due marò italiani, invece, non scappano. Si<br />

consegnano al tribunale indiano, sono innocenti<br />

e non hanno paura, forse perché sono<br />

italiani. Affrontano, nel corso dei mesi, le<br />

paradossali lungaggini del sistema giuridico<br />

locale. In occasione delle feste natalizie, l’India<br />

concede loro un permesso di rientrare in<br />

Italia. È solo un permesso, dopo le feste devono<br />

rientrare e affrontare la giustizia asiatica.<br />

Passato il Natale, Salvatore e Massimiliano<br />

preparano la valigia; abbracciano<br />

i familiari, gli<br />

amici e ripartono. Destinazione<br />

India. Tornano nel<br />

paese che vorrebbe condannarli<br />

a morte, loro che<br />

vengono da un Paese che la<br />

pena di morte l’ha abolita<br />

quando è nato. Scendono<br />

dall’aereo a testa alta, quasi<br />

a dire: “eccoci, siamo italiani<br />

e non abbiamo paura”.<br />

Costume e Società<br />

nuove pietre<br />

d’inciampo per<br />

non dimenticare<br />

I<br />

aLessanDra pietroforte<br />

n occasione della Giornata della Memoria<br />

a Roma, come nel resto d’Italia,<br />

hanno avuto luogo celebrazioni, cerimonie<br />

e iniziative volte a ricordare la Shoah.<br />

Quest’anno nei municipi I, II, IX, XVII<br />

e XVIII della capitale sono state installate<br />

altre 36 nuove Pietre d’Inciampo in<br />

ricordo dei cittadini deportati nei campi<br />

di sterminio nazisti.<br />

Le Stolpersteine (pietre d’inciampo) sono un’ideazione<br />

dell’artista tedesco Gunter Demnig e sono targhe di ottone<br />

grandi come un sampietrino che vengono piantate per terra<br />

davanti alla casa dove abitò un deportato. Riportano il suo<br />

nome, l’anno di nascita, la data dell’arresto, quella dell’assassinio<br />

e il luogo dove venne ucciso. Si chiamano “Pietre<br />

d’inciampo” perché l’Olocausto è un orrore sul quale non si<br />

può passare sopra e che non deve essere dimenticato. La loro<br />

superficie dorata e lucente attira lo sguardo e interrompe il<br />

cammino di chi passa. Alle vittime della Shoah fu tolto tutto,<br />

in primis la dignità e le Stolpersteine sono un tentativo simbolico<br />

di restituire un’identità precisa e chi fu ridotto a un<br />

numero tatuato su un braccio e sepolto in una fossa comune<br />

dopo giorni di strazio e dolore.<br />

Le Pietre d’Inciampo sono nate a Colonia nel 1995 e da allora<br />

in Europa se ne contano oltre 22.000. Non tutte sono<br />

dedicate agli ebrei; molte ricordano persone o gruppi etnici<br />

e religiosi odiati dai nazisti: omosessuali, rom, sinti, zingari,<br />

oppositori politici, testimoni di Geova, pentecostali, malati<br />

di mente e diversamente abili. In diverse città, tra cui proprio<br />

Roma, qualche Stolpersteine è stata divelta dai proprietari dei<br />

palazzi perché infastiditi da un ricordo così “lugubre” sulla<br />

porta di casa.<br />

Nessuno deve dimenticare ciò che è successo: il nazismo,<br />

l’Olocausto, l’ignoranza, l’indifferenza e il negazionismo<br />

hanno preso corpo sotto gli occhi del mondo intero. La società<br />

odierna vive in un’epoca completamente diversa, ma è<br />

figlia di quella stessa storia che a volte, tende ad essere accantonata<br />

perché vergognosa, ignobile eppure così vera. Oggi<br />

viviamo proiettati al futuro, al progresso e all’evoluzione tecnologica<br />

benché scossi da una profonda crisi sia economica<br />

che sociale. Talvolta ci si ritrova a constatare che la storia,<br />

purtroppo, non ha insegnato niente a nessuno perché il razzismo<br />

e l’intolleranza pervadono la cronaca dei nostri tempi.<br />

Ricordare le pagine più buie della storia è l’unico rimedio e<br />

l’unica cura per il futuro della nostra società. José Ortega y<br />

Gasset, filosofo spagnolo del Novecento, ha detto: “La cosa<br />

importante è la memoria degli errori che ci consente di non<br />

commettere sempre gli stessi”.<br />

Da quarantacinque anni<br />

coltiviamo la passione<br />

per il colore!<br />

33

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!