Zygmunt Bauman LA DECADENZA DEGLI ... - SEPHIROT
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nell'avvicinarci a tribù con forme di organizzazione economica più complesse, queste qualifiche, seppur<br />
ancora presenti, diventano secondarie rispetto ad altre. Di questo fatto abbiamo già fornito una<br />
spiegazione, e cioè che, con l'accrescersi del compenso per le cariche, molta gente che era perfettamente<br />
normale fu attirata nel sacerdozio. Lo schema di comportamento, tuttavia, era divenuto ormai fisso e lo<br />
sciamano non nevrotico doveva accettare la formulazione che traeva la sua origine e il suo sviluppo<br />
iniziale dai predecessori e colleghi nevrotici. Questa formulazione (...) consisteva in tre parti: la prima, la<br />
descrizione del suo temperamento nevrotico e della sua effettiva sofferenza e catalessi; la seconda, la<br />
descrizione del suo isolamento forzato, fisico e spirituale, dal resto del gruppo; la terza, la descrizione<br />
dettagliata di quella che potrebbe essere chiamata una identificazione ossessiva con lo scopo. Dalla prima<br />
emerse la teoria della natura della prova alla quale egli doveva sottoporsi; dalla seconda l'insistenza sui<br />
tabù e sulle purificazioni; e dalla terza la teoria secondo cui egli era in possesso dello scopo oppure era<br />
posseduto dallo scopo, in altre parole, tutto ciò che è connesso al concetto di possessione dello spirito» (6).<br />
L'accuratezza della ricostruzione di questa sequenza storica non ci interessa in questa sede; può essere<br />
vista semplicemente come un «mito delle origini» sostanzialmente non verificabile. Quel che è più<br />
direttamente rilevante per il nostro argomento è il singolare parallelo messo in luce da Radin tra alcuni<br />
elementi fin troppo contemporanei della legittimazione del ruolo intellettuale e le qualità degli sciamani<br />
ampiamente descritte nella letteratura etnologica. Se viste sullo sfondo di queste ultime, balzano agli<br />
occhi le più vitali caratteristiche del primo; normalmente nascoste sotto i diversi involucri dei tanti colori<br />
e motivi in cui sono presentate in epoche diverse da diverse varietà d'intellettuali, esse possono ora essere<br />
esaminate nella loro forma essenziale.<br />
Prova, purificazione e possessione; queste tre componenti originarie e, forse, permanenti della<br />
legittimazione dell'autorità sacerdotale hanno una caratteristica in comune. Tutte quante proclamano, e<br />
spiegano, la separazione dei sacerdoti dai laici. Pongono ogni saggezza o abilità che i sacerdoti possono<br />
avere fuori della portata di tutti coloro che non sono sacerdoti. Elevano le pratiche sacerdotali svalutando<br />
al tempo stesso quelle dei laici. Presentano infine il rapporto di dominio che ne consegue come un<br />
rapporto di servizio e di sacrificio di sé.<br />
Tutte e tre le componenti si sono ritrovate (e si ritrovano ancora) nella storia sotto molte vesti. Possiamo<br />
riconoscere la «teoria della prova», a seconda della moda dominante dell'epoca, con riferimento<br />
all'ascetismo fisico e all'autoimmolazione, all'umiltà monastica, alla prolungata miseria della vita<br />
studentesca, a una esistenza priva di svaghi e parca delle gioie che la società dei consumi può offrire.<br />
L'aspetto «tabù e purificazione» è stato elaborato con particolare cura: il suo inesauribile inventario si<br />
estende all'astinenza sessuale degli autori antichi, passando per la bohème degli artisti romantici, fino alla<br />
«avalutatività» e al non impegno dei moderni scienziati o alla violenza esercitata su se stessi dalla<br />
«riduzione trascendentale» degli husserliani ricercatori di certezza. In ogni epoca (ma nel mondo<br />
moderno più che in qualsiasi altra) questo aspetto creava un certo grado d'isolamento istituzionalizzato<br />
degli uomini di conoscenza, nel quale le intrusioni dall'esterno erano viste come impure e potenzialmente<br />
contaminanti, e si predisponevano elaborate misure pratiche per tenere fuori gli intrusi. L'aspetto di<br />
«possessione» era forse il più refrattario alla istituzionalizzazione. Tuttavia, non fu mai abbandonato